di Antonio Brusa
La nascita del mito
Lo abbiamo sentito tante volte, e forse anche studiato, che gli artiglieri di Napoleone adoperarono la Sfinge come tiro al bersaglio, rovinandole la faccia e il naso. Una favola che circola ancora, nonostante le numerose smentite.
Tom Holmberg, collaboratore di Napoleon Series, un sito americano specializzato nella storia dell’imperatore francese, ha messo in rete il documento più chiaro e completo in proposito. Vi leggiamo che la storia del “naso della sfinge rotto da Napoleone”, è una favola, nata al principio del XX secolo, giusto al tempo della Prima guerra mondiale, quando alcuni viaggiatori occidentali riferirono di quel naso sfigurato, e lanciarono l’ipotesi che il danno fosse stato causato da esplosivi (e che quindi che si trattasse di una vandalizzazione recente), e uno di loro aggiunse la storia che risultò vincente, quella che incolpava Napoleone. Una storia che gli era stata raccontata sul posto, dalle guide arabe.
Jean-Léon Gérôme, Bonaparte davanti alla Sfinge, 1867-68 (da Shannon Selin)
I veri vandali
Al solito, prosegue Holmberg, le fonti ci aprono altri scenari: in particolare, quelli del fanatismo musulmano. Puntano il dito contro il predicatore sufi Mohammed Sa'im al-Dahr, che nel 1378 si dette da fare per sfregiare quel simbolo di una religione pagana. E, dopo di lui, contro altri suoi correligionari, autori di una vandalizzazione continuata, anche con la polvere da sparo, fino a tutto il 1700. E’ quindi curiosamente paradossale questa invenzione, che mette sotto accusa proprio Napoleone, che, come tutti sappiamo, è all’origine degli studi scientifici sull’Egitto, e quindi del recupero della sua memoria.
Quando il gioco si fa duro
Questa smentita non è affatto nuova. È riportata da diversi decenni in alcune grandi enciclopedie, ed è al centro di alcune ricerche sul pensiero musulmano, pubblicate a partire dagli anni ’80 del secolo scorso (debitamente citate da Holmberg).
Nonostante ciò, come è privilegio dei miti, la favola viaggia per i fatti suoi, del tutto insensibile ai rimbrotti della ricerca storica. In America costituisce un argomento ricorrente della polemica interrazziale. È il racconto di un oltraggio che fa parte dell’antologia (anche universitaria) del pensiero afrocentrico. Per esempio, secondo Louis Farrakhan, il leader radicale afro-americano, rivela il disprezzo che, fin da epoche storiche, il suprematismo bianco nutre verso la cultura africana. Per combattere questa credenza, è intervenuta anche Mary Lefkowitz, la grande studiosa del mondo classico, dedicando un articolo all’uso scriteriato che il predicatore americano fa della storia greca e antica in genere (Louis Farrakhan Challenge, in «Chronicle of Higher Education», dic. 1995).
Nella mischia non poteva mancare il richiamo ai sionisti. E I sionisti che distruggono il naso della sfinge è il titolo di un video che potete trovare qui. Per chiudere questa breve rassegna, a ulteriore prova che questo naso rotto è diventato una questione spinosa interrazziale, arriva la contestazione acidissima, quanto documentata, di un blog antiislamico, intitolato (La fantasia della rete è inesauribile) alla costante di Plank.
Un mito non vincente?
Tuttavia, se usciamo dai circuiti dell’utilizzazione politico-religiosa di questa storia, forse la situazione di internet non dovrebbe essere giudicata sconfortante. Holmberg, infatti, scrive che solo il 21% delle occorrenze incolpa Napoleone. Non mi pare un risultato così disastroso – l’80% che racconta la versione corretta – soprattutto se lo confronto con i dati, sui miti medievali, molto meno incoraggianti, come appaiono dalle mie ricerche nella “regione italiana” dell’internet (Internet e la Rete degli stereotipi sul medioevo, in V. Rivera Magos e F. Violante (a cura di), Apprendere ciò che vive. Studi offerti a Raffaele Licinio, Edipuglia 2017, pp. 85-118).
Ma ho voluto verificare anche questa storia. Clicco “naso e sfinge” e un po’ di varianti, e mi metto a leggere. La situazione sembra promettente. Più rosea, anche, di quella americana: la quasi totalità dei siti denuncia la bufala. Sembra una scoperta collettiva, quella che non fu Napoleone il responsabile dell’oltraggio al naso divino. Un caso notevole di revisione accettata dalla rete. Forse, una delle ragioni di questo successo deriva da un influencer molto potente, «Focus», che appare citato da molti, a volte alla lettera. A ben vedere, «Focus» presenta la vicenda in un modo che, nel contesto ribollente delle contese attorno all’Islam, susciterebbe molte obiezioni. Infatti, attribuisce il misfatto agli “islamici”, in genere. Non so quanto siano statisticamente significative, ma, alla domanda diretta – se i musulmani desiderano conservare i resti del passato egizio – le risposte raccolte da Quora, vedono utenti, egiziani ma anche sauditi, schierarsi compatti contro i fanatici che vogliono distruggere i resti di una storia antica che, lo scrivono con orgoglio, è da considerarsi patrimonio nazionale dell’Egitto.
La rete come uno “scriptorium”
A dare man forte a «Focus», c’è anche Wikipedia, che alla voce dedicata fa esplicito riferimento alle idee correnti che vanno smentite. Con queste fonti, chi posta qualcosa sull’argomento non ha molte chance per indugiare sul mito. Nonostante ciò, la tendenza all’invenzione, come vedremo subito, è inarrestabile. L’immagine che ne ricavo è abbastanza familiare, per un medievista. La rete, almeno in questo caso, mi appare come un gigantesco scriptorium, nel quale c’è qualcuno che detta, e tanti che, curvi sulle loro tastiere, scrivono, prendendosi, come pure facevano gli antichi monaci, qualche libertà. Eccone una breve silloge.
Stefania Brichese, su notizie.it, è precipitata nel dubbio. Racconta che, in realtà, nessuno sa il perché di quel naso. Certo, aggiunge, c’è una leggenda, quella di Napoleone che «è la preferita dagli storici» (sic!), ma probabilmente la causa di quel danno è costituita dalla inclemenza del tempo. E poi chiude col botto, avvertendo i lettori che lo sfregio è recente, perché i viaggiatori del 1700 vedevano la sfinge col suo bel nasino. Ora, se c’è una foto che circola, e che probabilmente ha contribuito a scoraggiare molti a raccontare questa favola (ma non tutti come constatiamo), è proprio un disegno di Frederick Lewis Norden, del 1737, che mostra come doveva essere la situazione ai suoi tempi: la sfinge vi è raffigurata semiinterrata (come d’altra parte erano le piramidi) e col naso rovinato, come appare oggi.
«Esistono infatti immagini della Sfinge senza naso già a partire dal 1737, realizzate dall’esploratore Frederick Lewis Norden», («Ticino Live», quotidiano della svizzera italiana)
Quindi, assodato che la colpa non fu degli artiglieri di Napoleone, i responsabili si perdono nelle nebbie e gli autori di internet azzardano: il cattivo fu un guerriero musulmano; no, furono musulmani, ottomani e francesi insieme. Si trattò di un fatto medievale, dell’alto o del basso medioevo non si sa; no, fu un misfatto di età moderna.
Smitizzare conviene
Insomma: nemmeno quando la fonte è accettata da tutti, disponibile, e basterebbe copiare, si è capaci di farlo con semplicità. Sotto trovate gli indirizzi dei siti con gli abstract. Qui riferisco solo di Miti e misteri, un sito che affronta la questione col giusto piglio demistificatorio, e se la prende con gli «imbecilli di ogni religione, musulmani e francesi», tutti colpevoli a suo dire di aver attentato al sacro naso. Lo cito perché, in questa battaglia, si avvale del sostegno di Alla ricerca dei Libri di Thot, opera non propriamente accademica, scritta da Daniela Bortoluzzi: una scelta che ci lascia intuire il vero problema e ci suggerisce la domanda cattiva finale. Vuoi vedere che molti hanno lasciato perdere il mito del naso rotto, perché ne hanno un altro più entusiasmante, di cui parlare, quello dell’archeologia alternativa, che si oppone all’archeologia “ufficiale”, e ti racconta di alieni che costruirono il manufatto 10 mila anni fa, di biblioteche sapienziali nascoste nel ventre della Sfinge e di tante altre scoperte, che basterebbe scavare un po’, per metterle a disposizione di tutti, se non fosse per quegli storici così ottusi? Insomma: sbrighiamoci con queste storie del naso, e parliamo di cose serie.
O, peggio ancora, vuoi vedere che la decostruzione del mito viene usata per accreditarsi come seri difensori della verità scientifica, prima di lanciarsi nelle invenzioni alternative?
Da questo punto di vista, Wikipedia ha qualche responsabilità. Infatti, dopo aver avvisato il lettore sulle favole da evitare, presenta un testo nel quale sono messi, uno contro l’altro, i risultati della ricerca scientifica e le visioni alternative, quelle prodotte dai ricercatori “indipendenti” e dagli ingegneri della Nasa, che evidentemente a corto di lavoro nell’universo, si stanno dedicando con sempre più passione allo svelamento di enigmi terrestri, che spaziano dalla Sindone alle piramidi. L’idea che ne ricava il lettore comune è quella di un dibattito fra pari, all’interno del quale è un suo diritto, di utente libero, quello di scegliere.
Il naso rotto e altri miti
La vicenda della campagna d’Egitto è alla base di molti miti. Alcuni sopravvivono, come quello del naso, appunto. Di altri non abbiamo grandi notizie. È il caso del “Fantasma rosso”, che l’imperatore avrebbe visto nella piramide di Cheope, o della sua scalata sulla piramide o della visita che egli fece compunto alle tombe faraoniche. In tutte queste occasioni, Napoleone preferì che fossero altri a arrampicarsi sui massi e a sudare sotto il sole egizio. E la famosa frase “dall’alto di queste piramidi”, con quel che segue, lui la pronunciò comodamente seduto a qualche chilometro di distanza da Giza. Ma se volete qualche informazione in più su queste altre storie, condite dalla solita ricchezza di documenti, approfittate del lavoro di Shannon Selin.
Forse converrete con me che si tratta di miti che stanno scolorendo. Purtroppo, cedono il passo all’avanzare dei nuovi miti misterici – mito scaccia mito – non alle armi della storiografia. Ermete Trismegisto, mi pare, ha tutta l’aria di prendersi la sua rivincita su Champollion.
Per chi voglia approfondire, ecco un regesto dei siti
Tanti sono poi i racconti sul naso della Sfinge, secondo i quali la sua distruzione avvenne per un colpo sparato da un Mamelucco, o da un Ottomano o da un Francese; in realtà andò perso prima del XV secolo (Meteoweb). E la distinzione fra “archeologia ufficiale” e ricerca indipendente è una credenza. In realtà si tratta di “uno sparo di un soldato napoleonico” (Girandolina).
Sono tanti i racconti sul naso della Sfinge di Giza, secondo le quali la sua distruzione avvenne o per un colpo sparato da un mamelucco, un ottomano o un francese. In realtà andò perso prima del XV secolo (Egittopercaso). Uguale a meteoweb, di sopra? Certo: il problema è vedere chi ha copiato chi (ai filologi futuri l’arduo compito di riconoscere il manoscritto capostipite).
Era un vandalo del XIV secolo (Mitiemisteri). Ma l’imbecillità accomunò mamelucchi e francese, perché entrambi si divertirono a mutilare la sfinge: si rifà a di Daniela Bortoluzzi, Alla ricerca dei Libri di Thot, col suo corteggio di archeologi indipendenti e ingegneri della Nasa.
Studenti.it Il portale della Mondadori saccheggia «Focus», per elencare 10 falsi (i re di roma, Einstein, la mela e, appunto il naso della sfinge).
Answers.yahoo Qualcuno sa perché la sfinge ha il naso rotto? Risposta: un guerriero mamelucco. Pilloledistoria Molti studiosi ritengono che lo sfregio risalga addirittura al Medioevo, più o meno ad un periodo compreso fra l’VIII e il X secolo, quando i musulmani, irritati dall’idolo blasfemo che la Sfinge rappresentava ai loro occhi, le mozzarono il naso.
Nonenciclopedia Da Mosé per fare un dispetto al Faraone e riderci sopra.
Quora1 No, ne siamo fieri, rispondono in coro. Non abbiamo mai sentito di musulmani che distruggevano antichi templi (6 risposte, dall’Egitto all’Arabia saudita).
Quora2 Lunga risposta di Etan Aynes, studente di archeologia, che però si limita a citare i reimpieghi (comuni all’occidente) e non parla delle vandalizzazioni a scopo religioso (anche queste peraltro, comuni nell’Occidente medievale).