laboratorio

  • The Saigon Execution. Il laboratorio a distanza

    di Lucia Boschetti

     

    A casa, in classe, un po’ e un po’… ma continuiamo i laboratori!

    Come integrare uno dei laboratori di Historia Ludens (o qualunque altro!) in una lezione a distanza?

    Una possibilità è offerta da un software ad utilizzo gratuito (per la versione base), che si chiama Pear Deck.

    Pear Deck offre una serie di componenti aggiuntivi da utilizzare su Google presentazioni. Inserendo uno di questi componenti all’interno di una slide, la si rende interattiva: ciò significa che gli studenti non si limitano a guardarla, ma devono compiere le operazioni richieste.

    In tempi di dubbi sul numero di studenti che possono contemporaneamente seguire una lezione in classe o a distanza, questa soluzione è ottimale: possiamo interagire contemporaneamente e nello stesso modo con due gruppi, uno in presenza e uno connesso da casa. Per questa ragione, mi è sembrato sensato proporre in questo momento dei materiali già predisposti, che permettano a docenti che non lo hanno mai sentito nominare di servirsi di questo strumento con facilità.

    A questo scopo, la prima presentazione interattiva che propongo è costruita sul laboratorio The Saigon Execution e la guerra del Vietnam.

    infografica

    In generale, l’applicazione Pear Deck può essere utilizzata in tre modi:

    1) in maniera sincrona in presenza, svolgendo il laboratorio in classe e proiettando le slide alla LIM. In questo modo, le risposte degli studenti possono essere visualizzate anonime e commentate collettivamente: sarà il docente a gestire la visualizzazione delle diapositive e, quando crede, delle risposte, mentre gli studenti, sui loro smartphone, visualizzeranno le slide seguendo il ritmo imposto dal docente. Per ciascuna diapositiva vedranno la consegna dell’attività da svolgere e la propria risposta, ma non le risposte degli altri.

    2) in maniera sincrona a distanza, connettendosi dallo smartphone o da un computer alla presentazione in corso. Vale quanto detto per la modalità 1 per quanto riguarda la visualizzazione docente/studenti.

     

    Le opzioni 1 e 2 possono essere mescolate: è sufficiente che, nel momento in cui si avvia la presentazione in classe, si connettano ad essa anche gli studenti che seguono tramite videochat. Poiché il computer di classe trasmette alla LIM, il risultato sarà che sia il gruppo classe in presenza sia gli studenti connessi in remoto seguiranno la stessa attività e le risposte degli uni e degli altri compariranno alla LIM insieme, quando il docente deciderà di renderle visibili.

    Nei casi 1 e 2, quando il docente avvia la presentazione deve scegliere la modalità “Instructor-paced activity”: ciò significa che solo lui potrà gestire il ritmo di scorrimento delle diapositive. Quando arriverà alla slide numero 7, per permettere agli studenti di svolgere i lavori di gruppo dovrà selezionare la modalità “Student-paced activity”.

     

    Il docente può sempre passare da una visualizzazione all’altra cliccando sui tre puntini che compaiono in basso a destra durante la presentazione.

    Schermata 2020 06 15 alle 14.20.50 Se una parte della classe è connessa in remoto, la cosa migliore è formare due gruppi con gli studenti in presenza e un terzo gruppo in videochat: sarà sufficiente che il docente spenga l’audio del computer di classe durante il lavoro di gruppo, lasciando gli studenti connessi a dialogare tra loro. A seconda del numero degli studenti, si potranno moltiplicare i gruppi: se gli studenti connessi in remoto lavorano in più gruppi, ciascuno si riunirà in una stanza virtuale separata.

     

    3) Una terza possibilità è usare la presentazione Pear Deck in maniera asincrona, nel qual caso l’insegnante avrà precedentemente svolto la lezione di contestualizzazione, oppure fornirà agli studenti una breve registrazione di avvio, lasciando al lavoro dei gruppi tutta l’analisi delle fonti. Nel caso 3 il docente avvierà fin dall’inizio il laboratorio selezionando la modalità “Student-paced activity”. È bene tenere presente che quando il docente avvia la presentazione in questa modalità cliccando su “End/Termina” compaiono due diverse opzioni: la prima comporta l’interruzione della presentazione per tutti i partecipanti, mentre la seconda chiude la presentazione sul computer del docente, che può dunque allontanarsi, ma la lascia attiva per gli studenti, finché il docente, riconnettendosi, non la interrompe.

    Ovviamente, in questo caso starà all’insegnante selezionare, seguendo l’articolo principale, i passaggi che richiedono necessariamente la sua presenza. I gruppi si riuniranno autonomamente in videochat.

     

    Qui potere accedere alla presentazione digitale completa del laboratorio The Saigon Execution e la guerra del Vietnam. La presentazione include dei componenti aggiuntivi che rendono interattive alcune delle slide. I caratteri utilizzati in tutti i testi sono piuttosto piccoli: questa scelta è stata compiuta intenzionalmente per mantenere i testi all’interno di una slide, dal momento che ciascun utente può regolare lo zoom. I materiali non sono, quindi, adatti per la stampa.

     

    Quali sono e come funzionano le slide interattive?

     

    Le slide interattive sono identificate dal simbolo della pera che compare in basso a sinistra.  simbolo PD Questo articolo è rivolto a insegnanti utilizzano per la prima volta presentazioni con i componenti aggiuntivi Pear Deck: per questa ragione, il numero e la tipologia delle slide interattive sono limitati. Nelle prossime puntate troverete presentati altri componenti aggiuntivi.

    Le slide da 1 a 4 sono classiche, con l’avvertenza che la slide 3 contiene i link a due filmati presenti su youtube per presentare la serie The Vietnam War di K. Burns e L. Novick. Entrambi i video sono in inglese: se il docente non intende usarli, può semplicemente tenere la slide di sfondo mentre avvia la contestualizzazione della guerra, così come suggerito nell'articolo di Brusa.

     

    Le slide 5 e 6 sono contrassegnate in basso dal simbolo della pera e dal comando “Students, draw anywhere on this slide”. Dai loro smartphone o pc, gli studenti possono selezionare la modalità testo cliccando su T e scrivere nei punti della slide sui quale cliccano: questo permette a ciascuno di scrivere in corrispondenza delle righe delle due tabelle.

     

    La slide 7 spiega come affrontare il lavoro di gruppo: andranno individuati alcuni ruoli tra i membri e tutti dovranno partecipare alla discussione. In particolare, si segnalano due ruoli: il segretario, che avrà il compito di prendere sinteticamente nota di tutti gli interventi nel corso del dibattito di gruppo; e l’addetto stampa, che dovrà compilare un breve resoconto finale. Una volta spiegati i ruoli, l’insegnante avvierà la modalità “Student-paced” e lascerà ai gruppi il tempo di lavorare sui testi proposti.

    In questo modo, gli studenti del gruppo A scorreranno la presentazione fino alla slide 8, contrassegnata dal colore giallo che corrisponde al loro gruppo; quelli del gruppo B fino alla slide 9 (colore rosso) e quelli del gruppo C fino alla slide 10 (colore azzurro). Se si decide di far lavorare più gruppi sullo stesso materiale documentale, basterà indicare loro su quale slide soffermarsi.

     

    Le slide da 8 a 11 e la successiva slide 15 sono identificate dal comando “Students, write your response”: in questo caso gli studenti non selezionano un punto della slide nel quale scrivere, ma inseriscono la risposta come se fosse un messaggio di testo.

     

    La slide 13 contiene l’ultima forma di interattività utilizzata in questa presentazione: chiede allo studente di selezionare, tra quattro opzioni, la sua disponibilità a intervenire nella discussione.

    L’utilizzo di questa slide si basa sul presupposto che l’insegnante può visualizzare le risposte degli studenti sul proprio computer mantenendo la LIM in modalità freeze (selezionandola con il telecomando dall’apposito tasto), cioè senza modificare la proiezione. In alternativa, gli insegnanti che attivano la modalità Premium dell’applicazione possono usufruire della visualizzazione privata delle risposte degli studenti accedendo al Teacher Dashboard.

     

    La slide 16 contiene il link ai testi per la seconda fase della lezione (testi e, f, g dell’articolo originale): in questo caso il link permette solo di visualizzare o scaricare il documento, come in un classico ipertesto.

     

    Riepilogando, nella presentazione sono state inserite tre modalità di interazione:

    1) risposta da inserire in un punto preciso della slide (oppure disegno, ma in questo caso non serve);

    2) risposta da digitare come messaggio di testo;

    3) risposta a domanda a scelta multipla.

     

    Pear Deck offre componenti aggiuntivi: il che significa che questi tre componenti base possono essere aggiunti a qualunque slide, anche ad una presentazione realizzata offline con power point e caricata su Google presentazioni. Allo stesso modo, sia le slide che i singoli componenti possono essere eliminati da questa presentazione modello per personalizzarla in base alle esigenze del docente.

     

    Ok, come faccio ad iniziare?

     

    Per utilizzare la presentazione modello è necessario disporre di un account Google (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) e seguire le istruzioni:

    1. Cliccate sul link e create una copia della presentazione, che si salverà nella cartella Drive associata al vostro account. Questo link si riferisce alla presentazione del laboratorio The Saigon Execution e la guerra del Vietnam, ma con la stessa procedura si può accedere a tutte le presentazioni create con Pear Deck.

     

    Schermata 2020 06 15 alle 14.18.23 2. Cliccate su Componenti aggiuntivi> Pear Deck for Google Slides Add-on e poi su Installa. A questo punto, avete installato i componenti aggiuntivi: pochi passi e avrete finito!

    3. Cliccate di nuovo su Pear Deck for Google Slides Add-on: questa volta non compare più “installa”, ma “Open Pear Deck Add-on”, che andrà cliccato.

     

    Schermata 2020 06 15 alle 14.18.40 4. Date il via alla presentazione selezionando “Start Lesson”, il bottone verde.  

    5. Scegliete l’opzione di sinistra per la modalità asincrona, quella a destra per la modalità sincrona (potrete cambiare in seguito, quando necessario)

    La presentazione si lancerà automaticamente su una nuova scheda del browser: non utilizzerete un software off line (per esempio, Power Point), ma gestirete la presentazione direttamente dal browser (per esempio, Google Chrome). Durante il primo utilizzo, vi verrà chiesto di concedere una serie di autorizzazioni, sempre autentificandovi con il vostro account google.

    Schermata 2020 06 15 alle 14.24.36 6. Avvisate i vostri studenti di collegarsi dal loro dispositivo, computer o smartphone, al sito joinpd.com e di inserire il codice della lezione che compare sul vostro schermo: da questo momento, seguiranno la lezione direttamente, con la possibilità di interagire. Quando almeno uno studente si sarà connesso, potrete premere play e iniziare la lezione.

    7. Nelle slide interattive, cliccate sulla barra in basso, sul pulsante “Show Responses”/”Hide Responses” rispettivamente per mostrare o nascondere le risposte (visualizzerete il numero di risposte già date).

    8. Ogni sessione di presentazione viene salvata per 30 giorni: in questo arco di tempo avete la possibilità di scaricare gratuitamente, in formato excel, un resoconto di tutte le risposte che sono state date da ciascuno studente su ogni slide. Per farlo, anziché avviare la presentazione cliccando sul bottone “Start lesson”, selezionate le tre linee orizzontali alla sua destra e cliccate su “Review Session”. Ciascuna sessione compare in ordine cronologico: cliccando sui tre puntini a destra è possibile esportare i dati e salvarne una copia sul proprio computer. 

     

    Dubbi? Potete seguire i video tutorial

     

    Questi video tutorial sono stati realizzati seguendo passo passo l'apertura della presentazione per il laboratorio The Saigon Execution e la guerra del Vietnam. Guardandoli, quindi, potete vedere uno per volta i passaggi da compiere.

     

    Sicuri e volete essere più autonomi?

     

    Un’alternativa per i lavori di gruppo è sostituire le slide 8, 9 e 10 con documenti condivisi creati tramite Googledocs. Il vantaggio di procedere in questo modo è che sul documento condiviso del gruppo ciascuno studente riporterà i propri commenti, anziché deputarlo al segretario, e l’addetto stampa scriverà la sintesi.

     

    Se volete procedere in questo modo, potete scaricare una copia dei documenti per i gruppi A, Be C e caricarla nella vostra cartella Google drive.

    Schermata 2020 06 15 alle 14.51.58 A quel punto, inserite nella slide 7, accanto al nome di ciascun gruppo, una forma (per esempio una freccia, come compare nella slide 17): selezionatela e cliccate sul tasto destro del mouse per inserire il link di condivisione al documento, che potete copiare e incollare aprendo il documento stesso tramite Googledocs e selezionando, in alto a destra, “condividi”. Un unico accorgimento, in questo caso: assicuratevi che accanto alla voce “chiunque abbia il link” sia spuntata l’opzione “editor”. Così gli studenti saranno abilitati non solo a vedere ma anche a modificare i documenti condivisi.

    Ricordate che se utilizzate la presentazione con più classi, dovrete aggiornare il link ad una copia bianca di ciascun documento, da salvare sempre all'interno della vostra cartella Google drive: altrimenti al secondo utilizzo si apriranno i documenti già compilati dalla prima classe.

  • Trasparente come l’acqua. Gli oggetti che raccontano il mondo: la porcellana. Ipotesi di uso didattico di una bella mostra

    di Antonio Brusa

    Indice:

    1. Perchè studiare la porcellana?
    2. Il quadro storico-geografico. La via della seta e la via della porcellana
    3. La porcellana. Che cos’ è e a che cosa serve
    4. Un modello storico di grande complessità
    5. I rapporti con l’occidente. Quando il tarocco fa la storia
    6. Come si trasforma una mostra in un laboratorio didattico

    1. Perché studiare la porcellana?

    A Lucera ci sono le prime testimonianze dell’arrivo della porcellana in occidente. Ce ne parla Francesco Abbate, nella sua Storia dell’arte nell’Italia meridionale(Donzelli, Roma 1998, p. 239). Sono pochi frammenti, frutto degli scavi nella fortezza Svevo-Angioina che domina la città: ma sono sufficienti per farci immaginare che Federico II, sempre alla ricerca di quanto di più favoloso si potesse allora immaginare, sia riuscito a ottenerlo prima degli altri potenti di Europa. Fu favorito, forse, dalla comunità musulmana che popolava Lucera, attivissima nella produzione e nel commercio della ceramica.

     

    Nel museo civico di Lucera sono esposti questi due straordinari piatti, dipinti da artigiani musulmani

     

    Per i ricchi del tempo, i manufatti di porcellana avevano un qualcosa di miracoloso. I geografi musulmani ci spiegano il perché. Erano trasparenti come l’acqua – scrivevano -; ci si poteva cucinare, friggere anche, eppure erano leggeri e resistenti. E, per quanto di argilla, se venivano colpiti con le nocche, risuonavano come se fossero di metallo. Al pari della seta, la porcellana era il prodotto cinese più desiderato da ogni signore che abitasse l’Antico Continente. Ma, a differenza della seta, i cui segreti vennero trafugati in occidente intorno al 500 d.c (al tempo di Giustiniano), i cinesi ne riuscirono custodire il monopolio sino alla fine del Medioevo.

     

    L’autore di questa miniatura araba ci fa sapere che i vasi di ceramica sono così preziosi che, se il padrone non fa attenzione, i ladri se li portano via

     

    La porcellana è un oggetto mondiale per due ragioni principali. La prima è che fu un prodotto destinato al mercato del lusso continentale. La seconda consiste nel fatto che i cinesi importarono dall’Occidente e dall’Asia Centrale forme, motivi e colori, che contribuirono a creare quell’arte decorativa, così apprezzata dagli artigiani del tempo, da essere imitata sia nel mondo islamico, sia in quello europeo.

    Un manufatto di ceramica è un concentrato di cultura, di simboli, di tecnologia e di valori che provengono da molte parti del continente eurasiafricano. La rete di scambi, antica e ramificata, che ne caratterizza la storia, mette in connessione i mondi mediterranei, quelli islamici e indiani, i mondi centro-asiatici e quelli estremo orientali, cinese e giapponese. Perciò, seguendo in classe i percorsi della porcellana, abbiamo un quadro vivo della storia mondiale e, al tempo stesso, la possibilità di proporre la questione storica dell’intercultura in un modo concreto e comprensibile. Inoltre, la porcellana ci aiuta a tracciare una storia di lungo periodo, per grandi campiture, utile nelle procedure di sistemazione e di organizzazione cronologica degli argomenti studiati. Infine, ci dà la possibilità di attivare interessanti collegamenti interdisciplinari fra storia, geografia e materie artistiche e scientifiche.

    1. Il quadro storico-geografico. La via della seta e la via della porcellana.

    Gli scambi continentali avvenivano attraverso due corridoi, uno settentrionale e l’altro meridionale. Quello a nord era terrestre: la via della Seta. Quello a sud attraversava l’Oceano indiano. A nord, le merci venivano portate a dorso di cammello. A sud, invece, si sfruttava la regolarità dei monsoni. La via della seta era percorsa da mercanti di varia nazionalità (soprattutto iranici e tribù centro-asiatiche; ma non mancavano indiani, arabi e qualche emissario imperiale, cinese o bizantino). La via dell’Oceano era gestita da mercanti/marinai occidentali (iranici, indiani e soprattutto arabi). Ma, a partire dal IX secolo, iniziò la concorrenza dei mercanti cinesi, i quali potevano allontanarsi dalla loro patria solo per nove mesi. In pratica avevano il tempo di inoltrarsi soltanto fino all’India e tornare indietro.

     

    La cartina raffigura la mappa del lungo periodo degli scambi Est/Ovest, a partire dall’impero romano e della dinastia Han (III secolo a.C). Questi percorsi restano pressocché inalterati fino all’arrivo nell’oceano indiano delle marinerie portoghesi, olandesi e inglesi, che ne deviano una parte notevole verso l’oceano Atlantico, tagliando fuori il Mediterraneo.

     

    La ceramica viaggia normalmente sulla via dell’oceano: le navi, infatti, possono imbarcare grandi quantità di manufatti, che vengono stipati in modo da non rompersi. Per questo, la via dell’oceano viene chiamata anche “la via della porcellana”. Queste due strade – della seta e della porcellana - sono antichissime, ma si stabilizzano verso l’VIII secolo, al tempo degli Abbassidi in occidente (750-1258) e dei Tang in oriente (618-907). L’asse preferenziale della via della seta collega Bagdad con le capitali cinesi (da Lanzhou a Xian e, alla fine, Khanbalik-Pechino). La via della porcellana, invece, ha i suoi terminali occidentali in Bassora (odierno Iraq) e Alessandria in Egitto, mentre i suoi terminali orientali vanno da Canton (Guangzhou) nella Cina meridionale a Yangzhou, in quella settentrionale. Con il dominio mongolo, e la conseguente pax mongolica, la via della seta si consolida, anche perché genovesi e veneziani rafforzano le loro basi sul mar Nero (Caffa, Tana e Trebisonda) e, quindi, saltano l’intermediazione musulmana e bizantina, mettendo in contatto diretto Cina e Europa. La via della porcellana, invece - dopo i tentativi pionieristici di Marco Polo, e le grandi spedizioni dell’ammiraglio cinese Sheng-he -, al principio del XV secolo viene monopolizzata dalle potenze occidentali: prima il Portogallo, poi l’Olanda e l’Inghilterra.

     

    Nell’826, un battello arabo affondò in una tempesta, presso le coste indonesiane: un po’ come viene raffigurato in questa miniatura araba. Il battello in questione trasportava un carico di sessantamila ceramiche.

     

    1. La porcellana. Che cos’è e a che cosa serve.

    Cuocendo l’argilla a temperature diverse si ottengono diversi tipi di ceramica. La terracotta normale, porosa, è quella che si ha con le basse temperature (fino a 1000°). A 1250°, l’argilla acquista una consistenza vetrosa e diventa durissima: è il grès. La porcellana si ottiene a un calore più elevato, intorno ai 1300°. Questo lo vedevano i mercanti stranieri, ansiosi di scoprirne i segreti di fabbricazione. Quello che sfuggiva loro era il tipo di argilla necessaria: il caolino. Si tratta di un’argilla molto fine, che veniva depurata accuratamente e per lungo tempo, utilizzando polvere di feldspati (quarzi e silicati). Questa polvere, inoltre, mescolata con acqua, poteva essere spalmata sul manufatto. A temperature altissime fondeva e creava un rivestimento vetroso molto apprezzato.

    Era questo il procedimento che, fino al 1500, gli artigiani occidentali cercarono invano di copiare. Nei loro tentativi di imitazione si servivano dell’antica tecnica dell’ingobbio (argilla molto fluida che veniva spalmata prima della cottura); oppure del lustro, una sorta di rivestimento con sostanze particolari, che - a cottura avvenuta – rendeva il manufatto un po’ simile alla porcellana. Oppure, come si tentò in Italia, ricoprendo il manufatto di smalti, e ottenendo una maiolica lucente come la porcellana. Di questo gioco di scambi e di imitazioni è testimonianza il lessico tecnico della ceramica.

     

    Nome occidentale

    Significato

    Cina

    Islam

    Caolino

    Argilla finissima

    Gaoling, le “alte colline” a nord di Jingdezhen, di dove si estraeva l’argilla per la porcellana

     

    Petuntze, o “la fritta”

    Polveri di feldspati, mescolati con acqua

    Baidunze, “blocchetti bianchi”

     

    Albarello

    Il tipico vaso delle antiche farmacie, con i decori blu (imitazione di porcellana)

     

    Al-barani: contenitore di spezie

     

    Zaffera

    Maiolica bianca toscana decorata in blu cobalto

     

    Al-safra: cobalto

     

    I manufatti di ceramica sono commerciati da tempi antichissimi sia su distanze corte e sia su distanze medio-lunghe. Essi sono molto diversificati, sia per l’uso sia per i costi. Ci sono contenitori per olio, vino, grano e altre merci; oppure vasellame di uso quotidiano. Ma ci sono anche prodotti di alto livello artistico e di pregio. Ovviamente erano questi gli oggetti che venivano commerciati sulle distanze medie e lunghe. A partire dall’VIII secolo, quando compare la porcellana, la sua raffinatezza conquista rapidamente i mercati occidentali, e, rapidamente, diventa un bene da commerciare sulle lunghissime distanze, al pari della seta, delle spezie, dell’avorio e dei metalli pregiati.

    1. Un modello storico di grande complessità

    La porcellana viene inventata, dunque, al tempo della grande dinastia Tang, ma sembra che la sua produzione in grande quantità inizi nel XII-XIII secolo, a Jingdezhen. Dunque, sia la sua invenzione, sia la sua diffusione giungono al termine di un lunghissimo processo. Di questo è interessante ricostruire, qui, gli elementi costitutivi, lasciando agli appassionati il compito di informarsi sulle sue fasi.

    Vi è innanzitutto un modello produttivo interno. La Cina, territorio immenso, è divisa in diverse regioni, spesso in conflitto e in concorrenza fra di loro. In particolare, per l’arte ceramica, si combattono gli stili e gli artigiani settentrionali e meridionali. Ognuno tenta di prevalere sull’altro. Ci si copia, oppure, come succede a seguito delle invasioni mongole, gli artigiani del nord si rifugiano nelle regioni meridionali, favorendo processi di contaminazione industriale. Lo Shanxi, la regione dove si trovano le grandi manifatture del XIII secolo (Jingdezhen) si trova nel cuore dell’impero, ed era, come abbiamo visto sopra, uno dei terminali della via della seta. Di qui dunque partivano le carovane cariche di ceramiche, dirette verso occidente o verso i porti sul mar della Cina.

     

     

    La porcellana, nonostante la sua raffinata bellezza, fatica a essere accettata dalle élites cinesi come bene di lusso dello stesso rango della seta, dell’oro e della giada. E’ considerata di un gradino inferiore. Al contrario, essa piace in occidente. Quindi è l’enorme richiesta del mercato estero che la fa salire nella considerazione sociale, fino a quando la dinastia Ming (1368-1644) ne assume il controllo della produzione, riconoscendone la natura economica strategica.

    L’estetica della porcellana è determinata sia dalle caratteristiche fisiche del materiale, sia dalle forme e dalle decorazioni. Anche questa costruzione culturale è frutto dell’interazione fra la complessità interna, e la complessità dei rapporti con il continente eurasiatico. Ad esempio: l’affermazione del confucianesimo (fatto interno) porta a privilegiare la semplicità delle forme e l’essenzialità dei disegni; l’introduzione del buddhismo dall’India trascina con sé la fortuna del loto, il fiore dell’immortalità, che diventa elemento essenziale del decoro ceramico e distintivo dell’arte cinese. Alle enciclopedie simboliche iraniche la Cina deve animali e decori floreali. Al mondo arabo l’amore per gli intrecci in simil-scrittura. All’occidente mediterraneo, la gorgone, le palmette e le ballerine. Ci sono delle tecniche, che, giunte dall’Occidente, vengono assimilate dagli artigiani cinesi, come l’ageminatura (inserzioni metalliche nella superficie ceramica). Giunge da occidente anche il colore, che per noi distingue le porcellane cinesi. E’ il blu. Esso si ricava dal cobalto, scoperto e usato dai sumeri (intorno al 2500 a.C) e, da quei tempi antichissimi, diventato il colore più amato nell’Asia Occidentale. Il mondo islamico ne era innamorato. Di qui la forte domanda di ceramiche, e di porcellane dipinte di blu. E questo indusse le manifatture cinesi a incrementare la loro produzione, magari a scapito di quella bianca e marrone, o policroma, che aveva caratterizzato le prime fasi della produzione ceramica. Così, quando nel XIV secolo si affermano definitivamente le porcellane bianche e blu, sappiamo che ciò dipende dal fatto che il gusto cinese si è definitivamente trasformato sulla spinta di quello occidentale.

    Da occidente arrivano anche le bevande. In Cina si bevevano tè e distillati di riso e di altri cereali. Il vino arriva durante la dinastia Tang, e con esso i suoi recipienti tipici: le fiasche, il rhyton, e una pianta ideale per le decorazioni: la vite.

     

    In occidente è ben conosciuto il rhyton, un recipiente a forma di corno, variamente decorato, che serviva per bere vino. Lo vedete a sinistra. Accanto un rython fabbricato in Cina al tempo della dinastia Tang

     

    Sempre ai Tang risale questa figurina, che rappresenta un mercante di vino, con la fiasca. E’ un occidentale: lo si capisce dal naso piuttosto grosso, con il quale venivano rappresentati di solito gli stranieri.

     

     

    Questo piatto, di porcellana bianca e blu, che rappresenta uva e decori di vite, risale al principio del XV secolo (dinastia Ming)

    1. I rapporti con l’occidente. Quando il tarocco fa la storia.

    La porcellana era costosissima e per di più poteva rompersi nel viaggio. Chi fosse riuscito a produrla in loco, avrebbe sicuramente fatto la sua fortuna. Questo semplice ragionamento spinse i sovrani , i mercanti e gli artigiani ad ogni sforzo, pur di carpirne i segreti della produzione. E, in mancanza di questi, a inventare ceramiche che in qualche modo assomigliassero alla divina porcellana. Furono secolo di tentativi, che, per quanto fallimentari, portarono però a scoprire nuovi modi di impastare e cuocere l’argilla, a nuove combinazioni di materiali, a nuove forme decorative. Nel IX secolo i vasai irakeni provarono a imitare la porcellana, modellando dei vasi bianchi, che dipinsero di blu. Un successo mondiale: questo tipo di decorazione viaggiò verso oriente e, come abbiamo visto, conquistò alla fine lo stesso gusto cinese. La porcellana è lucente. Per riprodurre questa caratteristica, i vasai musulmani inventarono un impasto di minerali quarziferi, che spalmati sull’argilla, prima della cottura, creavano un effetto lucido molto bello. Non era porcellana, certo: ma il “lustro” diventò un nuovo segreto di produzione, che dal mondo islamico giunse in Italia. Con la “fritta”, un impasto inventato appunto nel mondo musulmano, si modellavano gli albarelli, i vasi che vediamo ancora oggi nelle farmacie antiche, copiati in tutto il mediterraneo, al punto tale che troviamo simboli fiorentini nel vicino oriente e decori musulmani nei vasi toscani.

     

    Uno accanto all’altro, un albarello musulmano, prodotto a Damasco, che esibisce al centro un giglio fiorentino; e un albarello toscano, decorato con l’imitazione di una scritta araba

     

     

    Quando, infine, le marinerie olandesi e inglesi decretarono il successo mondiale delle porcellane cinesi, furono quelle con le decorazioni blu che ne diventarono il simbolo.

    1. Come si trasforma una mostra in un laboratorio didattico

    Le immagini e le informazioni con le quali ho costruito questo percorso sono ricavate dalla mostra “Sulla via della seta”, aperta presso il Palazzo delle Esposizioni, a Roma fino a marzo 2013. Si può sfruttare didatticamente una mostra in molti modi. Se, come in questo caso, è ben fatta, la si può godere così come i suoi progettisti l’hanno realizzata, lasciandosi prendere dai documenti, dalle ricostruzioni magnifiche, dagli oggetti esposti e leggendo con attenzione le scritte. In classe (prima o dopo la visita, a seconda della strategia didattica adottata), se ne cercherà di trarre qualche frutto, facendo dei collegamenti con il programma, avviando una discussione su un tema sollecitato dalla visita (in questo caso il meticciato culturale sarebbe fra i più idonei); e così via.

    Il modello che ho proposto in questo percorso è diverso. Ho isolato un solo tema, e per far questo ho selezionato e aggregato informazioni da diversi “capitoli” della mostra. Ho aggiunto qualche strumento didattico, come una cartina (avrei potuto disegnare anche un cronogramma: ma lo lascio al docente che voglia sperimentare questo percorso) e ho esplicitato alcuni paragoni, spesso sottesi nelle didascalie e lasciati all’intuizione o alla cultura del visitatore. Infine ho costruito il testo sulla scorta di due fili conduttori: la geostoria e gli scambi culturali, semplificando e riordinando il testo originario del catalogo, a partire dal contributo che Alexandra Vexel ha dedicato alla ceramica (Da Oriente a Occidente e ritorno: la porcellana cinese nel mondo medievale, pp. 199-202). Per chiudere il dossier didattico, estrapolo e ricopio alcuni documenti scritti. Insieme con quelli iconografici, potrebbero costituire la base per un laboratorio interessante. Suggerisco una procedura molto semplice. L’insegnante riproduce i documenti che ho trascritto di seguito e ne da una copia a ciascun allievo, o a ciascuno dei piccoli gruppi nei quali avrà suddiviso la classe. Introduce brevemente l’argomento e lascia qualche minuto di tempo agli allievi per dare uno sguardo alla documentazione. Poi fa una normale lezione sulla porcellana. La gara che lancia è la seguente: gli allievi o i gruppi, quando pensano che sia opportuno citare un documento, alzano la mano, interrompono la lezione e spiegano in che modo quel documento particolare potrebbe essere utile, proprio a quel punto del discorso. Gli altri possono contestare e proporre alternative. La lezione può essere arricchita, anche, dalla proiezione sulla lim delle immagini che qui presento (non possono essere stampate a causa della bassa risoluzione: nel caso occorrerà farne una scansione apposita dal catalogo).

    Al termine dell’intervento didattico si propone di riorganizzare il discorso attraverso la costruzione di un cronogramma, sul quale si potranno inserire sia i documenti, sia le immagini. Questa lezione può essere indipendente dalla visita alla mostra. Ma, se fatta prima, credo che possa creare negli allievi una curiosità sufficiente a gustarsela da soli, come dovrebbe essere, senza l’aiuto di una guida.

    Ed ecco la piccola raccolta di documenti (solo leggermente modificati):

     

    a.

    “Secondo i regolamenti governativi sulla navigazione marittima, le imbarcazioni più grandi possono portare diverse centinaia di persone e quelle più piccole anche più di cento. I prodotti sono soprattutto ceramiche, accatastate in serie e poste una accanto all’altra, senza quasi lasciare spazio”

    (Zhu Yu, figlio del sovrintendente di un porto cinese, XI secolo)

    b. “I cinesi hanno un’argilla fine di cui producono coppe per le bevande fini come il vetro. Attraverso queste coppe si può vedere il bagliore dell’acqua, anche se sono di argilla”

    (Sulaiman, mercante arabo )

    c.

    I cinesi hanno recipienti in porcellana trasparente in cui possono anche cuocere il cibo, in modo da servire dapprima come pentola, poi come padella per friggere e infine come scodelle per mangiare”

    (AT-Ta’libi, scrittore persiano, XI secolo)

    d.

    “Il vasellame cinese è fatto dalla terra delle montagne che bruciano il fuoco come il carbone; aggiungono poi una pietra che hanno e bruciano tutto sul fuoco per tre giorni. Poi spargono acqua su tutto, in modo che diventi di nuovo terra. Poi lo portano alla fermentazione. La migliore argilla è quella fermentata per un mese intero. E viene esportata in India e in altri paesi, fino a che non arriva da noi nel Maghreb.”

    (Ibn Battuta, geografo musulmano, XIV secolo)

    e.

    A Paolo di Gerardo lascio un boccaletto con un coperchio che si dice di porcellana, ma è di vetro, del valore di due once. E a Baldo de Baldis lascio due scodelle di porcellana, da quindici tarì”

    (Testamento di Maria, regina di Napoli, XIV secolo)

    f.

    “10 schodelle di porciellana: 8 bianche picchole e 2 co’ fogliami azzurri”

    (Ordine di acquisto di Filippo Strozzi, fiorentino, XV secolo)

    g.

    “Gli arabi chiamano cinesi tutti i recipienti rari e cose simili, qualunque cosa possano essere, perché la Cina è particolarmente rinomata per i suoi oggetti pregiati”

    (AT-Ta’libi, scrittore persiano, XI secolo)

    h.

    “Esiste anche del vasellame decorato sotto l’invetriatura con un disegno in azzurro o nei cinque colori, ma è della massima volgarità”

    (Cao Zhao, storico cinese, XIV secolo)

    i.

    “E in questa provincia à una città ch’à nome Tinuguise, che vi si fa le più belle scodelle di porcelane del mondo; e no se ne fa in altro luogo del mondo, e di qui si portano da ogni parte”

    (Marco Polo, XIII secolo)

     

    Il bellissimo catalogo fornisce materiali per altri lavori, che qui suggerisco, sperando che possano trovare qualche realizzatore:

    - Un confronto fra le cinque città simbolo della via della seta. Sono Istanbul, Baghdad, Samarcanda, Turfan e XI’an. Belle descrizioni e belle immagini permettono un lavoro di costruzione di uno schema di lettura della città, credo molto utile in una programmazione, anche a prescindere dall’argomento particolare della mostra.

    - Percorsi analoghi, sugli oggetti: la seta, il vetro, i metalli. Sono i vari capitoli del catalogo. Tutti presentano un oggetto analogo alla ceramica: materiali che hanno costruito il mondo e che, perciò, testimoniano di scambi, meticciati, concorrenze e conflitti.

    - Un percorso sui mercanti italiani, a partire da Marco Polo: a partire dai testamenti è possibile ricostruire i prodotti e gli interessi dei mercanti del tempo.

    Il catalogo è pubblicato da Codice Edizioni (Torino, 2012).

     

  • Tre laboratori di storia romana: le strade, i giochi, l’esercito

    Autore: GIOVANNI GHISU*

     

    • Destinatari: alunni di classe prima o seconda di scuola secondaria superiore.
    • Momento didattico in cui inserire il laboratorio: al momento della trattazione dell’impero romano.
    • Tipologia di laboratorio: laboratorio aperto con materiali divulgativi – scritti e audiovisivi - forniti solo parzialmente.
    • Tipologia di strumenti utilizzati: pagine tratte da testi specifici, documentari di divulgazione storica, ricerche in internet.
    • Tempi: un’ora iniziale + 3 settimane di lavoro extrascolastico in gruppo + 2 ore di esposizioni finali, commenti e conclusioni +  un documentario visto e commentato in gruppo.

     

    Introduzione

    Il professore propone alla classe un laboratorio per approfondire alcune questioni di storia sociale dell’antica Roma, sulle quali spesso i manuali non si soffermano: le strade, i giochi e l’esercito.

     

    Una volta formati tre gruppi, il docente consegna un dossier consistente in fotocopie e dvd, insieme a delle linee guida. Ovviamente, il materiale può essere riversato sul tablet in formato digitale. Saranno stabiliti i tempi (3 settimane), chiarite le consegne, risolti i dubbi.

     

    Terminata la ricerca, a una data concordata gli studenti si presentano di fronte alla classe (che potrà diventare, in quel momento, la Curia di Roma) con schemi, appunti, foto ecc. e interrogati e stimolati dal docente, spiegano ai compagni il loro lavoro, la modalità di ricerca, i problemi e il percorso che li ha portati a trovare le soluzioni.

     

    Ogni gruppo, dunque, cerca di mostrare all’imperatore (ruolo che sarà sostenuto magnificamente dal docente) che è stato in grado di esaudire alla sua richiesta. Ma, prima di concedere il proprio assenso, il docente sfiderà i gruppi a superare li ultima “grande prova”.

     

    Entro il tempo stabilito, ogni gruppo cerca la soluzione e la comunica alla classe, ricevendone gli elogi e i premi imperiali meritati.

     

    Per chiudere questa attività, la classe guarda e discute con il docente un documentario all’interno del quale sono trattate tutte insieme le tematiche già affrontate nei laboratori. Nella discussione  il docente aiuta gli allievi a mettere in connessione le conoscenze e i problemi, analizzati separatamente dai tre gruppi.

     

    Indice:

    1. Le consegne per i gruppi
    2. Le domande della sfida finale
    3. Discussione finale
    4. Le linee guida (per i ragazzi)
    5. Informazioni per il docente


    a. Le consegne per i gruppi


    Gruppo 1

    Tutte le strade portano a Roma

     

     

    Siete degli ingegneri romani di una città lontana dai grandi traffici commerciali. I vostri concittadini vogliono che la loro città venga collegata alla rete commerciale da una grande strada, perciò vi hanno chiesto di intercedere presso l’imperatore per far sì che egli la approvi e la finanzi.

    Dovrete spiegare:

     

    • La procedura di pavimentazione.
    • Come e da chi verrà utilizzata la nuova strada.
    • Quali saranno i tempi medi di percorrenza.
    • Quali vantaggi economici, amministrativi e politici apporta all’Impero la creazione di una nuova strada.
    • Chi avrà l’incarico di curare la manutenzione.
    • Offrire qualche esempio di strada moderna che ripercorre un antico tracciato romano.

     

    Materiale fornito dal docente:

    • Documentario: “Antica Roma – Storia di un impero
    • Passi scelti tratti da Victor W. von Hagen, Le strade imperiali di Roma, Newton ragazzi, Roma 1978 e Lorenzo Quilici, Le strade. Viabilità tra Roma e Lazio, QUASAR, Roma 1991 (Scarica il PDF)

     

    Gruppo 2

    Mors tua, vita mea!

     


    Siete degli edili della città di Roma. La popolazione cittadina è irrequieta e l’imperatore ha bisogno di tenerla a bada. Il sistema per riuscirci è nel motto Panem et circenses. Qualcuno si sta già occupando della fornitura di cibo, ma il popolo vuole anche dei buoni spettacoli. Perciò l’imperatore si è rivolto a voi, che in quanto edili avete anche il compito di organizzare i giochi.

    Dovrete spiegare all’imperatore e al Senato:

     

    • Chi erano gli edili.
    • Descrivere brevemente la storia del Colosseo, ancora oggi simbolo della romanità.
    • Da quali categorie provenivano i gladiatori e quanti tipi di gladiatori esistevano? Descrivete due tipologie di gladiatori a vostra scelta.
    • Quali tipologie di scontri avvenivano negli anfiteatri?
    • C’è chi parla di battaglie navali combattute in particolari ambienti/edifici della città. Com’era possibile?
    • Con quali modalità il pubblico decideva la vita o la morte di un gladiatore?


    Materiale fornito dal docente:

    • Documentario: “Speciale Superquark – Il Colosseo
    • Passi scelti tratti da Federica Guidi, Morte nell’arena – Storia e leggenda dei gladiatori, Mondadori, Milano 2006; Danila Mancioli, Giochi e Spettacoli, QUASAR, Roma 1987; Gabriella Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano, Il mulino 2002. (Scarica il PDF)

     

    Gruppo 3

    Forza e onore!

     


    Siete dei generali dell’esercito romano. Il Senato vuole espandere i confini della Repubblica verso un’importante città dell’Africa, ora in mano ai pirati. Perciò vi ha ordinato di costituire un esercito e di farlo navigare attraverso il mediterraneo per poi farlo sbarcare in territorio nemico. Il compito non è facile: i nemici hanno bloccato la zona di sbarco con le navi da guerra, perciò dovrete prima batterlo sul mare e poi a terra. L’imperatore e il Senato vogliono dettagli su come verrà svolta la campagna militare: dalla preparazione, alla battaglia navale, al combattimento in capo aperto, fino all’assedio.

    Dovrete spiegare al Senato:

     

    • Quali saranno le principali tipologie di soldato che porterete con voi.
    • Di quali armi difensive e offensive saranno dotati i soldati alla partenza.
    • Come si svolgerà la battaglia navale nei confronti della flotta avversaria.
    • Arrivati a terra l’esercito dovrà attraversare una stretta lingua di terra. Dite come disporrete i reparti e il bagaglio.
    • Dite come organizzerete il campo.
    • Ci sono molti modi per affrontare una battaglia di terra. Siete generali e avete libertà di scelta, perciò pensate a come schierare i vari reparti durante la battaglia, a quali manovre compiere, a come penetrare la città sotto assedio.


    Materiale fornito dal docente:


    La sfida finale

     

    L’imperatore (il docente) legge a ciascun gruppo il seguente problema. Lascia un po’ di tempo per discuterlo. Poi ascolterà le risposte e darà la sua valutazione sul lavoro del gruppo

     

    Agli ingegneri

     

    Molti anni fa quando ero solo un giovane ufficiale, non ricordo l’anno ma di sicuro lo troverete da voi, partecipai ad una campagna militare contro i Galli al seguito di Giulio Cesare. Il nostro esercito vinse molte battaglie ma ad un certo punto ci trovammo di fronte ad un fiume enorme, mi pare si chiamasse Reno, e non c’erano ponti che ne permettevano l’attraversamento. Allora l’esercito si arrestò di fronte al fiume, mentre alla mia coorte veniva ordinato di arretrare di qualche chilometro a guardia della zona. Perciò mi allontanai. L’avanzata, dunque, sembrava definitivamente terminata, ma quando dopo dieci giorni tornai al fiume vidi che con una velocità straordinaria gli ingegneri avevano costruito un solidissimo ponte in legno, nonostante la grande distanza tra le sponde e le forti correnti. Mi chiesi sempre come fu possibile compiere una simile impresa in così poco tempo, ma gli impegni in battaglia prima, il governo dell’impero poi, mi impedirono sempre di approfondire la questione.

     

    Perciò, giacché siete degli ingegneri, ma anche degli storici, vi chiedo di scoprire in quale anno e in che modo è stato costruito quel ponte, di modo che tutto il Senato capisca la grandezza degli ingegneri dell’impero. Sono sicuro che Cesare parla di questo grande ponte ma non ricordo più in quale opera. Buon lavoro!”.

     


    Agli edili

     

    Una volta camminando verso la città vidi un gruppo molto numeroso di marinai che andava nella mia stessa direzione, a Roma. Lì per lì non ci feci caso, ma assistetti ad una scommessa tra alcuni patrizi che mi accompagnavano, e i loro discorsi mi incuriosirono. Uno disse che probabilmente si trattava di un distaccamento di marinai in congedo temporaneo che andava in città a divertirsi, ma un altro sosteneva che fossero solo di passaggio verso qualche altro porto. Un edile che era con noi li sentì, e rise, dicendo: “State scommettendo a casaccio! La verità è che per governare le vele servono i marinai, anche quando le vele non stanno sopra una barca…”. Nessuno capì, me compreso, ma ero l’imperatore, non potevo certo fare una figuraccia dimostrandomi ignorante! Rimasi in silenzio, ma fui assalito dai dubbi:

    1. Perché fu proprio un edile a darmi questa informazione? Ho il sospetto che quei marinai andassero a svolgere un compito inerente con le sue funzioni.
    2. Com’è possibile che queste vele non stessero sopra una barca? Quali altre vele sono presenti a Roma talmente grandi da dover essere governate da così tanti marinai?

    Voi che siete degli edili, sicuramente saprete dirmi qual’era il nome di questa divisione di marinai, qual era questo loro compito particolare e come funzionava la struttura alla quale erano addetti! Buon lavoro!

     

    Ai generali


    Marco Porcio Quintino, una nostra spia infiltratasi un anno fa all’interno della città nemica, ci ha informato del fatto che il nemico è venuto a conoscenza dei nostri preparativi e sta organizzando le difese. In particolare si è saputo che il re nemico ha ordinato a tutti gli addestratori di elefanti del regno di far convergere verso il nostro obiettivo il maggior numero possibile di pachidermi. Riteniamo pertanto che durante lo svolgimento della battaglia in campo aperto i vostri legionari dovranno affrontare una massiccia carica di elefanti da guerra. La fonte è sicura e il pericolo è grande! Ricordate che gli elefanti furono una delle principali cause delle sconfitte inflitteci da Pirro, dovete assolutamente trovare una soluzione!

     

    Con quali tecniche, già utilizzate dai romani sia al tempo delle guerre puniche che al tempo di Cesare, scongiurerete la minaccia degli elefanti? Citare almeno tre tecniche, e due battaglie nelle quali alcune di queste sono state messe in pratica.

     

    b. Discussione finale: connettiamo le storie

     

    Il documentario "I confini dell'impero romano", Ulisse RAI3potrebbe essere guardato a classe unita a fine laboratorio come occasione di condivisione e commento, in quanto tratta tutti i tre temi.

     

    Sarà compito del docente riunire i lavori individuali evidenziando le connessioni tra i vari argomenti, che infatti prevedono vari punti di contatto. Il docente evidenzierà come l’argomento trattato da ciascun gruppo si è avvicinato a quello degli altri gruppi, sebbene questi sembrassero a prima vista estremamente distanti gli uni dagli altri. Alcuni incroci che si possono evidenziare:

     

     

    Il docente quindi avrà il compito di riunire i singoli saperi per trarre le considerazioni finali e inquadrarli all’interno del periodo appena studiato. Inoltre discuterà con gli studenti delle problematiche relative alle fonti utilizzate, alla costruzione del laboratorio ecc. Porterà inoltre in classe i libri originali, che prima erano stati forniti solo in parte e in fotocopia, per evidenziare come

     


    c. Linee guida per i ragazzi (da consegnare agli allievi)

     

    • Fate attenzione. I materiali che compongono il dossier sono di genere diverso e di attendibilità diversa. Non tutti, quindi, hanno lo stesso valore informativo. Dovrete, perciò, decidere voi, di volta in volta, in particolare, quando cercherete altri materiali su internet. Nel vostro dossier ci potranno essere:
    1. Testi divulgativi, scritti da storici
    2. Testi divulgativi scritti da giornalisti esperti di storia
    3. Testi storici non divulgativi (scritti soltanto per gli storici)
    4. Enciclopedie
    5. Manuali di storia

     

    • Fate attenzione, nelle vostre ricerche NON dovete prendere in considerazione materiali tratti da Blog, siti amatoriali, siti per i compiti degli studenti

     

    Inoltre, avete a disposizione dei materiali audiovisivi. Servitevi in primo luogo di quelli proposti dal docente. Nel caso troviate altri materiali (documentari e foto) potete allegarli, ma dovrete dimostrare in classe che sono opere serie e credibili. In nessun caso verranno accettate opere di fiction.


    d. Informazioni per il docente e analisi del laboratorio

     

    La scelta degli argomenti è pensata per bilanciare aspetti pratici e aspetti teorici diversi ma interconnessi. Si passa dall'edilizia civile (strade), a quella civile legata alla guerra (spettacoli gladiatori), alla guerra vera e propria. L’ingegneria, gli spettacoli e l’esercito vengono trattati dai manuali, spesso in modo non approfondito. Credo sia invece naturale chiedersi come concretamente e senza l’ausilio di mezzi moderni, i romani potessero costruire in 10 giorni un ponte sul Reno. Se la domanda non viene posta è perché gli alunni non vengono minimamente a conoscenza di questi particolari, che invece potrebbero suscitare curiosità.

     

    La scelta di svolgere la gran parte del lavoro pratico a casa è dettata da ragioni pratiche (disponibilità di mezzi, computer, materiali, ecc) e di tempo (il programma deve procedere regolarmente), ma anche dalla precisa volontà di lasciare i ragazzi quasi “soli” di fronte a una serie di consegne chiare, ma dalle risposte incerte. Si vorrebbe che durante questo periodo di tre settimane i ragazzi discutano tra loro sulla strategia militare da adottare, sul possibile legame tra un gruppo di marinai e il Colosseo ecc., di modo che la ricerca diventi un concorso di idee, finalizzato a trovare risposte. È evidente, infatti, che per riuscire a portare a compimento gli incarichi, i membri del gruppo dovranno imparare a collaborare e a gestire il carico di lavoro.

     

    La scelta di fare ricorso a materiali audiovisivi ha sia l’obiettivo di spezzare la routine del testo scritto, sia quella di evidenziare il carattere interessante e tuttavia leggero del mezzo audiovisivo, quando esso è di qualità. La speranza è che lo studente lo usi anche in occasioni successive, come momento di svago alternativo, ma che non usi qualunque audiovisivo, solo quelli affidabili. La presenza di materiale scritto tratto da opere di specialisti, dovrebbe controbilanciare eventuali sopravvalutazioni del materiale audiovisivo. Dovrebbe risultare chiaro, alla fine, che quando occorrono risposte specifiche a domande specifiche, il libro resta un indispensabile alleato.


    Le domande delgruppo degli ingegneri:

     

    • Il gruppo degli ingegneri dovrà trovare il modo di capire come veniva costruita una strada romana e per farlo dovrà integrare le descrizioni testuali ricorrendo anche all’ausilio di materiale visivo.
    • Scoprirà usi non più attuali delle strade, come stazioni di posta o di cambio ecc.
    • Dovrà trovare i tempi di percorrenza, scoprendo che nonostante i limitati mezzi a disposizione dei romani, i viaggi avevano una durata relativamente breve.
    • Scoprirà come una semplice strada provoca una serie di conseguenze politiche ed economiche precedentemente ignorate
    • La questione della manutenzione: domanda specifica che li metterà di fronte a vari temi, tra i quali la figura dell’edile
    • Scoprirà come il passato sussista nel presente, correndo a fianco degli antichi tracciati romani


    La richiesta dell’imperatore trova risposta all’interno del documentario fornito, che offre una descrizione molto dettagliata e arricchita di ricostruzioni in 3D del ponte sul Reno ordinato da Cesare, nonché corredata da interviste di storici che esaltano l’audacia dell’ingegneria romana. Il gruppo tuttavia dovrà scoprire dalla rete che l’opera da citare è ilDe bello gallico. Scoprirà anche che in realtà i ponti sul Reno furono due.

     

    Le domande del gruppo degli edili:

     

    • Il gruppo degli edili approfondirà questa carica, che probabilmente in precedenza era solamente una tra le tante cariche presenti sul manuale.
    • Approfondirà uno dei simboli indiscussi della romanità.
    • Approfondirà la storia dei gladiatori e si stupirà della ricchezza di spettacoli e dell’elevatissimo numero di gladiatori e belve uccise.
    • Approfondirà l’ingegneria che si cela dietro alle battaglie navali.
    • Approfondirà la tematica della gestualità del pubblico, stupendosi dell’errore storico che riguarda il pollice verso.

     

    La richiesta dell’imperatore, giocando su un paradosso, fa riferimento al Velarium posto sul Colosseo, che riparava il pubblico dal sole, talmente grande e complesso da dover essere governato dai marinai di stanza a Miseno. Il gruppo verrà a conoscenza del fatto dopo aver visto il filmato, nel quale se ne spiega l’uso e si accenna alla questione dei marinai. I ragazzi tuttavia dovranno scoprire qual era il nome del reparto coinvolto e trovare ulteriori informazioni sugli edili, tutte informazioni facilmente reperibili online.

     

    Le domande del gruppo dei generali:

     

    • Approfondimento della struttura dell’esercito.
    • Approfondimento riguardo alle armi.
    • Approfondimento delle battaglie navali.
    • Scelta tra varie opzioni sul modo di disporre l’esercito in marcia presentate all’interno del libro.
    • Organizzazione del campo spiegato dal libro.
    • Gioco di immedesimazione basandosi sui numerosi dati presenti nel libro e nei documentari.

     

    La richiesta dell’imperatore non trova risposta all’interno delle fonti. Il gruppo dovrà cercare in internet informazioni comunque facilmente reperibili.

     


    Lista link ai documentari

     

     

     

    • Giovanni Ghisu è specializzando nel TFA di Pavia. Questo laboratorio è stato preparato in occasione del suo esame di Didattica della Storia all’Università di Verona (prof. Stoffella) e rielaborato per Historia Ludens
  • Una lezione di didattica della storia, con sorpresa finale

    di Antonio Brusa

    Parlo con Jaume Casanyes, il giovane assessore alla cultura di Cunit, un paesino di poco più di diecimila abitanti sulla Costa Dorata, in Catalogna. Jaume ha studiato Storia a Barcellona, si è specializzato in Geografia a Bologna, dove, fra l’altro, ha imparato didattica della storia da Ivo Mattozzi. Un’amministrazione piena di debiti, mi dice. Ma non per questo rinuncia ai suoi progetti culturali. Fra questi, una magnifica Biblioteca per ragazzi, e, al piano inferiore di questa, la scuola di recupero per studenti a rischio, nel cui giardino ha promosso la costruzione di un piccolo parco archeologico.

    Oggi fanno lezione di didattica a una giovane archeologa. Sarà una delle operatrici che lavoreranno in questo parco. C’è la direttrice della biblioteca, Joan Santacana Mestre, l’archeologo, degli operatori culturali e Felix, uno straordinario fabbricante di repliche di oggetti preistorici. Mi aggrego al gruppo e osservo.

    La tenda neolitica

    Ecco il primo atelier. Costruire una tenda neolitica. Da un contenitore (a prova di vandalismo) si tirano fuori i pali, le corde e le pelli. Due cerchi di pietra, pavimentati di ciottoli, sono già pronti nel prato. Provano a montare la tenda. Ogni fase è un problema da risolvere. Non ci avevo mai pensato (e nemmeno voi, immagino): come si fa a legare la cima di pali, alti quattro metri, in un mondo in cui non ci sono scale? E, una volta risolto questo problema, e montata l’armatura di legno, come si fa a ricoprirla di pelli, in modo che non cadano e stiano ben ferme? Ogni passo rivedi le tue idee sulle attività del neolitico: quanta riflessione, e conseguentemente, quanta cultura richiesero, uno alla fine è obbligato ad ammettere.

    Ci vogliono ottanta pelli, per ricoprire una capanna, piccola come questa. Un gregge, praticamente. Non era un bene a disposizione di tutti: ecco un altro argomento che converrà discutere con i ragazzi.

    Approntata la tenda, Joan Santacana Mestre mostra le stoviglie. Ne spiega brevemente la composizione (sono repliche di ceramica cardiale), poi pone il problema: come si usano? In breve, si capisce perché hanno il fondo rotondo (non ci sono tavole imbandite nel neolitico), come mangiavano i cibi liquidi non avendo a disposizione cucchiai (quei pochi servivano per mescolare i brodi), come si usavano le olle e le ciotole. Spiega come questi oggetti permettano di parlare delle società nomadiche pastorali e di capire la differenza fra queste e quelle cacciatrici.

    Si calcolano i tempi. Per montare la tenda ci vuole un’oretta. La lezione prende una mezz’ora, e un’altra mezz’ora se ne va per provare altri strumenti, come falcetti, zappe e asce. Poi, si calcola il tempo di smontaggio. Orologio alla mano, tutto dura tre ore.

    Scavare una tomba

    Andiamo verso gli altri contenitori, che ricoprono due tombe, una maschile e una femminile. E ce n’è un terzo a sorpresa. Si insegna a usare il primo. Facendo scorrere la protezione antivandalismo, appare una tomba, ricoperta di lastre di pietra. Si scava con la cazzuola e le mani. Ecco un cranio. Santacana insegna l’essenziale: come si capisce il sesso e l’età, per esempio. La cosa si fa interessante, e lo dimostra il fatto che il capannello si è arricchito di ragazzi, che passavano di lì e si sono incuriositi. Fanno anche loro domande, insieme alla nostra “archeologa-che-impara-la-didattica”.

    Si passa infine al contenitore a sorpresa. È una fossa con sassi e legna bruciata. Che cosa mai potrà essere? Una tomba a incinerazione? Un resto di un incendio? Ogni ipotesi viene discussa, fino ad arrivare a quella più accreditata: si tratta di un forno da cottura, come se ne trovano oggi in Indonesia. Si mette il cibo, lo si ricopre di foglie, e su queste si accende il fuoco.

    Si calcolano i tempi (un’ora per tomba) e si ripassano le sequenze operative, si discutono le possibili reazioni dei ragazzi.

    Un imprevisto poco neolitico

    L’assessore non ci ha mollato per un istante. Stiamo lavorando sodo dalla mattina. Non potremo fare i due altri esperimenti, sulla stele e sul forno. Non c’è più tempo, purtroppo. Ora, però, se, a questo punto, vi siete convinti che vi sto descrivendo una scena di armonia didattica, in una cittadina dove un bravo assessore alla cultura fa il suo dovere, leggete il rigo seguente, e cambierete idea.

    Un signore, che portava il cane a spasso lì vicino, lo lascia nel prato e si precipita verso di noi. Grida: “Robo, eso es un robo!” “E’ un furto, questo è un furto!” Aggiunge, sempre ad alta voce, che lui paga le tasse e non sopporta che vengano usate per queste sciocchezze. Urla che ci sono dei disoccupati a Cunit, che avrebbero bisogno di quei soldi, così malamente investiti nel parco. Conclude con l’invito a vergognarci. Gira le spalle e se ne va a passo svelto.

    Rimaniamo tutti di sasso. C’è chi dice che è un pazzo. Io osservo che, in ogni caso, ha pronunciato frasi che sentiamo quotidianamente, almeno in Italia. Con la cultura non si mangia, disse un ministro, un giorno. In forme educate, era più o meno lo stesso concetto. Vero, fa l’assessore. C’è un dieci per cento, qui, che sarebbe d’accordo con quel signore.

    Abbiamo parlato tutta la mattina della cultura dei neolitici, e ora viene il nostro turno. Qual è la cultura dei nostri tempi e delle nostre società? Ecco un bel problema da lasciare ai posteri (nel caso non riuscissimo a risolverlo).

    Nel suo sito fb, l’assessore riporta quello che gli disse un suo amico, quando cominciò la sua attività politica: “prima di cambiare il mondo, vedi di cambiare il tuo paese”.

    Auguri, Jaume (e anche a tutti noi).

    Foto1

    Foto 1. Il parco archeologico. In primo piano il forno. Sullo sfondo i contenitori antivandalismo di due repliche di tombe neolitiche, sulla sinistra il lungo contenitore dei pali per la tenda.

    Foto2

    Foto 2. L’archeologa impara a legare i pali. Si vede il pavimento della tenda, ricoperto di ciottoli

    Foto3

    Foto 3. Si montano le pelli di capra

    Foto4

    Foto 4. La lezione col vasellame neolitico

    Foto5

    Foto 5. La replica della tomba maschile

  • Uppsala e altri giochi facili

    Autore: Antonio Brusa

    Cinque giochi di storia, geografia e tanto altro.

    Ho conosciuto Andrea Ligabue a Modena, giocando. Ha giochi dappertutto, sulle scale, sui tavoli e gli armadi, nella mansarda. Fra castelli di fiabe e case in miniatura, sparsi per casa, corrono e saltano i due gatti di famiglia. Giocano. Noi, invece, abbiamo già incominciato a lavorare. Carta e penna, prendo appunti. Andrea mi spiega le meccaniche semplici, cioè quei giochi così elementari, che se ne possono inventare adattamenti alla storia (o a altre discipline) senza troppa fatica. Andrea è un entusiasta del suo lavoro (fa il ludologo); mi parla e gli brillano gli occhi. Credo che anche a me dovrebbero brillare, quando intuisco qualche bella applicazione. Così, ve le scrivo e, se vi piacciono, ve le copiate. Vedrete che potrete fare un sacco di cose in storia e geografia.

    I giochi che seguono sono tutti molto rapidi. Nella versione commerciale durano non più di 30 minuti. Quindi stanno comodamente nello spazio di un’ora (tempo di sistemare la classe, distribuire le carte, spiegare le elementarissime regole di gioco) e sarà possibile anche un breve debriefing finale. Altrimenti, si farà questo momento fondamentale in un’ora successiva. Le applicazioni che propongo vanno costruite dal lettore. Anche questa fase è semplice e può essere divertente. Poi, come ho spiegato nell’ultimo capitolo (“Stretta la foglia”) di Piccole Storie, è un ottimo stratagemma quello di far costruire un gioco agli allievi stessi.

    Certo, i giochi hanno dei copyright molto rigorosi. Ma le applicazioni no. Quelle sono mie, e sono gratuite. Poi, se volete comprare la scatola e giocare con gli amici o i figli, o in classe, gli autori ve ne saranno riconoscenti. Anzi, sono proprio convinto che qualcuno di voi lo farà, aiutando quel mercato dei giochi che in Italia è così asfittico che, mi dice Andrea, molti editori stranieri non appongono sulla scatola legende nella nostra lingua, perché in italiano sembra male, quando si parla di giochi. Qui vediamo di smentire questa credenza.

     

    Indice

    1. Uppsala. O la geografia a portata di carte
    2. Anno domini. Per conoscere il prima e il poi
    3. Travel Blog. La geografia ben stampata in testa
    4. Animali da record. L’ordine (cronologico) regna sovrano
    5. Dixit. Se la sintesi non è un dono, possiamo provvedere
    6. Giochi e didattica povera

     

    1. Uppsala. O la geografia a portata di carte.

     

     
    Bernard Lach e Uwe Prapp, Uppsala, Divigiochi, Corciano 2010

     

    Comincio conUppsala. Nella sua versione in vendita ti fa imparare le città e le loro posizioni. Quindi potreste acquistarlo così com’è. Oppure, se vi va, ne immaginerete una versione addomesticata al vostro programma e, novità assoluta, adattata alla vostra regione. Pensateci un po’. Tutti si lamentano che i ragazzini non sanno dov’è Kabul o Mumbay (ma vorrei vedere quanti adulti sanno localizzarle). Ma lo spazio intorno a noi? siamo proprio certi che un ragazzino di Bari sappia dove si trovano Andria, Candela o Mesagne? Alt: prima di aprire il dibattito sul nozionismo e sul dilemma se questa sia vera geografia e bla bla, provate questo gioco. Se vi risolve il problema in poco tempo, per di più camuffando abilmente lo studio, non ci saremo levati di torno un dibattito stucchevole?

    Uppsala, funziona così. C’è una piccolissima plancia, con le indicazioni Nord/Sud/Est/Ovest, e un mazzo di carte, con i nomi delle città che avete scelto. Il giocatore ne estrae due. Piazza la prima al centro della plancia. Poi, deve indovinare la posizione dell’altra: si troverà a occidente, a oriente, a nord o a sud? Colloca, dunque, questa seconda carta al posto che ritiene giusto, e subito dopo, colpo di scena, le gira tutte e due: nel retro ci sono le coordinate geografiche, latitudine e longitudine. Verifica immediata, vince o perde i punti, e si va rapidamente al turno dell’avversario. Geniale, no? Bastano una ventina di carte, perché quelle giocate si rimettono nel mazzo e, ogni volta, il problema di individuare la posizione geografica si rinnova. Fate il conto: imparano le città, la loro collocazione reciproca, le coordinate geografiche. La versione commerciale, come dicevo, ve ne presenta un bel numero. Forse esagerato. Voi ne potete redigere una, con le città principali europee, oppure con le nazioni del mondo, oppure con le città italiane o delle vostre regioni. Sono carte semplici da costruire. Su una facciata si scrive il nome. Sul retro le coordinate geografiche. Inoltre, in questo, come in tutti i giochi che seguiranno, vige il principio del coinvolgimento: fatele fare ai ragazzi. Anche questo sarà un buon sistema per far studiare un po’ di geografia.

     

     
    La plancia ha le dimensioni di una normale carta da gioco. Al suo centro si piazza la carta della prima città estratta. La seconda va piazzata rispetto alla nostra ipotesi di orientamento

     

     

       

    Sul fronte della carta si riporta il nome della località. Il retro può essere arricchito con altre notizie: la popolazione, la rappresentazione cartografica, magari un monumento importante ecc.

     

    E la Storia? Confesso che non mi vengono in testa applicazioni particolarmente brillanti. Un momento, però. Noi ricorriamo spesso a nomi di località. Sicuri che i ragazzi sappiano dove si trovano? A Storia Medievale era celebre il tranello di Worms. Veniva teso dal professore all’infelice che si trovava a parlare della Lotta delle Investiture. Con quale trattato termina, faceva il professore distrattamente? E lui, che rispondeva sicuro “con il Concordato di Uorms, nel 1122”, decretava la sua fine. Ucciso dalla battuta finale: si pronuncia Vorms, perché è in Germania, non in Inghilterra. Lei non sa la storia, la geografia e il tedesco. Amen.

    In onore di questo aneddoto (e delle sue numerose vittime) chiameremo questa versioneWorms, e ci perdoneranno gli autori diUppsala (che si pronuncia iùppsola: non fatevi bocciare in qualche parte del mondo). Il mazzo di carte diWorms lo farei anno per anno. Esempio di storia medievale. Faccio un conto a memoria di località sfiorate durante il corso: Bisanzio, Roma, Parigi, Venezia, Alessandria, Gibilterra, La Mecca, Genova, Amalfi, Pisa, Barcellona, Pavia, Cordova, Tunisi, Bouvines, Poitiers, Bruges, Gerusalemme (…) e Worms, naturalmente con la V. Si guadagna il punto se azzecco la collocazione. Raddoppio il punteggio se so dire qualcosa di storico a proposito di una città. Quadruplico se so qualcosa di tutte e due. Regole suppletive: devo dire un particolare che non è stato già detto. Se sbaglio e mi corregge l’avversario, guadagna lui (ecc ecc, scatenatevi come volete. Con l’avvertenza tassativa: il gioco è semplice ed è bello per questo. Non lo complicate, per favore).

    Avete capito al volo. Questo gioco vi assicura la ripetizione di Maggio. E magari qualcos’altro. Una delle domande (la facevo anch’io) che terrorizzavano gli allievi era questa: hai affermato che la quarta crociata non arrivò a Gerusalemme, ma a Bisanzio. Ben detto. Ora, me lo fai vedere sulla carta? Chissà se questo gioco non aiuterà a evitare i naufragi ai quali, nella mia passata carriera di esaminatore, mi sono abituato.

     

    2. Anno Domini. Per conoscere il prima e il poi.

    Questo gioco è di storia-storia-storia. Lo ha inventato uno svizzero, Urs Horstettler, nel 1999, giusto per celebrare la fine del secolo e del millennio. Semplice come Uppsala, anzi di più. Nella versione che ne immagino per la storia, le carte riportano sul dritto i nomi di personaggi, eventi, scoperte, battaglie, trattati di pace e sul verso (che è coperto) le date. I giocatori ne estraggono una ciascuno. Il primo la piazza sul tavolo. L’altro deve mettere la sua prima o dopo, indovinandone la cronologia. Si girano e si guardano le date. Verifica immediata, e si passa al turno successivo. Immaginatela giocata dopo aver diviso la classe in due gruppi. Ne supporrei anche una versione parziale, su metà del programma; oppure sui programmi degli anni precedenti. E’ un gioco che permette di imparare, e non solo di verificare le conoscenze apprese. Quindi non vi ponete limiti. Metteteli tutti, i personaggi e i fatti del vostro libro. Più giochi, e più faciliti la memorizzazione. Giocando si impara. Ovviamente, valgono i suggerimenti di sopra (dire qualcosa a proposito dei personaggi dà punteggi in più). Permesso il ricorso a manuali e tablet, previo un pagamento. Punita severamente la consultazione furtiva, ecc ecc. Il gioco originale è su varie materie (dal cinema, all’attualità, allo sport). L’esempio è tratto appunto da questa versione, e la carta casualmente riguarda il primo scudetto della Juve. (Qui trovate la bella recensione di Cristina de Angelis).

     

     

    Urs Horstettler, Anno Domini, versione italiana: Divigiochi, Corciano 2009. Il retro delle carte può essere arricchito con qualche notizia dell’evento o del personaggio

     

    3. Travel Blog. La geografia ben stampata in testa.

    Questo gioco, disegnato da Vlaada Chatil nel 2010, è stato pubblicato nella repubblica Ceca, ma non ha bisogno di traduzioni particolari. Serve una carta politica, ad esempio dell’Europa, e un mazzo di carte con gli stati europei (ma si potrebbe fare anche con bigliettini). Si distribuiscono le carte, o i bigliettini, ai giocatori. A questo punto si dice loro di guardare bene la carta geografica. Poi la si copre. Ogni giocatore sceglie due nazioni e le mette sul tavolo: l’avversario dovrà dire quali stati si devono attraversare per collegarle con la linea più breve. Provate ora a immaginarlo per i diversi continenti, o per l’Italia. Per i vantaggi: fate i conti di quante nazioni potete spiegare, di un dato continente. In questo modo, in 30 minuti (tanti ne occorrono per giocare), vi assicurate una conoscenza sommaria di alcuni aspetti del continente (la sua forma, gli stati e la loro posizione reciproca), poi vi scegliete uno stato e lo spiegate per bene.


     
    Vlaada Chvatil, Travel Game, Chzech Edition 2010

     

    4. Animali da record. L’ordine (cronologico) regna sovrano.

    Nel sito della Clementoni, la casa editrice di giochi forse più conosciuta in Italia, questo gioco è pubblicizzato come “sensoriale, cognitivo, psicomotorio, emotivo”. Aggettivi che da soli bastano a tenere alla larga qualsiasi collega di storia. Voi, che sapete resistere, tenete duro e leggete l’accuratissima spiegazione nel sito dei goblins.Si tratta di un semplice gioco di carte. Ogni carta reca sul fronte degli animali (Dinosauri, animali contemporanei, ma anche città) e sul retro dei dati. Nel caso degli animali si annotano altezza, peso, velocità e longevità. Sono tutti dati quantitativi: notate questo particolare. La sua importanza me la spiega Andrea. Ogni volta che abbiamo delle quantità, mi avverte, possiamo fare dei giochi che si basano sull’indovinamento di una posizione, all’interno di una scala. Quindi il gioco funziona così: si calano sul tavolo sei carte. Poi si estrae una qualità (velocità, peso, longevità, altezza). Occorre individuare l’animale che ha il valore maggiore, rispetto alla qualità estratta. I giocatori fanno le loro puntate, si girano le carte e si vede chi vince.

    Nella versione in vendita sono descritte ben sei modalità di gioco. Ci fermeremo a questa, per una sua applicazione alla storia. Le carte potranno raffigurare personaggi o fatti. Nel retro: le date, e magari qualche altra notizia, se vogliamo arricchire l’attività. Tutto sommato, potremmo usare le stesse carte preparate perAnno Domini, con la sola aggiunta di sei carte “qualità”, che riguarderanno la partizione standard della storia (antichità, medioevo, età moderna e età contemporanea, più due, intitolate: “Il più antico”, “il più moderno”). Si estraggono le sei/dieci carte da piazzare sul tavolo. Si estrae la “qualità”. I giocatori scelgono quella più antica o quella più moderna; oppure, nel caso di Medioevo e dintorni, quella o quelle che secondo loro rientrano nella classificazione temporale estratta. Nel caso il gioco si applichi al programma annuale, direi che oltre alle due carte generiche (il più antico o il più moderno), si potrebbero inserire i secoli (ah, quante volte abbiamo implorato “Se non sai la data, dimmi almeno il secolo!”).

    Una variante ovvia è quella di metterli nella sequenza cronologica giusta (ma a questo punto, immaginate voi il contesto ludico nel quale realizzarla). Un po’ di estro e voglia di giocare, per favore. Se dite:  “metteteli in ordine cronologico, chi sbaglia un punto di meno”, sarà un esercizio camuffato da gioco. Ne abbiamo già troppi in circolazione, nei nostri manuali, perché vi diate la pena di inventarne un altro.

     

         

    Francesco Berardi, Animali da Record, Clementoni, 2013. A destra un esempio di carta (retro e fronte) e la scatola della versione con gli animali. Ne esiste una per i dinosauri e un’altra per le città. Come abbiamo visto sopra, nel retro si possono aggiungere altre informazioni

     

    5. Dixit. Se la sintesi non è un dono, possiamo provvedere

    Immagino già i retropensieri di qualcuno. Giochi sulle nozioni. Bassa qualità. Roba daChi vuol essere milionario (ai miei tempi si diceva daLascia o Raddoppia, ma la smorfia era la stessa). Provate allora conDixit. Un concentrato di fantasia, sintesi e capacità strategiche.

    Nella versione inventata da Jean-Louis Roubira (e pubblicata a Poitiers per la casa editrice Libellud), ogni giocatore riceve 6 carte. Ogni carta riporta un personaggio, o un particolare di un disegno strano. Il giocatore di turno sceglie una delle sue carte. La descrive con una frase, cercando di essere generico ma non troppo. La mette sul tavolo, coperta. A questo punto, gli altri giocatori calano una delle loro carte, scegliendo quella che più si presta alla descrizione ascoltata, coperta anch’essa. Si mescolano e si scoprono. Quale sarà la prima carta, quella calata dal giocatore di turno? Ogni giocatore ne indica una (mette accanto a questa un segnalino, per esempio). Ora viene il bello: se nessuno indovina la carta o se la indovinano tutti, il giocatore di turno perde. Vuol dire che ha fatto una descrizione troppo specifica o troppo generica. Se invece solo qualcuno la indovina, il giocatore vince e, naturalmente, vince anche chi la indovina. Ecco la sintesi, quella vera, quella che punta a cogliere il senso di qualcosa, e non si limita a farne il riassunto, come vuole, ahimé, la vulgata insegnantizia. (Se non vi basta questa descrizione, quella di Wikipedia è chiarissima; e se Dixit vi piace proprio, leggetevi questo magnifico articolo di Francesca Mazzotta)

    Nel gioco originale le carte hanno dei disegni fantastici, opera di Marie Cardouat. Perciò, in un primo momento mi è sembrato che questo gioco potesse essere utile per le attività espressive, e che fosse piuttosto un gioco di fantasia, come magari qualche collega sta già pensando, con scarse relazioni con la storia. Tuttavia, a ben rifletterci, se io ci metto, in queste carte, dei personaggi, o dei fatti importanti, o dei fenomeni: il gioco non si potrà fare lo stesso? Pensate a un mazzo di carte con dentro cinque o sei rivoluzioni, qualche scoperta, una decina di grandi personaggi, quattro o cinque battaglie o una decina di altri eventi celebri. Magari, per renderlo più “giocabile”, posso mettere sotto l’immagine o il titolo della carta qualche linea informativa che aiuti il giocatore nella sua descrizione, che – lo ricordo – deve essere in bilico fra il generico e lo specifico. Una proibizione necessaria, aggiuntiva per questa versione storica: mai dire nomi propri di persone o luoghi, o esplicitare la data o il luogo dell’evento (inventatevi penalità epocali). Un mazzo di carte fatto in questo modo può racchiudere le essenzialità di un programma annuale. Ma pensatelo anche per un grande evento: la rivoluzione francese, per esempio. Anche qui, fra personaggi, Bastiglie e ghigliottine, battaglie, giornali e documenti, una quarantina di carte vengono fuori. Nella versione originale, il giocatore di turno si chiama “Il Narratore”. In questa lo chiameremo - ça va sans dire - “Lo Storico”. E, più che le abilità di fantasia, il gioco servirà sia per verificare/insegnare alcuni elementi di una vicenda o di un corso; sia per introdurre dei giovanotti nel difficile, quanto rarefatto, mondo della sintesi.


     
    J.-L. Roubira, Dixit, edizione italiana : Asterios Press

     


     
    Esempi di carte, disegnate da Marie Cardouet

     

    Proviamo a immaginare le nuove carte della versione nostrana, che chiameremoDixit Historia.  Supponiamo che la carta rappresenti un personaggio, Luigi XVI. Oltre all’immagine del re (facoltativa, ma fa scena, e per questo non la trascurerei), occorre che la carta riporti il suo nome, le date e alcuni particolari, come (ovvio nel caso), che fu ghigliottinato durante la Rivoluzione Francese. Non sarà l’unico sovrano nel mio mazzo. Aggiungerò Enrico VIII, con la notazione che si innamorò perdutamente di Anna Bolena, e che fu scomunicato per questo dal papa. Non mancheranno papi e personaggi, da Alessandro VI (bella scheda, già lo pregusto), a Lutero e Calvino, da Colombo a Newton, che guardando la mela cadere (si dice!) ebbe la famosa intuizione, mentre l’altro la ebbe ragionando sull’uovo ecc. Che fa il giocatore? Se le notizie che corredano la scheda sono ben scelte, e se lui è bravo, potrebbe dire, a proposito di Luigi XVI: “era un sovrano di un grande regno, che perse la testa”. E il suo avversario, potrebbe scegliere, per ingannare i compagni, la carta di Enrico VI, che la testa la perse anche lui, sia pure per altri motivi. Insomma, c’è da divertirsi a progettarle, queste carte. E, se ho allievi bravi, li inviterei a collaborare (qui ampio ricorso al manuale e a internet, soprattutto per le immagini); mentre allo smanettone di turno affiderei l’onere di farne un’edizione di lusso.

     

    6. Giochi e didattica povera

    Riprendo il tema della Didattica Povera, intorno al quale ho sviluppato un’accorata perorazione inPiccole storie. Mi sembra doveroso, di questi tempi, nei quali sembra che se non dotiamo le classi di tablet, Lim e banda larga non si potrà mai insegnare come si deve e, soprattutto, che la famosa “interattività” è un qualcosa che si può realizzare solo con le tecnologie. Nulla contro queste. Anzi, ben vengano e magari lo Stato spendesse i soldi necessari per attrezzare le scuole e preparare al meglio gli insegnanti. Tutto contro queste, invece, quando si pretende che da sole sostituiscano intelligenza e interazione viva con gli allievi. La didattica povera, dunque. Niente macchine-alibi, solo intelligenza. Niente software-alibi, solo relazioni forti fra allievi e con gli allievi. Girando per le scuole italiane, scopro che le tecnologie stanno creando disparità drammatiche fra istituti, che trasferiscono su tutto il territorio nazionale quelle solite fra Nord e Sud, perché ritrovo, a contatto di gomito, una scuola ben attrezzata e quell’altra che non ha nemmeno le lavagne di ardesia.  Osservando, poi, come vengono usate le tecnologie in classe, osservo con scoramento come queste siano avvilite nel ruolo di supporto alla spiegazione frontale, o in una dinamica didattica destabilizzante (cercate, fate, vedete, ognuno per sé poi mi spedite i vostri file, pesantissimi e pieni di immagini). Mi sono convinto, allora, che la dinamica alla quale il professore “si obbliga”, quando deve giocare in classe, è il prerequisito professionale ideale, per usare bene le tecnologie. Perché è questo che interessa, quando si ha fra le mani un “oggetto culturale”, come un argomento da imparare: saperci lavorare con gli allievi.

    La didattica povera ti dice che tutto questo lo puoi fare, con poco tempo, nella tua classe sgarrupata, senza troppi soldi e con pochissime regole.

     

    Credits
    Ringrazio Andrea Ligabue per il tempo che ha perso con me. Andrea organizza un appuntamento annuale per chi ama il gioco, in particolare quello didattico. Si tratta diPlay, festival del gioco, che si svolgerà a Modena, l’anno prossimo, il 5 e il 6 marzo. Ci vanno insegnanti e classi, e le presenze, negli anni scorsi, sono arrivate a decine di migliaia. Un successo che deve continuare.

Questo sito utilizza cookies tecnici e di terze parti per funzionalità quali la condivisione sui social network e/o la visualizzazione di media. Chiudendo questo banner, cliccando in un'area sottostante o accedendo ad un'altra pagina del sito, acconsenti all’uso dei cookie. Se non acconsenti all'utilizzo dei cookie di terze parti, alcune di queste funzionalità potrebbero essere non disponibili.