Tharros, scavi
 
La ragazza della biglietteria mi viene incontro. La mia delusione per la mancanza di mappe e di guide deve essere proprio evidente. Mi consiglia: si accodi a quella scolaresca in fondo alla strada. C’è la guida. Ne approfitti.
 
Ne approfitto. Arricchirà il mio campionario di visite guidate. Raggiungo il gruppo, fermo in una piazzetta a lato del cardo. La guida spiega che serviva per il carico-scarico merci e, magari, per il transito a senso alternato. Mi sento fortunato. Una guida brava. Perciò, voglio vedere quanto resisterà alla ferrea legge della scolaresca-in-visita-guidata, che recita: “Puoi anche essere l’avatar di Cicerone, ma attrarrai un piccolo gruppo di studenti, mentre la maggioranza orbiterà progressivamente più distante, spinta da forze centrifughe irresistibili”. La tappa successiva è il castello delle acque. Queste opere di ingegneria antica mi piacciono da pazzi. Questo, in particolare, ha i pilastri interni e l’intonaco ben in vista. Serviva per impermeabilizzare l’ambiente e impedire la contaminazione dell’acqua, informa la guida, che ha colto un mio sguardo interessato. 
 
Dietro di me c’è il capannello delle professoresse. Discutono delle infiltrazioni a casa di una di loro. Un ragazzo chiede alla prof, dopo andiamo sulla spiaggia? Un altro ispira all’amico che giocheranno a pallone.  Quelli vicino alla guida si sono ridotti. La forza centrifuga sta vincendo.
 
Alla tappa successiva ha vinto. La guida, spalle al foro, sale su un masso, alza la voce e inizia: “BREVEMENTE. Ragazzi, ecco il punto centrale di Tharros”. Nulla da fare. Durante il percorso, Riccardo ha gettato cinquanta centesimi in un pozzetto. Ma che sei scemo? Dieci centesimi dovevi buttare. Scemo tu, per la fontana della fortuna ci vogliono almeno cinquanta. Non si parla d’altro. In testa alla fila ormai Riccardo ha buttato due euro e il problema da assodare è se sia scemo o no. Fa eccezione uno, che smanetta al cellulare e ripete: ai fenici piaceva la musica rap? 
 
Ecco il tempio sul mare, con le colonne finte (quelle vere sono state divelte e portate in una chiesa dell’entroterra). Sapete, gli antichi non buttavano nulla, riutilizzavano tutto. Stavolta non sono d’accordo, cara guida, basta guardare le strade con i basolati divelti e portati via, e gli alzati ormai di pochi metri. Tutto rapinato, altro che riutilizzato. Intanto, siamo arrivati alle terme. La guida mostra la fornace, ormai solo a me e a due turisti francesi, consigliati anche loro dalla signorina dell’ingresso. E ugualmente a noi tre è diretta la spiegazione del sistema fognario, funzionale e intelligente. Non abbiamo inventato nulla, i romani avevano già pensato a tutto. E’ lo storytelling provato tante volte, evidentemente di successo. Con altri pubblici, però. 
 
Ancora altre due tappe, annuncia rassegnato la guida.
 
La fila si è pericolosamente allungata. Come ad un segnale ignoto, le prof hanno assunto lo schieramento di guardia. Una dietro a chiudere, due per lato a controllare il gregge. Ah, c’è un prof. Ora me ne accorgo. E’ molto giovane. Sta per i fatti suoi.
 
Siamo alla Via sacra, quella che sale verso la collina. Di qui non lo vedete, ma dietro c’è il tofet. Attimo di sospensione. Tutti sanno che cos’è. Seduti o in  piedi, vicini o lontani, si fermano. Nessuno guarda la guida. Sembra che ci tengano ad apparire distratti. Ma drizzano tutti le orecchie. Più di cinquemila bambini morti. I romani ci avevano fatto la propaganda – ora la guida racconta distesa - inventando cose terribili sul conto dei cartaginesi (Bravo, mi dico). Invece, il fatto era che qui, a Tharros, si moriva come mosche a causa della malaria. E i corpicini venivano portati al dio. Bravo, dico ancora, e improvvisamente mi ricordo di quando a Cartagine un tipo mi mostrava una lastra sacrificale con due sporgenti, e mi spiegava che i bambini vi si afferravano con le manine, per reggersi mentre il sacerdote tagliava loro la gola. Che ubbidienti, i bambini punici, ci veniva da commentare.
 
Incoraggiato dal successo, la guida propone: se volete vi posso raccontare altre cose. Se no, ok. OK, quelli dicono al volo e muovono verso l’uscita. Le prof seguono veloci. Il prof ciondolava già dalle parti della biglietteria. Mi avvicino alla guida, gli faccio i complimenti. Gli chiedo altri particolari. Lui, che stava già dirigendosi ad accogliere un altro gruppo (sa, siamo in due soli, non abbiamo un attimo di respiro), si ferma. Vuole raccontare, lo fa bene e io lo ascolto. Fa un altro mestiere. E’ un volontario che ama questo posto e lo conosce a fondo. Ha seguito anche un corso, per imparare a fare seriamente la guida. Mi lascio scappare le mie idee sull’efficacia della “visita guidata”. Ma no, dice lui, oggi i ragazzi sono stati buoni. Vedesse che succede, quando i prof me li lasciano e se ne vanno.
Non insisto. Sarebbe ingiusto con una guida così brava e appassionata. Ma, mentre me ne vado, non posso far a meno di pensare alla ricchezza di proposte che la didattica museale ha elaborato negli ultimi decenni. L’ultima, semplice quanto entusiasmante, è quella raccontata da Romana Scandolari nel suo Un museo! (Erikson, 2015), dove si conoscono le modalità didattiche seguite al Museo delle palafitte di Ledro.
 
Ci sono dei motivi ben pesanti, che hanno impedito a questo sapere didattico di trasformarsi in pratica professionale diffusa. La mancanza di fondi, che obbliga le scuole a mettere insieme più classi; la mancanza di formazione, sia per gli operatori sia per gli insegnanti; la mancanza di tempo che impone di fare tutto e di fretta, e quindi a scegliere sistemi veloci di fruizione del sito; la scarsa cultura didattica delle nostre istituzioni museali.  Ma perché non riconoscere che c’è anche una certa dose di pigrizia, in questo ripetere ossessivamente un rito che, se non allontana gli allievi dalla storia, certamente non gliela rende più simpatica? 
 
Diario di bordo, Tharros, 18 aprile 2015
 

Questo sito utilizza cookies tecnici e di terze parti per funzionalità quali la condivisione sui social network e/o la visualizzazione di media. Chiudendo questo banner, cliccando in un'area sottostante o accedendo ad un'altra pagina del sito, acconsenti all’uso dei cookie. Se non acconsenti all'utilizzo dei cookie di terze parti, alcune di queste funzionalità potrebbero essere non disponibili.