didattica del paesaggio

  • Didattica del paesaggio. Il master per insegnanti.

    Antonio Brusa

     Ultimi giorni per iscriversi allo short master

     

    Il 15 aprile scadono i termini per la preiscrizione. Se raggiungeremo il numero minimo, partiamo. Occorre iscriversi ora, anche se il master inizierà a settembre.

    Abbiamo preparato materiali e proposte. Imparerete a usare laboratori, fare escursioni di esplorazione o di gioco; usare delle smart maps e degli short video (e tanto altro), come fare dello storytelling uno strumento didattico. Di ogni proposta, vi verrà mostrato un esempio immediatamente adoperabile e le tecniche per costruirlo. Avrete la possibilità di elaborare un vostro prodotto, con l’aiuto dei nostri esperti.

    Abbiamo concentrato questo short master in quattro fine-settimane (venerdi e sabato pomeriggio; uscita domenica mattina), in modo da favorire la partecipazione dei professori (oltre che degli interessati a questa materia). Il calendario sarà, in linea di massima, il seguente:

     I modulo: 23,24,25 settembre
    I fondamenti (didattica, storia e pedagogia);
    Uscita: riconoscere i segni del territorio

    II modulo: 7,8,9 ottobre
    Il paesaggio pugliese fra preistoria e altomedioevo. Storia e proposte didattiche
    Uscita: una lama neolitica

    III modulo: 28,29,30 ottobre
    Il paesaggio pugliese fra medioevo e età moderna. Storia e proposte didattiche
    Uscita: Il medioevo intorno a Bari

    IV modulo: 18,19,20 novembre
    Il paesaggio pugliese: oggi e le prospettive. Storia e proposte didattiche
    Uscita: la Murgia tra guerra e guerra fredda

    Noi abbiamo lavorato. Ora tocca a voi. Il master si farà solo se sarete in numero sufficiente.

  • Il paesaggio pugliese. Una grande aula di storia e geografia

    Un master didattico per gli insegnanti

    Autore: Antonio Brusa

    Lo trasformeremo in un'aula di storia e geografia, il nostro territorio. Si partirà dalla preistoria, dai primi insediamenti neolitici, fino ad arrivare alle trasformazioni del presente e alle speranze (e battaglie) per il futuro. Ad ogni tappa si mostreranno i segni della storia e i modi per usarli in classe. E, ad ogni tappa, ci sarà un'uscita sul territorio, per una dimostrazione didattica concreta.

    Ci siamo riusciti, finalmente, a dare il via a questo master, con l'aiuto dei colleghi di Pedagogia, di Loredana Perla e di Viviana Vinci in primo luogo; dei colleghi del CRIAT (il centro di studio sul territorio che riunisce tutte le Università pugliesi); e con l'aiuto di un bel gruppo di insegnanti/esperti, che saranno i tutor didattici di questa avventura.

    Il master si svolgerà in soli quattro weekend. Ci vedremo il venerdì pomeriggio, per le lezioni storiche e pedagogiche; il sabato pomeriggio, invece, ci saranno le dimostrazioni didattiche e i lavori di gruppo. La domenica mattina si parte.

    Inizieremo a lavorare a settembre e termineremo, quindi dopo quattro settimane. A breve pubblicheremo il calendario: ma - ATTENZIONE! - se questa proposta vi interessa, pre-iscrivetevi subito, perché il 14 aprile l'Università chiuderà le adesioni. E, se non riusciremo ad arrivare alla quota minima, ahimé, il master non si farà. Nel link troverete tutti i dati per iscrivervi. Ma - ATTENZIONE BIS! - dal momento che, lo avete capito dalle date, la nostra Università fa di tutto per facilitarvi, quando tenterete di iscrivervi, a meno che non siate dei maghi digitali, non ce la farete.

    Non vi scoraggiate. Due colleghe VIviana Vinci (3202247736) e Ilenia Amati (3289626823) si prodigheranno per aiutarvi

    http://www.uniba.it/…/…/il-territorio-come-risorsa-didattica

  • La città ideale e i beni comuni

    Numana, 2 agosto

     


    Forse per pudore, la scritta “città ideale” si è scolorita, al punto che si legge appena, in questo striscione che annuncia il sorgere del complesso turistico “ex santa Cristiana”, sul litorale che da Numana va verso sud. Questa città ideale (nel museo di Urbino poi correrete a rifarvi gli occhi con quella vera) è un alveare di villette, addossate le une alle altre. Archi, balconcini, lesene e merli non riescono a nascondere il senso di affollamento e di affogamento. La grande gigantografia, posta sull’ufficio vendite, ci prova, perché mostra solo la piazza avveniristica, con le palme e, sullo sfondo, solo  la prima schiera di caseggiati. Ma se si alza lo sguardo al di sopra dell’alta siepe, che nasconde il complesso alla vista del passante, la realtà appare angosciante.

     

     

     

    Ho appena terminato la Summer School sulla Didattica del Paesaggio e mi risuona ancora in testa una discussione di Paolo Pileri e Bibo Cecchini, sulla democrazia e l’ambiente. Hanno sostenuto, i due colleghi, che su questi temi “i locali” non debbono decidere. Un certo scandalo fra i partecipanti, tutti democratici e, magari, anche di sinistra. Non è, questo, un bene comune? E sul bene comune non si deve attuare il massimo della democrazia? Se no, che bene comune è?

    Non ho preso queste foto per fare una denuncia, una delle tante ormai che non ci fa caso più nessuno, ma per discutere concretamente, su un esempio. Peraltro, non sapendone nulla, non voglio dubitare che abbiano fatto le cose in regola seguendo alla lettera i sempre più minuziosi e cervellotici regolamenti che, localmente, ci si dà per costruire e ricostruire. Diamolo per scontato. Hanno discusso, guardato le leggi, andava tutto bene, e hanno costruito. E hanno distrutto, per sempre, una cosa bella. Questo era proprio il bene comune: “la cosa bella”. Una cosa bella (un paesaggio, un tramonto, una montagna alberata e continuate come vi aggrada questo elenco) non può che essere di tutti quelli che, passando di lì, la ammirano e si sentono meglio. Ora gli abitanti di quel luogo hanno democraticamente deciso di toglierla dal novero dei beni comuni. Non hanno questo diritto. Si sono semplicemente impadroniti di ciò che non era loro.

    Democrazia. Giusto. Ma fra gli aventi diritto. E questi, per quanto riguarda i beni ambientali e culturali, sono “tutti”. Non i pochi che si trovano ad amministrare quel bene comune, e lo trattano come un bene privato.

    La storia, poi, ha anche qualcosa da dire a questo proposito, perché con la scusa dei “beni comuni” si stanno diffondendo favole sul Medioevo, sulle comunità di villaggio e la loro saggezza antica, che non solo sono degli stereotipi (ennesimi: andatevi a leggere su questo punto il dossier che Sergi ha preparato per “Mundus”, ultimo numero uscito), ma quel che è peggio, stereotipi che vengono usati per ottenere cose malvage. I beni comuni del Medioevo erano proprio il contrario di quelli che pensiamo noi. I contadini li difendevano perché li consideravano propri e ne volevano fare quello che gli pareva. Certo, in alcuni casi decidevano per il meglio e con saggezza. In altri decidevano di bruciare tutto e lo facevano senza alcuno scrupolo, perché pressati dalla necessità di dissodare, di coltivare e di mangiare.

    Noi moderni, gli scrupoli ce li abbiamo invece. Perciò, i nostri beni comuni sono diversi, e vanno difesi da tutti, non solo da chi ci siede sopra.

  • La didattica della talpa

    Autore: Sergio Chiaffarata
    Andare per ipogei e imparare la storia.


    Figura 1 - Ipogeo di Masseria Milella,Anna Mila Stella, 2012

     

    «Il continuo avanzare della periferia, la speculazione edilizia e l’espansione dell’area industriale hanno trasformato radicalmente la fisionomia del territorio comunale di Bari.
    Il presente lavoro vuole essere un contributo per la salvaguardia dei Beni culturali del territorio comunale segnalando un certo numero di complessi ipogei e rupestri esistenti nelle campagne intorno alla città, testimonianze singolari ed inedite di vita rurale e religiosa, oltre che monumenti unici nella regione per forma planimetrica ed architettonica. Sono ricordati anche alcuni antichi casali, dei quali restano solo poche tracce, e vari monumenti scomparsi, distrutti dal vandalismo o dalle ruspe che minacciano sempre più quel poco che rimane».
    (Franco Dell’Aquila, Bari. Ipogei e insediamenti rupestri. Gennaio 1977)


    Introduzione
    Gli insediamenti rupestri e gli ipogei sono presenti in tutto il bacino del Mar Mediterraneo. Anche in altre aree geografiche, distanti dalla nostra, come nel Corno d’Africa, in Asia e nelle Americhe sono stati rinvenuti numerosi insediamenti scavati nella roccia e utilizzati in epoche differenti.

    In tutta la Puglia e nel Sud dell’Italia, insulare e continentale, vi sono numerosi insediamentiscavati in epoche diverse con tipologie differenti.

    In particolare, dopo la caduta dell’impero romano e lo sfaldamento della struttura statale, per tutto il medioevo fino ad epoche recenti,ilterritorio della Conca di Bari è stato interessato dal fenomeno rupestre.

    L’abitare in grotta dal VI al XIII secolo non fu solo una necessità di difesa dalle invasioni di Goti, Longobardi, Bizantini, Saraceni e Normanni, e di riparo dalle intemperie del clima, ma rappresentò una scelta insediativa determinata e fondamentale.

    Gli insediamenti rupestri e gli ipogei del territorio comunale di Bari furono scavati e ricavati nella calcarenite di Gravina, il cosiddetto banco tufaceo,per un uso abitativo, per le attività agricole e artigianali, o come luoghi per il culto religioso.

    Video spot: “Giochiamo a Nascondino?”
    Regia di Anna Mila Stella

     

    Indice
    1. Il quadro ambientale
    2. L’antico tracciato viario
    3. Distribuzione degli Ipogei nel territorio di Bari
    4. Che cosa si intende per ipogeo?
    5. Tecniche di scavo d’ambienti rupestri
    6. Le attività didattiche
    7. Le associazioni culturali.
    8. Il gruppo Facebook: Complessi ipogei e insediamenti rupestri del territorio di Bari
    9. La speleologia urbana
    10. www.pugliaindifesa.org
    11. Le passeggiate medievali
    12. Laboratorio di Didattica della Storia: Fare storia fuori dall’aula: gli ipogei di Bari
    13. Glossario
    14. Bibliografia
    15. Sitografia


    1. Il quadro ambientale
    L’attuale configurazione geologica e morfologica del territorio di Bari è il risultato di un lungo processo di trasformazione. Eventi naturali (orogenesi, fenomeni vulcanici e sismici, e le variazioni climatiche come le glaciazioni) ed eventi antropici (passaggio ad un’agricoltura intensiva, sviluppo industriale ed urbano) hanno plasmato la superficie e trasformato l’aspetto dell’agro di Bari.

    Figura 2 - Carta geologica dell'area urbana di Bari. Piero Pieri, Luisa Sabato, Luigi Lospalluto e Marcello Tropeano. Dipartimento di Geologia e Geofisica. Università degli Studi di Bari (Scala 1:25.000)

    La Geologia
    In questa carta geologica, sovrapposta alla carta dell’IGM del 1949, si vedono i differenti substrati geologici e le lame, cioè gli antichi fiumi fossili.

    La Conca di Bari è caratterizzata dalla presenza di questi substrati rocciosi:

    - Il Calcare di Bari (CBA) è il substrato roccioso più antico, risalente al Cretacico che corrisponde al terzo e ultimo periodo dell'era Mesozoica, in un periodo compreso fra i 140 e i 65 milioni di anni fa. Su questa unità geologica che si presenta generalmente in banchi o in strati lastriformi (detto a chiancarelle), poggiano gli altri substrati più recenti.

    - La Calcarenite di Gravina (GRA), il cosiddetto tufo, risale al Pleistocene, l’era geologica più recente iniziata circa 1,8 milioni d’anni fa. Questa unità, è spesso costituita da depositi di calcareniti cementate e da calcari con frequenti inclusioni di livelli fossiliferi in cui è facile osservare la presenza di conchiglie di organismi marini.Lo spessore massimo è di circa 20 metri e poggia sul Calcare di Bari.

    - Il supersintema della Murgia (MU), risalente al Pleistocene Superiore, è costituito dal Sintema di Carbonara (MUB), il cui spessore massimo è di circa 10 metri, dal Sintema di San Pasquale (MUQ), il cosiddetto cordone litorale di Baridello spessore massimo di 5-6 metri e dal Sintema di San Girolamo (MUI), la cosiddetta duna di San Girolamo, caratterizzata da gasteropodi del genere Helix e il cui spessore massimo raggiunge i 6 metri. Tutti i sintemi poggiano sulla Calcarenite di Gravina, in alcuni casi sul Calcare di bari.

    - il Supersintema delle Lame delle Murge (MB) costituito dal Sintema di Costa S. Giovanni (MBN) edal Sintema di Madonna delle Grotte (MBL), il cui spessore è di 2-3 metri e dai depositi alluvionali, che si sono formati nel Pleistocene superiore e medio, rappresentano gli ultimi substrati rocciosi.

    L’idrologia
    Il territorio del Conca di Bari è attraversato dalle lame, antichi fiumi fossili e letti di torrenti, che dalle Murge scendono fino al Mare Adriatico.
    La lama, originatasi per erosione delle acque superficiali, a differenza della gravinastretta e profonda dal profilo a V, si presenta con un profilo a U dovuto alla ridotta altezza delle pareti ed al fondo piatto.
    I depositi alluvionali delle lame resero i terreni molto fertili, e i fianchi,costituiti dai cosiddetti tufi,agevolarono lo scavo degli insediamenti rupestri e ipogei.
    Questi aspetti favorirono l’antropizzazione e costituiscono gli habitat rupestricon specifiche territoriali.

    Figura 3 - Carta delle Lame di Bari. C. dell’Aquila e F. Carofiglio, 1985, p. XX. Modificata nel 2003.


    Da nord-ovest a sud-est s’incontrano in successione queste lame:
    1.Lama Balice, oggi parco naturale regionale,nasce tra Ruvo di Puglia e Corato e dopo aver attraversato il territorio del comune di Bitonto,sfocia presso il quartiere Fesca. 

    2. Lama Lamasinata, attraversa i territori di Palo del Colle,Bitetto, Modugno, devia verso la zona di S. Caterina, per proseguire verso la zona industriale e sfociarevicino alla spiagge di S. Francesco e di S. Cataldo. Una sua derivazione è Torrente Gambetta.

    3. Lama Villa Lamberti è una piccola lama che prende il nome dalla villa settecentesca che sorge vicino allo stadio, con un suo piccolo affluente, lama Marchesa, giungevano fino nella zona di Marisabella.

    4. Lama Picone, è il più importante corso d’acqua che solcava Bari. In esso confluivano la lama  Baronale che passa da Adelfia, Casino Don Cataldo, Loseto, Valenzano, Ceglie ed un secondo torrente che da Sannicandro scendeva tra Loseto e Bitritto, passa da S. Maria Buterrito e da Ceglie, dove iniziava un unico letto torrentizio che attraversava il quartiere Poggiofranco-Picone e il quartiere Libertà per sfociare nella zona di Marisabella.

    5. Lama Fitta scorre ad est di Loseto, Ceglie, Carbonara, scendeva tra le attuali Corso Alcide De Gasperi e via Fanelli e sfociavadove oggi sorge la spiaggia di Pane e Pomodoro.

    6. Lama Valenzanoha origine nel territorio del comune omonimo attraversa il territorio di Mungivacca e sfocia nel Canalone del quartiere Japigia.

    7. Lama S. Marco èun piccolo torrente che nasce presso la masseria Carbone, oggi parrocchia di S. Marco.

    8. Lama S. Giorgio ha origine nel territorio di Gioia del Colle, scorre attraversando i territori dei comuni di Sammichele di Bari, Turi, Casamassima, Rutigliano, Noicattaro e Triggiano, esfocia in corrispondenza di Cala San Giorgio.

    9. Lama Giotta ha origine nel territorio di Turi, attraversa i territori di Rutigliano e Noicattaro,e sfocia nei pressi di Torre a Mare.

    Gli alluvioni e la realizzazione del Canalone.
    L’alluvione del 23 febbraio 1905 determinò vasti danni. Ci dice il Melchiorre che“intorno alle ore 13, si sentì un cupo e fragoroso gorgoglio di un torrente alluvionale che, provenendo dalla parte del Picone, aveva imboccato la direzione della via Manzoni, lungo il versante sud-ovest della città, dirigendosi con corsa irrefrenabile verso il mare”.
    Nel 1905,per ovviare a questo problema, fuiniziata la costruzione di un canale di deflusso travia Crisanzio e via Trevisani.

     

    Figura 4 - Cartolina in fototipia (Lopez – Bari): via Napoli (foto della collezione privata del prof. Carmelo Calò Carducci).

    Nell’alluvione del 3 settembre 1915, narra ancora il Melchiorre -“due impetuose correnti alluvionali, provenienti una da Cassano Murge per il torrente Picone e l’altra da Noci e Putignano, si riversarono su Bari, allagando l’abitato, investendo costruzioni e causando 23 morti, oltre a 50 feriti.”
    A rimanere allagate furono le vie Principe Amedeo, Dante Alighieri, Nicolai, Trevisani, Sagarriga Visconti, Garruba, Manzoni, Crisanzio e Candia (attuale Corso Italia).
    In seguito si provvide ad arginare l’alveo di lama Picone e a realizzare un canale artificiale che deviasse le acque dal torrente Picone nell’alveo del torrente S. Francesco, come viene anche chiamato il tratto terminale della Lama Lamasinata.


    Figura 5 - Bari,alluvione del 1926 (foto da ricerche di Leonardo Caggiani e Michele Mossa)

    Nonostante gli interventi,la violenza della piena della terza alluvione del 5 e 6 novembre 1926, superò gli argini.

    La piena si abbatté sull’abitato con inaudita violenza, verso le ore 2:00 della notte, travolgendo i settanta metri della diga di sbarramento”sempre il Melchiorre ci dice che“attraverso la breccia che si era aperta nella possente muraglia, un’onda alta circa 5 m vi si introdusse e procedette, investendo i magazzini, sradicando alberi e pali elettrici e sventrando interi caseggiati”.

    Il numero delle vittime fu di 20 morti e la massima parte dei danni si riscontrarono là dove numerosi proprietari avevano costruito in violazione alle norme vigenti.
    Dopo questa ulteriore tragedia si pensò di ampliare l’alveo del torrente Picone e di deviare il torrente Montrone nel torrente Valenzano e fu sistemato lo sbocco al mare. Inoltre, fu cominciata la riforestazionedi un’area della Murgia, corrispondente all’attuale foresta di Mercadante.

    Figura 6 - Via Trevisani ang. Via Garruba        


    Figura 7 - Particolare della targa Alluvioni: 1905, 1915, 1926.

     

    Infine l’alluvione del 22 e 23 ottobre 2005. Bari fu nuovamente colpita da un’alluvione con un bilancio di 6 vittime, decine di feriti e numerosi altri incidenti nell’entroterra barese con feriti.
                


    Figura 8 - L’alluvione dell’ottobre 2005. Si vede sulla destra cava di Maso con il quartiere Santa Rita, al centro lama Picone, sulla sinistra via Giulio Petroni con l’ospedale Di Venere, e sullo sfondo la città di Bari. 

     

    2. L’antico tracciato viario

    La dislocazione degli insediamenti rupestri e dei complessi ipogei ci spinge a considerare oltre alla presenza del substrato geologico, anche l’antico sistema viario, i tracciati preesistenti e le strade più antiche.

    In prossimità delle strade più importanti sono situati i principali casali e numerosi complessi ipogei sia lungo l’antica Appia Traiana, la cui identificazione è ancora incerta, realizzata nel 109 d.c., e i suoi diverticoli, che procedeva lungo la costa,sia lungo la via peuceta, detta la Mulisvectabilis via, che dovrebbe come tracciato corrispondere all’antica via Minucia che univa Bitonto a Modugno e proseguiva per Ceglie, Capurso, Rutigliano e Conversano, per poi ricongiungersi con la costiera nei pressi di Egnazia.

    Questa via interna divenne nel Medioevo la strada più importante e frequentata, sia perché insisteva su terreni non paludosi, e percorribili per tutto l’anno dai carri, sia per la maggiore sicurezza che offriva per le attività economiche.
     
       Figura 9 - Carta dell’antico tracciato viario, C. dell’Aquila e F. Carofiglio, 1985, p. XX. Modificata nel 2003.


    Altre strade importanti attraverso un sistema a raggiera collegavano i casali e i centri dell’entroterra barese con l’agglomerato urbano di Bari sono ricordate nel Codice Diplomatico Barese: la via Bari-Modugno, la via Bari-Bitetto, la via Bari-Bitritto, la via Bari-Valenzano, la via Bari-Carbonara-Ceglie-Loseto, la via Bari-Triggiano ed altre meno conosciute ed importanti.


    3. Distribuzione degli Ipogei nel territorio di Bari

    La distribuzione degli insediamenti rupestri e dei complessi ipogei a Bari è caratterizzato da singole unità insediative isolate l’una dall’altra, abitate al massimo da qualche decina di persone, senza mai configurarsi come veri e propri villaggi rupestri a differenza delle zone del tarantino e del brindisino.

    Fino al 1985, le cavità artificiali extra-moenia ufficialmente conosciute, più significative per le conoscenze storiche, archeologiche e architettoniche, e più interessanti per dimensioni e per sviluppo planimetrico, erano55 (in rosso nella carta allegata), segnalate da Franco e Carlo dell’Aquila, Francesco Carofiglio e Italo Rizzi, ed altri.

    A queste bisogna aggiungere, 25 nuove segnalazioni di una certa rilevanza per lo studio degli ipogei di Bari (in verde), ed altre 70 di minore importanza (singoli vani ipogei, cisterne o ripari), per un totale di circa 150.

    Inoltre, meriterebbe un discorso a parte la zona compresa tra Ceglie del Campo e Carbonara di Bari, l’antica Cælia, importante centro peuceta e poi romano, di cui Bari (Barion peuceta) rappresentò il corrispettivo sbocco al mare fino al I secolo d.C., e fu solo con la realizzazione della via Traiana che il municipio di Barium ebbe un notevole sviluppo ai danni della vicina Celium.


    Figura 10  - In questa carta dell’IGM in rosso i 55 ipogei segnalati fino al 1985, in verde i 25 nuovi ipogei al 2012.


    4. Che cosa si intende per ipogeo?

    Con il termine ipogeo s‘indica genericamente qualsiasi ambiente sotterraneo, qualsiasi cavità naturale o artificiale, o quella parte di un edificio che si sviluppi sotto la superficie del terreno.

    Nella terminologia archeologica oltre che nei significati indicati si usa nel senso più specifico di ambienti sotterranei, costituiti da diversi locali o spazi generici tra loro comunicanti.

    Cos’è un insediamento rupestre?
    Con il termine rupestre s’indicano gli insediamenti scavati in rupe, cioè nella roccia tufacea, per ricavare vani utilizzabili per le diverse esigenze della vita umana: il ricovero, la casa, il laboratorio, la tomba, ecc., da ambienti completamente isolati a complessi organici, da insediamenti isolati a  villaggi che presentano una vera e propria struttura urbanistica.
    Questi insediamenti rupestri si svilupparono lungo le lame e le gravine della Puglia.

    Cos’è un complesso ipogeo?
    Pur caratterizzati dallo stesso fattore rupestre tali insediamenti possono essere così diversi tra loro da rendere necessaria l’introduzione di differenti termini per una corretta interpretazione semantica.

    Tale esigenza si presenta per il caso degli insediamenti del territorio di Bari. Questi si rinvengonosia nei fianchi delle lame che invitano lo scavo a procedere in senso orizzontale o trasversale al fianco stesso, sia in zone pianeggianti.

    Qui a Bari fu l’uomo a creare artificialmente un fianco roccioso in cui ricavare i vani; tali fianchi li ottenne con una prima fase di scavo verticale di un cratere d’ingresso. Si realizzava cosìun atrio scoperto unico tramite all’esterno con il livello di campagna raccordato da una rampa o da una scaletta. Con una seconda fase di scavo orizzontale si procedeva con lo sviluppo degli ambienti sotterranei.

    Questi insediamenti si differenziano perciò nettamente da altri della Puglia, che si sviluppano lungo le lame e le gravine.

    Onde evitare confusioni continueremo a chiamare Insediamenti Rupestri, quelli scavati in rupe secondo la tradizione diffusa, mentre proponiamo per quelli presenti in zone pianeggianti del territorio di Bari, i termini di Complessi Ipogei.

     

    5. Tecniche di scavo d’ambienti rupestri

    Probabilmente gli artefici di questa architettura al negativo, non erano autentici magistri come gli autori delle maestose cattedrali romaniche”come ci spiegano Carlo dell’Aquila e Francesco Carofiglio,“spesso scavare è più facile che costruire. Ciò nondimeno questi maestri scavatori dimostrano precise cognizioni degli sviluppi planimetrici e volumetrici dell’ambiente”.

    Non ci sono pervenuti gli strumenti di lavoro. In alcuni casi è possibile riconoscere le tracce degli attrezzi utilizzati per lo scavo nel banco tufaceo. Dove il taglio è stato rifinito, è difficile rintracciare i segni della lavorazione.

    Il lavoro non procedeva attraverso demolizioni casuali, ma con asportazioni regolari di blocchi rettangolari, presumibilmente riutilizzati per l’edilizia in muratura.

    Le operazioni necessarie per realizzare un ambiente rupestre presentano pertanto due differenti tipologie: l’insediamento rupestre e il complesso ipogeo in base alla scelta del luogo che doveva soddisfare le seguenti caratteristiche: ubicazione idonea, facilità d’accesso, esposizione ed illuminazione.

    a) Nel caso di una profonda gravina o di una lama.  


    Figura 11 - Fasi di scavo di un insediamento rupestre, C. dell’Aquila e F Carofiglio, 1985, p. 34.


    In corrispondenza di un fianco della lama, s’iniziava ripulendo l’area prescelta portando a nudo la roccia e quindi si applicava un’incisione guida che spesso costituiva la porta d’ingresso.

    Quindi, iniziava lo scavo del primo ambiente. Si procedeva in senso orizzontale dall’alto verso il basso e poi lateralmente, e risparmiando un piano di calpestio a gradoni per agevolare lo scavo del soffitto.

    Rifinito il soffitto, si procedeva alle pareti laterali e a quella di fondo, e per ultimo il pavimento. Per le misure si procedeva con lo scavo della profondità, cioè la lunghezza dell’ambiente. Poi si procedeva per la larghezza, ed infine livellato il pavimento si uniformava l’altezza. Durante o alla fine dello scavo del vano ipogeo, si risparmiava per la realizzazione dei dettagli architettonici, quali accessori, alcove, nicchie e cisterne, ed infinecon la rifinitura delle pareti.


    Figure 12 e 13 - Esempio di arcosolio alcova, uno dei giacigli presenti nella chiesa rupestre di Via Martinez o Ipogeo dei Romiti.

    Un esempio di insediamento rupestre: la chiesa di Santa Candida.
    Lungo il fianco est di lama Picone, a poca distanza dalla tangenziale, si incontra la chiesa rupestre di Santa Candida, scavata nel banco tufaceo di un leggero terrazzamento che si affaccia su un campo di ulivi.
    Santa Candida rappresenta una delle più grandi basiliche rupestri pugliesi, la cui parte superstite si sviluppa per circa 120 mq.


    Figura 14 - Ingresso della Chiesa di Santa Candida.

    Figura 15 – Interno, navata centrale bi-absidata.


    L’ingresso della chiesa, cioè ilnartece, e i tre vani intercomunicanti, posti alla sua destra, dovevano costituire l’abitazione, ma vennero distrutti dai lavori di sbancamento degli anni ’70 per la realizzazione della tangenziale. 

    All’interno, la chiesa presenta una piantaa ventaglio, composta da quattro navate e cinque absidi. Grossi e tozzi pilastri e colonne, sormontati da archi con ghiera, scandiscono le navate.

    La navata centrale è bi-absidata, tipologia presente in altre chiese rupestri baresi: la chiesa rupestre di Masseria Milella e in quella della “Caravella” posta a soli 300 metri di distanza da Santa Candida.

    Le due absidi centrali vengono racchiuse dall’iconostasi, un muretto che suddivide l’aula dal presbiterio, ancora oggi visibile. All’interno delle absidi si possono leggere i nomi scritti in colore rosso di alcuni santi: S. Thomas, S. Candida, S. Iacobus, S. Elena, S. Erasmus.

    Le pareti laterali della chiesa sono aniconiche, cioè prive di immagini, e presentano una serie di nicchie di gusto romanico.

    Inoltre, sono visibili una serie di coppie di fori rettangolari contrapposti situati a circa due metri di altezza e presenti sia all’interno dell’area presbiteriale sia lungo il muretto iconostatico. Questi segni d'arredo liturgico mobile, oggi non più esistente, erano destinati a sostenere delle assi lignee trasversali alle quali venivano appese lucerne e/o panneggi.

    La tipologia planimetrica dalla complessa articolazione ha portato a ipotizzare che la primitiva chiesa abbia  avuto un periodo di escavazione tra i secoli IX e XI.
    Uno stereotipo molto diffuso, interpretava questi insediamenti rupestri ed ipogei come cripte eremitiche basiliane, cioè come scavati da quei monaci provenienti dall’Oriente latino e che si rifugiarono in Italia Meridionale a partire dall’inizio dell’VIII secolo per sfuggire alle persecuzioni iconoclastiche iniziate dall’imperatore bizantino, Leone III Isaurico.

    In realtà nel medioevo non furono solo i monaci ad abitare gli insediamenti rupestri.

    Per quanto riguarda il territorio della conca di Bari, la quasi totalità degli ipogei di fatto ha un origine autoctona, che spinse l’uomo a adattarsi ad esigenze specifiche e a scavare ex-novo degli ambienti ipogei per un uso civile, lavorativo e religioso.

           

    Figure 16 e 17 - Esempio di basilica cristiana e rilievo di F. dell’Aquila, precedente allo sbancamento per i lavori di costruzione della tangenziale di Bari negli anni ‘70 della chiesa rupestre di Santa Candida, come si può notare dal confronto, si possono individuare elementi architettonici e termini comuni fra il sub-divo (costruito) e il rupestre (scavato).

     

    b) Nel caso di una zona pianeggiante
    Lo scavo richiedeva operazioni diverse. La soluzione più diffusa nei terreni pianeggianti, come precedentemente descritto, che non ha analogie con altri esempi pugliesi, prevedeva una prima fase di scavo verticale per la realizzazione di un atrio scoperto con scaletta o rampa d’accesso, e solo dopo aver ricavato una parete di roccia si riprendeva con una seconda fase per lo scavo del complesso ipogeo.


    Figura 18 - Fasi di realizzazione di un complesso ipogeo, C. dell’Aquila e F. Carofiglio, 1985, p. 35.

    Nella tipologia caratteristica barese,la seconda fase di scavo comprendeva la realizzazione di un corridoio detto criptoportico che correva lungo tre o quattro lati dell’atrio, e dal quale si diramavano numerosi ambienti più interni,variamente interconnessi tra di loro,per le necessità della vita quotidiana: giacigli, cucine, dispense, stalle, cisterne, ecc.

    Su uno dei lati del criptoportico si scavava un ambiente di grandi dimensioni, il laboratorio, dove ancora oggi sono visibili i resti o le tracce di attrezzature e vasche di trappeti, per la lavorazione e macinazione delle olive.        

    Figure 19 e 20 – Esempio di villa rustica romana a confronto con il rilievo di F. dell’Aquila del 1977 del complesso ipogeo di Torre Rossa al quartiere San Paolo. Quasi certamente l’architettura romana e latina, greca e bizantina influenzarono lo scavo di questi complessi ipogei, forse i primi casali presenti sul territorio (Camarata, Sao, Cillaro, Vulpiclano, Lucignano ed altri), poi elevati in sub-divo, e dai quali sorsero i primi agglomerati urbani della conca di Bari o la rete di masserie fortificate dei secoli successivi.  


    Un esempio di complesso ipogeo: il Seminario 1.

    Figura 21 – Rilievo di F. dell’Aquila, 1977. Modificato a colori per il gioco Colora gli ipogei, 2003.

     

    Nei pressi dell’antica strada Modugno-Carbonara e non molto distante da via Santa Caterina, nei pressi dell’omonima masseria e strada, in una proprietà privata vi è il più esteso complesso ipogeo di Bari, il Seminario 1. Questo insediamento ha una superficie calpestabile pari a circa 1300 mq e tutta la zona est ancora interrata, ampliato in epoche successive, conserva una struttura a doppio atrio scoperto con rispettivi criptoportici, lunghi corridoi (uno di essi raggiunge i 20 metri di lunghezza), laboratorio, depositi e locali d’uso, e numerosi altri vani.

    Figura 22 - Atrio scoperto, ipogeo Seminario 1, 2012.

    Figure 23 –Interno ipogeo, illuminato, 2012.

     

    L’attuale accesso avviene grazie ad una scaletta che conduce dal piano di campagna al livello di calpestio dell’atrio scoperto ovest. Anche se una parte del criptoportico nord è crollata, si conservano ancora due distinti accessi (uno ad est e l’altro ad ovest) e numerose finestre strombate,  che illuminavano l’interno e consentivano una adeguata areazione.

    Dall’accesso ovest si giunge nel grande laboratorio, con le vasche e i resti della antica macina e pressa per le attività agricole. Da qui si può camminare lungo il lato sud del criptoportico dove si affacciano diversi vani e proseguire lungo il corridoio in direzione est per raggiungere la zona ovest del Seminario 1. Al termine di questo suggestivo percorso si giunge nella zona del secondo atrio, riconoscibile da pochi segni (un paio di finestre strombate e un ingresso), il resto risulta ancora interrato.
    Da qui si può ritornare verso il grande e lungo corridoio (20 metri) senza uscita, ma prima di lasciare il complesso ipogeo, nella stanza di nord-est è possibile notare la presenza nel soffitto di una tomba a fossa, resa visibile dal distacco del suo fondo.

    Ripreso il lungo corridoio è possibile giungere all’ingresso est del primo atrio ed uscire dal Seminario 1.

    Nelle immediate vicinanza vi sono numerose ipogei, tutti più piccoli, di cui alcuni ancora visibili, come nel caso del Seminario 2 ed altri oggi interrati (Seminario 3 e 4).
    Per la vastità dell’insediamento e con lo studio delle fonti si può supporre a ragione che questo fosse il casale ipogeo di Vulpiclano.

    Figure 24 – In questo poster realizzato per la Mostra Italia–Turchia Il vivere in grotta lungo le vie della Puglia e della Cappadocia, esposto per la prima volta al castello di Palagianello dal 1 al 31 maggio del 2013, sono evidenziati alcuni fra i più importanti insediamenti rupestri e complessi ipogei del territorio comunale di Bari con il rispettivo rilievo realizzato da autori vari e una sintesi di 50 anni di studi e ricerche. Testi e grafica: Carlo dell’Aquila, Antonino Greco, Sergio Chiaffarata.


    6. Le attività didattiche

    La prima attività fu realizzata nel 2002 e proseguì fino al 2007 per la III circoscrizione Picone-Poggiofranco, con il laboratorio didattico Ri…Scoprendo, indirizzato ai ragazzi segnalati dalla stesso ente, ideato e realizzato da chi vi scrive e da Francesca Scionti.

     
    Figure 25 e 26 - Volantino per le scuole, 2003, e pagina iniziale del powerpoint realizzato dai ragazzi, 2005.


    L’attività laboratoriale nei diversi anni produsse un volantino che illustrava sinteticamente gli ipogei di Bari (2003), l’organizzazione di una mostra e di un gioco,Ri-Colora gli ipogei, per gli alunni delle elementari (2004) ed un incontro pubblico con Carlo dell’Aquila e Francesco Carofiglio (2005) presso la sala della circoscrizione.

     
    Figure 27 e 28 - Gioco:Ri-Colora gli ipogei, 2004.Un esempio di gioco per gli alunni che frequentano le scuole elementari da svolgere al termine di un percorso  di conoscenza del fenomeno rupestre. A sinistra la copia da colorare e a destra la copia corretta per l’insegnante.

     

    Inoltre, progettammo e la stessa circoscrizione propose alle scuole elementari e medie del proprio territorio, un laboratorio, strutturato da una lezione frontale con la proiezione di un powerpoint di facile lettura edalla visita alla chiesa rupestre di Santa Candida.

    Attività laboratoriale che svolgevo anche presso altre scuole elementari e medie di altre circoscrizioni del Comune di Bari (Murat-San Nicola, San Paolo-Stanic, Carbonara-Ceglie-Loseto).

    Dal 2005,oltre la lezione con powerpoint e la visita, ho ampliato il laboratorio didattico sull’Habitat rupestre in Terra di Baricon la realizzazione di un plastico di alcuni ipogei di Bari.

    Figure 29 e 30 - Unità didattico-laboratoriale destinata ad alunni del secondo ciclo della scuola primaria e del triennio della scuola secondaria. Fotografie Scuola Carducci, 2005.


    Il laboratorio didattico è ad oggi operativo, e si arricchisce da questo anno a conclusione delle attività, di un’ulteriore attività ludico-didattica.

    Sul modello del più famoso Cluedo, gli alunni dovranno realizzare il modellino del complesso ipogeo di Torre Tresca (oggi quasi totalmente distrutto) e trasformarlo in plancia da gioco. Attraverso le abilità e le nozioni acquisite, e con un pizzico di fortuna, dovranno risolvere il mistero dell’ipogeo.

     

    7. Le associazioni culturali.


    a. Visite
    Dal 2010, svolgo regolarmente visite come guida turistica abilitata presso alcuni ipogei ed insediamenti rupestri e rurali della Terra di Bari per diverse associazioni culturali.


    Figure 31 - Primo ciclo-itinerario: Le chiese rupestri di Bari, gruppo Archeo-spazio.


    b. Ciclo-itinerari
    Nel 2012 con l’associazione culturale Ciclo Spazio (Milena Ianigro e Davide Morelli) e l’architetto Francesco Marella abbiamo progettato e realizzato tre differenti ciclo-itinerari con la finalità di promuovere la conoscenza degli ipogei di bari e del territorio con l’uso della bicicletta.  

     

    8. Il gruppo Facebook: Complessi ipogei e insediamenti rupestri del territorio di Bari.

    Figura 32 – Gruppo Facebook, pagina del 03-02-2014.


    Dai membri del gruppo Facebook è emerso un gruppo di persone che hanno cominciato a compiere sopralluoghi con particolare attenzione agli ipogei di Bari, fino alla pulizia volontaria con l’accordo dei proprietari, dell’atrio scoperto del Seminario 1 dalla vegetazione e dagli eventuali rifiuti.

    Figure 33 e 34 – Pulizia dell’atrio scoperto, a destra prima dell’intervento, a sinistra dopo, giugno 2012.


    9. La speleologia urbana
    Con ilCatasto delle grotte e delle cavità artificiali, il gruppo speleologico Vespertilio – C.A.I. Bari ha censito ipogei e grotte presenti nel territorio comunale di Bari.


    Figure 35 e 36 - Progetto Catasto delle grotte e delle cavità artificiali: convenzione tra la federazione speleologica pugliese e il gruppo speleologico Vespertilio – CAI Bari

     

    Oltre gli insediamenti rupestri e gli ipogei, la speleologia urbana ha ampliato i suoi campi, anche alla rilevazione e studio di diverse strutture sotterranee urbane e periferiche (succorpi, cisterne e pozzi, rifugi).


    Figura 37 – Rilievo del succorpo della Chiesa del Purgatorio a Modugno, grafica: Caterina Jannelli, primavera 2013.


    Figure 38 e 39 – Rilievo di Marco Petruzzelli di un pozzo nei pressi dello stadio San Nicola e vista  dell’interno, estate 2013.

     

    10. www.pugliaindifesa.org
    Il sitoPuglia In-Difesa raccoglie numerose segnalazioni ed articoli riguardo gli insediamenti rupestri.Non parla solo d’ipogei e non si occupa solo del territorio di Bari, ma anche dal resto della Puglia.


    Figura 40 – La pagina internet di Puglia In-Difesa, a cura di Maurizio Triggiani.

     

    11. Le passeggiate medievali.
    L’associazione culturale del Centro Studi Normanno-Svevi ha promosso le Passeggiate Medievali, attraverso visite cadenzate rivolte agli studenti universitari dell’Ateneo di Bari e ai propri associati per far conoscere il paesaggio rurale e rupestre della area metropolitana di Bari.

    Figura 41 - Locandina-invito del 15 marzo 2013.  


    12. Laboratorio di Didattica della Storia: Fare storia fuori dall’aula: gli ipogei di Bari.

    Alla fine del corso di Didattica della Storia del professore Antonio Brusa (A.A. 2011-2012 e A.A. 2012-2013) gli studenti hanno realizzato delle attività ludico-didattiche da poter svolgere in classe e/o in loco, relative ad alcuni insediamenti rupestri ed ipogei visitati durante l’anno.


    Figure 42 e 43 - Lezione fuori dall’aula in lama Picone e nella chiesa rupestre di Santa Candida.


    Si può fare scuola fuori dall'aula. Gli insegnanti lo sanno, ma spesso lasciano al mercato dell'educational anche la gestione didattica delle uscite, con risultati mediamente piuttosto deludenti” sostengono Marco Ceccalupo e Giuseppe Febbraro nel loro articolo Suggerimenti e esperienze per un’escursione efficace nel territorio, apparso il 3 febbraio 2013 in questo sito. Proseguono i due autori: “Come suscitare, invece, l'interesse di tutti (docenti e studenti) nei confronti di un'escursione nel paesaggio? Innanzitutto trasformando quest'ultimo in un oggetto vivo, problematico, stratificato, denso di significati spesso discordanti, patrimonio di tutti, nessuno escluso. Se l'uscita è dotata di determinate qualità, la sua efficacia è indiscussa: mobilita tutte le intelligenze e coinvolge tutte le discipline, “educazioni” incluse”.

    L’articolo offre una guida, un memorandum, una buona pratica per la gestione didattica delle uscite al docente, al collega, allo studente, al semplice lettore, ma anche a chi si trova a “gestire un bene patrimoniale”, come sostiene Antonio Brusa, “una responsabilità incommensurabile, perché occorre renderne conto all’umanità intera”.


    Figura 44 – Articolo di Lorenzo Arduini in Montagne 360, la rivista del Club Alpino Italiano, settembre 2013.


    13. Glossario
    Abside S’indica una parete semicilindrica, coperta da una volta a quarto di sfera, detta catino o conca absidale. Dovrebbe propriamente indicare una struttura muraria che si articola in modo da essere visibile all’esterno, se ricavata dallo spessore di un muro è piuttosto una nicchia; tuttavia il termine è usato senza rigorose distinzioni.
    Abside a cameretta Forma arcaica d’abside, molto diffuso nel materano, può occupare una posizione decentrata rispetto all’asse d’ingresso, per accentuare l’isolamento della parte più sacra della chiesa.
    Altare a blocco Cippo isolato risparmiato nella roccia intorno al quale può girare il celebrante, detto anche “alla greca”
    Altare parietale Altare addossato al fondo dell’abside, detto “alla latina”
    Arcata cieca Nicchia a fondo piatto scavata lungo le pareti. Sospesa sul piano di calpestio ed è in relazione con un sedile perimetrale. Anima le pareti ed accoglie spesso soggetti iconografici.
    Aula Spazio destinato a chi assiste all’azione liturgica.
    Cattedra Sedile monolitico riservato al celebrante o al committente.
    Ciborio E’ formato da quattro colonne sorreggenti una copertura arcuata, a piramide, così da formare una sorta di edicola posta a protezione di una tomba o di un altare.
    Dromos Nella terminologia archeologica indica l’ingresso monumentale, costituito da un lungo corridoio che conduce ad una sepoltura sotterranea, come nelle Tholoi Micenee.
    Iconostasi. È una parete divisoria decorata con icone che separa la navata delle chiese di rito orientale (ortodosse e cattoliche) dal bema (santuario) dove viene celebrata l'Eucaristia.Le strutture realizzate nell'architettura occidentale ed in particolare italiana, differiscono da quelle delle chiese orientali, perché non hanno mai la funzione di supporto per icone.
    ImpluviumVoce latina che designa il bacino di forma regolare, disposto al centro dell’atrio della casa romana, nel quale si convogliava l’acqua piovana afferente da compluvium.
    IpogeoVano sotterraneo, per lo più adibito come dimora o luogo di culto e di sepoltura.Composto di hypo-‘ipo’ e gê–‘terra’.
    Naos Letteralmente abitazione o dimora della divinità. Nella terminologia architettonica la voce è usata quale sinonimo di cella ed indica la parte più interna del tempio greco; il Naos, cui potevano accedere solo i sacerdoti, conteneva la statua della divinità a cui era dedicato il tempio.
    Nartece Atrio interno con destinazione sepolcrale negli ambienti rupestri. Negli edifici di culto cristiani, in particolare nelle basiliche, è un atrio coperto costituito da un portico addossato alla facciata; ambiente riservato ai penitenti ed ai catecumeni.
    Navata Termine in uso fin dal XV secolo per indicare la parte di un vano longitudinale che deriva dalla divisione del vano stesso in più parti, di solito mediante sostegno (colonne o pilastri). E’ tipica della basilica cristiana.
    Pergola Bassa recinzione tra aula e santuario, composta da cancelli con parapetti.
    Planimetria a ventaglio Tendenza dell’edilizia rupestre a realizzare invasi trapezoidali, svasati verso il fondo
    Presbiterio o santuario o bema Spazio riservato alla celebrazione eucaristica. E’ la parte della chiesa cristiana, imprecisamente detta coro, riservata ai sacerdoti, coincidente con la parte terminale della navata centrale, conchiusa con l’abside e divisa dal resto dell’ambiente mediante recinzione, talvolta è rialzata, anche per la presenza di cripte, così da evidenziare la zona della chiesa nella quale si svolge la funzione.
    Sintema. È un'unità strutturale fondamentale della stratigrafia e il tipo principale riconosciuto di unità a limiti inconformi.
    SintronoSedile perimetrale dell’abside.
    TemplonRecinzione a parete tra aula e santuario, perforata da porta e finestrelle.
    Transetto Forma di presbiterio a stretto corridoio trasversale.


    14. Bibliografia
    -Carlo dell’Aquila, Francesco Carofiglio, Bari extra moenia, insediamenti rupestri ed ipogei, Quaderni monografici del Comune di Bari n. 2 e 3, Adda Editore, Bari, 1985.
    -Carlo dell’Aquila, Francesco Carofiglio, Bari extra moenia, l’agro del Picone, Quaderno monografico realizzato dal C.R.T. di Bari, 1988.
    -Franco dell’Aquila, Bari Ipogei ed insediamenti rupestri, Nuove Edizioni Italiane, Bari, 1977.
    -Franco dell’Aquila, A. Messina, Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata, Mario Adda Editore, Bari, 1998.
    - Franco dell’Aquila, Puglia e Matera. Insediamenti rupestri, Adda Editore, Bari, 2010.
    - Roberto Caprara,Franco dell'Aquila, Il villaggio rupestre della gravina «Madonna della Scala» a Massafra (Taranto) 2008,
    - Stefano Serpenti, Gaetano Cataldo, Programma di salvaguardia del Patrimonio storico architettonico del territorio di Bari,analisi, acquisizione e recupero, Levante editori, Bari, 1989.
    -Vito Antonio Melchiorre, Bari guida turistico culturale della città e della provincia, Mario Adda Editore, 1997 terza edizione.
    -Vito Antonio Melchiorre, Bari, Mario Adda Editore, 1987.
    - Vito Antonio Melchiorre, Bari fra le due guerre mondiali, Mario Adda Editore, 2000.
    - Vito Antonio Melchiorre, Bari nella storia, Adda Editore, Bari, 2002.
    - Italo Rizzi, Antonino Greco, Francesco Del Vecchio, ViticlindoTonin, Demetrio Di Benedetto: Il territorio metropolitano della città di Bari: aspetti speleocarsici ed insediamenti ipogei.
    - Nino Lavermicocca, I segreti delle grotte dipinte, Editori Laterza, Roma-Bari, 2001
    -Nino Lavermicocca, Itinerari turistico-culturali in Puglia, Adda editore, Bari 1986.
    - Maurizio Triggiani, Insediamenti rurali nel territorio a nord di Bari dalla Tarda antichità al Medioevo,Edipuglia, Bari, 2008.
    - Vincenzo Roppo, Caelia, ricerche topografiche, archeologiche e storiche su l’antichissima Ceglie del Campo, Casa editrice F. Casini & figlio, Bari, 1921.
    - Giuseppe Andreassi, Francesca Radina, a cura di, Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo, Edipuglia, Bari, 1988.
    - Giosuè Musca, L' emirato di Bari (847-871), Dedalo, 1992.
    - Stefano Vernia, Passeggiata nella Modugno dei secoli, storia, architettura, arte e segreti dellle sue chiese, Edizioni dal Sud, Modugno, 2006.
    - Antonella Calderazzi, a cura di, Progettare il sottosuolo, gli ipogei in Puglia, Mario Adda Editore, Bari, 2011.
    - Francesca Radina, Mariella Cioce, Bari Sotterranea, Adda Editore, Bari, 2011.
    - Marcello Petrignani, Franco Porsia, Le città nella storia d’Italia, Bari, Laterza Editori, Bari, 1988.

    15. Sitografia
    http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Archivio%20Storico%20Pugliese/1984/Articoli/ModugnoeIlSuoUmland.pdfRaffaele Ruta, Modugno e il suo Humland,consultato fino al 3 febbraio 2014.
    http://www.ambienteambienti.com/riflettiamo-sul-sociale/2011/11/news/bari-una-fragile-vittima-delle-alluvioni-52034.html Articolo sul rischio alluvioni di Antonello Fiore, Bari, una fragile vittima delle alluvioni?,
    http://www.michelemossa.it/allegato/JHR-P2990_ita.pdf Articolo sul rischio alluvioni di Michele Mossa, Le alluvioni di Bari: ciò che la storia avrebbe dovuto insegnare, consultato fino al 3 febbraio 2014.
    http://www.fspuglia.it/ e http://www.vespertilio.it/ per la speleologia,consultato fino al 3 febbraio 2014. .
    http://www.academia.edu/1239654/S._Giorgio_Martire_un_esempio_di_chiesa_rurale_alle_porte_di_Bari, consultato fino al 3 febbraio 2014.
    http://www.bibliomeeting.it/dg/doc_pdf/relazione_santa_candida_sito.pdf, consultato fino al 3 febbraio 2014.
    http://www.pugliaindifesa.org/segnalazione-aprile-2013.html segnalazione dell’ipogeo Bunker, consultato fino al 3 febbraio 2014.
    http://www.pugliaindifesa.org/segnalazioni-ottobre-2012.html segnalazione dell’ipogeo Masseria Milella, consultato fino al 3 febbraio 2014.
    http://www.pugliaindifesa.org/segnalazioni-agosto-2012.html segnalazione dell’ipogeo Caravella, consultato fino al 3 febbraio 2014.

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