Avezzano, 21 novembre


Per i docenti della scuola elementare e media, l'uso pubblico della storia non dovrebbe essere una cosa sconosciuta, soprattutto se hanno letto le "Indicazioni per il Curricolo". Queste ricordano, infatti, che uno dei compiti della scuola è quello di dotare gli allievi di quegli strumenti critici che li mettano in guardia sugli usi impropri della nostra disciplina, tipici del discorso pubblico dei media e della politica. Sarebbe utile suggerire ai docenti di secondaria superiore di rifarsi a questo testo, piuttosto che a quello che la Gelmini ha confezionato per loro, rifacendosi ai programmi del 1960, quando internet non esisteva, e i personaggi politici non praticavano l'occupazione sistematica dei mezzi di comunicazione.
In altri paesi, molti storici sono attivamente impegnati in questo compito, fondamentale in una società della quale la diffusione della conoscenza è una componente strutturale. Roy Rosenzweig, il grande studioso morto qualche anno fa, è forse il punto di riferimento di tutti. Ma non dobbiamo dimenticare che Serge Noiret, belga di nascita ma italiano di adozione (non se la prenderà per questa dichiarazione di affetto), è il presidente della associazione internazionale della Public History. E, per quanto riguarda l'Italia, vorrei ricordare che una sezione della rivista Novecento.org è espressamente dedicata a questo tema.

Uno dei settori di ricerca di questa importante branca di studi è costituita dall'analisi del modo con il quale la politica adopera la storia. In Francia, ad esempio, cinquanta storici hanno lavorato sulle dichiarazioni di argomento storico fatte da Sarkozy. In Italia questo interesse non è molto coltivato, per quanto la nostra storiografia vanti in Nicola Gallerano uno dei primi e più citati storici che se ne siano occupati. Per questo sono felicissimo del fatto che Isabella Insolvibile ha raccolto e analizzato i giudizi su fatti storici sul Novecento, espressi da Silvio Berlusconi.

Non vi troverete, dunque, il famoso Romolo e Remolo, o altre amenità di storia antica e, soprattutto, non cercate in questo lavoro l'ennesimo sciocchezzaio, messo giù per fare quattro risate, sul modello delle "Jene". Si tratta, invece, di un dizionario che, attraverso l'uso che l'uomo politico fa della storia, ci permette di ripercorrere, se non i fatti, l'ideologia - spesso diffusa ben al di là della ristretta cerchia politica - che ha percorso gli ultimi tre decenni di storia italiana. "Confino", Desaparecidos, "Fascismo", "Resistenza", "Comunismo", sono alcune delle voci di questo breve dizionario, rigorosamente confortate da un puntiglioso richiamo alle fonti e alle dichiarazioni autentiche.

Leggendo questo articolo, scoprirete come questi giudizi, al di là della loro discutibilità storica, siano una fonte importante per accedere a una sorta di "anima profonda" della nostra nazione. Una visione del passato che motiva scelte presenti e condiziona pesantemente quelle future. Le parole di Isabella ci fanno pensare: "È una storia, appunto, “utensile” politico, per la quale la parola strumento sarebbe già eccessiva. Ma è una storia, anche, non nuova, che, anzi, l’Italia si dice e si ripete da decenni. È la stessa Italia che si vide vittima del fascismo e non sua complice, e che dopo il 25 luglio 1943 negò l’esistenza di un consenso diffuso. È la stessa Italia che, oggi, se la vai a interrogare, difficilmente ammetterà – se non, appunto, in minoranza – un voto che ha reso possibile quattro (finora) governi Berlusconi e, molto più durevolmente, ha ipotecato, sulla base del relativo atteggiamento ideologico ed etico, i decenni che verranno".


http://www.novecento.org/uso-pubblico-della-storia/breve-dizionario-berlusconiano-della-storia-del-novecento-931/

http://cvuh.blogspot.it/search/…/Sarkozy%20et%20l%27histoire

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