di Lorenza Pamato

Il Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica dell’Università degli Studi di Bari, Historia Ludens, Clio ’92 e la Società Nazionale Debate Italia hanno organizzato un incontro sull’uso del debate e della didattica controversiale per l’insegnamento della storia. L’incontro si è tenuto on-line e ha raccolto l’adesione di oltre 200 docenti da tutta Italia, a testimoniare l’interesse perdurante per questa modalità didattica. Questo incontro si è tenuto il 22 febbraio e avrà come momento conclusivo le Giornate della Cittadinanza, che si terranno a Bari fra il 24 e il 28 aprile 2023.

 

Debate o storia controversiale?

Lucia Boschetti ha chiarito come il debate nell’ambito della didattica della storia deve rispondere alle esigenze legate all’insegnamento e al perseguimento degli obiettivi della materia. Vi sono molti modelli di debate, da quelli ludici a quelli estremamente formali: e non è questione secondaria capire se si debba restare nell’ambito del debate, così come si suggerisce nei modelli proposti dal ministero o nelle competizioni sempre più numerose, o si debba intraprendere una strada che porti a una “storia controversiale”, adatta, cioè a far capire agli allievi che la storia è una disciplina scientifica che progredisce attraverso il dibattito.

 

Didattica controversiale e apprendimento della storia

Questo tema è stato affrontato da Antonio Brusa. Discutere di storia per apprenderla significa abbracciare una metodologia che si contrappone a una forma di apprendimento chiuso in compartimenti stagni, incapace di far comprendere agli allievi che la conoscenza storica si forma attraverso una discussione tra gli storici, che si rinnova ogni volta che la ricerca apporta nuove acquisizioni. La conoscenza storica è il risultato dell’interazione tra il lavoro sui documenti, le teorie storiografiche ed il dibattito tra gli studiosi. Conoscere la storia significa quindi capire come questi tre elementi interagiscono tra loro. Il dibattito è un’occasione per immergere gli studenti dentro questo sistema, in modo che lo osservino e lo vivano, per così dire, dall’interno.

Questo obiettivo – capire il processo di formazione della conoscenza storica – è così importante che il debate andrebbe inserito nel curricolo come pratica normale di apprendimento, e non come occasione eccezionale di competizione.

Img1Fig.1: Il debate utilizzato come pratica curricolare (dal web).Perciò, sono necessarie forme rapide e brevi di controversia; è necessario che queste si svolgano attorno a un argomento – quello che tecnicamente si definisce topic – che possa essere affrontato con il ricorso ad un numero limitato di documenti. È necessario che gli allievi discutano temi di ‘storia densa’: questioni importanti in grado di farli pensare e spingerli al confronto con il lavoro degli storici.

Per progettare un debate didatticamente efficace, occorre individuare questioni che siano già state oggetto di confronto tra gli studiosi. In questo modo, sarà possibile chiudere il laboratorio con il confronto con l’incontro con la storiografia. Solo così gli studenti potranno comprendere la distanza tra le proprie argomentazioni e quelle dei professionisti. Al contrario, quindi, di ciò che si può pensare, il debate storico non è finalizzato alla formazione di allievi capaci di tener testa agli storici, quanto, piuttosto ad allievi che sanno apprezzare il valore del ragionamento professionale, proprio perché si sono cimentati in prima persona. Sono un antidoto alla disintermediazione imperante, e, proprio per questo, vanno considerati uno strumento fondamentale dell’educazione alla cittadinanza.

 

Storia controversiale e valutazione

Paolo Ceccoli ha evidenziato gli elementi costitutivi della valutazione di un debate: conoscenze, struttura argomentativa e tecnica espositiva. Rispetto alle conoscenze, con una terminologia ripresa dalla didattica anglosassone, ha suggerito di distinguere i concetti di primo, secondo e terzo ordine. Per chiarire: sono concetti di primo ordine la Guerra fredda, il medioevo, la stagnazione, la rivoluzione; del secondo la contestualizzazione, la prospettiva storica, la fonte, il rapporto di causa/effetto, continuità e cambiamento, la rilevanza storica e la dimensione etico-politica di un evento. Il terzo ordine si riferisce invece alla capacità di relazionare queste conoscenze con i portati della storiografia.

In merito al ‘come’ valutare, Ceccoli precisa che ci si dovrebbe orientare verso una valutazione formativa, sempre flessibile e adeguata al contesto della classe. Questa, quindi, non deve basarsi su una griglia rigida, come nel caso del debate competitivo: piuttosto, il docente terrà conto dell’osservazione della preparazione del dibattito e considererà il momento agonistico del suo svolgimento come uno degli aspetti, ma non il più rilevante.

Qual è, infine, il ruolo del docente nel dibattito? È un ruolo silente: durante lo svolgimento del dibattito non interviene, non interrompe e non corregge, si limita piuttosto ad osservare e prendere appunti dettagliati delle singole azioni, che gli serviranno per restituire la valutazione agli studenti in una fase di debriefing.

 

Modelli di debate

Mario Pilosu spiega come costruire una mozione. Questa è la proposizione che delimita il contesto nel quale si affronteranno le argomentazioni pro e contro. Una buona mozione deve essere dibattibile, argomentabile, controversa. Nella sua formulazione si devono utilizzare espressioni chiare e la questione posta deve essere una sola, semplice, imparziale, interessante per gli studenti. Pilosu ha quindi esemplificato le diverse tipologie di mozione proponendo qualche esempio.

Img2 • La mozione di policy, o di azione, è quella proposizione che invita a dibattere su che cosa si dovrebbe o non si dovrebbe fare per risolvere un problema (esempio: negare i genocidi dovrebbe essere considerato un reato);
• la mozione di valore sposta il focus sul giudizio qualitativo (es. la bomba atomica sganciata su Nagasaki fu un atto inutile ai fini della conclusione del conflitto);
• la mozione sui fatti, infine, deve portare i partecipanti al dibattito a stabilire se i fatti, accaduti o futuri, di cui si parla sono veri (esempio: La destituzione del presidente dell’Egitto avrà ripercussioni su tutti i Paesi arabi).

Ulteriori tipologie prevedono la discussione intorno all’affermazione di uno storico o ad un concetto riconoscibile nella storiografia. In tutti i casi, la mozione deve far riferimento ad un contenuto fondato, per il quale, cioè, sia possibile individuare delle evidenze seguendo una rigorosa ricerca storica, ma, al tempo stesso, controverso, che abbia dato origine a un dibattito rintracciabile nella letteratura scientifica.

Una volta scelta la mozione occorre fornire il materiale. Se la mozione è stata ricavata dal manuale, probabilmente sarà sufficiente limitarsi alle informazioni che vi si possono reperire. Ma potrebbe essere utile costruire un piccolo dossier di 10-15 documenti, calibrati sulle capacità della classe. Questa seconda opzione è più impegnativa per il docente, ma è preferibile, almeno all’inizio, per gli studenti. Una terza variante – invitare gli studenti a cercarsi da soli i materiali della discussione – sarà riservata a classi competenti e richiederà certamente un tempo maggiore.

Esiste anche la possibilità di predisporre un debate a partire da due mozioni contrapposte sullo stesso tema, ad esempio: 1. Mussolini aveva il consenso delle masse; 2. Il consenso delle masse era preparato dalla polizia.

Sulla questione delle mozioni è intervenuto anche Matteo Giangrande, che ha proposto alcuni esempi di mini-debate, cioè di allenamento alla discussione che può essere adottato come pratica costante dal docente, e una sperimentazione in corso in Abruzzo, con il coinvolgimento delle università di Chiesti e Teramo e dell’Istituto per la Storia del Risorgimento, che ha richiesto diversi mesi di attività a studenti e docenti.

 

Storia controversiale e didattica ludica

La varietà dei modelli di debate proposti ai partecipanti si è ampliata grazie all’intervento di Marco Cecalupo, che si è concentrato su dibattiti-gioco. Sono stati brevemente presentati i materiali di diversi giochi che contengono un aspetto di dibattito oppure sono veri e propri dibattiti, che nella maggioranza dei casi seguono il modello delle due tesi esposto in precedenza:

Img3Fig.3: Il debate può essere utilizzato con successo, anche adattato in forma di gioco, nella scuola secondaria di primo grado (dal web).I materiali presentati nel corso della giornata di formazione, che ha visto la partecipazione in diretta di oltre 180 insegnanti, divisi tra scuola del primo e del secondo ciclo con una leggera prevalenza dei docenti della secondaria di secondo grado, saranno messi a disposizione degli iscritti, insieme alla registrazione del pomeriggio. Infine, i docenti sono stati invitati a provare qualche dibattito, in preparazione del convegno finale del progetto dell’Abbecedario della Cittadinanza. Gli insegnanti che entro la metà di aprile sperimenteranno una delle proposte o si cimenteranno nella costruzione di un dibattito con una delle loro classi potranno presentare le proprie esperienze in occasione delle giornate conclusive, che si svolgeranno dal 24 al 28 aprile (verranno successivamente date istruzioni più precise).

Nel mondo delle post verità in cui molte decisioni risultano essere guidate dalle emozioni e nel quale la dipendenza dai social media favorisce la polarizzazione ingenua e la disintermediazione, prendere una decisione che tenga in adeguato conto i risultati della ricerca, appare sempre più difficile. Una storia studiata e insegnata attraverso il debate vuole contribuire a costruire un argine significativo a questa tendenza

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