di Antonio Brusa

La pagina che "Hérodote" dedica a Waterloo è un interessante prototipo di pagina manualistica online. Me la guardo, nell'anniversario di quella sanguinosa battaglia.

Dal punto di vista di un testo manualistico è un modello.

Il racconto essenziale si contiene in una schermata e mezza. Mezza cartella di testo, e racconti come andarono le cose, con uno stile narrativo non da elenco telefonico (come diceva Guarracino dei manuali), ma scorrevole e con un filo di pathos.
Sulla destra scorre la banda degli strumenti: la cronologia dell'impero; le carte geostoriche; delle animazioni. In chiusura, Waterloo nei film. Clicchi, e apri nuovi discorsi, se hai tempo e vuoi approfondire.
Un sogno. Avercelo in Italia un manuale online fatto così …

Dal punto di vista dei problemi, Waterloo suggerisce un tema inaspettatamente caldo

Fra i tanti che quell'evento permette di mettere a fuoco, "Hérodote" mette in evidenza il tema della pace europea. Waterloo fu l'ultima battaglia-carneficina "ancient style". Se ne volete sentire ancora il puzzo (proprio così), potete andare a riprender qui su hl la descrizione dei campi, "dopo la battaglia", che ho ricavato da Shannon Selin, grande cultrice di cose napoleoniche.
L'ultima delle carneficine antiche. Prima di vedere quelle moderne (Crimea, Solferino e San Martino, e poi, la Guerra di Secessione americana) passeranno 50 anni. Cinquanta anni di pace, all'interno di un secolo che, a partire da Karl Polanyi, molti storici chiamano "il secolo della pace", quello che precedette il novecento dei massacri.

R. A. Hillingford, Il duca di Wellington a WaterlooR. A. Hillingford, Il duca di Wellington a Waterloo

Lo so, l'argomento è diventato trito e ritrito. La pace della quale godiamo in Europa da più di settant'anni, bla bla. Si è banalizzato di molto, durante la campagna elettorale (si sa, il dibattito politico "sporca" tutto). Alla pace ormai abbiamo fatto il callo. È, al massimo, un valore umanitario. Ma non è fra le priorità della gente, che sono la sicurezza, l'emigrazione, i minibot e prima gli italiani e vai con gli ululati di dolore. E se l'Unione Europea si frappone fra queste priorità e noi, be', che "se ne faccia una ragione" (disse quello) e vada a quel paese (per non ripetere la parolaccia di quell'altro).

Chissà, alla vigilia del "ritorno del massacro", quello della guerra di Crimea, forse non la pensavano diversamente. Dai, si va là, la tecnologia, l'organizzazione e ci sbrighiamo. Così si impantanarono nel fango e nella dissenteria.
Come nell'estate del 1914. Ma chi vorrà mai la guerra? siamo fra nazioni civili, forse si dicevano nei circoli dove, tra il fumo dei sigari, si commentavano le cronache dei movimenti di cancelleria, scatenati da Gavrilo Princip. Quando sei abituato alla pace, tutto ti sembra si possa giocare come se si fosse "a braccio di ferro".

Bene, la guerra si avventò su di loro, e ancora adesso ci dobbiamo chiedere come mai popolazioni civilizzate, élites coltissime, che credevano fermamente che la storia fosse "magistra vitae", si lasciarono travolgere da quella barbarie, e, non contenti, ci ricascarono con più entusiasmo trent'anni dopo.

Quindi ha ragione "Hérodote". Quando ricordiamo quella battaglia, concentriamoci sulla pace successiva. Di battaglie è piena la storia. Di periodi di pace no. Specialmente quando sono così lunghi e pieni di problemi, che è veramente difficile tenerli in vita. Sono sempre meglio di quelle guerre fra nazioni civilizzate, delle quali l'Europa è stata un esemplare teatro plurisecolare.
(Per non ricordare la tesi di David Hanson, che nessuno è così bravo nei massacri, come una nazione democratica e colta).

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