di Antonio Brusa

Il Forte di Maiden Castle, il più grande dell’età del ferro britannicaIl Forte di Maiden Castle, il più grande dell’età del ferro britannica

Mentre scavavano Maiden Castle, il più famoso forte inglese dell’età del ferro, Sir Mortimer Wheeler e la sua signora Tessa, entrambi archeologi, si convinsero di aver messo le mani sulla prova evidente delle efferatezze compiute dalla Legio II Augusta, che, al comando del giovane generale Vespasiano, cercava di sottomettere gli indomiti difensori della Cornovaglia. “È certamente un cimitero di guerra”, sentenziò Wheeler. Lo dimostrano, argomentò, gli scheletri, molti dei quali recano tracce di orribili ferite, seppelliti alla rinfusa, come accade dopo una battaglia. Decine di morti, che costituiscono la “pistola fumante” di quello che, concluse, fu il “massacro del 43 a.C.”. Un episodio della campagna condotta da Vespasiano, descritta da Caio Svetonio Tranquillo, diventava, grazie all’archeologia, il più dettagliatamente conosciuto di tutta la storia della Britannia romana.

Erano gli anni ’30 del secolo scorso. Wheeler, che aveva fatto la prima guerra mondiale, era rimasto impressionato dalle sue carneficine. La prima pubblicazione dello scavo avvenne nel 1943, in piena seconda guerra. Si può capire l’enfasi sulla resistenza contro gli invasori e il fatto che, rapidamente, questo evento entrò nella narrazione epica di una Britannia capace di conservare la propria identità nei secoli (oltre al particolare che lo stesso Wheeler, ottimo imprenditore di se stesso, era considerato il non plus ultra dell’archeologia, come ricorda Giusto Traina).

Il problema, scrive Miles Russell, archeologo che lavora presso la vicina università di Bournemouth, è che la maggior parte degli studiosi ritiene che quella di Wheeler fu una topica clamorosa. Quel sito era già stato abbandonato da decenni quando arrivarono i romani, e quei cadaveri (accuratamente sepolti, a differenza di ciò che lui ne aveva scritto) erano di uomini uccisi nel corso di un lungo spazio di tempo. Essi testimoniano violenze continue fra britanni – fratricide dovremmo dire in una logica identitaria – e non la loro strenua volontà di difendere terra e famiglia contro gli invasori. “Scaramucce, incursioni, combattimenti singoli, sacrifici, esecuzioni o guerre endemiche, è chiaro che questo genere di vita della Britannia meridionale dell’età del ferro metteva in grado gli individui di infliggersi reciprocamente molteplici e orribili ferite senza l’assistenza di Roma”, conclude Russell in un lungo saggio dedicato a questo scavo (Mythmakers of Maiden Castle: Breaking the Siege Mentality of an Iron Age Hillfort).

Beghe fra eruditi? Per nulla. Il fatto è che, quando una narrazione storica si trasforma in un mito identitario, questo inizia a godere di vita propria e diventa alquanto impermeabile alle revisioni degli storici. Scrive Russel che, dopo quella scoperta, decine e decine di libri, articoli e documentari hanno provveduto a divulgare la storia del martirio di Maiden Castle. E, oggi, è piuttosto complicato fare marcia indietro. Lo potrete constatare visitando il sito che English Heritage vi ha dedicato, il cui autore (come si capisce perfettamente) sa bene come andarono i fatti, ma è piuttosto restio a dirlo chiaramente. Tira fuori la storia che, certo, molti di quegli uomini furono uccisi prima dell’arrivo dei romani (ma non dice da chi), che furono sepolti con cura e quindi non ci fu una battaglia, ma non si può negare – insinua speranzoso - che almeno qualcuno fu vittima dei romani.

L’identico imbarazzo traspare dal sito dedicato a Wheeler, nel quale, dopo aver riportato le descrizioni liriche del coraggio britannico, dei vecchi e dei bambini trucidati dai romani, si spiega che, in fondo, si tratta di uccisioni avvenute prima del loro arrivo - ma anche durante, si aggiunge -, che forse la battaglia non ci fu, e che (ancora una volta) non si può negare che qualcuno fu veramente ucciso dalle forze imperiali.

Allo stesso modo Open Education apre col racconto partecipato degli scavi di Wheeler e della crudeltà dei romani, assassini di vecchi e bambini, poi cambia registro, e con un piglio accademico spiega che le evidenze interpretate in certo modo da Wheeler dovevano, in realtà, essere reinterpretate come pertinenti all’età del ferro (considerazione che uno storico capisce al volo, ma che un lettore comune non comprenderebbe con altrettanta facilità).

Un bel rebus. Non poteva non approfittarne la scuola. Ecco dunque due detective histories, basate su foto di scheletri. Chi li ha uccisi e perché? Di una, se volete saperlo, pagate 90 pounds. Dell’altra, il materiale è interamente in rete, dove troverete gli indizi e le guide per problematizzarli. Gli indizi tendono ad accusare i romani, ma la realtà si potrebbe intuire a partire dalle dichiarazioni di un archeologo sussiegoso che afferma che i responsabili del massacro furono i belgi (una tribù che abitava nel nord della Cornovaglia). Un percorso tecnicamente invidiabile (lo si potrebbe usare come modello), ma discutibile dal punto di vista di ciò che insegna perché, da una parte, quegli indizi NON POSSONO in nessun caso condurre a Maiden Castle, e, dall’altra, la soluzione (i belgi) è del tutto ipotetica.

Nel curricolo inglese questo evento andrebbe spiegato nella primaria (più o meno come accadrebbe in Italia, se qualcuno volesse lavorarci). È pertinente, quindi, citare qui l’esperienza di storytelling riportata dall’autorevolissima Historical Association, un’associazione che unisce insegnanti e accademici fin dal 1906. L’insegnante illustra il percorso didattico, che parte da un sasso “raccolto a Maiden Castle”, che i bambini toccano, soppesano e descrivono. Poi, introduce la storia di Maiden Castle e dell’aggressione romana. Infine, chiede ai bambini di immedesimarsi in un bambino del tempo - britannico non romano, sottolinea - e di scriverne la storia. Un’attività affascinante, commenta, prima di riportare qualche compito. Quello di Joanna illustra bene gli effetti collaterali di una storia inventata: “Tanto tempo fa, c’era un ragazzo chiamato Brian e la sua famiglia era triste. Un giorno i romani vennero ed entrarono nel castello e tutti erano spaventati. Il papà di Brian e suo fratello furono uccisi dai romani e il papà di Brian e il fratello furono sepolti e, tanti anni dopo, i loro corpi furono trovati da qualcuno”.

 

*Questo articolo nasce da una segnalazione di Giusto Traina sul sito fb HiMA, “Revue internationale d'Histoire militaire ancienne”.

Il Forte di Maiden Castle

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