Bari, 9 ottobre

Misure di accompagnamento, per andare dove?

Partono le misure di accompagnamento per la messa in opera delle Nuove Indicazioni per la scuola di base (chiamiamola così, una buona volta). Differenze con il passato: esiste un sito dedicato. C’è voglia di trasparenza: il comitato scientifico, che coordina l’attività, è presente con i curricoli. Spazio per le direzioni regionali, che nominano le commissioni decentrate per coordinare in loco l’attività di sperimentazione. Previsto l’elenco e la pubblicazione delle cose fatte (un minimo di responsabilità, questa precauzione, ce la garantisce).

La volta scorsa (Indicazioni del 2007) il ministero stanziò una bella cifra, circa 20 milioni di euro, che distribuì alle direzioni regionali e che queste furono abilissime nel volatilizzare in uno spazio di tempo così breve, che quando si fece il Convegno Nazionale, nel quale si dettero le direttive di lavoro, non restava più una lira. Ne parlo con Italo Fiorin, il direttore del comitato scientifico. Conosce bene la storia passata, perché c’era (c’eravamo insieme) in quella commissione. Dice: stavolta sarà diverso. Controlliamo. Si pubblicano i risultati. E poi, i soldi sono molto meno di un decimo di quelli stanziati allora. Sarà, gli dico. Le commissioni regionali sono disomogenee. Avranno il compito di selezionare i progetti di buone pratiche, proposti da piccole reti di scuole (max cinque). Certo: la direttiva è quella di aiutare l’applicazione delle Nuove Indicazioni e, al tempo stesso, di favorire la discussione capillare, in modo che, alla nuova revisione, si abbia una consultazione più vasta e profonda di quella che, a causa del tempo strettissimo, si poté organizzare in occasione della loro entrata in vigore (lo ricorderete, le scuole ebbero poco più di un mese per rispondere ad un questionario chiuso).

Spero che vada come Fiorin immagina e spiega. Sotto sotto, però, credo che anche lui tema, come me, che finisca come tante altre volte. Le scuole faranno ogni genere di progetto. Tanto nelle Indicazioni possiamo farci stare tutto. E si selezionerà come solo nelle regioni sanno fare. Magari privilegiando i pastrocchi interdisciplinari per tenere contenti tutti. Ci sono, certamente, delle raccomandazioni del Comitato e immagino vengano discusse nelle varie commissioni. Sono, tuttavia, di tipo pedagogico/pedagogico. Non le contesto: va bene spingere per i laboratori, il coinvolgimento degli allievi, il lavoro di gruppo (o come diavolo si dice nei termini inglesi che oggi si adoperano a questo proposito). Ma, alla fine, i docenti dovranno proporre qualcosa di storia, di geografia o di italiano o di matematica. E, alla fine, siamo tutti troppo vissuti per non sapere che, in queste occasioni, si ricucina, nelle forme richieste, la stessa ciccia di sempre.

Allora ci provo a stilare un elenco di punti critici, messi in luce nei sei anni di vita di queste Indicazioni (non deve sfuggire a nessuno, infatti, che queste sono le stesse del 2007: e queste fu la condizione legale della loro riscrittura). Probabilmente, intorno a questi punti si possono progettare buone pratiche, che ci aiutino a capire in che modo queste indicazioni possono aiutare la scuola a migliorare, e in che modo la scuola può migliorarle. A marzo è previsto un Convegno Nazionale per discuterne insieme. Forse sarà già tardi. Li pubblico ora per questo.

  1. Il difficile collegamento fra scuola elementare e media (e chiamiamole così, una buona volta). Questo è un dato di massa. Una resilienza forte di gran parte del corpo docente, che si vede soprattutto nella manualistica della media, caratterizzata dalla presenza del “suntino” di storia antica e preistoria, in apertura del manuale di prima. Segno che i docenti della media non accettano il programma in continuità.
  2. La persistenza del kindergarten preistorico in terza elementare. Il programma di storia inizia in quarta. Al tempo della Moratti era previsto che la terza elementare fosse dedicata alla preistoria, considerata come preambolo della storia, e quindi “fuori” dal programma di storia, che iniziava l’anno successivo. Le nuove Indicazioni sanano questo obbrobrio storiografico. La preistoria è dentro la storia, dunque è in quarta.
  3. L’incapacità dei docenti delle elementari e dell’infanzia di collegarsi tra di loro, per attivare il primo ciclo di storia (scuola dell’infanzia + i primi tre anni delle elementari). Durante questo ciclo i docenti sono liberi di proporre argomenti di storia, di vita quotidiana, dal presente al passato remotissimo, nell’ordine che ritengono opportuno. Campo di lavoro straordinario e nuovo anche per fatti di storia contemporanea:  non è vero, come molti dicono, che le nuove Indicazioni privano la scuola elementare della contemporaneità.
  4. L’incapacità diffusa dei docenti di programmare il quinquennio successivo in modo da arrivare all’ultimo anno con un tempo sufficiente per studiare la storia contemporanea, soprattutto il periodo postbellico e attuale.
  5. Il timore dei docenti di affrontare la storia più recente, causato spesso da mancata informazione (aggiornamento culturale, necessario per una storia che quasi nessuno ha potuto studiare all’università).
  6. L’affidamento quasi totale delle questioni “vive” alla giornata della memoria e alle pratiche commemorative e, quindi, la necessità di attivare un “laboratorio del tempo presente”, nel quale si esaminino scientificamente (non solo dal punto di vista storico, naturalmente) le questioni sensibili.
  7. Il passaggio dallo studio del territorio e del patrimonio, visto dal programma Moratti come studio identitario, allo studio cognitivo e laboratoriale, previsto dalle indicazioni vigenti. E, quindi, la nuova concezione di patrimonio, come bene del quale il cittadino è responsabile, e non come strumento per definire la propria identità.
  8. La costruzione di un curricolo di storia, centrato su quattro elementi obbligatori (preistoria, neolitizzazione, rivoluzioni del secondo millennio, globalizzazione) e libero (quindi da programmarsi in sede) per le restanti parti
  9. Criteri per selezionare e orientarsi nel mare di proposte di Geostoria, che stanno sommergendo i docenti.
  10. Criteri, pratiche, capacità per selezionare e utilizzare materiali digitali.
  11. Le Indicazioni parlano per la prima volta di didattica ludica. Che cosa ne sanno i docenti?
  12. Proposte concrete per inserire elementi di Educazione Civile all’interno dei curricola geostorici.

Ma alla fine, cerchiamo di essere realisti. Per quanto si discuta fin dai tempi dei programmi del 1979 di laboratori e pratiche di coinvolgimento, la lezione resta sempre lo strumento principale per avvicinare gli allievi alla storia. Questo quando va bene: osservo con sgomento l’aumento della pratica di far leggere a turno il libro in classe, interrompendo di tanto in tanto la lettura con domandine o spiegazioni. Se è così, e se non ho visto male, allora occorre uno sforzo collettivo enorme per entrare definitivamente in un clima didattico di apprendimento collaborativo che è tale solo sulla carta, per tanta parte della scuola. Altrimenti, anche l’indicazione perentoria di queste indicazioni, che praticamente mettono fuori legge la lezione frontale, la conserveremo fra le favole pedagogiche con le quali ci illudiamo.

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