Autore: Antonio Brusa

C’è un posto nel Caucaso, un fazzoletto di terra col nome difficile Makhachkala, dove convivono quaranta etnie. Ogni giorno c’è un attentato, di qualcuno contro qualcun altro. Poco lontano c’è l’Ingushezia, il “luogo meno sicuro al mondo”, direbbe un’agenzia turistica, dove si ammazza per liberarsi dalla Russa, e dove la polizia russa ammazza a caso, di notte, tirandoti giù dal letto. Verso Est c’è il Kyrghizstan, una delle tante frontiere dove genti di etnia diversa si sono sparate per le strade. In Ucraina i bambini degli uccisi vengono adottati dalle famiglie sopravvissute. Aumentano i morti, queste famiglie crescono. Li chiamano “anime congelate”.

Scappare. Ma dove? Nella periferia di Mosca sono confinati gli immigrati, quelli che fuggono dai resti dell’impero sovietico. Baracche di latta, stracci, immondizia. Al confine con l’Egitto, in Libia e in Tunisia, altri disperati, i relitti di quelle che noi chiamammo, volenterosamente,“le primavere arabe”. Anche lì, distese di spazzatura. Rottami.

Apprendo queste storie dalle foto di Andy Rocchelli. Mentre le guardo, sento che vorrei scrivere un manuale di storia che insegni (dico insegni: come si usa dire per la storia di Roma, del Medioevo, dei papi e di tutto il resto) che il mondo non è quello dove Crozza fa il verso a Renzi, dove si dibatte se è meglio Agnese o Michelle, dove un tizio, che pure conosco, mi scrive su fb incazzatissimo contro due “zingarelle di m…” (manco la parolaccia ha avuto il coraggio di scrivere), dove la politica si fa con i twit e dove la gente si interroga: “ma dove li metteremo tutti questi?”

Si vincono e si perdono le elezioni, provando a rispondere a questa domanda, nella quale il “dove”, indica il cortile di casa. Andy Rocchelli ci mostra che il vero dove è il mondo, dove le masse umane hanno disimparando a convivere; dove milioni scappano da infiniti posti, per cercarne altri, dove probabilmente sperimenteranno altri problemi di convivenza. Come sta accadendo precisamente nel nostro cortile, dove anche noi stiamo rapidamente disimparando a convivere. Se ci fosse, il mio manuale, insegnerebbe le dimensioni di questo “dove”. Direbbe, perciò, che chi riesce a dare una risposta intelligente al problema del “dove”, è giusto che vinca le elezioni. Ma avvertirebbe, anche, che se tu intendi questo “dove” come il tuo piccolo pezzo di terra, che basterebbe recintare un po’ meglio, allora stai fregando. Vuoi che tutti noi continuiamo a scambiare lo spettacolo delle caricature di Salvini, di Grillo e di Renzi per il mondo reale. Vuoi che tutti noi si assomigli a quei bambini rannicchiati nel sottosuolo, fotografati da Andy Rocchelli, come delle “anime congelate”.

Infatti, questo manuale c’è, e le sue storie sono raccontate nelle foto che scorrono davanti ai miei occhi. Rocchelli ne stava scrivendo un capitolo a Sloviansk, nell’Ukraina orientale, il 24 maggio dell'anno scorso (2014). Si è trovato nel pieno di una sparatoria. E’ saltato in una buca, con la sua guida e amico, Andrey Mironov. Erano al sicuro, lì. Testimoni oculari raccontano che li hanno cercati col mortaio, aggiustando il tiro, poco per volta. Volevano uccidere un giornalista. Non conoscevano le storie che raccontava, ma noi, che le stiamo imparando da lui, sappiamo perché hanno voluto interromperle.

L’esposizione Stories. Andy Rocchelli, a cura di Lucia Rocchelli, è aperta al Broletto di Pavia dal 4 giugno al 4 luglio.

 

L’agenzia presso la quale Andy Rocchelli lavorava;

La cronaca dell’uccisione;

La mostra Stories;

 

La foto è tratta da Andy Rocchelli, Evidence, a cura di G. Grossi, Salvioni Edizioni, Bellinzona 2014

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