sviluppo sostenibile

  • Scienziati e umanisti non dialogano più. E se ricominciassimo dalla scuola?

    Autore: Marco Cecalupo

     

    I bei saggi ci fanno venire sempre belle domande. Ecco quelle che formulo, leggendo l’ultimo numero di “Strumenti”, la bella rivista di Mani Tese (numero 60, febbraio 2013).

    Mi sembrano questioni importanti. Ve le comunico, sperando che, leggendo anche voi la rivista, ve ne vengano in testa tante altre, e ugualmente importanti.

     

    • Cosa significa partecipare nei processi decisionali, nell'epoca del “mipiacismo” telematico?
    • Le pratiche comunitarie improntate sul modello della decrescita si applicano alla scala della politica degli Stati, cioè in una dimensione più ampia e non comunitaria?

    Geyser”, Francesco Paleari, liceo scientifico ”Primo Levi”, San Donato Milanese (MI).

     

    • Quale formazione esige la figura professionale dell'insegnante? Scuole di Specializzazione, TFA o concorsone?
    • Come portare in classe l'esigenza di trasformare l'atteggiamento predatorio verso le risorse in un atteggiamento cooperativo nei confronti dei beni comuni?

    La rivista presenta un dossier, dedicato al rapporto fra cultura scientifica e cultura umanistica. Mi obbliga ad altre domande:

     

    • Charles Snow, mezzo secolo fa, dichiarava che tra le due culture esisteva una barriera insormontabile. A cinquanta anni di distanza, cosa accadrebbe se chiedessimo oggi a docenti di lettere di spiegare la seconda legge della termodinamica?

     

    Specchio Riflesso", Emilia Crespi, Gilda Marcato, liceo socio psico pedagogico “Marie Curie”, Tradate (VA)

     

    • Sarebbe La terza cultura, quella proposta da John Brockman, basata sulla capacità degli intellettuali (misurata anche con il successo commerciale) di dare risposte chiare al grande pubblico sulle domande più attuali e profonde poste dall'esistenza, quella vincente?
    • La scienza è mai stata neutra, cioè estranea all'effetto delle forze che controllano il denaro e il tempo? Esiste una scienza per i ricchi e una scienza per i poveri?
    • Si può, come afferma il “determinismo biologico”, spiegare la complessità dei comportamenti umani mediante fattori di natura genetica?
    • Che fine ha fatto il concetto antropologico di complessità nella struttura e nei metodi della scuola italiana?
    • Il metodo scientifico (quello di Galilei) è applicabile alle scienze sociali? È ancora in voga nelle scienze naturali?
    • Perché la geografia fisica e quella umana, così intrinsecamente collegate, finiscono per perpetuare l'esistenza di “due culture”?
    • Si può progettare un curricolo scolastico non a partire dall'homo economicus ma dall'homo sociologicus relazionale, nuovo traguardo di una cittadinanza mondiale?
    • É proprio vero che la cultura scientifica sia così compatta? Quali sono le parole-chiave del vivace dibattito interno al mondo scientifico?
    • Dove si pone il confine tra pubblico e privato nei delicati campi di indagine della bioetica, che sono il corpo umano, il curarsi, il morire, la generazione?
    • Si può fare scienza e letteratura allo stesso tempo, in classe?

     

    Caccia al tesoro nell'“Orto Ritrovato”, 2A, scuola primaria di via Moscati, Milano.


    Vi sarete accorti che alcune sono domande retoriche. E' vero, e per giunta confesso che lo sono anche le risposte degli autori di Strumenti-Cres, ma nel significato più alto del termine, poiché allenano a pensare e conoscere insieme.

     

    Buona lettura.

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