di Antonio Brusa
È diventata virale la dichiarazione del ministro Giuseppe Valditara sui dinosauri e sul fatto che questi – e le altre eccessive conoscenze previste nei programmi attuali - impediscono di concentraci sull’essenziale e, perciò, impongono l’urgente progettazione di nuovi programmi, più snelli e più adatti a capire il mondo contemporaneo. E così, i dinosauri sono diventati l’argomento principale di discussione in rete, forse anche nelle scuole, e ci accingiamo ad assistere a non so quanti talk show dove si discetterà sull’alternativa spinosa “dinosauri sì/dinosauri no”. Ora, fermo restando che sono totalmente d’accordo con quanto scrive Enrico Bucci, ricercatore presso la Federico II, su “Il Foglio”, e cioè che i dinosauri, se studiati bene, ci possono insegnare molte cose, alquanto utili anche per i nostri tempi, direi che, se vogliamo proprio parlarne, occorre farlo sulla base dei documenti.
Veramente i programmi vigenti prescrivono lo studio dei dinosauri e sono ingolfati da una massa ingestibile di argomenti? Ecco il testo incriminato:
“… il curricolo sarà articolato intorno ad alcuni snodi periodizzanti della vicenda umana quali: il processo di ominazione, la rivoluzione neolitica, la rivoluzione industriale e i processi di globalizzazione e di mondializzazione” (Indicazioni 2012).
Dunque, i contenuti fondamentali del quinquennio che va dalla quarta primaria alla fine della secondaria di primo grado sono quattro/cinque. Mi sembra che l’essenziale quei programmi lo indichino con precisione. A questo nucleo obbligatorio segue un invito ad “aggiornare” gli altri argomenti soliti di una programmazione (e quindi a rivedere i manuali, cosa ahimè che non accade di frequente, vedi il caso della piramide feudale), ma che spetta al docente inserire in un progetto la cui stesura, stando ad un dettato costituzionale che nessun decreto ministeriale può intaccare, è di sua stretta competenza.
Dunque: le Indicazioni del 2012 segnalano un nucleo solido, fatto di pochi argomenti, intorno al quale il docente può articolare il suo curricolo. E questa storia inizia col processo d’ominazione, ben sessanta milioni di anni dopo la scomparsa dell’ultimo dinosauro. Se il Ministro voleva un programma essenzializzato e senza dinosauri, ce l’ha già. Basterebbe farlo funzionare.
Già, perché la pratica, come sovente accade nelle scuole, non ha molto a che vedere con la norma. E’ vero, perciò, che in molte scuole si disegnano dinosauri a più non posso (con grande soddisfazione dei bambini, riconosciamolo) e, soprattutto, che gli insegnanti si affannano, per esempio in quarta, a spiegare tutti i popoli del Vicino Oriente, facendosi un problema se hanno saltato gli Ittiti o non ce la fanno a spiegare i Micenei. Quindi, la domanda lecita è: da dove nascono queste abitudini, con le conseguenti angosce didattiche?
I documenti ci danno una risposta precisa. Queste angosce vengono dalle Indicazioni programmatiche del 2004, promulgate dalla Ministra Letizia Moratti. Sono queste che annullano i “vecchi” programmi della Ministra Franca Falcucci (di tutt’altra pasta: e occorrerà parlarne), e introducono nel secondo biennio della primaria (dunque nelle classi seconda e terza) l’argomento “La terra prima degli uomini”, spalancando la porta ai dinosauri. E poi, se si ha la pazienza di leggere tutti gli allegati di quel lunghissimo testo, e contare gli argomenti di studio obbligatori, si vedrà che superano largamente il centinaio, bloccando in definitiva l’autonomia progettuale del docente.
Quei programmi, almeno da questo punto di vista, piacquero tanto che – nonostante le correzioni dei due programmi successivi (Fioroni e Profumo) - i sussidiari hanno continuato a mettere la preistoria in terza (cosa non prevista dai programmi 2012) e a infarcirli degli argomenti soliti, dando al docente l’impressione che, in fondo, nulla era cambiato, nemmeno per i dinosauri.
Se, perciò, il ministro vuole un programma essenzializzato senza dinosauri, può tenersi tranquillamente quello del 2012, e magari darsi da fare per eliminare le scorie lasciata dalla sua predecessora Moratti.
Dietro i dinosauri, la politica identitaria
A meno che l’obiettivo sia un altro: quello di riprendere il lato “politico” di quei programmi. E, cioè, il fatto che erano programmi identitari, che ambivano a trasformare la scuola in una fabbrica di ragazzi dall’identità “giudaico-cristiana” (letterale). Un aspetto di quei programmi che le scuole avevano saggiamente messo da parte, e che ora Valditara vorrebbe imporre. I dinosauri (mi dispiace tanto per loro) sono solo un paravento. Dietro c’è l’obiettivo politico serio. Trasformare la storia da disciplina di studio a strumento identitario, come si apprende nel libro che Loredana Perla, presidente della Commissione di studio che dovrà redigere i nuovi programmi, ha scritto insieme a Galli della Loggia, e del quale si può leggere la recensione di Luigi Cajani su HL). Con le parole di Francesco Remotti, potremmo dire che è l’identità, e non i dinosauri, a ossessionare il Ministro. Ma anche su questo punto, i programmi del 2012 dicono qualcosa che è bene leggere ancora, per capire che il vero contraddittorio sarà fra un curricolo identitario di storia, orientato alla costruzione di una collettività di cittadini che si sentono italiani, quale che sia la loro origine, e un curricolo cognitivo/scientifico, nel quale la storia è uno strumento di comprensione della società che va “dato in dotazione” a tutti i cittadini, quale che sia la loro origine, se vogliamo che partecipino responsabilmente alla vita di una società democratica. Sono due obiettivi che nel discorso politico sono accettabili, per quanto rigorosamente opposti: ma non lo sono dal punto di vista scientifico. E questo è bene sottolinearlo. Nel primo modello di curricolo, infatti, la storia è asservita a uno scopo esterno alla disciplina; nel secondo, non può che essere utilizzata nella sua corretta natura di scienza sociale. Come scrisse Roger Cousinet, uno studioso di didattica storica molto noto nelle elementari di un tempo, “tutte le volte che insegnate la storia in nome di qualcosa di diverso, insegnate qualcosa di diverso”. Non la storia. Ma ecco il testo:
Identità, memoria e cultura storica.
Nei tempi più recenti, il passato, e, in particolare i temi della memoria, dell’identità e delle radici hanno fortemente caratterizzato il discorso pubblico e dei media sulla storia. Un insegnamento che promuova la padronanza degli strumenti critici permette di evitare che la storia sia usata strumentalmente, in modo improprio.
Inoltre la formazione di una società multietnica e multiculturale porta con sé la tendenza a trasformare la storia da disciplina di studio a strumento di rappresentanza delle diverse identità, con il rischio di comprometterne il carattere scientifico e, conseguentemente, di diminuire l’efficacia formativa del curricolo.
È opportuno sottolineare come la ricerca storica e il ragionamento critico sui fatti essenziali relativi alla storia italiana ed europea offrano una base per riflettere in modo articolato ed argomentato sulle diversità dei gruppi umani che hanno popolato il pianeta, a partire dall’unità del genere umano. Ricerca storica e ragionamento critico rafforzano altresì la possibilità di confronto e dialogo intorno alla complessità del passato e del presente fra le diverse componenti di una società multiculturale e multietnica. Per questo motivo, il curricolo sarà articolato intorno ad alcuni snodi periodizzanti della vicenda umana, quali: il processo di ominazione, la rivoluzione neolitica, la rivoluzione industriale e i processi di mondializzazione e di globalizzazione.