Autore: Enrica Bricchetto
Un romanzo per il Giorno della Memoria (ma non solo). Non restare indietro di Carlo Greppi
Se tutti i romanzi hanno una sorta di messaggio universale come fosse la battuta rivelatrice del carattere di un personaggio, Non restare indietro ha quello di cogliere il momento in cui, nella vita di un adolescente ordinario, fa irruzione un’esperienza forte, di svolta, che lo guida a mettere in relazione presente e passato, vita e Storia. In questo romanzo, Francesco, il protagonista, acquisisce memoria storica, impara a “esserci” nella comunità dei pari e a entrare in rapporto con il mondo degli adulti. Compie un percorso di cittadinanza a tutti gli effetti. Certo, è fondamentale che la storia e la memoria con cui Francesco si confronta siano quelli della Shoah e che il luogo, in cui si svolge un po’ più della metà della vicenda narrata, sia la scuola.
La potenza della narrazione
A differenza di molti romanzi che rappresentano la scuola come un mondo quasi perso in cui gli adulti non hanno più autorevolezza e gli argomenti presentati non interessano a nessuno, qui si racconta di una scuola che fa scelte forti e sa aprirsi al mondo e per questo ha studenti che si animano di fronte a proposte di senso.
E ancora a proposito di differenze, trasporre in un contesto di fiction letteraria l’universo della Shoah, è una scelta importante (e coraggiosa). Ha ragione Jonathan Gottshall, quando, nelle sue riflessioni sulle potenzialità didattiche della narrazione spiega che, attraverso la forma narrativa in cui si stabilizzano le emozioni, passa più cultura che attraverso le forme espositive o argomentative1. Per Gottshall è sempre stato così, tuttavia, per il mondo di oggi, sembra ancora più vero.
Questo romanzo crea un mondo possibile in cui il lettore, in più punti, si emoziona, compiendo un’esperienza immersiva che genera un apprendimento più profondo.
Carlo Greppi, attingendo alla materia autobiografica che gli proviene dall’esperienza di educatore e dalle sue ricerche di storia2 costruisce un soggetto originale. Il narratore - in terza persona, focalizzato sul protagonista - governa un’azione narrativa che si muove su più piani: l’esperienza personale del protagonista, l’esperienza di classe di un laboratorio di didattica della storia, l’esperienza individuale e collettiva di un viaggio di memoria, direzione Auschwitz- Birkenau.
Un romanzo per adolescenti, anche per adulti
Francesco infatti è un adolescente un po’ ribelle, in conflitto con il mondo degli adulti - genitori e professori. Non può cambiare famiglia ma è costretto a cambiare scuola. Arriva alla Scuola di cui Non sappiamo il Nome, a gennaio. La 3C si sta preparando per il viaggio di memoria a Cracovia e Auschwitz insieme a due giovani educatori. Ci si trova in mezzo, capisce che gli sta succedendo qualcosa di importante ma ha paura di affrontare la nuova classe e la nuova esperienza; è come paralizzato perché è in contatto continuo con le sue insicurezze, le sue paure e le conseguenze della sua condotta. Scruta i compagni, identifica i vari tipi umani: non tutti gli piacciono, anzi non sopporta i prepotenti, ma Andrea, il suo amico di prima, lo aiuta. Il calcio è la sua grande passione e ha un amico, quasi fratello, Kappa, che sta nella Vecchia Scuola e fa il writer. Francesco cerca di strappare ai genitori il permesso di uscire più sere possibile, beve qualche birra e pensa a come adattarsi a una realtà che lentamente lo mette di fronte a grandi eventi - personali e collettivi - costringendolo a fare salti di crescita.
La scelta dell’autore di far esprimere tutti i personaggi del romanzo con un linguaggio comune e informale al punto giusto, che non scimmiotta la realtà, e un alto livello di verosimiglianza dei fatti narrati, rendono questo romanzo parlante: ai giovani lettori - ma anche a chi tutti i giorni vive nel lavoro scolastico il riflesso di una difficoltà tipica dell’età - i nostri allievi sono sempre adolescenti - e cerca, attraverso la cultura, di dare delle idee, di ampliare il punto di vista.
Il lettore si sintonizza subito con il tempo interiore di Francesco, con le sue esitazioni e i suoi ripensamenti, fino a comprendere che la dimensione personale della vita del giovane protagonista e le fasi di un evento storico come la Shoah entrano in contatto e trovano un ordine: da un lato la rabbia, l’indifferenza, un grande dolore e un cambiamento; dall’altro l’individuazione del nemico, la persecuzione, lo sterminio e la memoria.
Nuove chiavi per raccontare la storia
L’autore, Carlo Greppi, è un giovane storico della seconda guerra mondiale, fondatore dell’associazione Deina3 che organizza viaggi per studenti nei luoghi di memoria in Europa e da un po’ di tempo collabora con Il tempo e la storia di Raistoria4. Ha quindi uno sguardo sulla materia storica da studioso e insieme da educatore ed è abituato a maneggiarla per farne racconto.
Con questo romanzo, ma anche negli altri formati che utilizza, Greppi si impegna a trovare una chiave diversa, più contemporanea, per affrontare la storia, una delle discipline oggi meno amate dagli studenti. A un’analisi più profonda si scopre che in realtà le critiche sono a come la storia è stata presentata a scuola, dove pesa un’eredità di mondo di ieri che non ce la fa né a cogliere le novità del dibattito storiografico né a entrare in comunicazione con le giovani generazioni. Queste sono grandi consumatrici di storia, nei più diversi formati, immerse in tante narrazioni e accedono a una molteplicità di contenuti che la scuola non sempre accoglie e quasi mai pone in prospettiva didattica e critica.
Posto che questa è la sfida della scuola di oggi, senza dubbio di storici come Carlo Greppi che, oltre alle loro ricerche, si pongano l’obiettivo di mediare i significati della storia e della memoria, c’è un gran bisogno. Nel romanzo si capisce bene quali sono i moventi che possono spingere un adolescente verso la storia. La formazione di Francesco avviene perché incontra un’insegnante con il senso della memoria, autorevole e empatica verso i suoi allievi - la prof. che Solo A Un Certo Punto Ha il Nome - un blocco di ragazzi di oggi, con le loro peculiarità, le loro reazioni, il loro modo di stare insieme a volte anche crudele e incurante degli altri. Una di questi, Martina, propone alla classe di fare un viaggio di memoria a Cracovia e Auschwitz. Da qui si sviluppa la seconda dimensione narrativa del romanzo - la prima è la storia individuale di Francesco - che segue la preparazione del viaggio, organizzato e seguito da due educatori, sensibili e in sintonia con i ragazzi - Elena e Gianluca, colti nell’immediatezza del loro lavoro.
“Naturalmente non è una scena vera in senso stretto, ma l’abbiamo scelta perché ci permette di guardare in dettaglio quello che molti abitanti dell’Europa in guerra si sono trovati a vivere (48)”.
Così, Elena si rivolge agli studenti della 3C, dopo aver mostrato i primi venti minuti di Bastardi senza gloria di Q. Tarantino, quando il contadino Lapadite, sotto la pressione senza scampo di Hans Landa, colonnello delle SS, svela, abbassando lo sguardo, di nascondere una famiglia di ebrei sotto il pavimento. Lapadite ha dovuto scegliere in fretta e Elena domanda ai ragazzi di discutere questo comportamento. Inizia da qui la terza dimensione narrativa del romanzo che si sviluppa intorno a una riflessione importante: quali posizioni può prendere ognuno di noi di fronte a una prepotenza, a un’ingiustizia, a una discriminazione? A livello individuale - non si interviene quando una persona è maltrattata - a livello collettivo - non si interviene quando un gruppo è discriminato: è in ballo la responsabilità dei singoli. Elena aggiunge
“è perché spesso era un attimo, decidere da che parte stare, sapendo o non sapendo quale rischio si stava correndo, cercando alibi per le proprie paure o non cercandone per potere avere coraggio”.
E Gianluca;
“perché per molti, nell’Europa di allora era semplicemente troppo tardi. La palla di neve dell’intolleranza era diventata una valanga (p.48).
Gianluca, ancora, in una lettera in risposta a Francesco, spaventato dal viaggio perché ha tante cose dentro che lo fanno stare male, scrive :
“In questo viaggio andiamo verso il cuore nero del Novecento, uno dei punti più drammatici della storia dell’uomo. Ma lo facciamo per imparare a porci domande importanti sulla vita e su noi stessi. Sul nostro ruolo nel presente (p.123)”.
Da questi pochi elementi forse si può capire che Non restare indietro è un affondo narrativo su se e come la realtà interpella ognuno di noi, su quanto siamo pronti a capire e prendere posizione. Chi ha assistito all’ascesa del nazismo e al passaggio dalla persecuzione allo sterminio è stato spettatore, ha lasciato che le cose avvenissero, ha abitato la zona grigia. Elena, la giovane adulta dell’associazione che accompagna la classe, spiega così il senso dell’esperienza:
“Noi abbiamo deciso di provare a costruire con voi alcuni strumenti per vedere come, passo dopo passo, l’umanità sia potuta arrivare a Auschwitz (p. 69).
Espressa così, l’operazione di memoria perde la retorica e apre a una dimensione esistenziale e di cittadinanza5.
La cassetta dello storico aperta ai ragazzi
Certo, perché il percorso e le emozioni di Francesco e dei suoi compagni si trasformino in conoscenza, l’autore fa aprire a Elena e Gianluca anche la cassetta degli attrezzi dello storico e fa in modo che interroghino bene le fonti fotografiche o si accostino alla storiografia per porre domande pertinenti. Solo per fare un esempio del modo di procedere, Elena, a un certo punto, chiede a tutta la classe:
“Se in quelle circostanze gli uomini del 101 divennero assassini, quale gruppo umano può ritenersi immune da tale rischio? (p.105)”.
Il riferimento è a Uomini comuni di Cristopher Browning e al battaglione comandato dal maggiore Trapp che il 13 luglio 1942 ha l’ordine di arrestare gli uomini ebrei del villaggio di Jòsefòw e di sterminare tutti gli altri, donne, bambini, anziani. In un giorno 1500 ebrei vengono passati per le armi.
Nel romanzo qua e là, Elena e Gianluca raccontano anche la cronologia dello sterminio, a partire dal ‘33.
Attraverso i personaggi dei due giovani educatori, Greppi propone un metodo di lavoro sulla storia che dovrebbe entrare nelle aule di scuola perché si basa sull’informazione che distingue quello che è importante da quello che lo è meno - e in questo senso alcune date sono imprescindibili - sulla riflessione comune - quello che hanno da dire gli studenti è importante e sempre punto di partenza - sulla relazione di fiducia tra chi “fa lezione di storia” e chi ascolta. L’apprendimento si configura come un processo di costruzione di senso in cui tutti devono fare la loro parte. I giovani educatori realizzano la mediazione dei contenuti storici anche grazie al loro stile informale, vicino ai ragazzi ma sempre portatore di un sapere adulto.
Quando il lettore arriva alla fine l’autore gli svela strumenti e materiali che ha usato. In poche pagine mette insieme il piccolo apparato di letture e di film utilizzati da Elena e Gianluca. Dopo l’emozione della lettura, si possono anche allargare gli orizzonti culturali.
Il libro e il Giorno della Memoria
Non restare indietro esce per il Giorno della Memoria e si rivolge alla generazione che ne è figlia a tutti gli effetti - i nati intorno al 2000 - giacché ha percorso tutta la propria carriera scolastica sotto il cono di luce - e di ombre - della memoria della Shoah e, nonostante questo, il più delle volte, vuole saperne di più, solo in qualche caso, dice basta, che se ne è parlato fin troppo.
Molto è stato scritto sul significato di questa istituzione che, per la scuola, dopo 15 anni, rimane un’opportunità. Da un lato la concentrazione di proposte attorno al 27 gennaio - anteprime cinematografiche ad hoc6, manifestazioni pubbliche importanti come il progetto delle Pietre d’Inciampo7, fa sentire l’evento presente e urgente. Dall’altro la forte mediatizzazione lo rende “oggetto di una possente industria culturale”. Libri, film, videointerviste, fiction, azioni sui social media che collegano persone e esperienze in modo assolutamente inedito, trasformano la Shoah “in un insieme di immagini e concetti appartenenti alla cultura pop8”. A questo tema è stato dedicato un recente convegno - recensito in HL- di cui sono usciti gli atti in questi giorni.
Il fatto, poi, che il contatto degli adolescenti con tutto questo avvenga attraverso la rete - significa che spesso vedono soltanto sequenze o montaggi, o leggano frasi. Tutto fuori contesto. Questo determina confusioni tra fonti e rielaborazioni, rende difficile distinguere i vari modi di raccontare - fiction e testimonianze - e individuare pareri autorevoli e siti attendibili. Paradossalmente la rete rende gli adolescenti più informati di un tempo ma li disorienta9.
Complesso è dunque il compito della scuola: intercettare i consumi degli adolescenti per portarli in un cantiere di analisi che consenta di strutturare la conoscenza non solo dell’evento storico ma anche delle sue conseguenze. Il Giorno della Memoria aumenta di senso se diventa parte di un “Laboratorio del tempo presente” , in cui la storia accolga - per usare le parole di Antonio Brusa che su questi temi ha più volte ragionato anche qui, su HL - le “questioni sensibili” del mondo contemporaneo e “i fatti angoscianti del presente, e le memorie, anch’esse a volte angoscianti, dei fatti passati. Dentro questo Laboratorio potranno essere fatte rientrare le giornate commemorative che hanno il compito di studiare, non di commemorare” 10.
Perché il Giorno della Memoria abbia questa prospettiva è necessario che chi a scuola affronta il tema provi a far emergere le conoscenze degli studenti e, come Gottshall indirettamente suggerisce, analizzi più storie di consumo dando loro la dignità che meritano. Questo per costruire un quadro con mozziconi di informazione, spesso piatti dal punto di vista cronologico e collocati in spazi irreali che fanno dire agli adulti che i giovani non sanno niente. In realtà è come se nelle teste degli adolescenti ci fossero tracce dell’evento Shoah, sommerse in una dimensione umana, fatta di orrore, di incredulità e di condanna che li rendono più propensi a “commemorare” in modo istintivo, attraverso la commozione di pancia piuttosto che a “studiare”. Di pancia, come si legge nel romanzo, è anche la reazione di indifferenza di fronte al museo di Auschwitz di alcuni adolescenti come se il troppo parlare dell’evento o il parlarne male avesse attutito la loro sensibilità o forse, più in generale, come se il fruire continuo di contenuti violenti li avesse convinti che la violenza e il male sono solo nella finzione.
Un romanzo come Non restare indietro, se riesce nel suo intento, potrebbe far entrare i giovani in un mondo in cui riconoscono come legittime le loro domande e capiscono che, se le risposte ci sono, sono complesse e vanno cercate.
Rimane un problema di fondo. Come un adolescente può arrivare a questo romanzo? Due sono le strade. Perché lo attrae la copertina che ha già cominciato a girare sui social - con un tam tam che rimbalza notizie di presentazioni nelle scuole e primi pareri o perché glielo passa, come speriamo, un insegnante o un genitore.
Note
1 Su questo è molto interessante il saggio Jonathan Gottshall, L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani, (Torino, 2014, ed.or. 2012).
2 Di Carlo Greppi su tema della Shoah si veda: L’ultimo treno. Racconti del viaggio verso il lager, Roma, 2012); La nostra Shoah. Italiani, sterminio, memoria ( Feltrinelli,"Zoom", 2015 ebook). E’ autore insieme a P.Rumiz e a D.Bidussa del Quaderno 6 della Fondazione Feltrinelli dal titolo Il passato al presente. Raccontare la storia oggi (ebook in uscita il 27 gennaio).
3 L’associazione Deina è nata nel 2013. Organizza viaggi di memoria per gli studenti delle scuole secondarie nei luoghi di europei di memoria Gli educatori hanno una buona formazione storica e, con i loro percorsi, sensibilizzano gli studenti a comprendere meglio il presente. Si veda il sito www.deina.it e il volume di M. Gentili, Viaggi di memoria. Elena Bissaca e Carlo Greppi, ad esempio (Milano, 2014); E. Bissaca, B. Maida, Noi non andiamo in massa, andiamo insieme. I treni della memoria nell’esperienza italiana 2000-2015, (Milano, 2015).Giancarlo Rossi nella trasmissione radiofonica Inviato speciale di Radio 1, sabato 16 gennaio 2016, ha presentato l’associazione. Si può ascoltare in podcast www.inviatospeciale.it
4 Greppi collabora con Il tempo e la storia di Raistoria (cfr. La Shoah e gli italiani , In viaggio verso Auschwitz). Il 27 gennaio 2016 è ospite dello speciale de Il tempo e la storia sul Giorno della Memoria.
5 Cfr. E. Traverso, Memoria. La religione civile dell’Olocausto, in La fine della modernità ebraica (Milano, 2013, pp.138-160).
6 Escono per il giorno della Memoria 2016 tre film, tutti offerti in anteprima nazionale per le scuole su tutto il territorio: Il labirinto del silenzio (Germania, 2014 di G. Ricciarelli il il 14 gennaio); Il figlio di Saul (Ungheria, 2015, di L. Nemes, il 21 gennaio); Remember (Canada/Germania 2015 di A.Egoyan il 4 febbraio).
7 Per il progetto generale si veda F.Floradini, Tracciare il crimine nazista, “Il Sole 24 ore” (“Domenica), 24 gennaio 2016; per avere un’idea dell’allestimento in Piemonte si veda Pietre d'inciampo a Torino.
8 Cfr C. Monopoli, PopShoah? Immaginari e pratiche di memoria pubblica intorno al genocidio ebraico pubblicato il 22 ottobre 2015 in questo sito. Si tratta del resoconto del convegno Pop Shoah? Immaginari del genocidio ebraico, a cura di F.Recchia Luciani e C. Vercelli (publicato da il Melangolo, Genova, 2016).
9 Cfr. P.C. Rivoltella, Le virtù del digitale. Per un’etica dei media (Brescia, 2015)
10 Cfr. A.Brusa, Il programma di formazione storica dall’infanzia alla secondaria di primo grado, “SIM”, n.5, 2015, p.79; C. Heimberg, Le questioni socialmente vive e l’apprendimento della storia in
Mundus online, n.9-10, 2010; C. Heimberg, La prima guerra mondiale tra storia e uso pubblico del passato, Novecento.org, 6 ottobre 2014.