
di Antonio Brusa
I castelli sono dei mitomotori così naturali, che già in un passato lontano furono sottratti alla storia e trasferiti nel mondo delle fiabe, dove venivano adibiti di solito alla custodia di principesse in lacrime, alla cui sicurezza badavano draghi per lo più sputafuoco. Chiedete a un bambino di disegnare un castello. Molto probabilmente non riprodurrà le fattezze rotondeggianti di quello di Taranto, o gli spigoli dei bastioni di Bari o Barletta, ma nei suoi disegni svetteranno guglie e agili torrette, come nel castello fintomedievale di Neuschwanstein, che piacque così tanto a Walt Disney che ne fece il modello per i suoi cartoni animati e i suoi parchi a tema.
Fig.1: 1 Il castello di Neuschwanstein, costruito da Ludovico II di Baviera alla fine del 1800 FonteDalle fiabe…

di Antonio Brusa
Avete mai letto una novella, di quelle fra il comico e l’angosciato, dove il padrone di casa cambia continuamente idea sulla disposizione dei mobili? Lo fa per nobili ragioni: ora vuole una casa accogliente, ora severa e raccolta, ora vuole mettere a proprio agio i bambini, poi dice no, prima gli anziani. Cambia sempre idea, ma non ha soldi o, per qualche sua ragione, non ne vuole spendere per comprare mobili nuovi, ridipingere le pareti o, magari, per prendere una casa più adatta. Quindi, fa spostare i mobili. Sempre gli stessi. E più gli inquilini li trascinano di qua e di là, più lui si intestardisce, più ci si incavola e più lo stress aumenta. “Una gabbia di matti”, commentano increduli i vicini e scrollano le spalle.
Non l’avete letta? Mi dite che non esiste?…

di Daniele Boschi
Da diversi anni i medievisti americani e inglesi discutono vivacemente attorno all’uso di un etnonimo, Anglo-Sassoni, mediante il quale viene tradizionalmente indicato l’insieme delle popolazioni germaniche che invasero e dominarono l’Inghilterra a partire dal V secolo d.C.. Alcuni storici hanno deciso di mettere da parte questa espressione, anche per evitare qualsiasi possibile collegamento con le connotazioni razziali o razziste che il termine ha assunto nella propaganda di vari gruppi suprematisti bianchi. Ma altri studiosi contestano questa scelta, anche perché ritengono che sia sbagliato accettare che la ricerca e il dibattito in ambito accademico siano influenzati dal linguaggio usato da gruppi o movimenti politici, a prescindere dal loro orientamento. In…

di Antonio Prampolini
Indice
1. Alle origini della fotografia di guerra
2. Immagini della Guerra civile americana
3. Mathew Brady: The camera is the eye of history
3.1. Da ritrattista a fotografo di guerra
Fig.1: il carro fotografico di Roger Fenton nella Guerra di Crimea Fonte1. Alle origini della fotografia di guerra
Molto stretto è il rapporto tra la fotografia e la guerra. Fin dai primi anni dopo la sua invenzione (1839), la fotografia ha rappresentato un’importante fonte visiva della guerra, con finalità sia di documentazione/informazione degli eventi che di propaganda degli stati belligeranti1.
È con la Guerra di Crimea (1853-1856) che nasce, come genere, la “fotografia di guerra”2. Su incarico del…

di Massimo Baldacci e Antonio Brusa
Dopo aver letto l’intervista che l’on. Valditara ha rilasciato al “Giornale”, abbiamo deciso di scrivere il documento che alleghiamo. Lo abbiamo sottoposto a tanti colleghi universitari e di altre istituzioni culturali e moltissimi (in 147) lo hanno firmato con convinzione: storici, geografi, filosofi, pedagogisti e di altre discipline. Ora lo proponiamo agli insegnanti e ai cittadini sensibili alle questioni scolastiche. Non chiediamo a nessuno giudizi prematuri sulla riforma, né tantomeno di esprimere un rifiuto di principio al lavoro della Commissione. Chiediamo di riflettere sulla questione centrale di questa riforma, e cioè la sua dichiarata finalità identitaria. La storia serve per tramandare a ragazzi e ragazze “l’italianità”, o per…

di Antonio Brusa
Era di grande interesse il seminario su “vero, falso, manipolazione a fini politici: un falso problema?”, organizzato dalla fondazione Feltrinelli e online il 14 gennaio. Vi hanno partecipato come relatori Marina Gazzini, Serge Noiret, Francesco Filippi e tanti altri, tutti intervenuti con grande competenza. Si è parlato di stereotipi, false conoscenze, conoscenze approssimate: la quantità di falsità che circola nell’etere è tale che ci obbliga, quasi di corsa, a rivedere il vocabolario, per classificare, distinguere e quindi valutare (basti vedere la voce che la Crusca dedica a “disconoscere, misconoscere, sconoscere”, per accorgersi dell’affanno con il quale stiamo inseguendo il problema). Come ha ricordato un relatore, riprendendo certamente una vecchia…

di Alessandro Cavalli
Identità personali e identità collettive
Tutti gli esseri umani, prima o poi, consapevolmente o inconsapevolmente, si chiedono: chi sono io? Cioè, riflettono sul concetto di identità. Da Freud in poi sappiamo (in realtà lo sapevamo anche prima di lui) che la domanda ne contiene almeno altre due o tre: chi vogliamo essere (super-ego), chi non sappiano di essere (es o inconscio) e chi pensiamo di essere (Ego).
Tutto questo riguarda l'identità personale, ma non esaurisce il problema. Ognuno di noi infatti non è un individuo isolato, ma fa parte (appartiene) a diverse collettività alle quale facciamo riferimento quando parliamo di “noi”. Alcune identità collettive sono facilmente comprensibili: ad esempio, l'identità di genere (che peraltro anch'essa è messa in…

di Antonio Prampolini
Indice
1. L’iconografia della Guerra Fredda
2. La guida del Center for Slavic, Eurasian and East European Studies
3.1 Caratteristiche e uso didattico delle vignette
3.2 Herblock: il vignettista del “Washington Post”
3.3 La satira nell’URSS: la rivista “Krokodil”
Fig.1: Herbert, B. (1947, March 13). “I’m here to stay, too.” [Cartoon] Herbert L. Block collection (Library of Congress). Retrieved from the Library of Congress, Fonte. A 1947 Herblock cartoon, copyright The Herb Block Foundation. Fonte21. L'iconografia della Guerra Fredda
Durante la Guerra Fredda le immagini (dalle fotografie ai film, dai manifesti alle vignette) hanno svolto un ruolo importante nella propaganda degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica1.…

di Marco Brando
Fig. FonteNella cassetta degli attrezzi dell'insegnante può entrare un nuovo grimaldello. Si tratta del recente libro L’anima medievale nei nomi contemporanei (Olschki, 2024), firmato dal linguista Enzo Caffarelli, con prefazione del presidente dell'Accademia della Crusca Paolo D’Achille. Allievo di Luca Serianni, fondatore della Rivista Italiana di Onomastica-RIOn, consulente dell’Accademia citata, ex professore all’Università di Roma-Tor Vergata, Caffarelli è tra i principali studiosi e divulgatori dell’onomastica: si tratta del ramo della linguistica che studia il sistema dei nomi propri, i processi di denominazione e le loro caratteristiche.
Origine e funzione dei cognomi
In questo volume l'autore indaga in modo inedito il rapporto tra l’onomastica italiana e…

di Antonio Prampolini
Indice
1. L’Istituto Luce e la produzione di cinegiornali
1.3 L’Archivio Storico dell’Istituto Luce
2. I cinegiornali della Campagna di Russia
2.1 Il Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR)
2.2 L’Armata italiana in Russia (ARMIR)
Fig.1: Apparato scenografico con gigantografia di Mussolini allestito in occasione della cerimonia di fondazione della nuova sede dell'Istituto Luce (Roma, 10/11/1937) Fonte1. L’Istituto Luce e la produzione di cinegiornali
L’Istituto Luce, che fin dal momento della sua fondazione come ente parastatale (regio decreto legge del 5 novembre 1925) aveva come principale finalità la propaganda del regime…

di Marco Brando
Il compito di insegnare e spiegare il nostro passato richiede, tra le altre cose, che gli insegnanti siano consapevoli di trovarsi di fronte a una percezione pubblica della storia differente rispetto a quella sedimentata nei programmi scolastici e nel lavoro quotidiano delle scuole. Questa percezione non coincide quasi più con la narrazione concepita pochissimi decenni fa, quando a cavallo tra anni Ottanta e Novanta del XX secolo – era il tempo della guerra fredda e dell’apparente trionfo della democrazia liberale - non si immaginava ciò che sarebbe accaduto nel XXI: il boom di sovranismi e populismi, revisionismi e amnesie, nazionalismi e suprematismi, democrature e autoritarismi, complottismi e negazionismi moltiplicati esponenzialmente dalla rivoluzione del Web.…

di Pietro Manca*
Quando si parla dell’insegnamento della storia nella scuola secondaria di primo grado credo sia importante riprendere un assunto significativo, oltre che preciso e puntuale, contenuto nelle Indicazioni Nazionali per il Curricolo del 2012: «La storia, come campo scientifico di studio, è la disciplina nella quale si imparano a conoscere e interpretare fatti, eventi e processi del passato. Le conoscenze del passato offrono metodi e saperi utili per comprendere e interpretare il presente».
È possibile apprendere le conoscenze dei fatti storici, approcciarsi alla storia, costruire competenze storiche divertendosi? La risposta sicuramente potrebbe risultare non semplice, forse anche banale e scontata. Ma l’esperienza di apprendimento ludico è motivante e incoraggiante.…

di Antonio Prampolini
Indice
1. La fotografia e l’immaginario coloniale
2. L’Istituto Luce e il monumento visivo dell’Italia fascista
3. La produzione fotografica del Reparto Africa Orientale Italiana
3.2 Una “colonizzazione civilizzatrice”
4. Il sito online dell’Archivio Storico Luce
Fig.1: Somalia italiana - donna al mercato - foto di Carlo Pedrini (1894-1932) Fonte1. La fotografia e l’immaginario coloniale
Una delle eredità culturali più interessanti dei vari colonialismi europei in Africa è costituita dalle numerose fotografie prodotte, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, da soggetti diversi (esploratori, viaggiatori, scienziati, militari, missionari, scrittori e giornalisti, fotografi di professione, coloni e…

Addio, Alberto!
di Antonio Brusa
In tanti scriveranno della tua bravura come storico, delle tue intuizioni geniali, della tua capacità di affabulazione che ha incantato per anni studenti e colleghi, del tuo impegno politico e sociale, del tuo trascinante umorismo. In tanti, poi, ricorderanno i tuoi studi, da quelli di storia sociale fino alle tue acute ricostruzioni politiche. Qui ti ricordiamo come lo studioso che è riuscito a conciliare, come nessun altro, la ricerca scientifica e la didattica. Era come se sentissi il polso della scuola. Sapevi che tipo di storia raccontare in classe, come illustrare questioni complicate, come disegnare scenari storici, profondi ma comprensibili anche nelle scuole più diseredate. Per te la didattica non è stato il lusso accessorio dello studioso. È…

di Antonio Brusa
La notizia che vedete riportata in foto (“Repubblica”, 22/07, 2024) non è solo la testimonianza dell’ennesima giravolta identitaria del più antico partito italiano, ma è la prova che, talvolta e miracolosamente, la storia giunge in soccorso della scuola, proprio come le galeazze di Venezia a Lepanto o, se vogliamo dirla tutta, come i cavalieri alati polacchi all’assedio di Vienna.
Qual è il rischio che la scuola sta correndo? Ne abbiamo già parlato tanto su HL, che basterà accennare ai dinosauri che impedirebbero ai ragazzi di dotarsi di una salda identità italiana, e al libro Insegnare l’Italia, che potremmo considerare la summa ideologica della Commissione Galli Della Loggia/Perla per la riforma dei programmi. Ora, non pretendiamo affatto di convincere il…

di Antonio Brusa
Se non siete ancora partiti per le vacanze, segnatevi la data e leggete la locandina sotto. Il tema del quale parleremo non è troppo dibattuto nelle sale dei professori. Purtroppo, perché è uno di quelli vitali per il nostro mestiere. Cambia il programma di storia. Per fare che? Valditara dice perché dobbiamo dare agli allievi un’identità italiana. E cosa c’è di meglio della storia (e un po’ anche della geografia e della letteratura) per raggiungere questo scopo? Non è il solo in Europa. Lo hanno già fatto tutti i paesi dell’Europa orientale e molti di quella occidentale. Tutti, in questo scorcio di XXI secolo, sembra che vogliano rinchiudersi nella comfort-zone della tradizione e della patria. La SiDidaSt ha progettato questo seminario per fare chiarezza, per conoscere…

di Antonio Brusa
Charles è uno degli studiosi di didattica della storia più interessanti nell’area francofona. Molti lo conoscono in Italia, perché vi ha tenuto diverse lezioni, nel suo bell’italiano. Ha insegnato all’Università di Ginevra e ora va in pensione. I suoi colleghi lo festeggiano in un modo toccante. Hanno preso l’ultimo suo lavoro, ancora in corso di pubblicazione, e lo hanno inviato a un gruppo di studiosi, con l’invito a commentarlo. A ognuno hanno assegnato un capitolo. Vi si parla dei rapporti fra l’insegnamento della storia e la decolonizzazione, le donne, gli argomenti sensibili e – lo sottolineo – con la verità. A me è toccato commentare l’introduzione. Charles, alla fine, terrà la sua lezione d’addio (per quanto ho capito, sarà una manifestazione solo in presenza……

di Maurizio Triggiani
Lo chiamano castello svevo, ma, come sempre accade, anche per il Castello di Brindisi la fase legata all’imperatore svevo rappresenta soltanto una porzione della sua storia. È vero che fu Federico II a volerne l’edificazione a ridosso del seno di ponente del porto brindisino tra il 1227 e il 1233, ma la forma attuale del castello si deve all’apporto di ogni dinastia e di ogni potente che ebbe la ventura di dominare sulla città pugliese.
I normanni
Attigua all’edificio voluto da Federico II, esisteva una fortezza normanna della quale leggiamo alcune testimonianze nell’ Historiarum libri VII di Johannes Cinnamus, che parla di una “rocca ben munita” e riporta anche i nomi di tre castellani Rainaldo “de monte Ioi” nel 1135, di Gugliemo “de Mansellera” nel…

di Antonio Brusa, Ilaria Sabbatini
Il fatto
Ne hanno parlato tutti i giornali e tantissimi hanno commentato sui social: due famiglie musulmane di Treviso hanno chiesto di non far studiare Dante e la prof le ha prontamente accontentate, sostituendolo con Boccaccio. Subito dopo, un docente di liceo ha spiegato a una tv locale che sì, in effetti, Dante mette Maometto nell’inferno, e questo non sta bene ai musulmani. Fra i commenti più autorevoli, leggiamo quelli del Ministro Valditara, della Sottosegretaria Facchinetti, di Matteo Salvini e di un deputato della Lega, Centinaio, noto alle scuole per aver promosso la legge sull’Educazione civica che le sta attualmente affliggendo. Con suoi Inferno, Purgatorio e Paradiso, Dante è offensivo per i musulmani, avverte “Il Corriere del…

di Piero S. Colla
1. Il revival della semantica dell’“identità”: tra discorso politico e istituzionalizzazione
Con poche eccezioni, il percorso verso il voto europeo del 6-9 giugno 2024 delinea una tendenza generale, sottesa alle campagne elettorali dei paesi membri. Istanze e proposte organizzate attorno alle minacce che insidierebbero l’identità, etnoculturale o nazionale, dei popoli chiamati al voto, permeano il dibattito pubblico e polarizzano il confronto tra i programmi. Il richiamo delle retoriche dell’appartenenza sembra disarmare il ragionamento, confermando un trend di lungo periodo: la storia politica degli ultimi anni ci conferma che rappresentazioni contrapposte dell’alterità – spauracchio della “sostituzione” etnica, sfide dell’integrazione dei migranti, velleità…

di Antonio Brusa
Teresa Vergalli ha novantacinque anni. Da giovane fu una partigiana combattente col nome di battaglia Anuska. Terminati gli studi dopo la fine della guerra, scelse di diventare una maestra elementare. Voleva contribuire alla formazione di cittadini dotati di coscienza sociale e capaci di praticare i valori della solidarietà.
Una finalità che tutti condividiamo, e una vita che ci ricorda che la libertà e la democrazia devono essere perennemente difese.
Il 4 giugno alle 10:30 - nella sala conferenze del Museo della Scuola e dell’Educazione “Mauro Laeng” del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre - sarà presentato il suo libro Una vita partigiana (Mondadori edizioni, 2023).



