esami di stato

  • "Hunger games" o esami di stato?

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    di Antonio Brusa

    HungergamesimmaginebrusaGiovani in attesa dell’intervista per Hunger Games (Gary Ross, 2012), FontePassatempo, 18 luglio

    Cinque ragazzi su decine di migliaia di esaminandi hanno rifiutato l'orale. Centinaia di commenti, di intellettuali e gente comune hanno inondato il web e, fra questi, quelli del Ministro.

    Tecnicamente, questo episodio ci autorizza a dire con certezza tre cose. La prima è che il campione è così ridotto che non ci permette di affrontare l'argomento "giovani d'oggi". La seconda è che invece ne abbiamo abbastanza per farci un'idea sulle conoscenze diffuse intorno all'esame di stato (e in genere sull'istruzione pubblica), sul grado di conoscenza della storia dell'esame di stato, della tormentata vicenda legislativa ha portato alla sua struttura odierna e del suo rapporto col mondo del lavoro o col proseguimento degli studi. La terza è che abbiamo un'ulteriore prova di come il signor ministro intenda governare la scuola.

    Di molte cose, quindi, questo episodio ci autorizza a parlare, meno che dei "giovani d'oggi alla prova dell'esame" (poi se vogliamo farlo, facciamolo pure a prescindere).

    La mia impressione è che sia molto diffusa l'idea che l'esame di stato debba essere una sorta di rito di passaggio, una "prova di maturità" (non a caso molti, a cominciare dal Ministro, rimpiangono la vecchia dizione). Insomma, questi giovani (ancora una volta "loro") sono stati abituati troppo bene. Hanno bisogno di sperimentare quanto è difficile la vita (ecc. ecc.) e a questo debbono provvedere i docenti di latino, matematica, letteratura ecc. ecc.

    Ora, che una società decida di reintrodurre dei riti di passaggio, lo può anche fare e, se proprio ne sente la necessità, che si inventi gli Hunger Games che crede. Sommessamente, chiederò che la storia (e le altre discipline) non sia uno degli ostacoli da superare in questa competizione, ma resti (o diventi, perché ancora lo deve diventare in molti casi) uno strumento per conoscere il mondo.

    PS. Prima di pubblicarlo su HL, ho fatto circolare questo post sul mio profilo. Centinaia di adesioni, ma anche degli interventi che danno sostanza alla mia impressione che sia diffusa l’idea che i giovani d’oggi siano troppo coccolati dalla scuola e che occorra, almeno una volta nella loro vita, fargliela vedere. Non a caso, il ministro ha colto subito la palla al balzo e ha promesso una solenne bocciatura a chi, l’anno prossimo, oserà ripetere il gesto di protesta di questi cinque ragazzi. 

  • Senza storia. L'educazione civica asettica del nuovo esame.

    di Antonio Brusa

    educazione civicaFig. 1. L’educazione civica senza volto. Immagine scelta dall’Apidge per criticare la proposta di LeggeÈ partita la macchina annuale dell’esame, con la sua coda di polemiche alle quali si aggiunge, quest’anno, un buon numero di manifestazioni studentesche. Non ci sono tracce, in queste proteste, di attenzione per la questione dell’educazione civica. Eppure non dovrebbero mancare.

    Nel portale dedicato , il link “esperienze” dà una pagina bianca. Ma al Ministero non dovrebbero mancare notizie su quanto sta succedendo nelle scuole. Dovrebbe già aver avuto sentore della varietà di soluzioni che queste stanno inventando per rispettare il dettato legislativo (introduzione di una nuova materia senza oneri né personale aggiuntivi). Ad un’analisi più accurata potremo individuare buone e cattive pratiche. Al momento, per indicarle, siamo costretti ad adottare questa espressione: “pratiche disparate”.

    Domanda legittima: che senso ha un esame di stato, valido su tutto il territorio nazionale, se questo si basa su “pratiche disparate”?
    Un problema giuridico, prima ancora che didattico, non da poco. Forse è per questo che la Commissione insediata con il “compito di accompagnare l’attuazione della legge n. 92 del 2019” trabocca di esperti di diritto. Ce ne sono quattro nel comitato che dovrà suggerire i percorsi e i temi privilegiati di questa disciplina, ai quali si aggiunge un’avvocata, inserita (?) fra i quattro docenti che, in questo genere di Commissione, dovrebbero controbilanciare la folla di universitari e ministeriali, per portare la voce della scuola e “parlare dal basso”, come si dice.

    La composizione della Commissione è istruttiva. Alla caterva di dirigenti ministeriali e ai quattro dirigenti scolastici, si aggiungono – oltre alle persone succitate, un docente di filosofia morale, uno di pedagogia, uno di fisica ambientale, mentre nel gruppetto di insegnanti riconosco una prof di inglese e una di liceo classico, autrice di un manualetto sulle prove di latino e greco.

    Storia? Niente. A meno di un link su “cittadinanza e storia”, che però dà su una pagina bianca. Niente anche qui. E su quest’assenza, niente proteste, nessun documento delle ormai numerose associazioni storiche italiane, nessun autorevole commentatore che si stracci le vesti dalle pagine di “Repubblica” o del “Corriere della Sera”.

    L’atto di insediamento di questa Commissione è l’ultima fase di un processo di destoricizzazione dell’Educazione Civica, che si sta compiendo nel silenzio irresponsabile di quanti dovrebbero preoccuparsi e intervenire. Lo abbiamo già descritto in numerosi interventi di HL, ai quali rimandiamo.

    SebastianDahl 23 DSF5245 SkolestreikforklimaFig.2 Fridays For Future 25 maggio 2019 www.sebastiandahl.comQui, ricordo in forma schematica che i tre temi, proposti dalle linee guida come costitutivi della disciplina e richiamati dal Ministro nell’atto insediativo – costituzione, ambiente, cittadinanza digitale –, estrapolati dal loro contesto storico perdono di senso e di forza. La nostra Costituzione non è stata partorita da angelici padri costituenti, ma da uomini e donne usciti dalla duplice prova della guerra e della dittatura; l’agenda 20/30, alla quale si fa riferimento per l’educazione ambientale, non è una letterina di buoni propositi, ma un documento inviato a stati, animati da interessi che non sempre coincidono con le aspirazioni del documento. La cittadinanza digitale non è la questione del cyberbullismo e dei siti porno, ma l’enorme problema del governo di reti mondiali, che influiscono pesantemente sulla vita di otto miliardi di persone, al di fuori di un qualsiasi controllo politico.

    Tutto questo – la necessità di governare processi nazionali e politici – ce lo dice la storia. Toglietela di mezzo, e avrete un’educazione civica asettica, per cittadini che eseguono compunti il loro dovere, capaci di porsi (nuove competenze di cittadinanza?) i problemi tecnici, relativi al malfunzionamento delle nostre società. Togliete la storia, e priverete questa educazione civica dell’educazione politica. Un’educazione tragicamente necessaria in questa fase di crisi delle nostre democrazie.
    Non sarebbe, questo, un buon motivo per qualche cenno di protesta?

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