leggi memoriali

  • Il conflitto mondiale della memoria

    Autore: Antonio Brusa


    A volte gli insegnanti vivono certi eventi scolastici come se fossero frutto di prese di posizione di questo o quel governo, di questo o di quel gruppo politico nazionale. E’ ciò che capita a proposito delle Giornate della Memoria e del Ricordo, e, qualche volta, delle numerose iniziative che riguardano “le pietre di inciampo” (gli Stolpersteine, delle quali si trova puntuale informazione in “Novecento.org”). Luigi Cajani ha il merito di ricordarci che si tratta di fenomeni di rilevanza mondiale e, nel suo recente La storia nel mirino del diritto penale, traccia un quadro preciso, all’interno del quale è bene che un insegnante consapevole situi la propria attività didattica.

    A partire dagli anni ’90, ci racconta Cajani, iniziò un fenomeno che ormai è conosciuto come il “Memory Boom”. L’esplosione della memoria. Lo innescarono vari fattori. Alla caduta del comunismo, in Europa orientale sorsero diversi gruppi, con lo scopo di denunciarne i crimini. Poco tempo dopo, l’Onu dette il via a una campagna di sensibilizzazione sulle atrocità dello schiavismo. Ebbe inizio, quasi contemporaneamente, una sorta di “corsa al pentimento e al perdono”. Tony Blair chiese perdono per la carestia irlandese del secolo XIX; i tedeschi per lo sterminio degli omosessuali e dei sinti; il papa per le persecuzioni contro i Valdesi. Rapidamente il perdono, e il conseguente risarcimento, diventarono una questione di governi e di politica internazionale. Emblematica è la vicenda ucraina. In questo paese, la grande crisi alimentare degli anni ’30 fu l’occasione per una lotta interna, tra partiti pro e contro i russi, e tra Russia e Ucraina. Fu un progetto preordinato di sterminio o il frutto di una politica malaccorta e disastrosa di Stalin?

    Ed ecco il punto. Rispondere a una domanda di questo genere è affare di storici. Lo è stato sempre, fino, appunto, all’“esplosione memoriale”. Da quel momento, fare una ricerca e cercare una risposta è diventato anche un affare politico e giuridico. Un crimine come il genocidio, infatti, richiede una condanna e un pena. E richiede una legge che lo sanzioni. Fino a una trentina di anni fa, la ricerca storica aveva come unico scopo un incremento di conoscenza sul passato. La novità del “memory boom” è che ora rischia di avere, su alcune questioni scottanti, ricadute penali e politiche.

    Molti conoscono un aspetto di questo “Memory Boom”, che consiste nelle leggi memoriali. In Francia hanno dato origine ad un’aspra battaglia, che ha coinvolto a fondo la comunità degli storici. L’Europa ha promulgato una legge quadro, alla quale i paesi membri dovrebbero attenenersi: ne è una conseguenza la legge in vigore in Italia da questo anno (2016), che considera il negazionismo un’aggravante dei reati di razzismo e di violenza (già puniti precedentemente).

    Meno note sono alcune vicende che riguardano direttamente gli storici. La prima ha coinvolto Olivier Petré-Grenouilleau, autore di un libro sullo schiavismo, tradotto in Italia col titolo La tratta degli schiavi. Saggio di storia globale (il Mulino, 2010). La sua vicenda è stata ben riassunta da Les Clionautes, tradizionale ed efficace luogo di ritrovo degli insegnanti francesi. Lo storico inquadrava la Tratta atlantica in un quadro mondiale complesso, nel quale si mettevano in evidenza anche le responsabilità africane e musulmane (e non solo quelle occidentali, come nella tradizione) e si sosteneva che, per quanto ripugnante, lo schiavismo non può essere considerato un genocidio, dal momento che il mercante era interessato alla sopravvivenza della sua “merce” e non al suo sterminio. Petré-Grenoulleau, dunque, venne denunciato per negazionismo, perché avrebbe infranto una legge memoriale sullo schiavismo, promossa dalla deputata Christiane Taubira nel 2014, e si propose addirittura che venisse estromesso dall’insegnamento universitario. Le proteste degli storici furono così vive, che l’accusa venne ritirata.

    La seconda vicenda ha coinvolto uno storico tedesco, Heinz Richter, che aveva sostenuto come la terribile rappresaglia della Wermacht, compiuta a Creta nel 1941 e conosciuta come Operation Mercury, fosse stata motivata dai crimini contro l’umanità compiuti dai resistenti greci (Quitroverete un suo articolo nel quale Richter riassume la sua tesi). Per quanto fosse stato premiato dall’Università di Creta, lo storico fu citato in giudizio con l’accusa di negazionismo. Il processo, conclusosi nel 2016, lo ha visto pienamente assolto.

    Questi due casi, fortunatamente conclusi in modo positivo, ci lasciano, da una parte, intuire un quadro preoccupante, nel quale gli storici devono sostenere le ragioni della libertà della ricerca, contro le intromissioni di attori politici e sociali. Dall’altra, però, aprono uno scenario inedito, nel quale le leggi del ragionamento storico entrano in collisione con quelle dell’accertamento giuridico. Due sistemi di “ricerca della verità”, tradizionalmente separati, sono entrati improvvisamente in contatto, e di questo scontro, forse, ne stiamo osservando le prime scintille.

     

  • Negazionismo e fake news: un tema pluridisciplinare di Storia e di Educazione Civica, dal medioevo a oggi.

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    Corso di formazione a cura di Antonio Brusa
    Cosa deve fare un insegnante di storia di fronte a quella congerie di falsità che comprendiamo nel termine “Fake news”. Correggerle con la matita rossa e blu? Oppure insegnare agli allievi a muoversi in una “piazza conoscitiva” dove non mancheranno mai imbonitori e truffatori? Proveremo a capire come, in un corso rapido, in tre sole sessioni, centrate intorno a tre esempi, dal Medioevo ad oggi.

    Mercoledì 15 febbraio, h 17 - 19
    IL MEDIOEVO DEI FALSI E DEI FALSIFICATORI
    Antonio Brusa, Introduzione al corso
    Marina Gazzini, Il Medioevo dei falsi e le cronologie impossibili
    Discussione
    Conclusioni

    Mercoledì 22 febbraio, h 17 - 19
    CRISTOFORO COLOMBO: TRA INVENZIONI POPOLARI ED EPISTEMOLOGIE INDIGENE
    Antonio Brusa, Il mito di Colombo e i suoi significati
    Discussione
    Conclusioni

    Mercoledì 1 marzo, h 17 - 19
    IL NEGAZIONISMO. ISTRUZIONI DI LAVORO DIDATTICO
    Luigi Cajani, Che cos’è il negazionismo
    Antonio Brusa, Aspetti cognitivi e didattici relativi al negazionismo
    Discussione
    Luigi Cajani, Il negazionismo e le leggi memoriali
    Conclusioni

    I relatori:
    Marina Gazzini è docente associata di Storia medievale all’Università Statale di Milano
    Luigi Cajani ha insegnato Storia moderna e Didattica della storia presso l’Università La Sapienza di Roma
    Antonio Brusa ha insegnato Didattica della storia presso l’Università “Aldo Moro” di Bari

    Di fake news si fa cenno nella nuova legge sull’Educazione Civica. Presentato come un fatto tipico della comunicazione in rete, questo argomento corre il rischio di essere visto e studiato solo dal punto di vista etico/morale, come un’incidente negativo nella vita di un ideale villaggio globale, nel quale tutti dovrebbero comunicare correttamente. Le fake news, invece, sono un fatto storico profondo. Il falso, la comunicazione falsa, la rappresentazione falsa di una realtà non sono una distorsione, ma, come la guerra (fucina da sempre di fake news, basti pensare alla più celebre di tutte, quella del Cavallo di Troia), fanno parte di quel sistema complesso e mobile di relazioni umane, che è la storia.
    Dunque, così come la guerra DEVE far parte del curricolo formativo, dal momento che è parte – purtroppo - costitutiva della vicenda umana, anche di fake news si dovrebbe parlare in classe. Ma come, se vogliamo evitare moralismi o facili dietrologie? Come inserire questo argomento nei curricola in modo non episodico? Questa domanda impone la ricerca di strumenti scientifici e di strategie didattiche capaci di trasformare le fake news in oggetto di analisi e, quindi, di insegnamento.
    Il percorso che proponiamo si chiude col fenomeno del negazionismo che potremmo considerare matriciale di ogni fake news attualmente circolante. È un fenomeno/matrice, perché nella negazione del Genocidio ebraico troviamo molti fattori capaci di “generare” fake news: l’enormità del fatto da negare; l’uso di tecniche storiche per provare la verità della negazione; l’uso di tecniche retoriche per affermare la propria verità e destrutturare le smentite; la creazione di comunità di “credenti” e l’impatto che, in questa, ha la rete (e così via). Passeremo, poi, all’analisi di negazioni/falsificazioni esemplari e dei fenomeni sociali legate a queste, come le mitologie che presiedono alle credenze sulle origini delle nazioni, le falsificazioni legate al proliferare odierno di movimenti identitari e quelle tipiche dei fatti bellici o di fatti socialmente rilevanti, come le epidemie. Le notizie false, infine, hanno sempre uno scopo. E, questo scopo ha spesso risvolti politici. Dunque, le notizie false investono la società anche dal punto di vista del suo governo e della sua tenuta democratica e, perciò, la loro analisi è un fatto doveroso, nella formazione del cittadino.
    Questo studio ci porterà ogni volta a viaggiare tra passato e presente, passando da una disciplina all’altra: dalla storia, all’arte, all’italiano, alle scienze. Un reale argomento di Educazione Civica, declinato in forma disciplinare e non moralistica.

     

    Informazioni/Prenotazioni
    Consigliato per insegnanti della scuola primaria e secondaria di I e II grado
    Seminario di 3 incontri da 2h ciascuno
    Costo: 60 € (è possibile utilizzare il bonus della card docenti)
    Su prenotazione a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – tel. 010 8171642

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