formazione

  • Immagini e guerre contemporanee. Stereotipi, rimozioni e chance

    Il 13, 14 e 15 maggio a Milano, crociera Alta di Giurisprudenza, si parlerà di "Immagini e guerre contemporanee. Stereotipi, rimozioni e chance". Il convegno è organizzato in collaborazione dal Dipartimento di filosofia dell'Università di Milano e l'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI)

     

    Quila locandina del programma

  • Incontro al Centro Internazionale Loris Malaguzzi

    Giovedì 4 Aprile, alle ore 16.00 si terrà, presso il Centro Internazionale Loris Malaguzzi, un incontro di formazione rivolto a insegnanti di scuola dell'infanzia, scuola primaria e secondaria di primo grado sul tema "LA STORIA IN GIOCO".

     

  • Incontro di Studio

    Incontro di Studio a Reggio Emilia.

  • IX Seminario di Educazione interculturale e globale

     

    Si svolgerà il 4 e 5 settembre prossimi a Senigallia, presso la Sala Conferenze del Senbhotel il IX Seminario Nazionale di Educazione interculturale e globale dal titolo "Andare oltre: l'educazione per rigenerare la società. I nuovi curricoli della scuola".

    Il Seminario, riconosciuto dal MIUR quale attività di formazione e aggiornamento per il personale della scuola, prevede l'esonero dalle attività scolastiche degli insegnanti, ai sensi della Direttiva ministeriale n° 90 del 1 dicembre 2003.

    Qui il programma.

  • L’Immaginario della Shoah e della guerra

    Autore: Claudio Monopoli

    Continua il percorso inaugurato tre anni fa dall'Università di Bari sulla storia e la didattica della Shoah. L'insegnamento e la formazione attraverso un'equilibrata strategia didattica e fuori da ogni distorsione retorica e demagogica, sono gli obiettivi che lo hanno accompagnato fin dall’inizio. Il tema di quest’anno è stato L'immaginario della Shoah e della guerra (17 e 18 ottobre 2014). Se è vero che la nostra epoca è definibile "età delle immagini", è altrettanto vero che i metodi di comunicazione e di didattica storica sono obbligati ad affrontare questo argomento.

     

    Gli aspetti teorici

    Introducendo i lavori, Francesca R. Recchia Luciani ha esaminato il problema dell'effettiva rappresentabilità della Shoah. La cultura oggettivo-visuale e artistica ha fatto spesso ricorso a strategie di trasmissione e riproduzione di sentimenti e stati d'animo, con l'obiettivo di permettere un "transfer" emotivo nell’osservatore. Una volta aperta l'epoca "del trauma senza trauma" (D. Giglioli), la pratica della riproduzione della sofferenza, tuttavia, ha richiesto l’uso di immagini sempre più forti e spettacolari per far fronte alla perdita degli effetti emozionali che la loro estrema diffusione ha provocato, rendendo non scontato il processo di empatia. In un simile contesto, per non smettere di comprendere il dramma della sofferenza, di Auschwitz, non è più l'immagine in sé ad aiutarci, ma l'immaginazione che, richiamandosi alle nostre esperienze corporali, permette la condivisione partendo dalla constatazione della comune appartenenza al genere umano.

    Nel campo della didattica e della formazione, spesso non è facile trattare adeguatamente i temi "violenti" della storia. Ma è anche vero che non si possono escluderli dal curriculum. Partendo da questa necessità, Antonio Brusa ha proposto l’istituzione di un “laboratorio del tempo presente”. Muovendo dalle "questioni sensibili", ovvero dagli eventi angoscianti odierni, l'insegnante può sempre aprire delle "finestre didattiche" sul mondo contemporaneo. E’ fondamentale non abbandonare tali questioni alle commemorazioni e alle celebrazioni, oppure riservare loro unicamente gli ultimi istanti della programmazione. Il progetto di Laboratorio del tempo presente ha dunque l'obiettivo di costruire capacità e metodi di analisi su tematiche che attraversano l’intero racconto storico (immigrazione, malattie, guerra, ecc.) e di saggiare le capacità dei ragazzi nell’interpretarle. Il racconto scolastico, perciò, deve guardarsi dalle eccessive semplificazioni; si deve aprire al dibattito. Nel caso della guerra, deve accogliere le diverse “configurazioni” di questo evento: dall'alto, dal basso e quella culturalista (Prost e Winter). Dal canto loro, anche le immagini rischiano continuamente la banalizzazione. A questa si oppone il metodo storico: chiedersi i contesti nei quali l’immagine è prodotta, gli scopi dell’autore, i mezzi di produzione dell’immagine e, infine, la sua circolazione e il pubblico dei suoi fruitori. Questo vale tanto per un bassorilievo assiro, come per le foto delle atrocità naziste.

    Offrendo la sua preziosa testimonianza, Pino Bruno, reporter di guerra dal 1990 al 1994, ha illustrato come vengono realizzate le immagini di guerra e quali fattori influiscono sulla sua divulgazione. La stessa figura del giornalista di guerra di oggi, non più soldato come nel periodo antecedente alla guerra in Vietnam, implica una selezione all'origine dell’immagine. Un giornalista embedded, al seguito dell'esercito è obbligato a riprendere solo determinate scene, mentre i giornalisti “liberi” sono costretti a riprendere immagini lontano dalle zone di guerra. Non solo: diversi programmi di elaborazione grafica intervengono oggi sull'immagine finale, destinata alla diffusione, con la finalità di evidenziare o eliminare determinati elementi, a volte trasformando il senso complessivo dell'immagine.


    Il lavoro pratico

    I lavori della prima giornata hanno compreso un secondo blocco tematico, inaugurato dall'intervento di Elena Musci, sul tema della visita come proposta didattica. Il luogo storico si presenta come un insieme di dati materiali e simbolici in grado di richiamare eventi o figure. E’ una fonte stratificata nel tempo e "muta" se non vengono create le condizioni necessarie metterla in relazione con gli eventi passati. Per possedere le chiavi di comprensione di un luogo storico, è pertanto necessario raccontare questi raccordi e lavorare con le fonti. La visita didattica, supportata anche da mezzi digitali, può essere impostata interattivamente. Nello specifico, la Casa Rossa di Alberobello, meta della seconda giornata del corso, si presta ad un accurato lavoro di decostruzione, proprio a causa delle diverse funzioni che essa ha ricoperto a partire dal 1887.

    La Casa Rossa di Alberobello non è l'unico luogo utilizzato in Puglia come campo di concentramento. Nel suo intervento, Sergio Chiaffaratta ha illustrato questo aspetto di storia pugliese. Proprio all'indomani della guerra in Libia del 1911, circa quattromila libici vennero trasferiti nelle colonie penitenziarie delle Isole Tremiti, Gaeta, Ustica, Ponza, Caserta e Favignana. Anche durante la Grande Guerra, che aveva trasformato l’Adriatico in un fronte di battaglia, vennero istituiti numerosi campi di concentramento per i prigionieri austro-ungarici in diverse zone della Puglia e della Basilicata. Con l'emanazione delle leggi fasciste del 1926, molti dei luoghi già utilizzati nelle guerre citate furono impiegati come luoghi di confino, come ad esempio le isole Tremiti, che ospitarono diversi prigionieri omosessuali. Un altro importante passo è rappresentato delle leggi razziali del '38, che spinsero molti cittadini ebrei ad imbarcarsi dal porto di Brindisi verso la Palestina; e nel 1940 (fino al 1943) vennero istituiti numerosissimi campi di concentramento in tutt'Italia e in Puglia Fra questi: i campi di Pisticci (primo campo di concentramento italiano), Ferramonti di Tarsia, Isole Tremiti, Manfredonia, Gioia del Colle, ed ovviamente la casa Rossa di Alberobello. Con la liberazione di Bari del 1943, infine, vennero istituiti numerosi campi profughi e di transito, convertendo anche i vecchi campi di prigionia, come ad esempio i campi di Torre Tresca, Altamura e Santa Maria al Bagno.

    I lavori della prima giornata si sono conclusi con l'intervento di Raffaele Pellegrino, sul tema della Musica al servizio del Terzo Reich. Il singolare esempio preso in analisi è stato quello del campo di Terezin, situato a 60 km da Praga. In questo campo si realizzò il progetto nazista di creare un'immagine di fittizia del campo, presentato come fucina artistica e culturale. Internando musicisti ed esponenti del mondo culturale ebraico, i nazisti hanno mascherato gli orrori del campo di concentramento. La musica, inoltre, fu utilizzata nel sistema di potere del Terzo Reich come strumento di propaganda, filtrata dai nazisti attraverso la censura, i quali innalzavano a loro vessillo opere di autori da loro considerati rappresentanti della cultura ariana, come Wagner, Bach, Bruckner e Beethoven.

    La seconda parte del corso, la mattina del 18 ottobre, è consistita nella visita della Casa Rossa di Alberobello, a cura da Francesco Terzulli, autore di La casa rossa. Un campo di concentramento ad Alberobello e Una stella fra i trulli. Impiegata dal 1887 (data di fondazione) al 1939 come Scuola Agraria, fu utilizzata prima dai fascisti come campo di concentramento fino al 1943 per sudditi inglesi, ebrei stranieri, ex jugoslavi ed ebrei italiani; poi dal governo italiano come campo di prigionia per i fascisti fino al 1946; e successivamente, in età repubblicana fino al 1949, la Casa ospitò donne straniere di tutta Europa ex-collaborazioniste o prostitute o sbandate, bambini, profughi di tutta Europa, e non solo. La Casa, nel corso del tempo, ha conosciuto l’intera varietà della detenzione bellica: campo di internamento, prigionia, confino, concentramento, transito e per profughi.

     

     

  • La “cultura storica”. Come mettere insieme Public History, memoria storica e storia insegnata

    di Daniele Boschi

    Che cos’è la “cultura storica”

    Se per “cultura” intendiamo l’insieme delle modalità mediante le quali una società interpreta e trasforma la realtà in generale, possiamo allora definire la “cultura storica” come l’insieme delle rappresentazioni e delle pratiche per mezzo delle quali quella società si rapporta al proprio passato. Si tratta quindi di un concetto molto ampio, che comprende non soltanto la storiografia accademica e la storia insegnata a livello scolastico, ma anche, più in generale, le memorie e i racconti del passato tramandati all’interno di una collettività, i musei, le mostre e i luoghi di interesse storico, le pratiche e i rituali commemorativi, l’attività politica nella misura in cui essa si interessa al passato.

    La cultura storica si riferisce quindi a un campo più esteso rispetto a quello della public history, della quale si è molto dibattuto, in Italia e non solo, negli ultimi anni. “Public History Weekly” è una rivista dedicata a questo particolare approccio storiografico, molto interessata anche alla didattica. In Italia si è creata da poco l’associazione dei “public historians”.

    Sebbene la riflessione teorica sul concetto di cultura storica si sia sviluppata a partire dall’ultimo ventennio del secolo scorso con i lavori di studiosi come Jörn Rüsen, Bernd Schönemann e Maria Grever, è soltanto negli ultimi anni che tale concetto è stato posto al centro di un rilevante e crescente numero di iniziative, pubblicazioni, programmi di ricerca e corsi di studio universitari (qui una bibliografia esauriente).

    Cultura storica e didattica della storia

    Lo studio della cultura storica ha grande importanza anche per la didattica della storia. È evidente infatti che gli studenti del XXI secolo assumono gran parte delle loro rappresentazioni e atteggiamenti riguardanti il passato al di fuori del contesto scolastico, a causa del ruolo sempre più significativo che hanno la rete, i dispositivi elettronici e i mezzi di comunicazione di massa. L’insegnamento della storia non può non tener conto di questa situazione sociale e non può non farsi carico della necessità di fornire alle nuove generazioni gli strumenti per relazionarsi in modo critico con le rappresentazioni del passato provenienti da agenzie e attori sociali esterni alla scuola e al mondo universitario.

    Ma qual è attualmente il rapporto tra l’educazione storica formale e la cultura storica? E quali sono le nuove sfide, sul piano teorico e sul piano pratico, che la storiografia e la didattica della storia devono affrontare? Queste sfide possono essere comprese anche in un contesto transnazionale e globale, oltre che in ambito nazionale?

    Un convegno per rispondere a queste domande

    Per provare a rispondere a queste domande, una cinquantina di ricercatori e studiosi provenienti da vari paesi europei si riuniranno ad Atene nel prossimo mese di giugno in occasione della conferenza internazionale dedicata al tema Historical culture in and out of history education.

    Erodoto e TucidideErodoto e Tucidide <br> (Museo Archeologico Nazionale di Napoli)

    La conferenza è stata organizzata dalla International Research Association for History and Social Sciences Education (IRAHSSE), un’associazione nata nel 2009 con lo scopo di promuovere la riflessione e il confronto su tutti i temi relativi alla didattica della storia e delle scienze sociali.

    Come si legge all’art. 2 del suo statuto, l’Associazione si occupa dell’insegnamento scolastico e degli usi pubblici della storia e delle scienze sociali e intende favorire il dibattito fra i diversi approcci a questi temi. L’IRAHSSE pubblica una propria rivista, il primo numero della quale è consultabile sul sito dell’associazione, dove si trovano anche molte notizie relative alle conferenze internazionali tenute finora e ad altre iniziative e pubblicazioni su temi attinenti all’insegnamento della storia e delle scienze sociali.

    All’organizzazione del convegno ha collaborato la rivista online “Historein”, che si occupa di storia della storiografia, ma anche di public history. Rinviamo anche in questo caso al sito della rivista, dove si possono leggere gli articoli che essa ha pubblicato, dal primo numero edito nel 1999 fino ad oggi .

  • La formazione dei prof, tra Università e Scuola.

    Intervista a Charles Heimberg

    Autore: Antonio Brusa

    Charles Heimberg insegna Didattica della storia e della cittadinanza all’Università di Ginevra ed è, al tempo stesso, il direttore del programma formativo dei docenti della secondaria di questo cantone. Lo incontro in occasione di Construire la paix, un festival di storia organizzato dall’Università della città, e ne approfitto per chiedergli notizie sulla formazione dei prof e sul loro reclutamento. Due temi che in Italia (come tutti sanno) sono oggetto di polemiche e di discussioni parlamentari. Il primo – la formazione dei docenti - alla Commissione cultura del Senato; il secondo – la Buona scuola – alla Camera. E’ vero: Ginevra è una realtà molto piccola, rispetto all’Italia. Ma forse proprio per questo si vede meglio l’effetto e il funzionamento di certi meccanismi che, a causa dei grandi numeri italiani, possono risultare opachi. (la conversazione è stata rivista da Charles).


    Cominciamo dal reclutamento. Chi vuole insegnare storia, che cosa deve studiare qui a Ginevra?

     

    Gli serve un corso di laurea triennale (baccalaureato universitario), poi un master specialistico in una disciplina insegnabile, infine un master professionale. Quest’ultimo è di 90 crediti. Corrisponde in pratica in un anno e mezzo di studi con un tirocinio annuale a metà tempo con una classe in piena responsabilità di insegnamento. Questo sistema attualmente viene contestato. Dovrebbe essere modificato prossimamente, probabilmente con la possibilità di formarsi in due anni per due discipline insegnabili.


    Com’è organizzato il master professionale?

     

    E’ diviso praticamente in tre parti: una di contenuti trasversali di scienze dell’educazione (dalla pedagogia alla psicologia ecc.); una seconda di didattica della disciplina; una terza, composta dal  tirocinio  in piena responsabilità già menzionato, e da altri tirocini, che si svolgono presso insegnanti dei vari livelli della secondaria. Durante il secondo anno, quindi, gli studenti sono inseriti in una scuola, in cui sperano di essere successivamente assunti dal preside.


    Si accede liberamente a questi master?

     

    Per alcuni anni l’accesso alla prima fase della formazione è stata libera. Purtroppo, in alcune discipline, tra cui la storia, molti studenti sono rimasti bloccati in attesa di tirocinio. Una selezione a monte è oramai prevista in un contesto di riduzioni finanziarie che bloccano tutto il sistema. Per questo anno, i posti sono saturi e non c’è sbocco.

     

    Ma come si accede al tirocinio? Chi decide in quale scuola andare?

     

    La legge prevede l’organizzazione di un concorso da parte dell’università, con studenti ammessi in base a una classifica, in un numero corrispondente alla quantità di tirocini messi a disposizione. Purtroppo, c’è un conflitto col Dipartimento dell’Istruzione pubblica che vuole riservarsi il compito di scegliere i candidati. Non so come la situazione evolverà. Temo che potrebbero prevalere delle pratiche arbitrarie.


    In base a quale criterio il preside chiamerebbe un tirocinante? Ha un curricolo, delle domande, guarda i voti?

     

    Non si sa. I criteri sono suoi personali. Sceglie quelli che conosce, magari, o che gli sono stati presentati. Sostiene soprattutto chi ha assunto per supplenze precedenti.

     

    E voi dell’Università siete d’accordo?

     

    C’è una forte conflittualità fra Università e presidi. Sono convinto che il compito dell’Università sia quello dell’equità. Noi dobbiamo insegnare un mestiere, valutare le capacità degli allievi e fare una graduatoria. I presidi al contrario, sono gelosi della loro autonomia.

     

    E la politica?

     

    La ministra dell’Istruzione pubblica parteggia piuttosto per i presidi. Per lei la vera formazione è tra pari e si dichiara poco convinta della necessità di tornare all’Università per una formazione professionale ottenuta con un master in una disciplina particolare. Insomma, se non ci fossero le leggi federali, farebbe volentieri a meno della formazione professionale universitaria.

     

     

    E i sindacati?

     

    Anche loro sono dello stesso avviso. Eppure, venti anni fa, non la pensavano in questo modo. Lavoravamo insieme per la costruzione di processi di formazione di qualità e per il miglioramento dell’insegnamento.

     

    Che cosa è cambiato?

     

    E’ cambiato che nel frattempo abbiamo inventato e sviluppato la didattica e, quindi, la possibilità di una formazione professionale trasparente e migliorabile. Ma non sembra che sindacati e politica se ne siano accorti.


    Quindi, l’autonomia delle scuole, paradossalmente, è un ostacolo per una formazione professionale adeguata alla ricerca?

     

    Le scuole non sono autonome. Tutto è deciso dalla politica. Budget, programmi, orari, materie e anche il preside. L’unica autonomia che gli è parzialmente concessa è proprio quella di scegliersi i professori.

  • La storia e la scuola

    Senso e metodi di un insegnamento

  • Le discipline umanistiche nella scuola di oggi

    Autore: Enrica Bricchetto

     


    Cosa insegnare a scuola. Qualche idea per le discipline umanistiche, a cura di C. Giunta e A. Savoia, Trento, Editore Provincia autonoma di Trento - Iprase, 2013, scaricabile gratuitamente in PDFqui, oppure  dal sito di Claudio Giunta 

     

    E’ diventata una necessità improrogabile quella di confrontare i propri ambiti disciplinari con i cambiamenti che viviamo. E’ ciò che si propongono gli autori di questo agile libro, dal quale ricaviamo riflessioni e proposte didatticheconcrete, soprattutto nel rapporto fra disciplina e tecnologie, ormai considerate parte integrante della vita e della scuola. Tutti gli autori, infatti, rilevano l’importanza del web come fattore di acculturazione e, contemporaneamente, segnalano che proprio la sua ricchezza richiede da parte della scuola un’assunzione di responsabilità. Ma le difficoltà non riguardano solo il versante tecnologico dell’apprendimento disciplinare.

    Nel caso particolare della storia, Marco Bellabarba, docente di Storia moderna presso l’Università di Trento (Sull’insegnamento della storia),rileva la difficoltà da parte degli studiosi di proporre nuovi modelli per  comprendere le questioni dell’oggi e per superare la crisi di quelli vecchi.

    “Qualsiasi cosa evochi il concetto di ‘modernità’, lo studio della storia si è prestato a spiegarlo, dentro un clima culturale largamente condiviso, in cui era sufficientemente chiaro che cosa fosse e a che cosa servisse la storia”. Era scontato, in passato, che la storia  avesse un rapporto strettissimo con l’identità di una comunità politica e contribuisse a fondarne la rappresentazione esterna. Ora non è più così o, quantomeno, la scuola non riesce più a comunicare questo messaggio. Questa nuova fase didattica, scrive Bellabarba, si caratterizza per la ricerca della testimonianza, la semplificazione delle narrazioni, lo studio dei periodi più vicini a noi, e con l’annacquamento progressivo del senso storico.

    Bellabarba suggerisce, come antidoto a questa deriva, l’attenzione alla profondità cronologica, l’ampliamento degli spazi (World History, Transnational History…) e anche una cura maggiore alla stesura e all’argomentazione di storia. Ottimi suggerimenti: per quanto si tratti, ancora una volta, di segnalazioni di problemi reali, mentre le possibili soluzioni didattiche restano implicite (come non accade, per esempio, nell’intervento sulla filosofia (M. Piras, La filosofia: dalla storia all’argomentazione), dove si propone esplicitamente la riorganizzazione dell’intero insegnamento).

    Tutti i saggi in realtà fanno riferimento a cambiamenti generali nel modo di insegnare. Se ne possono trarre, perciò, spunti validi anche per storia. Partire da domande personali e intercettare i consumi culturali degli studenti; fare lezioni laboratoriali che nascano da problemi; scrivere e argomentare.

    Da una lettura unitaria del volume emerge con chiarezza che lo sforzo della comunità docente dovrebbe essere quello di produrre materiali organizzati, se nondel tutto alternativi e nuovi - la pedagogia di  Freinet e Don Milani ha già indicato strade fondamentali, per quanto dal punto di vista della “macchina formativa” sia rimasta sostanzialmente inascoltata -, almeno di supporto alla lezione frontale. Non servono schede didattiche ma modelli che permettano di coinvolgere gli studenti in un discorso culturale profondo, fatto di memoria e di capacità di analisi, in cui linguaggi e attitudini di oggi giochino un ruolo formativo efficace.

  • LE QUESTIONI SENSIBILI. Un invito a collaborare

    Autore: Antonio Brusa

    Per chi insegna storia, ci sono degli argomenti più difficili di altri, perché coinvolgono i sentimenti, le passioni politiche, il senso di appartenenza, o fanno semplicemente orrore. Sono le “Questioni sensibili”. Ogni insegnante ha le proprie. Ma quali sono quelle condivise dagli insegnanti nel loro complesso? Se lo è chiesto un gruppo di ricercatori (storici e psicologi sociali di varie nazionalità), che hanno avviato una ricerca empirica presso i colleghi delle rispettive nazioni.

    Chiediamo agli insegnanti di collaborare a questa ricerca, compilando il questionario che troverà allegato. Il numero dei docenti che parteciperanno sarà fondamentale per la validità dei risultati. Capire quali sono le Questioni sensibili più sentite dai docenti è un dato essenziale, per cercare i modi più efficaci di trattarle in classe. Chi vuole collaborare, può scaricare il questionario da questo indirizzo:

    https://docs.google.com/forms/d/1jAsqcOxZZLfcZGIpci6VS2QxCixEMxQltrKJHtPeC7g/viewform?c=0&w=1&usp=mail_form_link

    Il questionario è anonimo e la compilazione è del tutto libera, nel senso che è possibile saltare delle domande o interromperne la compilazione in qualunque momento, avendo comunque cura di cliccare poi il bottone finale, per inviarlo. La compilazione dell'intero questionario richiede circa trenta minuti. Responsabili della parte italiana della ricerca sono Giovanna Leone e Luigi Cajani, della Sapienza Università di Roma (troverete i loro indirizzi nel link). Chi desidererà conoscere i risultati della ricerca potrà rivolgersi a loro.

  • Manifesto per la rinascita delle discipline umanistiche

     

    Nessuno di noi è entusiasta dello stato delle discipline umanistiche. Partecipano, come tutte le altre, del vasto programma di riduzione della spesa nazionale per la scuola, ma subiscono in colpi particolari, a partire dal governo Moratti. Forse significativamente dal principio del secolo.

    Le reazioni a questo stato sono episodiche, frammentate. Covano in silenzio, ci sembra. Sono di vario genere: chi vorrebbe tornare ai tempi passati (i teorici dell' “orologio fermo che almeno segna l'ora esatta due volte al giorno”); i millenaristi del digitale; quelli che semplicemente vorrebbero fare il lavoro in santa pace, e quelli, infine, che dicono che la cultura umanistica è demodèe, la vera cultura è quella scientifica.

    A Senigallia, al seminario nazionale che i "volontari" della scuola buona fanno ormai da 8 anni, si è pensato di lanciare questo manifesto per punti. E' stato già pubblicato in Francia, nel sito di Mediapart. Lo pubblichiamo anche noi di HL.

     

    Nell’ottavo anno di lavoro, gli insegnanti, i ricercatori e gli operatori delle Ong, impegnati nel progetto di rinnovamento delle discipline di studio umanistiche nel loro rapporto con le grandi trasformazioni del mondo attuale, ritengono utile proporre ai colleghi delle scuole, ai responsabili dell’Amministrazione scolastica e al grande pubblico, sette punti, che ritengono essenziali, in vista della riapertura di un necessario dibattito sulla riforma scolastica.

    1.    Le materie umanistiche devono recuperare la loro capacità interpretativa del mondo, attraverso un profondo rinnovamento, epistemologico, dei contenuti di studio e delle metodologie di insegnamento.

    2.    Questa capacità interpretativa è diminuita progressivamente negli ultimi anni anche per l’effetto combinato di due fenomeni, solo in apparenza eterogenei: da una parte, la rigidità delle materie umanistiche, incapaci di staccarsi da assetti disciplinari costituitisi del XIX secolo; dall’altra la diffusione di pratiche e di “nuove discipline”, conosciute solitamente come “educazioni”, che sottraggono di fatto alle discipline tradizionali gli argomenti strategici della formazione del cittadino.

    3.    Questa perdita di capacità interpretativa del mondo sta portando lentamente, ma inesorabilmente, alla marginalizzazione delle materie umanistiche, sia in termini di orario e di personale, sia in termini di considerazione da parte degli allievi, sia in termini  di investimenti sociali.

    4.    Il gruppo di lavoro riconosce che, nel recente passato, l’Amministrazione ha compiuto alcuni passi in una direzione positiva, i cui risultati non dovrebbero essere dimenticati nelle attuali discussioni sul rinnovamento scolastico.

    5.    In particolare, segnala come, a partire dalle Nuove Indicazioni per la scuola di base, siano state recepite – specialmente in storia e geografia – alcune istanze apprezzabili, quali uno sguardo mondiale e pluriscalare scientificamente aggiornato, un’attenzione ai processi fondamentali della storia umana, un’interazione stretta fra le due discipline e fra queste e la formazione del cittadino, un approccio moderno alle procedure di insegnamento.

    6.    Segnala, al tempo stesso, come questi atti amministrativi non abbiano prodotto gli effetti sperati, sia a causa della quasi inesistente formazione professionale sul territorio, il cui profilo continua a rimanere poco definito, per le incertezze e le contraddizioni riguardanti la formazione iniziale e in servizio; sia a causa della indifferenza ostentata dalle case editrici, attente solo alla ripartizione annuale delle materie e alla messa in rete di siti sempre più faraonici, quanto incapaci nel loro complesso di progettare materiali adeguati alle richieste dell’Amministrazione.

    7.    Si rileva, infine, come questa apertura al mondo delle Indicazioni della scuola primaria e secondaria di primo grado è contraddetta dalle Indicazioni per le superiori, che ripete in molti tratti contenuti e metodi dei programmi in vigore negli anni ’60.

    Questi, per il gruppo di lavoro, sono elementi fondanti per la rinascita delle discipline umanistiche:  nuovi contenuti e nuovi approcci di studio, metodi di insegnamento adeguati, un curricolo organico dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado, una formazione professionale efficace, una produzione appropriata di materiali di studio. Attualmente, questo compito immane è preso in carico da insegnanti, ricercatori e associazioni di buona volontà. E’ tuttavia evidente che  potrà essere affrontato solo se viene assunto, come obiettivo centrale, delle istituzioni preposte alla formazione nazionale – Università e Scuola – e che questo risultato possa essere raggiunto solo con un serio impegno del governo.

  • Mediterraneo. Una storia da condividere


     


    La scrittura in comune, da parte di un gruppo di storici e studiosi di didattica della storia, provenienti da otto paesi del Nord e del Sud del Mediterraneo, ha portato alla creazione di Méditerranée. Une histoire à partager /Mediterraneo. Una storia da condividere (edito da Bayard, Parigi).
    Questo progetto è centrato su una scala radicalmente nuova, quella mediterranea. Si propone come complemento per gli insegnanti, che troppo spesso hanno materiali e programmi rinchiusi nella scala nazionale. Tiene conto delle evoluzioni recenti della disciplina storica e in particolare della storia mondiale e della connected history.
    Il volume si compone di cinque capitoli, dalla preistoria alla primavera araba. Ogni capitolo presenta una contestualizzazione storica e studi di caso selezionati in modo da rispettare l’equilibrio geografico tra le diverse sponde del Mediterraneo. Gli studi di caso sono strutturati intorno ad un testo introduttivo, che presenta il problema e il contesto storico e un corpus di documenti di vario tipo. Attraverso il racconto, i documenti e le carte, i quindici autori - storici ed educatori provenienti da Marocco, Tunisia, Francia, Italia, Portogallo, Grecia, Libano ed Egitto,  coordinati da Mostafa Hassani Idrissi, docente di didattica della storia all'Università Mohammed V di Rabat -ripercorrono la nascita di un soggetto storico, il Mediterraneo, esplorandone i diversi periodi di tensione e di cooperazione, isolazionismo e apertura, tradizionalismo e modernità.
    Accompagnato da un sito internet, questo progetto viene presentato a Marsiglia il 2 e il 3 dicembre, alla presenza di ministri, autorità regionali e cittadine e di un nutrito gruppo di storici e studiosi dell’area mediterranea. Ad esso seguirà un piano di formazione, che inizierà il giorno successivo con un corso tenuto- fra gli altri - da due degli autori dell’opera, Didier Cariou e Antonio Brusa.

  • MIGRANTI TRA PASSATO E FUTURO

    Corso di formazione per gli insegnanti della Provincia di Macerata promosso dall’Istituto Storico di Macerata

    Le premesse

    Il dramma delle donne e degli uomini che attraversano il Mediterraneo e l’Europa in fuga da guerre e fame non è nuovo, ma forse i fatti dell’estate 2015 ne hanno evidenziato la decisiva importanza nelle dinamiche del mondo contemporaneo come mai prima. La scuola, luogo di incontro con l’altro e naturale approdo dei migranti più giovani, si fa da sempre carico non solo dell’accoglienza e dell’inclusione, ma anche della comprensione dei fenomeni che stanno dietro ai grandi spostamenti di persone nel mondo. L’insegnante, però, come tutti, di fronte ad un contesto politico e socioeconomico in continua evoluzione, a volte fa fatica a trovare i giusti strumenti di analisi e comprensione di tali fenomeni epocali. L’insegnante, più di chiunque altro, di questi strumenti ha bisogno nella pratica educativa di tutti i giorni. Il corso di formazione “Migranti” si propone di offrire agli insegnanti delle scuole della provincia di Macerata alcuni stimoli, alcune mappe utili a collocare i fenomeni migratori di oggi in una prospettiva sincronica e diacronica, con l’aiuto di storici, geografi, demografi, studiosi di diritto ed economia ed operatori del settore.

    Il corso

    Il corso si strutturerà in tre moduli di due-tre incontri ciascuno e ogni modulo si svolgerà in una città diversa della provincia, rispettando per quanto possibile una distribuzione omogenea sul territorio.

    Ogni modulo affronterà il tema oggetto del corso da tre differenti angolazioni:

    -         la prospettiva storica, con l’intento di cogliere le analogie e le differenze fra le migrazioni del passato e quelle attuali;

    -         la prospettiva economico-giuridica, per capire il quadro normativo e il contesto economico in cui si inseriscono le attuali “emergenze”;

    -         la prospettiva geografica e demografica, allo scopo di provare a individuare i più plausibili scenari futuri.

    Ogni incontro sarà così strutturato: breve introduzione di contestualizzazione e di raccordo fra i vari moduli; relazione dell’esperto; dibattito.

    I tre moduli si svolgeranno rispettivamente nel mese di gennaio 2016, febbraio 2016, maggio 2016.

    Il primo modulo sarà ospitato a Recanati, sede del Museo dell’Emigrazione Marchigiana; il secondo modulo sarà ospitato a Tolentino, presso l’IIS “Filelfo”, il terzo a Macerata nel contesto della manifestazione culturale “Macerata Racconta”.

    Comitato scientifico:

    Marco Moroni, UnivPM

    Paolo Coppari, Rete “Le Marche fanno storie”

    Annalisa Cegna, Direttrice ISREC Macerata

    Gabriele Cingolani, Responsabile offerta didattica ISREC Macerata

  • MIGRANTI TRA PASSATO E FUTURO

    Corso di formazione per gli insegnanti della Provincia di Macerata promosso dall’Istituto Storico di Macerata

    Le premesse

    Il dramma delle donne e degli uomini che attraversano il Mediterraneo e l’Europa in fuga da guerre e fame non è nuovo, ma forse i fatti dell’estate 2015 ne hanno evidenziato la decisiva importanza nelle dinamiche del mondo contemporaneo come mai prima. La scuola, luogo di incontro con l’altro e naturale approdo dei migranti più giovani, si fa da sempre carico non solo dell’accoglienza e dell’inclusione, ma anche della comprensione dei fenomeni che stanno dietro ai grandi spostamenti di persone nel mondo. L’insegnante, però, come tutti, di fronte ad un contesto politico e socioeconomico in continua evoluzione, a volte fa fatica a trovare i giusti strumenti di analisi e comprensione di tali fenomeni epocali. L’insegnante, più di chiunque altro, di questi strumenti ha bisogno nella pratica educativa di tutti i giorni. Il corso di formazione “Migranti” si propone di offrire agli insegnanti delle scuole della provincia di Macerata alcuni stimoli, alcune mappe utili a collocare i fenomeni migratori di oggi in una prospettiva sincronica e diacronica, con l’aiuto di storici, geografi, demografi, studiosi di diritto ed economia ed operatori del settore.

    Il corso

    Il corso si strutturerà in tre moduli di due-tre incontri ciascuno e ogni modulo si svolgerà in una città diversa della provincia, rispettando per quanto possibile una distribuzione omogenea sul territorio.

    Ogni modulo affronterà il tema oggetto del corso da tre differenti angolazioni:

    -         la prospettiva storica, con l’intento di cogliere le analogie e le differenze fra le migrazioni del passato e quelle attuali;

    -         la prospettiva economico-giuridica, per capire il quadro normativo e il contesto economico in cui si inseriscono le attuali “emergenze”;

    -         la prospettiva geografica e demografica, allo scopo di provare a individuare i più plausibili scenari futuri.

    Ogni incontro sarà così strutturato: breve introduzione di contestualizzazione e di raccordo fra i vari moduli; relazione dell’esperto; dibattito.

    I tre moduli si svolgeranno rispettivamente nel mese di gennaio 2016, febbraio 2016, maggio 2016.

    Il primo modulo sarà ospitato a Recanati, sede del Museo dell’Emigrazione Marchigiana; il secondo modulo sarà ospitato a Tolentino, presso l’IIS “Filelfo”, il terzo a Macerata nel contesto della manifestazione culturale “Macerata Racconta”.

    Comitato scientifico:

    Marco Moroni, UnivPM

    Paolo Coppari, Rete “Le Marche fanno storie”

    Annalisa Cegna, Direttrice ISREC Macerata

    Gabriele Cingolani, Responsabile offerta didattica ISREC Macerata

  • Mimesis o montaggio? Verità e menzogna dell’immagine fotografica

    Il Civico Archivio Fotografico del Castello Sforzesco di Milano, il Dipartimento di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano e l'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia riprendono una collaborazione già avviata nel 2013 per proporre al pubblico un ciclo di incontri, a cura di Maurizio Guerri.

    «Da un secolo e mezzo l'immagine fotografica si è inserita nell'orizzonte conoscitivo dell'uomo mutandone il senso e riconfigurandone le funzioni. L'immagine fotografica non è semplicemente un'immagine che si aggiunge in modo neutro ad altri tipi di immagini in ambito artistico, scientifico ecc.; piuttosto la fotografia ha mostrato innanzitutto di mutare il senso il ruolo e la funzione di tutte le pratiche conoscitive del passato. La fotografia non si aggiunge agli altri tipi di immagini rapportandosi a essi in modo neutro, ma ne trasforma la funzione in primo luogo facendo di esse immagini. La fotografia per sua natura si rapporta alle altre modalità di produzione di immagini come oggetti del proprio sguardo.

    Uno dei modi attraverso cui la peculiarità dell'immagine fotografica e la potenza del suo sguardo emergono nella riflessione di filosofi, artisti, scienziati è la questione intorno alla natura mimetico-riproduttiva o creativa-immaginativa dell'immagine fotografica. Il dibattito intorno a tale questione - che inizia con la diffusione stessa della pratica fotografica e prosegue fino ai nostri giorni - si consolida intorno a due poli contrapposti con molteplici variazioni e con infinite implicazioni teoriche: da una parte si sottolinea che la natura dell'immagine fotografica risiede in una dimensione riproduttiva del reale da cui la sua forza di oggettività.

    Proprio su questo assunto – che la fotografia sia una riproduzione più oggettiva delle cose, rispetto agli altri tipi di immagini - si fonda il rapporto che domina a livello di senso comune il nostro sguardo. D'altra parte, una serie di autori hanno messo in luce come l'immagine fotografica sia essenzialmente frutto di un taglio, di un montaggio e la sua forza rappresentativa risieda piuttosto nella possibilità di liberare la conoscenza umana dalla fede in una realtà fissa, data una volta per tutte.
    Obiettivo del laboratorio è quello di considerare alcuni dei testi teorici e delle esperienze artistiche più rilevanti all'interno di questo dibattito sull'immagine fotografica, cercando di porre in relazione la fondamentale questione filosofica con discipline diverse come la cultura visuale, la storia, la storia dell'arte, la storia e la pratica della fotografia.» (testo di Maurizio Guerri).

    Il Civico Archivio Fotografico del Castello Sforzesco di Milano, nato agli inizi del Novecento grazie all’impegno di Luca Beltrami, conserva 850.000 fotografie originali dal 1839 ai nostri giorni ed è un istituto che unisce alle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio iniziative volte a promuovere la cultura fotografica, storica e contemporanea, in collaborazione con realtà istituzionali, associazioni, università, musei. Silvia Paoli, storico dell'arte e della fotografia, docente universitario e membro del Consiglio Direttivo della Sisf (Società Italiana per lo studio della fotografia), ne è Conservatore dal 2001. Tra i suoi ultimi lavori: S. Paoli (a c. di), Luca Beltrami (1854 – 1933). Storia, arte e architettura a Milano, Cinisello Balsamo (MI), Silvana Editoriale, 2014, catalogo della mostra, Milano, Castello Sforzesco, Sala Viscontea, Sala dei Pilastri, Sala del Tesoro, 26 marzo – 29 giugno 2014.

    Qui il programma degli incontri

  • Musei e didattica in un paese serio

    Autore: Antonio Brusa


    Roser Calaf considera questo sito come il culmine della sua attività di studiosa di didattica presso l'Università di Oviedo. Mette in linea la valutazione qualitativa dei programmi educativi di quattordici musei spagnoli (per il momento), dal Von Thyssen di Madrid, fino ai musei dei dinosauri delle Asturie, quelli minerari del nord della Spagna o il museo archeologico di Huelva.

  • Nasce un nuovo master, tra Roma e Lucca, dedicato allo studio delle fonti storiche

    di Tommaso Rossi

    Lumsa

    L’istruzione universitaria italiana offre molti percorsi post lauream eccellenti nelle discipline umanistiche: in Storia, Archivistica, Archeologia e Storia dell’Arte. Nonostante la ricchezza e la proliferazione di percorsi specifici quali master e scuole di specializzazione manca ancora, però, un’offerta rivolta a coloro che, provvisti di un titolo di laurea magistrale in discipline umanistiche o architettoniche, intendano ampliare il proprio bagaglio di conoscenze alla metodologia della ricerca storica e all’utilizzo e alla consapevolezza delle fonti documentarie, artistiche e archeologiche.

    Per tali motivi, dopo un complesso lavoro scientifico di collazione tra i vari percorsi e curricula dei master esistenti in Italia, LUMSA e Accademia Maria Luisa di Borbone hanno pensato ad un nuovo modo di “conoscere” la documentazione presente nei nostri ricchissimi archivi. È nato così il master biennale di 2° Livello in Analisi delle Fonti e Metodologia della Ricerca Storica, che mira a fornire un approccio completo alla metodologia indispensabile a guidare coloro che saranno interessati nel mondo della ricerca. L’idea è quella di introdurre il laureato nell’ambiente della ricerca attraverso insegnamenti specifici e specialistici di Storia, dal Medioevo all’Età Contemporanea, arricchendo il percorso con Storia della Chiesa, Storia degli ordini cavallereschi e Storia delle dinastie.

    Il percorso è stato poi arricchito con la conoscenza approfondita dell’Archivistica e pensato come cantiere di esperienze seminariali di stampo teorico e pratico. Uno stage e un elaborato finale concluderanno il master. In definitiva, tale itinerario formativo si propone come orientamento al mondo del lavoro e della ricerca ma con nuovi approcci in particolare nei confronti delle discipline storico-documentarie. Tra gli sbocchi occupazionali sarà possibile ottenere crediti formativi universitari utili per l’abilitazione alle varie classi di concorso per l’insegnamento nella scuola di primo e secondo grado, nonché costituire un titolo di specializzazione per concorsi pubblici.

    Coloro che concluderanno il percorso, inoltre, otterranno titoli e conoscenze utili per diventare direttori, dirigenti, funzionari e dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in particolare per gli Archivi di Stato, per le Università, per enti pubblici e privati di natura economica, scolastica, documentaristica e di ricerca, enti locali come Comuni e Fondazioni, personale preposto a servizi statistici, a biblioteche, a mezzi di diffusione telematica della documentazione, nonché a ruoli di dirigenza di opere di restauro architettonico per i quali sia prevista non solo la laurea in Architettura, ma anche un titolo specialistico di conoscenza della storia e delle fonti per una corretta ricostruzione “storica” del bene culturale sul quale si lavora. Possibilità di sbocco nella varie soprintendenze archivistiche e bibliografiche, per i beni artistici e architettonici e paesaggistici.

    LUMSA e Accademia Maria Luisa di Borbone, inoltre, per permettere un’ampia partecipazione al master, hanno bandito anche due borse di studio a totale copertura delle quote di partecipazione ai corsi. Le iscrizioni terminano il 20 settembre 2018.

    Programma del master

    Regolamento per la domanda di borse di studio

    Modulistica

  • Popshoah?

    La memoria dello sterminio e il suo uso pubblico


    Ormai è un appuntamento stabile, quello che vede centinaia di docenti riunirsi a Bari a studiare e discutere dei problemi didattici e divulgativi, relativi allo sterminio degli ebrei europei. La barra costante di questi seminari annuali è stata quella di spostare l'attenzione della scuola dalla commemorazione allo studio. Abbiamo, in passato, affrontato diversi temi: la violenza, le immagini, i laboratori, i luoghi di memoria pugliesi. Abbiamo, anche, potuto ascoltare studiosi capaci di far capire i problemi attraverso percorsi di studio emozionanti. Non dimentichiamo le lezioni di Fréderic Rousseau, che ci ha spiegato come la foto del bambino di Varsavia da documento storico si è trasformata in icona destoricizzata; o di Alberto Salza, col suo viaggio nell'inferno dello sterminio; o di Pino Bruno, che ha offerto ai docenti la sua esperienza di inviato in alcune delle guerre più atroci nella nostra contemporaneità.

    Quest'anno si parla di "popshoah". Non è un titolo provocatorio. Si tratta di sviscerare una questione che tutti sentono importante, quando si parla oggi di quegli eventi, ma che non molti hanno il coraggio di affrontare. Auschwitz fu liberata settant'anni fa. Un tempo lunghissimo, data la velocità di trasformazione del nostro mondo, durante il quale quelle immagini si sono trasformate, hanno preso nuovi significati, circolano in ambiti sempre più lontani da quelli originari, e vengono usate per mille scopi diversi. Auschwitz, nel nostro immaginario, è qualcosa di molto diverso da ciò che fu nelle sue origini, da come fu pensata e raccontata a partire dagli anni '60 del secolo scorso.

    Ogni volta che parliamo di Shoah, dunque, non facciamo solo i conti con un passato atroce. Ce la dobbiamo vedere con le sue immagini, prodotte e fatte circolare dalle decine di "presenti" che si frappongono tra noi e la fine della Seconda guerra mondiale.

    E' quello che faremo a Bari: grazie ai tanti studiosi che hanno accettato di venire, alla passione e alla bravura di Romana Recchia Luciani e alla dedizione dei ragazzi del Centro Normanno Svevo, senza dei quali questo appuntamento non si potrebbe, semplicemente, realizzare.

  • Presentazione del volume "Politica e istituzioni in Umbria"

    Manuale di educazione alla cittadinanza (di Valerio Marinelli)

    Verrà presentato mercoledì 14 ottobre alle ore 10,30 presso la Sala Verde del Liceo Ginnasio "Tacito" di Terni il volume di Valerio Marinelli Politica e Istituzioni in Umbria. Manuale di educazione alla cittadinanza.

  • Programma dello Short Master

    Università degli Studi “Aldo Moro”


    For. Psi. Com/CRIAT centro interuniversitario ricerca territorio

     

    Il paesaggio storico come risorsa didattica per lo studio della storia e della geografia

    Short Master

     

    Coordinatore: Antonio Brusa (Università degli Studi di Bari)
    Direttore scientifico: Loredana Perla (Università degli Studi di Bari)

     

    Struttura dello Short Master:

    Il master si compone di 4 moduli costituiti da

    • incontri teorici (venerdì pomeriggio),
    • laboratori didattici (sabato pomeriggio): svolti sui temi delle lezioni
    • escursioni dimostrative (domenica mattina).

     

    MODULO 1Introduzione e impianto generale

    23-24-25 settembre

     

    Venerdì (16.00-19.00): Introduzione e impianto del corso: Il paesaggio storico come risorsa didattica.

    Antonio Brusa: il punto di vista didattico

    Loredana Perla: la prospettiva pedagogica

    BiagioSalvemini: la prospettiva di ricerca

     
    Sabato (16.00-19.00): presentazione dei laboratori

    Valentina Ventura: i giochi didattici

    Giuseppe Losapio: lo storytelling e il laboratorio didattico

    Giulia Perrino: i segni sul territorio

    Giuliano De Felice: archeostorie

    Sergio Chiaffarata: le associazioni che operano sul territorio

    In plenaria. Viviana Vinci: la valutazione

     

    Domenica mattina: Escursione a Mola di Bari

    Valentina Ventura/Giulia Perrino/Sergio Chiaffarata

    Il paesaggio storico: i segni sul territorio. Mola di Bari dalla preistoria al Novecento.
           

     

    MODULO 2 Dalla preistoria fino all’Alto Medioevo
    7-8-9 ottobre

     

    Venerdì (16.00-19.00): lezioni

    Valentina Ventura: Etnogenesi e spazializzazione

    Elisabetta Todisco: La territorializzazione romana

    Nunzia Mangialardi: Come si destruttura un territorio? Il paesaggio pugliese dal tardoantico al medioevo

     

    Sabato (16.00-19.00): laboratori didattici sulla preistoria, storia antica e alto medievale

    Introduzione Antonio Brusa

    Lavori di gruppo (esempi, modelli e esercitazioni)

    Valentina Ventura: gioco

    Giuseppe Losapio: storytelling

    Giulia Perrino: itinerario turistico

    Giuliano De Felice: cortometraggio/app

    Sergio Chiaffarata: smartapp

    In plenaria: Viviana Vincididattica

     

    Domenica: Escursione di studio

    Valentina Ventura: gioco sul Neolitico (Lama Conte Valentino)

     

     

    MODULO 3 Medioevo e prima età moderna
    28-29-30 ottobre

     

    Venerdì (16.00-19.00): lezioni

    Pasquale Favia: Il riemergere di logiche territoriali nel Medioevo

    Saverio Russo: I paesaggi agropastorali aperti, dall’età moderna a oggi

    Annastella Carrino: Le “quasi città”, dall’età moderna ad oggi

     

    Sabato (16.00-19.00): Laboratori didattici sulla storia medievale e moderna

    Introduzione Antonio Brusa

    Lavori di gruppo (esempi, modelli e esercitazioni)

    Valentina Ventura: gioco

    Giuseppe Losapio: storytelling

    Giulia Perrino: itinerario turistico

    Giuliano De Felice: cortometraggio/app

    Sergio Chiaffarata: smartapp

    In plenaria, Viviana Vinci: osservazioni didattiche

     

    Domenica mattina: escursione di studio

    Sergio Chiaffarata

    Viaggiare nel tempo attraverso lo spazio: il villaggio rupestre Bari

     

     

    MODULO 4 Tarda età moderna ed età contemporanea
    18-19-20 novembre

     

    Venerdì (16.00-19.00): Lemmario essenziale del paesaggio contemporaneo

    BiagioSalvemini: “Insediamento”

    Angela Barbanente: “Paesaggio”

    Dino Borri: “Pianificazione”

     

    Sabato (16.00-19.00): laboratori didattici sulla storia recente

    Introduzione Antonio Brusa

    Lavori di gruppo (esempi, modelli e esercitazioni)           

    Valentina Ventura: gioco

    Giuseppe Losapio: storytelling

    Giulia Perrino: itinerario turistico

    Giuliano De Felice: cortometraggio/app

    Sergio Chiaffarata: smartapp

     

    Discussione finale sulla cittadinanza attiva

     

    Domenica mattina e pomeriggio: escursione di studio
            

    Sergio Chiaffarata

    Paesaggi di guerra e di pace, tra Altamura, Gravina e Corato

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