Giuseppe Losapio

 

Cronaca di una visita al castello che non c'è. Il turismo parastorico in Puglia e Castel del Monte

 

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Fot. 1 Le scolaresche sono abituali frequentatrici di Castel del Monte

 

Il cavallo bianco di Garibaldi.

Che cosa è Castel del Monte, la fortezza che si erge sulle alture murgiane andriesi e che appare sulle monete da un centesimo di euro? Domanda retorica: è un castello. E' come quel gioco di parole che si faceva da bambini in cui si chiedeva ai più piccoli di che colore fosse il cavallo bianco di Garibaldi, e notavi la veloce sensazione di smarrimento negli occhi dei malcapitati che si riprendevano subito dall'innocente tranello. Eppure questo gioco linguistico, che da bambini ci faceva tanto ridere, diventa seria, quando parliamo di Castel del Monte, perché la risposta non è più soltanto “un castello”, ma si arricchisce di una serie di congiunzioni avversative che vanno a correggere se non ad annullare il significato stesso della parola “castello”.

Se a praticare questo gioco fosse uno dei tanti professionisti della “parastoria”, quel sistema di produzione di racconti sul passato, che tende a invadere i media presentandosi come “storia alternativa a quella ufficiale”, ci potremmo limitare a qualche commento ironico. Ma se a prospettare questo nonsense del “Castel del Monte non-Castello” sono delle guide turistiche, pagate dall'ente regionale durante le aperture gratuite dei musei, allora la preoccupazione è grande, perché dopo decine di anni di studi sul maniero federiciano ci si chiede per quale motivo questi professionisti della narrazione del territorio storico spaccino ancora spiegazioni vecchie e prive di ogni fondamento e ci si chiede come la Regione Puglia abbia loro potuto riconoscere la patente di guida turistica.

Visita in una sera di fine luglio.

In una fresca sera di luglio di quest'anno, ho provato a sfruttare gli Open days, appunto le aperture gratuite dei castelli e musei di Puglia. Ad attendere me e un gruppo di una ventina di persone un'avvenente guida con tanto di patentino in bella vista. Appartiene ad un'associazione andriese, che ha nel nome, stampato sulla maglietta nera con caratteri in oro, un sorta di richiamo divino della stessa regione. Questa associazione è stata scelta, tra altre, dall'Ente regionale per la promozione turistica, Puglia Promozione. Armato del taccuino del mio smartphone, mi segno ciò che dice la guida. Inizia col precisare che di Castel del Monte esiste un solo documento, poi elenca una serie di “anomalie” quali: la mancanza di fossati, che – dice - non lo fanno un vero castello anche se ha una serranda per chiudere il portale, ma quell'elemento di protezione non fa testo – avverte - e per quanto tutti lo chiamino “castello” e lo definiscano così le fonti medievali, di fatto non lo è – conclude - anche perché ha un portale che sembra una chiesa...

 

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Fot. 2: Secondo alcune fantastiche ricostruzioni, al centro del cortile vi sarebbe stata una vasca per le abluzioni, pratica obbligatoria di ogni percorso rituale

 

Conosco questa cantilena parastorica: il percorso obbligato, il tempio laico, la piscina al centro del cortile, la congiunzione con Chartres e Gerusalemme, le cucine che non sono cucine ma camini per bruciare le essenze, la residenza di caccia che però è anche un hammam, nonostante i materiali edili siano poco inclini agli ambienti termali – ma ultimamente degli architetti del Politecnico di Bari hanno sostenuto che fosse proprio un complesso termale -, il senso antiorario delle scale a chiocciola, i giochi di luce che fanno comparire delle croci (questo, la guida lo diceva facendo vedere una fotografia dove comparivano solo due delle quattro braccia di una croce) e che richiamano la presenza dei templari.

La matrice di tutte le parastorie.

Questa somma di stereotipi trasforma un edificio con precise funzioni militari in una sorta di tempio laico, dove degli iniziati passavano il tempo a purificare l'anima tra bagni e simboli magici. E' proprio questa la matrice mitopoietica che mette insieme tutte le letture esoteriche del castello, da quelle spiccatamente massoniche alle ultime degli studiosi del Politecnico di Bari. Questo cllché narrativo può esistere a un paio di condizioni: annullare la storia e le evidenze documentali e sottoporre quelle accettate ad un procedimento di lettura fatto di ipotesi e di ipotesi costruite su ipotesi, in un gioco che non finisce più. Lo stesso abile procedimento di storytelling applicato dagli autori della trasmissione “Voyager” di Raidue. Questi però, più furbi delle nostre guide, durante la loro trasmissione sulla Puglia, andata in onda il 22 giugno 2015, nella bibliografia dedicata al castello, hanno consigliato il libro curato da Raffaele Licinio, docente di Storia Medievale dell'Università degli Studi di Bari, Castel del Monte. Un castello medievale, testo che smentisce bellamente le letture esposte durante la trasmissione.

 

Itinerario minimo di sopravvivenza.

 

Esiste un percorso bibliografico minimo per sopravvivere a questo proliferare di teorie parastoriche? Un itinerario per ripartire dalla storia e dalla ricerca più accreditata, per costruire una narrazione efficace e avvincente del maniero federiciano?

Sì. La prima tappa è un saggio del 1981 di Giosuè Musca, docente dell'Ateneo barese e per vent'anni direttore del Centro di Studi Normanno-Svevi (rivisto dall'autore nel 2002 è stato riedito nel 2006 con il titolo Castel del Monte, il reale e l'immaginario). Apprendiamo, da quel lavoro, che già dagli anni '80 lo storico barese metteva in guardia dalle derive mitopoietiche di certa letteratura sul castello.

 

La seconda tappa sono gli studi di Raffaele Licinio con il summenzionato volume e il suo Castelli medievali. Puglia e Basilicata dai Normanni a Federico II e Carlo I d'Angiò, del 1994, riedito nel 2010, e Castel del Monte e il sistema castellare nella Puglia di Federico II (2001), un volume che raccoglie gli studi del gruppo di ricerca sul castello. Gli studi di Licinio hanno contestualizzato il maniero federiciano nella storia istituzionale, economica e sociale del medioevo meridionale, inserendolo nel sistema castellare svevo, e smascherando le narrazioni più fantasiose.

I suoi testi ci fanno approdare alla terza tappa, con Massimiliano Ambruoso, e al suo Castel del Monte. Manuale storico di sopravvivenza, edito nel 2014 con la presentazione di Franco Cardini e un'appendice di Anna Castriota, ricercatrice pugliese al St. Clare's College di Oxford. Testo che raccoglie e decostruisce tutte le tesi sul castello per rilanciare una narrazione storica corretta. Tappa complementare, per una fruizione didattica, è il volume di Elena Musci Scoprire e giocare a Castel del Monte, del 2013, che fa propri gli studi più accreditati per trasporli in laboratori e giochi da allestire nel castello.

Esame di conoscenza.

A partire da questa visita, pongo alcuni problemi, che non si limitano al caso di questo bene culturale. Ben venga la legge regionale che ha istituito le guide turistiche: ma queste come sono state scelte? Quali studi hanno fatto? Esistono corsi di laurea in Beni Culturali: sono stati coinvolti nella loro formazione? Quali sono le strutture e i sistemi di aggiornamento di questo personale? Chi gestisce il castello, ovvero il Polo museale della Puglia e la cooperativa Nova Apulia per i servizi didattici, si serve di questa associazione andriese per il servizio di guide alle scolaresche e ai turisti? E il Comune di Andria è a conoscenza del degrado conoscitivo di alcune guide, oppure è una questione a cui non è sensibile?

Tanti attori gravitano attorno ad un castello, che è un sito speciale, sia per il riconoscimento dell'Unesco nel 1996, sia per l'alto numero di visite annue. Un capolavoro dell'arte da tutelare a partire da come lo si presenta e racconta, e che per questo va affidato a persone responsabili e preparate.

Nel 2009, presso il Comune di Barletta, il Centro di Studi Normanno-Svevi dell'Università di Bari organizzò per la terza edizione di “Puglia in-difesa” una tavola rotonda cui parteciparono Cardini e Licinio, la precedente direttrice del castello, Michela Tocci e operatori culturali come il direttore del Festival Castel dei Mondi di Andria, Riccardo Carbutti. Fu un momento importante per discutere sul futuro del maniero federiciano, un momento di condivisione e discussione che oggi andrebbe ripetuto anche con i nuovi attori della comunicazione storica, per evitare che qualcuno il cavallo bianco di Garibaldi lo faccia diventare nero... ma per l'umore.

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