di Daniele Boschi

 

Da diversi anni i medievisti americani e inglesi discutono vivacemente attorno all’uso di un etnonimo, Anglo-Sassoni, mediante il quale viene tradizionalmente indicato l’insieme delle popolazioni germaniche che invasero e dominarono l’Inghilterra a partire dal V secolo d.C.. Alcuni storici hanno deciso di mettere da parte questa espressione, anche per evitare qualsiasi possibile collegamento con le connotazioni razziali o razziste che il termine ha assunto nella propaganda di vari gruppi suprematisti bianchi. Ma altri studiosi contestano questa scelta, anche perché ritengono che sia sbagliato accettare che la ricerca e il dibattito in ambito accademico siano influenzati dal linguaggio usato da gruppi o movimenti politici, a prescindere dal loro orientamento. In questo articolo ricostruirò la storia e i termini di questa controversia.

 

Immagine 1 Lelmo di Sutton HooFig.1: L’elmo di Sutton Hoo, uno dei più famosi reperti archeologici attribuiti agli Anglo-Sassoni FonteL'origine della polemica

Tutto sembra aver avuto inizio dalle discussioni che avvennero all’interno della prestigiosa International Society of Anglo-Saxonists (ISAS) e che nel 2019 portarono questa società ad adottare la nuova denominazione di International Society for the Study of Early Medieval England (ISSEME). Il mutamento del nome della società era stato da tempo richiesto con forza da diversi studiosi e in particolare dalla medievista canadese Mary Rambaran-Olm, la quale nel settembre del 2019, di fronte alle resistenze opposte al cambiamento da parte di alcuni membri della associazione, annunciò pubblicamente le sue dimissioni dalla carica di vice-presidente della ISAS. Seguirono altre dimissioni e prese di posizione contro la ISAS, che spinsero quest’ultima a tenere una votazione formale tra i suoi membri, nella quale circa il 60% dei votanti si espressero in favore del cambiamento del nome.

 

Le scuse per le ‘micro-aggressioni’

La vicenda ebbe un certo clamore mediatico, tanto da essere riportata in un lungo articolo del “Washington Post” (19/09/2019), a firma di Hannah Natanson. Nell’articolo si riferiva anche il fatto che la Executive Director della ISAS, Robin Norris, aveva scritto una mail nella quale la associazione si scusava con i colleghi di colore che avevano percepito il nome della società come una tra le tante ‘micro-aggressioni’ subite nel mondo accademico. “Vi abbiamo fatto attendere il cambiamento troppo a lungo”, aggiungeva la Norris. Annunciava quindi le sue dimissioni1.

In data 19 settembre 2019 sul sito web della ISAS fu pubblicato un messaggio dello Advisory Board nel quale si affermava che:

 

è stato da lungo tempo riconosciuto che il termine Anglo-Saxonist è problematico. Esso è stato talvolta usato al di fuori del nostro campo di studi per descrivere coloro che sostengono idee ripugnanti e razziste, e ha contribuito a una mancanza di ‘diversità’ [diversity] tra coloro che studiano l’Inghilterra altomedievale e la sua cultura intellettuale e letteraria.

 

Dopo aver rievocato il percorso che aveva portato alla decisione di cambiare il nome della società, gli autori del messaggio esprimevano gratitudine nei confronti di Mary Rambaran-Olm e aggiungevano:

 

riconosciamo che molti dei nostri colleghi si sono sentiti marginalizzati e non bene accolti all’interno della ISAS e ci impegniamo a realizzare dei cambiamenti nel modo in cui è gestita la società. Ammettiamo di non essere stati tanto trasparenti o pronti nel rispondere alle critiche quanto avremmo potuto essere, e ci impegniamo a fare meglio.

 

Immagine 2. BeowulfFig.2: La prima pagina del “Beowulf”, la più celebre opera letteraria risalente al periodo anglo-sassone FonteLe tesi di Mary Rambaran-Olm

Considerando il ruolo di primo piano svolto in questa vicenda da Mary Rambaran-Olm, può essere utile esaminare più in dettaglio il suo punto di vista. In un articolo pubblicato il 04/11/2019 sul sito “History Workshop” la studiosa canadese spiegava ampiamente le ragioni per le quali a suo avviso l’espressione ‘Anglo-Sassoni’, riferita all’Inghilterra altomedievale, non era appropriata sul piano storiografico oltre che politicamente scorretta.

Anzitutto, ripercorrendo rapidamente la storia dell’etnonimo, Rambaran-Olm sosteneva che le popolazioni che dominarono l’Inghilterra nel periodo che va dalla fine dell’età antica fino alla conquista normanna non si autodefinivano generalmente come ‘Anglo-Sassoni’, ma con termini diversi, come Englisc o Anglecynn. Inoltre, a suo dire, anche dopo la conquista normanna l’etnonimo ‘Anglo-Sassoni’ compare solo raramente nelle fonti bassomedievali.

Il termine cominciò ad essere usato più ampiamente soltanto sulla scia degli studi sullo Old English avviati nel XVI secolo. Poi, specialmente tra il XVIII e il XIX secolo, l’etnonimo assunse ben precise connotazioni ideologiche di stampo nazionalista e razzista: esso servì ad attribuire un’antica, nobile e incontaminata origine alla nazione inglese, per meglio dimostrare la sua pretesa superiorità sulle altre nazioni, legittimando così la creazione di un dominio imperiale su scala mondiale. E negli ultimi duecento anni il suprematismo bianco, sia in Europa che in America, ha usato ampiamente il termine ‘Anglo-Sassoni’ per giustificare la violenza razzista e i genocidi perpetrati nel mondo coloniale.

Secondo Rambaran-Olm le forti connotazioni ideologiche dell’etnonimo hanno contribuito alla costruzione di un Medioevo immaginario, dal quale è stata cancellata o svalutata ogni traccia delle altre etnie presenti sulle isole britanniche anche dopo l’invasione degli Angli e dei Sassoni, in nome di una presunta purezza e superiorità razziale della nazione inglese.

Nel ristretto perimetro del mondo accademico l’uso di espressioni come Anglo-Saxonists o Anglo-Saxon studies ha contribuito a perpetuare il predominio degli studiosi bianchi. Rambaran-Olm ricordava la rimozione del termine Anglo-Saxonists dal nome della ISAS ma - aggiungeva - vi sono forti resistenze a questo cambiamento, che rivelano “una sconcertante mancanza di sensibilità nei confronti della ‘disumanizzazione’ dei colleghi di colore e dei loro sostenitori che riconoscono le connotazioni razziste dell’etnonimo”; e questo è inaccettabile – proseguiva la studiosa - perché il lavoro accademico e gli studi storici non possono essere avulsi dalla realtà sociale e politica contemporanea.

Words matter”, le parole contano, scriveva Rambaran Olm cocludendo il suo articolo con l’auspicio implicito che gli studiosi del Medioevo ridimensionassero l’uso e la valenza di un termine sia politicamente che storicamente scorretto2.

 

La ISAS cambia nome

Poco dopo la pubblicazione di questo articolo, la ISAS annunciò ufficialmente di aver adottato la nuova denominazione di International Society for the Study of Early Medieval England, affermando che la decisione era dovuta alle “problematiche connotazioni che sono ampiamente associate ai termini Anglo-Saxon e Anglo-Saxonist nel discorso pubblico”. Gli autori del messaggio precisavano che la società non aveva alcun potere di dettare legge nel suo campo di studi, ma poteva soltanto fare raccomandazioni; e aggiungevano che l’uso della terminologia varia inevitabilmente a seconda dello specifico settore della ricerca e delle diverse lingue e nazioni. Pertanto nelle conferenze e pubblicazioni ufficiali i membri della associazione erano liberi di usare le espressioni che ritenevano più accurate, nel rispetto della sensibilità dei colleghi di qualsivoglia origine e provenienza.

 

Immagine 3. Alfredo il GrandeFig.3: Una statua di Alfredo il Grande, re degli Anglo-Sassoni alla fine del IX secolo FonteContro la stigmatizzazione del termine ‘Anglo-Sassoni’

Esaminiamo ora la posizione di coloro che non condivisero questa decisione di abbandonare l’etnonimo ‘Anglo-Sassoni’. Il loro punto di vista mi sembra ben rappresentato da un documento sottoscritto da 71 studiosi, che fu pubblicato online nel gennaio del 2020 sul Forum for Multidisciplinary Anglo-Saxon Studies. Prendendo spunto dalla vicenda della ISAS, gli autori del messaggio criticavano la stigmatizzazione del termine ‘Anglo-Sassoni’ e spiegavano le buone ragioni per continuare ad usare questa espressione. Il primo firmatario del testo era lo storico e archeologo John Hines dell’Università di Cardiff; seguivano le firme di settanta studiosi per lo più britannici (ma l’elenco comprendeva anche parecchi studiosi di altri paesi europei, qualche americano, un neozelandese, un giapponese e un indiano).

Le loro argomentazioni erano principalmente le seguenti. Anzitutto, scrivevano i 71 studiosi, l’uso e la percezione del termine ‘Anglo-Sassoni’ sono molto differenti negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Nel Regno Unito il termine viene presentato e discusso da molto tempo in documentari e mostre di grande successo e in Inghilterra viene utilizzato nel curricolo nazionale di storia. È una espressione storicamente autentica, perché fu effettivamente utilizzata dapprima in testi latini al di fuori dell’Inghilterra, a cominciare dalla Historia Langobardorum di Paolo Diacono, e poi in modo regolare nell’Inghilterra stessa a partire dalla fine del IX secolo. Inoltre, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, il suo utilizzo da parte degli studiosi si è affermato e consolidato in quanto si è ritenuto che essa fosse la definizione convenzionale più adeguata a rappresentare “l’ampia gamma di elementi radicalmente nuovi nella cultura materiale e nelle forme visive che apparvero in una vasta area dell’Inghilterra a partire dal V secolo” e il termine collettivo più adatto ad indicare le diverse popolazioni e società che si potevano associare a quei reperti.

Gli autori del documento sottolineavano inoltre che espressioni alternative come Early Medieval England risultano ambigue, imprecise e goffe, laddove il termine Anglo-Saxon indica un “complesso culturale facilmente identificabile, benché fluido e dai confini aperti, e non un ambito omogeneo dal punto di vista linguistico, territoriale o politico”.

Per quanto riguarda i rapporti tra la ricerca storica e i problemi politici attuali gli studiosi affermavano quanto segue:

 

L’appropriazione, il cattivo uso e la rappresentazione distorta di un concetto storiografico per fini politici da parte di qualsiasi gruppo, di destra, di sinistra o di centro, deve essere deplorata e combattuta. È una posizione onorevole e valida difendere e preservare l’uso corretto di un termine sul piano storico e interpretativo e ristabilire, quando è necessario farlo, quelle caratteristiche dell’Alto Medioevo che sono rappresentate in modo distorto, piuttosto che abbandonarle.

 

La polemica si riaccende

Dopo il clamore suscitato dalla vicenda della ISAS tra la fine del 2019 e gli inizi del 2020, la polemica sugli Anglo-Sassoni sembrava essersi un poco alla volta sopita. È ripresa però nel 2024, quando i media hanno riportato che anche altri gruppi di studiosi avevano deciso di mettere da parte il contestato etnonimo. In un articolo pubblicato sul “Telegraph” il 31 agosto 2024, Craig Simpson riferì che il termine ‘Anglo-Sassoni’ era stato eliminato nella denominazione di diversi corsi di studi dell’Università di Nottingham nel Regno Unito, venendo sostituito dalle espressioni Early Medieval English o Early Medieval England.

Ma ad attirare l’attenzione è stato soprattutto il fatto che la prestigiosa rivista accademica “Anglo-Saxon England Journal”, edita da Cambridge University Press, è stata rinominata come “Early Medieval England and its Neighbours”. Ufficialmente la casa editrice ha dichiarato che lo scopo di questo cambiamento era quello di rilanciare la rivista estendendo l’ambito dei temi da trattare, anche grazie ad un più ampio team redazionale internazionale e ad un formato che avrebbe permesso pubblicazioni più frequenti e tempestive. La Cambridge University Press ha inoltre affermato di non volere bandire o scoraggiare in modo assoluto l’uso del termine Anglo-Sassoni, sebbene esso non descriva adeguatamente l’intera gamma delle popolazioni, della vita politica e della sfera di influenza dell’Inghilterra nel periodo compreso tra il V e l’XI secolo.

Nonostante queste precisazioni, la decisione della casa editrice ha suscitato immediatamente forti reazioni da parte di diversi studiosi. “Siate onesti”, ha affermato lo storico Dominic Sandbrook rivolgendosi alla casa editrice, “avete cambiato la denominazione perché siete totalmente ridicoli e non avete avuto il coraggio di dire di no a un manipolo di pazzi americani”. E Samuel Rubinstein, uno studioso che già in precedenza aveva criticato la stigmatizzazione del termine ‘Anglo-Sassoni’, ha rincarato la dose: “È una decisione politica, una capitolazione nei confronti di Mary Rambaran-Olm e della sua consorteria”.

 

Immagine 4. British Museum sala dedicata alla nave funeraria di Sutton HooFig.4: Reperti provenienti dalla nave funeraria di Sutton Hoo esposti nella sala 41 del British Museum FonteL’intervento di David Abulafia

La critica più articolata è venuta dal medievista David Abulafia in un lungo commento pubblicato sul “Telegraph” (10/05/2024) e poi ripubblicato in una versione leggermente più ampia sul sito “History Reclaimed” (23/05/2024). Anzitutto, ha scritto Abulafia, il termine ‘Anglo-Sassoni’ non indica una razza ma una cultura, che nacque dalla fusione tra un insieme eterogeneo di invasori germanici (Angli, Sassoni, Juti) e i britannici di lingua celtica. Questa cultura fiorì e prosperò per parecchi secoli, producendo opere letterarie e artistiche di grande valore, come ben sa chiunque abbia visitato la galleria di Sutton Hoo nel British Museum (vedi le immagini 1 e 4). Non meno importante è l’eredità storica di quel periodo: a parte ogni altra considerazione, basterebbe ricordare che poco meno della metà del lessico dell’inglese contemporaneo è di origine anglo-sassone.

Ma ormai, lamenta Abulafia, ogni accenno ad una qualsiasi ampia coesione etnica è guardato con sospetto in un mondo accademico in cui le fantasie dei seguaci della Critical Race Theory "scovano il razzismo sotto qualsiasi pietra antica". Tra gli storici e gli archeologi c’è un crescente disagio nell’usare etnonimi che si pensa potrebbero essere macchiati da implicazioni razziste. Recentemente la classicista Josephine Quinn si è rifiutata di chiamare gli Etruschi (Etruscans) col loro nome, definendoli semplicemente ‘abitanti dell’Etruria’ (Etrurians), persone che quasi per puro caso abitavano nella regione oggi chiamata Toscana.

Ma tornando agli Anglo-Sassoni, se eliminiamo questo etnonimo, si chiede Abulafia, che faremo poi con altri nomi come Inghilterra, England, ‘la terra degli Angli’, oppure Essex e Sussex, contee così chiamate in ricordo dei Sassoni? Si potrà ancora parlare di paesi ‘anglofoni’? E che dire della East Anglia, dove la Cambridge University Press ha la sua sede principale?

 

Un nuovo saggio sugli Anglo-Sassoni tra mito e storia

La notizia della decisione di cambiare il nome dello "Anglo-Saxon England Journal" ha fatto breccia anche sulla stampa e sui media italiani, dove è stata per lo più letta come l’ennesima manifestazione della cancel culture e del ‘politicamente corretto’. “La cancel culture ha toccato la vertigine estrema: l’autocancellazione”, ha scritto ad esempio Luigi Ippolito in un articolo pubblicato sul “Corriere della sera” il 14/05/2024, nel quale dava notizia della decisione di Cambridge University Press. “Auto-cancel culture. Cambridge elimina la parola 'anglosassone', ha titolato il giorno seguente lo “Huffington Post”.

Più recentemente, aggiungendo altra carne al fuoco, la neonata rivista “Early Medieval England and its Neighbours” ha pubblicato un lungo saggio di Rory Naismith, intitolato The Anglo-Saxons: Myth and History. Rory Naismith insegna (attenti alle denominazione del suo corso…) Early Medieval English History al Corpus Christi College della Università di Cambridge. Allo studio di Naismith, scaricabile liberamente, rinviamo i lettori di HL che volessero approfondire ulteriormente la questione sul piano storiografico.

Le parole contano, però la discussione non riguarda solo le parole, ma anche la visione del passato. La polemica sembra essersi placata, ma c’è da scommettere che il dibattito attorno all’uso degli etnonimi proseguirà anche nel 2025.

 


NOTE

1 È mia la traduzione di tutti i testi inglesi citati in questo articolo.

2 Rambaran-Olm è poi tornata sullo stesso argomento in questo articolo scritto insieme ad Erik Wade, pubblicato il 14/07/2021 sullo “Smithsonian Magazine”.

 

SITOGRAFIA

Abulafia, David, ‘Anglo-Saxon’ isn’t racist. It’s a source of English pride, “The Telegraph”, 10/05/2024.

Abulafia, David, Anglo-Saxon Attitudes, “History Reclaimed”, 23/05/2024.

Cambridge University Press, Introducing Early Medieval England and its Neighbours, 10/05/2024.

Forum for Multidisciplinary Anglo-Saxon Studies, The responsible use of the term ‘Anglo-Saxon’, 03/01/2020.

Franceschini, Enrico, La “cancel culture” secondo Cambridge: messa al bando la parola “anglossassone”. “Ricorda i suprematisti bianchi”, “La Repubblica”, 14/05/2024.

International Society for the Study of Early Medieval England, Message from the Advisory Board, 19/09/2019.

International Society for the Study of Early Medieval England, Statement on the term “Anglo-Saxon”, 21/11/2019.

Ippolito, Luigi, Cambridge cancella la parola "anglosassone": «La usavano i suprematisti bianchi», “Corriere della sera”, 13/05/2024.

Johnston, Neil, Cambridge journal ‘pandering to mad Americans’ by ditching Anglo-Saxon from title, “The Telegraph”, 09/05/2024.

Marrocco, Adalgisa, Auto-cancel culture. Cambridge elimina la parola 'anglosassone': "È suprematista", “Huffington Post”, 14/05/2024.

Naismith, Rory, The Anglo-Saxons: Myth and History, “Early Medieval England and its Neighbours”, n. 51, 2025 (pubblicato online il 05/12/2024).

Natanson, Hannah, ‘It’s all white people’: Allegations of white supremacy are tearing apart a prestigious medieval studies group, “The Washington Post”, 19/09/2019.

Rambaran-Olm, Mary, Misnaming the Medieval: Rejecting “Anglo-Saxon” Studies, “History Workshop”, 04/11/2019.

Rambaran-Olm, Mary – Wade, Erik, The Many Myths of the Term ‘Anglo-Saxon’, “Smithsonian Magazine”, 14/07/2021.

Rubinstein, Samuel, Anglo-Saxon extremists. The strange logic of the activists who insist the term “Anglo-Saxon” is racist, “The Critic”, giugno 2023.

Rubinstein, Samuel, The end of “Anglo-Saxon”? The rebranding of Anglo-Saxon England is senseless and silly, “The Critic”, 10/05/2024.

Simpson, Craig, University cancels Anglo-Saxon ‘to decolonise’ the curriculum, “The Telegraph”, 31/08/2024.

Tempestini, Andrea, Cambridge si piega ai censori della parola: "anglosassone" è diventato "anglosassone", “Libero Quotidiano”, 14/05/2024.

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