Porto Conte, 4 gennaio

Una dolce salita ti porta in cima a Punta del Giglio. Passi in un bosco di pini, cipressi, palmette e agavi. Non fare lo schizzinoso con la filologia vegetale, mi dice Natasha. E' un bosco nuovo. Ma è bellissimo lo stesso. Ha ragione. La stradella è piacevole e fresca. Stiamo per arrivare in cima. Ora comincia il giardino zen, mi avvisa. Gli alberi sono spariti e avanziamo fra piante grasse e cespugli profumati, come solo in Sardegna si trovano. E, su in cima, eccoli, i nuraghi del Duce. Sono gli apprestamenti militari, costruiti durante la seconda guerra mondiale, quando si temeva un'invasione della Sardegna da Nord. Per mimetizzarli, li costruirono come se fossero dei nuraghi o delle case coloniche di pietra. Il posto è magnifico. Siamo a strapiombo sul mare. Da un lato vedo il promontorio di Capocaccia, dall'altro si scorge Alghero. Come può venire in mente a qualcuno che qui si possa fare la guerra? Conosco Natasha da molti anni. In una sua terza elementare provai per la prima volta il mio "museovaligia". Visitiamo i ruderi militari. COsì minuscoli da fare tenerezza. Non so se mai fu sparato un colpo, anche perché i bombardieri inglesi arrivarono, ma da Sud. Scendiamo e entriamo negli alloggiamenti della truppa. Una grande stanza, con le scritte tipiche, ma anche con un "Il mediterraneo è la strada per gli altri, per noi è la vita". Il comandante fece dipingere una grande corazzata, e poi scene di siluranti e altre navi. Sono in bianco e nero, al risparmio, e ora si intravedono a stento, nel groviglio di Samanthe e Luca, che hanno immortalato i loro amori 4ever. Tony Judt ha scritto che nella grande voglia di rimozione collettiva del novecento, che caratterizza la nostra epoca, stiamo eliminando il ricordo stesso della guerra. E' ciò che sta avvenendo su questo splendido promontorio, dove volano gabbiani e grifoni.

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