Falsi e fake news, fra passato e presente

di Amedeo Feniello

 

Ma il falso appartiene solo alla nostra epoca? Solo le infinite voci, bulimiche e caotiche, dei social sono capaci di catalizzare fake news? Proprio no. Due libri apparsi entrambi nel 2020, il primo del compianto Paolo Preto (Falsi e falsari nella storia, a cura di W. Panciera e Andrea Savio, ed. Viella) e il secondo di Tommaso di Carpegna Falconieri (Nel labirinto del passato, Laterza 2020) ci introducono nella foresta, ampia ed intricata, dei falsi e dei falsari. Del falsario, ciò che colpisce è specialmente la dimensione psicologica. L’ostinata schiettezza non solo nella ricerca della imitazione maniacale di copie identiche al millimetro di un medesimo oggetto, di un’opera d’arte, di un documento, di una moneta, tanto da essere sovrapponibili all’originale. Quanto il parto (spesso geniale ma paranoico) di qualcosa di nuovo e assolutamente verosimile ma non vero. Allo scopo consapevole di costruire uno scenario reale al quale dar corpo, o alterando le fonti esistenti o creandone di nuove, avendo come stella polare nient’altro che l’impostura. In poche parole, l’opera del falsario è un’opera di alterazione della realtà. Di sostituzione della realtà con un’altra realtà.

 

01Fig. 1 Donald Trump è noto per la sua passione verso “verità alternative” che richiedono ai giornalisti un continuo lavoro di verifica: su Washington, città più sicura del mondo, sul pieno impiego dei neri in America, sulle cure efficaci contro il Covid o sul fatto che la polizia non usa i gas. Fonte AP FACT CHECK: Trump's alternate reality in time of anguishUn falso che cambiò la storia europea

E i falsi, nella storia, sono stati prassi. Innumerevoli. Tra Sette e Ottocento nacque addirittura un nuovo modo di approcciarsi ad essi, la filologia, che doveva servire proprio a mascherarne la natura. E, a lungo, i falsi sono stati considerati da cancellare, emendare, eliminare. Oggi no: lo storico ritiene il falso importante. Di per sé. Perché racconta molto. Soprattutto svela quali fossero le intenzioni del falsario. Pensiamo alla Donazione di Costantino, il falso storico più famoso di sempre. Seguiamo Tommaso di Carpegna: «Ci troviamo a Roma, alla metà dell’VIII secolo. I Longobardi minacciano il papato, che sta intrecciando rapporti sempre più stretti con i Franchi. Nello scrinium del Laterano – nell’ufficio in cui si redigono le lettere dei pontefici, si scrivono le loro biografie e si conserva l’archivio – a qualcuno viene in mente di girare la clessidra del tempo, insinuando in un passato risalente a quattro secoli prima – al regno di Costantino il Grande (306-337) – un documento di straordinaria importanza.

 

02Fig. 2 Costantino con la lebbra, prima di essere guarito da papa Silvestro, il celebre affresco della Basilica dei Santi Quattro Coronati a Roma, qui nella riproduzione di “Storica/National Geographic”, che riportiamo anche per un involontario (speriamo!) “falso” cronologico, dal momento che questo affresco vi viene datato al III secolo d.C. FonteEd ecco l’imperatore, che, guarito dalla lebbra da papa Silvestro per mezzo del battesimo, riconoscente dona a lui e ai suoi successori il Laterano, Roma, l’Italia, l’Occidente, le insegne e la dignità imperiali, decidendo di ritirarsi a Oriente, dove ha fondato una città che porterà il suo nome, per lasciare spazio al papa, nuovo imperatore». Con questo documento ci si inventa un passato che non è stato ma che, nell’opinione di chi lo aveva redatto, sarebbe dovuto accadere; e si riflettono situazioni e condizioni politiche che non erano certo quelle del IV secolo ma di diversi secoli dopo, di emersione del potere pontificale e di quello carolingio.

 

 

 

 

 

 

03Fig. 3 Al 2014 risale il più recente convegno sulla Storia Augusta, con decine di interventi sui singoli imperatori, da Eliogabalo a Costantino. Il libro costa un po’, ma gli appassionati non badano a spese (…) Fonte

Falsi imperiali

Ma non solo della Donazione si è nutrito il mondo dei falsi. Di celebri, lo dicevamo, ce ne sono stati a bizzeffe: come l'Historia Augusta, in cui è narrata la vita degli imperatori da Adriano a Numeriano, attribuendone la redazione a sei autori di età costantiniana ed essendo invece l’opera, largamente di fantasia, di un solo autore della fine del IV secolo, il più grande falso letterario della tarda antichità. Il medioevo, poi, fu, come è stato detto con efficacia, una vera e propria «civiltà del falso».

  

Falsi nostrani

E in età contemporanea? Si continuò a farne. Senza indugi. Non è questa l’epoca della dissimulazione, dello spionaggio, dello scrivere in cifra? Allora i falsi straripano. Con tanti nomi, menzionati da Preto, tra cui spicca il monaco maltese Giuseppe Vella (1749-1814) che si inventò di aver rinvenuto il registro della cancelleria araba di Sicilia ed è diventato un personaggio di grande letteratura grazie a Sciascia e a Camilleri. Più recentemente? I ventiquattro Protocolli dei Savi di Sion, fabbricati al principio del secolo scorso dalla polizia zarista, che li spacciò per un documento segretissimo della grande cospirazione giudaico-massonica che contengono il piano in cui si enunciano i sistemi per impadronirsi del mondo attraverso l’inganno dei gentili, trasportati da Umberto Eco nel suo romanzo Il cimitero di Praga del 2010. I Protocolli: tra i falsi che hanno avuto il maggiore impatto nel Novecento, ripresi dalla propaganda antisemita, antisionista, nazista e complottista, e non di rado considerati ancora oggi come autentici. Ma le falsificazioni appartengono anche alla nostra storia recente. Ad esempio, i falsi diari di Mussolini delle signore Panvini, smascherati, tra gli altri, dallo storico Emilio Gentile. Oppure i diari di Hitler – pubblicati in 60 volumi nel 1983 dalla rivista «Stern» – che al principio ingannarono alcuni storici autorevoli, venduti a cifre da capogiro ma smentiti quasi immediatamente: la carta e l’inchiostro erano successivi alla Seconda guerra mondiale e colui che li aveva immessi sul mercato era conosciuto per avere eseguito copie magistrali dei quadri di Hitler imitandone la firma alla perfezione.

 

04Fig. 4 Nel 2004, la Fondazione della Banca San Paolo spese 2 milioni e 750 mila euro per comprare il secondo libro dei Geographoumena di Artemidoro, un papiro che suscitò un dibattito acceso fra gli storici al quale la procura di Torino ha posto fine, riconoscendolo come falso e ammettendo che la Fondazione era stata bellamente truffata da un gallerista armeno. Il tutto è raccontato da Luciano Canfora, La meravigliosa storia del falso Artemidoro, Sellerio Palermo 2011. FonteGli anticorpi del falso

I falsi, insomma. Segmenti virali che entrano nel percorso della storia al fine di intossicarne la fisionomia. Che, se non vengono scoperti, penetrano nella memoria collettiva alterandola, fino a creare «un futuro alternativo rispetto a quello che si sarebbe verificato se il falso non ci fosse stato». Contro i quali, unica arma efficace resta il metodo critico, l’analisi delle fonti e della loro veridicità. Un modo di affrontare le testimonianze nato nel Rinascimento che resta l’unico anticorpo valido. Non solo per smascherare i falsi del passato. Ma anche per quelli che affollano il nostro presente.

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