Bari, 25 aprile

Se non fossi quello smemorato che sono, questo prato lo vedreste riempito all’inverosimile di una folla di tutti i colori, di bambini e adulti che giocano, prendono il sole e, come sembra obbligatorio a Bari, imbandiscono picnic a base di pasta al forno e parmigiana.  Purtroppo, lo smemorato ha lasciato il cell a casa e ora sono costretto a fare appello alla vostra immaginazione. Questo è il 25 aprile dei baresi, quelli del mio quartiere, s’intende. Una bella giornata di sole e una scampagnata economica, nel centro della città. Attraversando questo prato, ho fantasticato che una voce dall’alto (come nel Giudizio Universale di De Sica) gridasse: ma oggi sapete perché si festeggia? Nel silenzio improvviso, forse qualcuno avrebbe ripetuto il comizio improvvisato che un tipo, stamattina, nel solito crocchio di anziani davanti alla chiesa, ha fatto a voce altissima ai passanti, a proposito di una festa che non si dovrebbe fare, visto che “abbiamo tradito i nostri alleati”. Oppure Giuseppe, un ragazzo di destra (accanito sostenitore di Grillo, prima delle elezioni, oggi un po’ meno) che ho conosciuto di recente, mi avrebbe ridetto la frase di ieri: “a professo’, domani faccio il comunista anch’io, faccio festa e me ne vado al parco con mia figlia”.

 

Ma sì. Lo sappiano o no che cosa si festeggia, i baresi sono tutti lì a prendere il sole. Ci spetta, pensano. Il lavoro, la crisi, la disoccupazione. Non c’è da stare molto allegri. Perciò, oggi è una bella giornata e non state a sottilizzare. Almeno questo piccolo momento di svago non ce lo venite a rovinare. 


Ma sì. Perché essere così catastrofici? Mi vorrei rassicurare. Molti – forse la maggioranza – sanno più o meno che cosa è stato il 25 aprile. Paradossalmente, quello che non sanno è perché possono festeggiarlo in questo parco in mezzo alla città. Piccolo quanto si vuole, ma proprio al centro. Una comodità e un risparmio, che non guasta, vista la crisi. Scommetterei che non si rendono conto che quel parco non gli è stato regalato da una divinità, perché non era nel disegno provvidenziale assegnato alla città di Bari, ché anzi avevano deciso (chi la governava e i gruppi di potere di sostegno) che lì si dovevano costruire palazzi, un palazzo della Regione e un bel parcheggio.

 

Se ora c’è un parco, è perché un gruppetto di persone, della sezione del Pci “Ruggiero Grieco”, si dette da fare: volantini, lavoro di caseggiato, marce di sensibilizzazione, petizioni. Non lo volevano a Palazzo di Città il parco, e nemmeno alla Regione, che ci aveva fatto il pensierino. Insomma noi (c’ero anch’io, e proprio questo penso mentre faccio lo slalom fra i picnic) facemmo tanto casino, che hanno recintato la zona, hanno fatto un progetto, bello riconosciamolo, e poi lo hanno inaugurato  (proprio quelli che lo osteggiavano) con la fascia tricolore sulla panza. Chi se la ricorda quella sezione? Al suo posto c’è un negozio di frutta e verdura. Poco male. Il tempo passa le cose e le persone si trasformano. Sono cambiato anch’io. Ciò che è male, mi sembra, è che “la gente” pensi che quel parco sia un suo diritto, perché “è necessario” che in una città che si rispetti ci sia almeno un parco.

 

Penso, perciò, che qualcosa accomuni la grande festa della Resistenza e la piccola sezione di via Stefano Jacini. Il fatto che queste persone godano di un bene (la libertà e il giardino pubblico, si parva licet) avendo dimenticato, o non riflettendo su come sia stato ottenuto. E, conseguentemente, che queste persone lo considerino un loro diritto. Ce l’hanno perché “spettava loro”. Non ci si pensa mai, ma si diventa arroganti, quando si considera dovuto ciò che invece è stato il regalo di altri, di partigiani eroici e – sempre si parva licet – di una decina di compagni della “Ruggiero Grieco”.

 

Anche per vincere questa arroganza si celebra il 25 aprile.

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