istituto Luce

  • L’immaginario coloniale. L’Africa nelle fotografie dell’Istituto Luce

    di Antonio Prampolini

     

    Indice

    1. La fotografia e l’immaginario coloniale

    2. L’Istituto Luce e il monumento visivo dell’Italia fascista

    3. La produzione fotografica del Reparto Africa Orientale Italiana

    3.1 La Guerra di Etiopia

    3.2 Una “colonizzazione civilizzatrice”

    4. Il sito online dell’Archivio Storico Luce

     

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 1Fig.1: Somalia italiana - donna al mercato - foto di Carlo Pedrini (1894-1932) Fonte1. La fotografia e l’immaginario coloniale

    Una delle eredità culturali più interessanti dei vari colonialismi europei in Africa è costituita dalle numerose fotografie prodotte, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, da soggetti diversi (esploratori, viaggiatori, scienziati, militari, missionari, scrittori e giornalisti, fotografi di professione, coloni e funzionari delle amministrazioni coloniali) con lo scopo di documentare e comunicare visivamente un continente “altro” rispetto all’Europa, a cui la storia aveva affidato una “missione civilizzatrice” di popoli “razzialmente e culturalmente inferiori”. Conseguentemente, l’Africa veniva rappresentata come una terra abitata da “etnie primitive” ma dotata di grandi risorse naturali e demografiche che avrebbero potuto essere sfruttate vantaggiosamente dai colonizzatori1.

    A partire dalla metà del secolo XIX, la fotografia aveva messo a disposizione degli europei un nuovo e “rivoluzionario” strumento di raffigurazione delle colonie, che prima della sua invenzione si era limitata a rappresentazioni cartografiche, a disegni e acquerelli che illustravano racconti esotici, diari di viaggio e articoli di giornale.

     

    L’ultimo secolo del colonialismo globale europeo - hanno osservato Matthias Harbeck e Moritz Strickert - è coinciso con una rivoluzione tecnologica e mediatica che avrebbe cambiato per sempre l’immagine pubblica del mondo: l’invenzione della fotografia. Sebbene le immagini fotografiche hanno immortalato molti aspetti della vita pubblica e privata moderna, è nella cultura e nell’immaginazione coloniale che hanno avuto un significato particolare: le colonie non erano più solo territori lontani, oltre l’orizzonte [oltremare], ma ora potevano essere “guardate da casa”. Questa improvvisa vicinanza dei territori colonizzati ha dato vita a una cultura visiva che illustrava il paradosso stesso delle ambizioni globali dell'Europa: da un lato, la legittimazione del colonialismo si basava su immagini di “alterità” del mondo non occidentale, dall'altro, i nuovi territori dovevano essere familiarizzati e quindi rivendicati [e integrati] come parte degli imperi2.

     

    La fotografia coloniale condizionava «la percezione della realtà che agli occhi di molti sarebbe finita col coincidere con la sua rappresentazione [visiva]». E così facendo, svelava la società e la cultura del tempo, «riflettendo i miti [e anche le paure] che l’avventura coloniale stimolava nella popolazione [europea]»3.

     

    La macchina fotografica non è mai stata un mezzo neutrale: parte integrante delle conquiste coloniali venne utilizzata sia per creare mappe, sia per controllare i nuovi territori e favorire una conoscenza di stampo positivista dei popoli e dei luoghi conquistati. La fotografia rientrava dunque in quel vasto flusso di informazioni da cui dipendeva lo stesso progetto coloniale, specializzandosi ben presto nella creazione d’immagini di sterminati spazi vuoti - ideali per nuovi insediamenti colonici -, di popoli primitivi da civilizzare e di categorie razziali da classificare (Monica Cillario, La fotografia e il colonialismo. Ieri e oggi, op. cit.).

     

    La fotografia contribuì, nei decenni successivi alla sua invenzione, a creare un immaginario coloniale del continente africano caratterizzato da pregiudizi e stereotipi (che lasciarono non poche tracce sia nella memoria pubblica che in quella privata), funzionali alla propaganda politica di tutti gli imperi europei4. Una propaganda che non avrebbe mai avuto un successo di legittimazione senza un uso sistematico della fotografia (e, in seguito, anche del cinema) adeguatamente supportata da enti e/o finanziamenti pubblici, come vedremo in Italia con la creazione dell’Istituto Luce.

     

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 2Fig.2: Logo dell'Istituto Luce Fonte2. L’Istituto Luce e il monumento visivo dell’Italia fascista

    L’Istituto Nazionale Luce era stato fondato da Mussolini nel novembre del 1925 come ente di diritto pubblico (in sostituzione della precedente società anonima L.U.C.E - L’Unione Cinematografica Educativa - creata nel 1924) con il compito di organizzare l’informazione e la propaganda del regime fascista attraverso la produzione e la distribuzione di immagini fotografiche e cinematografiche5.

    Grazie alle capacità tecniche e, soprattutto, all’appoggio politico dello stesso Mussolini, in poco tempo, l’Istituto Luce arrivò a detenere di fatto il monopolio delle riprese degli avvenimenti ufficiali del regime e delle immagini del duce, che poi inviava gratuitamente alla stampa nazionale e a quella estera.

    Le fotografie dell’Istituto Luce (nel 1927 era stato creato un apposito Servizio Fotografico) svolsero un ruolo fondamentale nel forgiare l’immagine di Mussolini, alimentando negli italiani il culto del “capo”, esempio di “capacità e virtù straordinarie” a cui tutti avrebbero dovuto ispirarsi.

     

    Un Mussolini solitamente fotografato con inquadrature dal basso che lo elevavano al di sopra degli uomini comuni. Nei ritratti in primo piano, inoltre, si prediligevano le inquadrature che facevano risaltare sul viso di Mussolini uno sguardo pensieroso, rivolto verso il futuro, cercando di identificare il suo volto con il progresso e la vittoria. [...] L’Istituto, inoltre, doveva cercare di diffondere un’immagine di Mussolini rassicurante ma forte allo stesso tempo. La fotografia del Luce testimonia così la molteplicità semantica dell’immagine di Mussolini, non soltanto fra essere dinamico e statuario, ma anche edificandolo nell’icona del condottiero militare e, contemporaneamente, divulgandolo come il paterno protettore della nazione, sempre prodigo a dispensare interessamento e affetto verso la popolazione (Stefano Mannucci, Storia della fotografia dell'Istituto Luce, op. cit.).

     

    L’Istituto Luce aveva attivamente collaborato alla realizzazione della Mostra della Rivoluzione Fascista allestita nel 1932 nel Palazzo dei Musei della capitale in occasione del “Decennale della Marcia su Roma” (28 ottobre 1922). La mostra ricostruiva i momenti salienti dell’affermazione del fascismo, offriva un quadro delle opere del regime e proponeva una rilettura in chiave fascista dell’intera storia nazionale6.

     

    La mostra non rappresentò soltanto il culmine raggiunto dalla fotografia come strumento d’appropriazione del passato, e mezzo per costruire una storia secondo la propria concezione ideologica. La mostra cercò, soprattutto, di oggettivare la fotografia nel suo rapporto con la storia medesima. Infatti, nel momento in cui la fotografia era posta accanto ad oggetti reali del passato, come gli zaini, le armi, le lettere, essa stessa diveniva un oggetto reale ed obiettivo, un prodotto materiale della storia, e non l’effimera visione del mondo da parte di una determinata intenzionalità, donandole così una maggiore forza nel suo rapporto d’oggettività con la storia stessa (Stefano Mannucci, Storia della fotografia dell'Istituto Luce, op. cit.).

     

    E sempre in occasione del Decennale, l’Istituto Luce aveva pubblicato L’Italia fascista in cammino, un fotoracconto che conteneva oltre cinquecento immagini che dovevano «insegnare agli italiani ad osservare il paese e la realtà quotidiana non con i propri occhi, ma con quelli dello stesso regime fascista»7.

    Ma fu soprattutto durante la Guerra di Etiopia che l’Istituto Luce impegnò i propri fotografi e le proprie strutture produttive e distributive in un intenso e straordinario lavoro di documentazione fotografica, oltre che cinematografica, sottoposto al controllo censorio del Ministero per la Stampa e la Propaganda (dal 1937, Ministero per la Cultura Popolare). Documentazione che non si limitò ai soli eventi bellici, volendo fornire agli italiani anche una rappresentazione visiva della nuova colonia.

     

    3. La produzione fotografica del Reparto Africa Orientale Italiana

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 3Fig.3: Guerra di Etiopia - Colonna someggiata in marcia Fonte3.1 La Guerra di Etiopia

    Nel settembre del 1935, su espressa richiesta dello stesso Mussolini, l’Istituto Luce creò il Reparto foto-cinematografico per l’Africa Orientale per seguire l’impresa coloniale dell’Italia in Etiopia (ottobre 1935 - maggio 1936).

    Ricorrendo alle moderne tecniche di propaganda, il regime voleva rendere popolare la guerra coloniale caricandola di contenuti retorici (il mito della Roma imperiale, la missione civilizzatrice dell’Italia fascista, la conquista di uno “spazio vitale” in Africa) per suscitare nel paese una massiccia mobilitazione e giustificare gli inevitabili sacrifici che essa avrebbe comportato (e tra questi, le sanzioni della Società delle Nazioni). La conquista dell’Etiopia, oltre a mettere a disposizione degli italiani nuove terre da coltivare e risorse economiche (più immaginarie che reali) doveva essere, a livello internazionale, una palese dimostrazione della forza militare e delle capacità organizzative dell’Italia fascista8.

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 4Fig.4: Guerra di Etiopia - colonna di autocarri militari in marcia – ottobre 1935 FonteIl Reparto foto-cinematografico per l’Africa Orientale venne strutturato potendo contare su di una consistente disponibilità di uomini e mezzi. Furono create diverse unità fotografiche da dislocare nei vari punti del fronte, dotate ciascuna di carri-laboratorio in grado di sviluppare i negativi da inviare alla sede operativa del reparto Luce ad Asmara (in Eritrea, dove si trovava il quartier generale delle forze militari italiane), che poi li avrebbe sottoposti alla verifica censoria dell’Ufficio Stampa e Propaganda Africa Orientale; ufficio a cui spettava il compito di controllare e selezionare le immagini da trasmettere ai corrispondenti dei giornali italiani e stranieri9.

    Durante i sette mesi di guerra, i fotografi del reparto Luce seguirono le truppe italiane nella conquista dell’Etiopia scattando migliaia di fotografie. Le immagini dovevano dare l’impressione di una “guerra facile”, dove la superiorità degli armamenti, le capacità logistiche e organizzative dell’esercito italiano avrebbero garantito una rapida vittoria con perdite molto limitate tra i propri soldati10.

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 5Fig.5: Guerra di Etiopia – aerei italiani FonteLe fotografie dell’Istituto Luce non documentarono nessuna delle atrocità di cui si erano macchiati gli italiani durante il conflitto, in particolare l’esteso utilizzo delle armi chimiche11. La guerra non veniva ritratta nel suo reale svolgimento, ma rappresentata prevalentemente secondo gli stilemi dell’iconografia tradizionale dei conflitti otto-novecenteschi, che utilizzava, per non allarmare l’opinione pubblica, immagini dove il dolore e la morte costituivano un’eccezione: sentinelle impegnate nei turni di guardia, artiglieri accanto ai loro cannoni, genieri che costruivano ponti, soldati che scrivevano lettere a casa o si rilassavano nei momenti di svago.

    Squarci della realtà bellica erano tuttavia presenti nelle numerose fotografie scattate dai militari italiani (ufficiali e soldati), che, muniti di macchina fotografica, si dilettavano a ritrarre senza reticenze i corpi dei nemici orribilmente sfigurati, le vittime civili dei bombardamenti, le impiccagioni e le fucilazioni degli abissini. Fotografie che, tollerate dai comandi o sfuggite ai controlli della censura, circolavano tra le truppe, e che oggi vengono ritrovate negli album di ricordi personali dell’avventura in Africa Orientale dei militari italiani12.

     

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 6Fig.6: costruzione di case ad Addis Abeba (1936-1937) Fonte3.2 Una “colonizzazione civilizzatrice”

    Dopo la presa della capitale etiope (5 maggio 1936), l’obiettivo principale del Reparto foto-cinematografico per l’Africa Orientale (la cui sede era stata trasferita da Asmara a Addis Abeba) divenne quello di documentare "l'incivilimento e la valorizzazione delle terre conquistate".

    Pertanto, numerose erano le fotografie che, con un evidente taglio propagandistico, mostravano la costruzione di strade e ponti, di mulini e forni per la produzione di farine e pane, la consegna ai coloni di trattori e aratri, l’installazione di linee elettriche e antenne della radio, l’insediamento ad Addis Abeba di filiali commerciali delle aziende industriali italiane come la Fiat, la Lancia, l’Olivetti, e il Banco di Roma.

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 7Fig.7: costruzione di strade nella regione di Addis Abeba FonteA queste si aggiungevano le fotografie che riprendevano le attività dei giovani etiopi inseriti nelle organizzazioni del regime fascista (come ad esempio i saggi ginnici della Gioventù Etiopica del Littorio) o ritraevano gli adulti inquadrati nelle truppe coloniali (gli Àscari) e trasformati da guerrieri “selvaggi” in soldati “disciplinati” di un esercito regolare13. Ricorrenti erano pure le fotografie che ritraevano gli indigeni liberati dalle “catene della schiavitù” o di ras locali che baciavano la bandiera italiana o si inchinavano alle autorità in segno di sottomissione14.

     

     

     

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 8Fig.8: bambini della Gioventù Etiopica del Littorio durante un saggio ginnico FonteGran parte delle fotografie dell’Istituto Luce diffondevano un’immagine fittiziamente bonaria e paternalista delle forze di occupazione e dei coloni italiani; un’immagine che si prestava a coprire il razzismo di fondo del regime fascista, lo sfruttamento delle popolazioni indigene nelle attività economiche e la repressione violenta di ogni loro forma di ribellione15.

     

     

     

     

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 9Fig.9: ufficiali medici italiani con una donna etiope FonteGli etiopi (uomini e donne) venivano generalmente ritratti con un misto di curiosità e talora di attrazione (il mito delle “veneri nere”) per mostrare, in immagini che evidenziavano i loro caratteri somatici, una presunta “inferiorità etnica”. Raramente venivano fotografati nello svolgimento delle loro attività tradizionali o nelle manifestazioni della loro cultura. Ciò che importava ai fotografi dell’Istituto Luce non era far conoscere agli italiani quell’antico popolo africano, ma riaffermare attraverso immagini stereotipate il punto di vista, gli interessi e la “superiore civiltà” dei colonizzatori.

     

     

     

    FOTOGRAFIA COLONIALE IN ITALIA IMMAGINE 10Fig.10: logo dell’Archivio Luce Fonte4. Il sito online dell’Archivio Storico Luce

    Dal 2018 l’Archivio Storico Luce è presente in rete con un proprio sito che permette di accedere a gran parte dei fondi iconografici costituiti dai materiali realizzati o acquisiti dall’Istituto Luce nel corso del Novecento (e oggi opportunamente digitalizzati), offrendo agli storici e a tutti gli interessati una vasta e preziosa documentazione visiva del “secolo breve”16.

    Alcuni fondi dell’archivio online riguardano gli eventi bellici e le occupazioni militari dell’Italia fascista dalla Guerra di Etiopia alla Seconda Guerra Mondiale. Si tratta della produzione foto-cinematografica di quattro reparti dell’Istituto: Reparto Africa Orientale Italiana (1935-1938), Reparto Guerra di Spagna (1936-1939), Reparto Albania (1939-1943), Reparto Guerra (1940-1944).

    In particolare, la sezione dell’archivio Reparto Africa Orientale Italiana (1935-1938) permette di accedere ad oltre diecimila fotografie (10451) attraverso diverse modalità di ricerca: Persone, Temi, Luoghi; per ogni immagine vengono indicati: data, luogo, evento. È sempre possibile impostare ricerche multiple associando Persone, Temi, Luoghi.

    Notevole è quindi il patrimonio fotografico del Reparto Africa Orientale Italiana che l’Archivio Storico Luce ha reso disponibile online sul proprio sito.

    Un patrimonio che richiede però un attento approccio critico per essere utilizzato correttamente a fini didattici. Le fotografie coloniali dedicate all’Etiopia (come tutte le altre prodotte dall’Istituto Luce) «esprimono sempre un messaggio articolato» in cui coesistono “vero e falso”. Sono “vere” per la «autenticità degli elementi contenuti» (persone e oggetti, luoghi ed eventi); sono “false” come «messaggio politico» nel rappresentare l’Etiopia come una colonia pacificata e sotto il pieno controllo del regime fascista (numerose erano le ribellioni e gli attentati che manterranno la colonia in un perenne “stato di guerra” per il breve periodo di durata dell’impero italiano, dal 1936 al 1941); e sono infine ancora “vere” come «documento autentico della propaganda del regime»17.

    Inoltre, non va dimenticato che le fotografie degli etiopi (in particolare delle donne e dei bambini, gli elementi più “deboli” delle comunità locali), come pure quelle degli altri africani, erano spesso il prodotto di una costrizione, di una forzatura da parte dei fotografi, che si traduceva inevitabilmente in una forma di violenza nei loro confronti18.

     


    Note

    1 Genoveffa Palumbo, Gli imperi coloniali, in Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Treccani, 2014. Romuald Valentin Nkouda Sopgui, Kolonialfotografie: Kulturelle Wahrnehmungsformen und Mediatisierung transnationaler Beziehungsverflechtung, 11/04/2024. Anna Schade, Lukas Kleine-Schütte, Robin Spitzer und Deike Terhorst, Visual Histories. Ein studentisches Podcast-Projekt über fotografisch illustrierte Reiseberichte des frühen 20. Jahrhunderts, 16/07/2021. Matthias Harbeck und Moritz Strickert, Freiwilligkeit und Zwang. Eine Diskussion im Kontext der frühen ethnologischen Fotografie, 28/09/2020. Alberto Baldi, Fotografia antropologica ottocentesca e possesso del mondo. Maria Francesca Piredda, Fotografia missionaria e immaginario esotico: l’incontro con l’Altrove. Monica Cillario, La fotografia e il colonialismo. Ieri e oggi, maggio 2017.

    2 Matthias Harbeck e Moritz Strickert, Freiwilligkeit und Zwang. Eine Diskussion im Kontext der frühen ethnologischen Fotografie, op.cit..

    Stefano Mannucci, La creazione dell’immaginario nel colonialismo italiano, in «Afromagazine» n. 05, gennaio 2009, e Dodo Scaramello, In posa per l’impero. L’uso della fotografia nella propaganda coloniale italiana, 2019. Monica Cillario, La fotografia e il colonialismo. Ieri e oggi, maggio 2017. Giovanni Perillo, Primi anni '80: fototeca e pratiche visive razziste nel colonialismo italiano, in «Cinergie – Il cinema e le altre arti», n.22 (2022). Patrizia Cacciani, Impero filmato, impero-esibito. La cineteca del museo coloniale di Roma (1923-1951), 30/03/2023.

    4 Markus Wurzer, Italian colonialism in visual culture and family memory, 17/09/2018. Nadia Olivieri, L’invenzione dell’Africa. La formazione dell’immaginario coloniale italiano, dossier Insegnare il Mediterraneo contemporaneo, in Novecento.org, n. 4, giugno 2015. Giulia Grechi e Viviana Gravano (a cura di), Presente imperfetto. Eredità coloniali e immaginari razziali contemporanei, Mimesis, Milano, 2016.

    5 Stefano Mannucci, Storia della fotografia dell'Istituto Luce; e sempre dello stesso autore, La fotografia strumento dell’imperialismo fascista. Gabriele D’Autilia, Un caso di studio: l’Archivio fotografico dell’Istituto Luce, in L’indizio e la prova. La storia nella fotografia, pp. 191-198, Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano, 2005. Gian Piero Brunetta, Istituto nazionale L.U.C.E, «Enciclopedia del Cinema», Treccani, 2003.

    6 Archivio Centrale dello Stato, Mostra della Rivoluzione Fascista. Gigliola Fioravanti (a cura di), Mostra della Rivoluzione Fascista - Inventario, Roma, 1990. Stefano Mannucci, Mostra della Rivoluzione fascista. Jeffrey T. Schnapp, Anno X. La mostra della rivoluzione fascista del 1932, Ist. Editoriali e Poligrafici, 2003. Claudio Fogu, The historic imaginary. Politics of history in fascist Italy, Toronto University Press, 2003.
    Per un confronto con l’uso propagandistico delle immagini fotografiche nella Germania nazista: Antonio Prampolini, Gerhard Paul e la storia visiva della Germania nazista, in «Historia Ludens», 10/04/2024.

    7 Stefano Mannucci, Storia della fotografia dell'Istituto Luce, op. cit.. Nel 1932, l’Istituto Luce aveva pubblicato il libro illustrato L’Italia fascista in cammino che comprendeva 516 fotografie tratte dal suo archivio. Stampato in edizione plurilingue (le didascalie erano in italiano, francese, inglese, spagnolo e tedesco), il libro, utilizzando anche diversi fotomontaggi, celebrava le istituzioni e le realizzazioni del regime fascista.

    Gianmarco Mancosu, Vedere l’impero. L’Istituto Luce e il colonialismo fascista, Mimesis, Milano, 2022; dello stesso, la tesi di dottorato La Luce per l’impero. I cinegiornali sull’Africa Orientale Italiana 1935-1942, Università degli Studi di Cagliari, anno accademico 2013-2014. Benedetta Guerzoni, Una guerra sovraesposta. La documentazione fotografica della guerra di Etiopia tra esercito e Istituto Luce, RS Libri, Reggio Emilia, 2017. Angelo Del Boca, Nicola Labanca, L’Impero africano del fascismo nelle fotografie dell’Istituto Luce, Editori Riuniti, Roma, 2002. Patrizia Cacciani, Il fascismo e il suo impero nell’Archivio dell’Istituto Luce, 08/11/2018. Luigi Goglia, Storia fotografica dell’Impero fascista 1935-41, Laterza, 1985. Markus Wurzer, Disziplinierte Bilder. Kriegsbildberichterstattung im nationalsozialistischen Deutschland und faschistischen Italien im Vergleich, 06/04/2020.
    Sugli aspetti economici del colonialismo italiano in Africa Orientale: Giulia Ricci, Alla conquista economica dell’Impero. La guerra coloniale in Etiopia, dossier Insegnare il Mediterraneo contemporaneo, «Novecento.org», n. 4, giugno 2015. Alessio Gagliardi, La mancata «valorizzazione» dell’impero. Le colonie italiane in Africa orientale e l’economia dell’Italia fascista, in «Storicamente», n.12, 2016.

    9 In un bilancio consuntivo, a guerra finita, il direttore dell’Istituto Luce, Giacomo Paulucci di Calboli, dichiarò che erano stati realizzati oltre 8.000 negativi fotografici, dai quali, una volta sviluppati, erano state distribuite circa 350.000 immagini del conflitto, sia in Italia che all’estero. A questa produzione si deve aggiungere un numero considerevole di serie fotografiche stampate in piccolo formato e destinate ai soldati (Adolfo Mignemi, Lo sguardo e l’immagine. La fotografia come documento storico, Bollati Boringhieri, Torino, 2003, p. 127).

    10 Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. Vol. 2, La conquista dell’impero, Laterza, Bari, 1986. Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943. Dall'impero d'Etiopia alla disfatta, Einaudi, Torino 2008. Nicola Labanca, La guerra d'Etiopia. 1935-1941, il Mulino, Bologna, 2015.

    11 Angelo Del Boca, I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra di Etiopia, Editori Riuniti, Roma, 2021.

    12 Adolfo Mignemi, Immagini per il soldato e il soldato fotografo. Fotografia militare e propaganda, in Immagine coordinata per un impero. Etiopia 1935-1936, a cura di A. Mignemi, Gruppo Editoriale Forma, Torino, 1984. Markus Wurzer, The social lives of mass-produced images of the 1935-41 Italo-Ethiopian War, Cambridge University Press, 10/11/2022. Sul sito https://www.memoriecoloniali.org/ i Fondi documentali

    13 La voce Àscari in Wikipedia edizione italiana.

    14 Gino Satta, L’ultimo baluardo della schiavitù. La “barbarie abissina” nella propaganda per la guerra d’Etiopia, in Variazioni africane. Saggi di antropologia e storia, a cura di Fabio Viti, Il Fiorino, Modena, 2016.

    15 Marida Brignani, Colonialismo e tutela della razza, Dossier Insegnare il Mediterraneo contemporaneo, in «Novecento.org», n. 4, giugno 2015. Gianluca Gabrielli, Razzismo coloniale italiano: dal madamato alla legge contro le unioni miste, in «Novecento.org», n. 12, agosto 2019. Francesco Filippi, Noi però gli abbiamo fatto le strade. Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie, Bollati Boringhieri, 2021. Cecilia Pennacini, Razzismo e imperialismo nel regime fascista, 29/01/2023.

    16 Il Fondo Cinegiornali e Fotografie dell’Istituto Nazionale Luce è stato inserito nel 2013 dall’UNESCO nel prestigioso registro Memory of the World con la seguente motivazione: «La collezione costituisce un corpus documentario inimitabile per la comprensione del processo di formazione dei regimi totalitari, dei meccanismi di creazione e sviluppo di materiale visivo e delle condizioni di vita della società italiana. Si tratta di una fonte unica di informazioni sull’Italia negli anni del regime fascista, sul contesto internazionale del fascismo (tra cui l’Africa orientale e l’Albania, ma anche ben oltre le aree occupate dall’Italia durante il fascismo, soprattutto per quanto riguarda il periodo della Seconda Guerra Mondiale) e sulla società di massa negli anni Venti e Trenta del Novecento».

    17  Gabriele D’Autilia, L’indizio e la prova. La storia nella fotografia, op.cit., p.196.

    18 Sulla natura “coercitiva” della fotografia etnografica quale espressione del potere coloniale e del suprematismo dei “bianchi”: Matthias Harbeck e Moritz Strickert, Freiwilligkeit und Zwang. Eine Diskussion im Kontext der frühen ethnologischen Fotografie, op.cit..

  • Le immagini della Guerra civile spagnola nell’Italia fascista: i cinegiornali dell’Istituto Luce. Informazione e propaganda di regime

    di Antonio Prampolini

     

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 1Fig.1: DVD filmati Istituto Luce sulla Guerra civile spagnolaIndice

    1. La Guerra civile spagnola

    2. La partecipazione dell'Italia fascista

    3. Una guerra raccontata per immmagini

    4. I cinegiornali Luce nell'archivio storico online dell'istituto

     

    Sapete che cosa è stata la Guerra di Spagna? Che cosa è stata veramente? Se non lo sapete non capirete mai niente del fascismo, del comunismo, della religione, dell’uomo, niente di niente capirete mai: perché tutti gli errori e le speranze del mondo si sono concentrati in quella guerra; come una lente concentra i raggi del sole e dà il fuoco.

    da Gli zii di Sicilia di Leonardo Sciacia, 1958.

     

    1. La Guerra civile spagnola

    La Guerra civile spagnola era iniziata tra il 17 e il 19 luglio 1936 con una ribellione (alzamiento) di una parte dell’esercito, guidata da un gruppo di generali tra cui spiccava Francisco Franco, contro il legittimo governo della Repubblica, insediatosi dopo la vittoria del “Fronte popolare” (Frente popular) alle elezioni del febbraio dello stesso anno. Gli insorti non riuscirono però a “conquistare” l’intero paese. Il governo repubblicano conservò il controllo della capitale e delle regioni del nord-est, le più ricche e industrializzate della Spagna, potendo contare sull’appoggio di una estesa mobilitazione popolare1.

    Il golpe militare non era altro che la resa dei conti fra “due Spagne” inconciliabili: da un lato, quella della grande proprietà latifondista, della borghesia, della Chiesa, delle forze politiche conservatrici e reazionarie; dall’altro, quella delle masse proletarie dei lavoratori delle campagne e delle fabbriche, dei ceti democratici a loro associati. Fu così che quella che era stata progettata come una “azione lampo” si trasformò in una “guerra civile” che durò tre anni e costò la vita a centinaia di migliaia di persone.

    Sul corso, durata ed esito della Guerra civile spagnola influì in modo determinante la sua internazionalizzazione. L’Italia fascista e la Germania nazista (nonostante la formale adesione al “Patto di non intervento” sottoscritto a Londra il 15 agosto 1936) aiutarono l’esercito di Franco con notevoli forniture di materiali e mezzi militari e con l’invio di “volontari”; mentre la Russia di Stalin intervenne massicciamente a sostegno del fronte repubblicano. Francia, Inghilterra e Stati Uniti, invece, preferirono attenersi ad una politica di neutralità. In soccorso della Repubblica furono molte migliaia gli antifascisti, europei e americani, che si recarono in Spagna per combattere contro l’esercito di Franco dando vita alle “Brigate internazionali”2.

    La guerra civile spagnola fu la prima “guerra totale” in cui lo sviluppo dell’aeronautica militare permise di portare il conflitto in ogni angolo del paese. L’intero territorio della Spagna divenne così un fronte di guerra, e tutta la sua popolazione un obiettivo militare suscettibile di attacchi indiscriminati.

    Il bombardamento aereo di Guernica del 26 aprile 1937, con la conseguente distruzione della città basca, da parte dell’aviazione tedesca con l’appoggio di quella italiana è passato alla storia come un atto emblematico della barbarie nazi-fascista (e non solo) che anticipava le strategie di impiego “terroristico” su larga scala dell’arma aerea nella Seconda guerra mondiale3.

    Tra il 16 e il 18 marzo 1938 la “Aviazione Legionaria Italiana”, con il supporto della tedesca “Legion Condor”, compì una serie di incursioni aeree su Barcellona, bombardando a tappeto la città e causando centinaia di morti e feriti tra la popolazione civile. Il bombardamento era stato ordinato personalmente da Mussolini per dimostrare la forza distruttiva dell’arma aerea dell’Italia fascista4.

    Dopo un alterno andamento della guerra a favore dell’uno o dell’altro dei due fronti, nazionalista-franchista e repubblicano, a partire dal 1938, per effetto della netta superiorità militare del primo (grazie al decisivo aiuto italiano e tedesco) e delle divisioni e lotte interne tra comunisti, socialisti e anarchici del secondo, le sorti della guerra cominciarono a essere sempre più favorevoli ai nazionalisti.

    Il 26 gennaio 1939, Barcellona venne conquistata dai nazionalisti e il 28 marzo Franco entrò trionfante a Madrid. Il primo aprile venne proclamata la fine delle operazioni belliche. Iniziò così in Spagna un regime autoritario e illiberale con Franco dittatore che durerà fino al 1975.

     

    2. La partecipazione dell'Italia fascista

    Rilevante fu il contributo dell’Italia fascista nell’assicurare alle forze nazionaliste guidate da Franco una superiorità bellica nella lotta contro la Repubblica.

    Mussolini, che ambiva a conquistare un ruolo di preminenza nell’Europa mediterranea, inviò in Spagna, nell’arco dell’intero conflitto, più di settantamila soldati, una notevole quantità di materiale bellico (aerei, cannoni e carri armati) e autorizzò l’impiego dell’aeronautica militare e della marina da guerra italiana per il trasporto delle truppe, il bombardamento delle città rivierasche e per il danneggiamento/affondamento “piratesco” delle navi della Repubblica. Alle potenze europee (Inghilterra e Francia, innanzitutto) Mussolini voleva offrire una prova, sia pure indiretta (nell’ambito di una guerra non dichiarata), delle capacità militari dell’Italia fascista5.

    Gli italiani vennero inquadrati nel Corpo Truppe Volontarie (CTV: i “legionari fascisti”). Molti di loro non erano però persone spinte ad aderire alla causa nazionalista spagnola da ideali fascisti o dall’antibolscevismo, ma dalla promessa di alte paghe e/o di avanzamenti nella carriera militare. La maggior parte era convinta che quella guerra sarebbe stata facile e di breve durata. Ma la guerra di Spagna non fu né facile e né breve6.

    Nella “Battaglia di Guadalajara” (dal nome dell’omonima città), tra l’8 e il 23 marzo 1937, si affrontarono in un durissimo scontro, da una parte, l’esercito nazionalista, affiancato dagli italiani del Corpo Truppe Volontarie e, dall’altra, i combattenti della Repubblica, tra i quali gli antifascisti italiani del “Battaglione Garibaldi”, dando vita a quella che è stata definita dagli storici «una guerra civile nella guerra civile»: una drammatica anticipazione di ciò che sarebbe accaduto in Italia dopo l’8 settembre 19437.

    La battaglia, con numerosi morti e feriti in entrambi gli schieramenti, si concluse con il successo difensivo dei repubblicani, che fermarono la manovra di accerchiamento di Madrid da parte dell’esercito nazionalista. La sconfitta del Corpo Truppe Volontarie venne amplificata dentro e fuori la Spagna dalla propaganda filorepubblicana, e costituì un pesante smacco per Mussolini, incidendo sui suoi rapporti con Franco e sull’autonomia operativa dei “legionari”.

    Tra gli eventi bellici di maggior rilievo a cui parteciparono i militari italiani, dopo la “Battaglia di Guadalajara”, è doveroso ricordare:

    • nell’estate del 1937, la “Battaglia di Santander”;
    • nel corso della seconda metà del 1938, la“Battaglia dell’Ebro”;
    • tra il dicembre 1938 e il febbraio 1939, la “Offensiva della Catalogna”.

    La “Battaglia di Santander” fu combattuta tra il 14 agosto e il 1° settembre del 1937 con una serie di operazioni militari che portarono ad una pesante sconfitta delle forze repubblicane che difendevano la città e la provincia di Santander e ad un netto ribaltamento delle sorti della guerra a favore dell’esercito nazionalista8.

    La “Battaglia dell’Ebro” fu la più grande e sanguinosa battaglia della guerra civile che causò decine di miglia di morti e di feriti. Venne combattuta tra il luglio e il novembre 1938 lungo il corso inferiore del fiume Ebro con esiti disastrosi per le forze repubblicane9.

    La “Offensiva della Catalogna” venne condotta dall’esercito di Franco tra il 23 dicembre 1938 e il 13 febbraio 1939 per conquistare Barcellona e il territorio catalano rimasto sotto il controllo delle forze repubblicane fin dall’inizio della guerra civile. L’offensiva dei nazionalisti si concluse con la vittoria di Franco e la sconfitta definitiva della Repubblica10.

     

    3. Una guerra raccontata per immagini

    Una peculiarità della Guerra civile spagnola è stata la grande copertura mediatica a livello internazionale che l’ha accompagnata per tutta la sua durata: i giornali pubblicavano gli articoli dei loro inviati in Spagna; la radio informava quotidianamente i propri ascoltatori sui principali eventi; le riviste illustrate stampavano le fotografie scattate dai numerosi reporter che seguivano sul campo gli opposti schieramenti; nelle sale cinematografiche venivano proiettati i cinegiornali che, con le riprese video e le registrazioni audio, offrivano al pubblico lo “spettacolo” della guerra in atto11.

    I cinegiornali, in particolare, erano un importante strumento di propaganda usato sia dai repubblicani che dai nazionalisti, e dai loro alleati, in una guerra civile che veniva combattuta non solo sui campi di battaglia ma, con un’ampiezza del tutto nuova, anche sul piano ideologico, dando vita ad un «confronto radicalizzato tra due visioni del mondo e della politica» basate sulla contrapposizione tra democrazia e dittatura, tra comunismo e fascismo, tra libertà religiosa e cattolicesimo clericale, tra apertura alla modernità e difesa ad oltranza delle tradizioni12.

    Nei cinegiornali repubblicani veniva dato ampio risalto alla partecipazione e al sostegno delle masse alla lotta contro i nazionalisti, al sentimento anticlericale del popolo spagnolo, alla volontà delle donne di emanciparsi e di dare il loro contributo alla difesa della Repubblica e dei valori che essa rappresentava. Le immagini belliche, per aumentare la solidarietà internazionale, mostravano le terribili conseguenze dei bombardamenti dell’aviazione nemica sulle città e sulla popolazione civile.

    Nei cinegiornali dei nazionalisti prevalevano le sfilate di militari inquadrati nei loro battaglioni, la celebrazione di messe al campo, le manifestazioni di organizzazioni della società civile a difesa della “vera Spagna” contro il comunismo e l’anarchia dei sostenitori della Repubblica. I filmati sottolineavano, in particolare, l’odio e la violenza antireligiosa e anticlericale dei “rossi” ricorrendo a immagini di chiese distrutte o saccheggiate e di cimiteri profanati13. Sul piano militare esaltavano i successi nella conquista delle città e delle provincie del Nord-Est del paese, e, per giustificare la violenza dei bombardamenti aerei dei loro alleati (italiani e tedeschi), sostenevano che essi erano l’inevitabile risposta a quelli (del tutto inventati) delle forze repubblicane, ricorrendo in alcuni casi alla falsificazione della realtà mediante il montaggio ad arte dei filmati14.

     

    4. I cinegiornali Luce nell’archivio storico online dell’istituto

    Per filmare la Guerra civile spagnola l’Italia fascista utilizzò i cineoperatori dell’Istituto Luce. Furono inviati in Spagna per seguire l’avanzata dei nazionalisti e le imprese dei “legionari”. A loro si devono la gran parte delle riprese utilizzate nei cinegiornali italiani proiettati nel corso della guerra15.

    L’archivio storico online dell’Istituto Luce mette a disposizione degli utenti della rete i cinegiornali che contengono filmati sulla Guerra civile spagnola. Contraddistinti da un numero e da una data (possono essere elencati sia in ordine di data crescente che decrescente dal 19 agosto 1936 al 6 ottobre 1939) formano un corpus di immagini consistente e ben organizzato che offre al mondo della scuola una preziosa risorsa didattica per conoscere come il regime fascista mostrava agli italiani quel conflitto. Una rappresentazione manipolatoria della realtà con prevalenti fini propagandistici, che, proprio per questo, necessità di una attenta critica delle fonti.

    Di seguito segnaliamo alcuni cinegiornali scelti tra quelli che meglio rappresentano le diverse strategie comunicative sulla Guerra civile spagnola adottate dal regime fascista (da Mussolini in prima persona) attraverso l’Istituto Luce16.

    Nei cinegiornali datati 1936 e primi mesi del 1937, il conflitto veniva presentato come «evento esclusivamente spagnolo» che non coinvolgeva militarmente l’Italia fascista, nonostante i consistenti aiuti inviati da Mussolini alle forze nazionaliste; aiuti che, almeno in questa prima fase della guerra civile, non potevano essere pubblicizzati avendo l’Italia sottoscritto il “Patto di non intervento” (Londra, 15 agosto 1936). Risultava, però, evidente la forte vicinanza politico-ideologica del fascismo all’insurrezione antirepubblicana che si esprimeva nell’utilizzo dei temi e delle parole d’ordine della propaganda nazionalista-franchista.

    Ne sono un esempio:

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 2Fig.2: spagnoli in fuga dai “comunisti” - agosto 1936. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale Fonte• il servizio inserito nel cinegiornale Luce datato 19 agosto 1936, numero B/B0939, Alcuni episodi della guerra civile spagnola, dove lo speaker commentava le immagini con queste parole: «la rivoluzione divampa in tutte le provincie e la lotta ad oltranza tra la vera Spagna, la Spagna dalle grandi tradizioni, è stata dichiarata contro il governo di Madrid ormai impotente di tenere a freno i partiti estremisti che vogliono portare il paese verso il comunismo. […] Molti sacerdoti cercano scampo con la fuga di fronte alla fobia religiosa dei comunisti»;

     

     

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 3Fig.3: l’Alcázar (Toledo) messa a ferro e fuoco dai “rossi” – ottobre 1936. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale Fonte• quello sulla Entrata dei nazionalisti a Toledo (cinegiornale del 21/10/1936, numero B/B0978), dove le immagini di distruzione dell’Alcazar erano così introdotte dalla voce del commentatore: «messa a ferro e fuoco dai rossi prima della ritirata dinanzi all’impeto vittorioso delle schiere nazionali che hanno liberato la città dopo tre giorni di accaniti combattimenti»;

     

     

     

     

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 4Fig.4: esodo della popolazione civile da Irun (Paesi Baschi) per “sfuggire alle barbarie dei rossi” – novembre 1936. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale Fonte• il servizio sull’Esodo della popolazione civile da Irun (cinegiornale del 18/11/1936, numero B/B0994) che veniva presentato, con un evidente ribaltamento della realtà, come una fuga precipitosa verso la frontiera francese degli abitanti della città basca per «sfuggire alle barbarie dei rossi che costretti a ritirarsi dinnanzi all’irresistibile avanzata dei nazionali mettono a ferro e fuoco la città».

     

     

     

     

     

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 5Fig.5: manifestazioni di entusiasmo popolare per la conquista di Santander da parte dei nazionalisti di Franco. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale settembre 1937 FonteGUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 6Fig.6: avanzata delle truppe nazionaliste sul fronte della Catalogna – gennaio 1939. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale FonteA partire dall’estate del 1937, Mussolini, «incoraggiato dalla connivenza del governo conservatore britannico, dalle timidezze e dai timori di Leon Blum e dall’inerzia della Società delle Nazioni», abbandonò, a livello comunicativo, ogni reticenza sui suoi aiuti militari ai nazionalisti di Franco, e, conseguentemente, l’Istituto Luce moltiplicò i propri servizi sulla Guerra civile dove veniva dato ampio risalto all’intervento italiano17. E questo, soprattutto, in occasione della “Battaglia di Santander” (14 agosto – 1° settembre 1937), al cui esito positivo contribuirono i “legionari” italiani con un notevole impiego di uomini e mezzi.
    Si vedano i filmati: L’offensiva delle camicie nere a Santander; L’occupazione della città; L’entusiasmo per la conquista di Santander).

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 7Fig.7: sfilata ad Alicante delle truppe falangiste vittoriose – aprile 1939. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale FonteI cinegiornali Luce del 1938 e dei primi mesi del 1939 mostravano, da un lato, la progressiva avanzata dell’esercito di Franco (supportato dagli alleati, con gli italiani in prima fila) per la conquista dell’intero territorio spagnolo, e, dall’altro, la crisi inarrestabile delle forze repubblicane, il crollo finale della Repubblica e la conclusione della guerra civile.
    Tra i cortometraggi, segnaliamo: Episodi della guerra civile spagnola (B/B1278, 30/03/1938); La fuga dei repubblicani della guerra di Spagna (B/B1290, 20/04/1938); Fronte di Catalogna - Battaglia dell’Ebro – Episodi conclusivi (B/B1325, 22/06/1938); L'avanzata dei nazionalisti sul fronte di Catalogna (B/B1442, 11/01/1939); La sfilata delle truppe falangiste vittoriose(B/B1496, 19/04/1939).

     

     

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 8Fig.8: inaugurazione a Roma di un monumento ai caduti della Guerra di Spagna – settembre 1938. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale FonteI cinegiornali Luce non si limitavano agli eventi bellici ma comprendevano anche filmati sulle cerimonie pubbliche dedicate ai combattenti della Guerra di Spagna, dove una liturgia collaudata “copriva” la tragica realtà della guerra e celebrava il regime fascista e i nazionalisti di Franco.
    Ne sono un esempio i cortometraggi girati in occasione delle cerimonie per onorare i volontari italiani e i caduti.
    Tra questi: Celebrazioni in onore dei volontari italiani in Spagna, 18/11/1937; L'inaugurazione al Campo Mussolini del monumento ai caduti per la Spagna, 08/09/1938.

    Nei mesi immediatamente successivi alla conclusione della guerra civile, i cinegiornali italiani si soffermavano, in particolare, sulle accoglienze festose riservate ai reduci che ritornavano in patria: I legionari ritornano in Italia(B/B1525, 07/06/39); I reduci della guerra di Spagna (B/B1527, 07/06/1939); I reduci italiani – Il trionfale ritorno in patria degli aviatori legionari (B/B1532, 21/06/1939).

    GUERRA CIVILE SPAGNOLA ARTICOLO HL IMMAGINE 9Fig.9: accoglienza al porto di Genova dei reduci della Guerra di Spagna – giugno 1939. Archivio storico online Istituto Luce – Cinegiornale FonteNell’imminenza della conflagrazione del Secondo conflitto mondiale, la Guerra civile spagnola, con il suo esito vittorioso, veniva presentata come una dimostrazione di forza e un evento ben augurante per le sfide internazionali a cui l’Italia fascista si sentiva chiamata.

    Sarà il conflitto mondiale a riportare gli italiani alla dura realtà di un paese impreparato ad affrontare, per l’inadeguatezza delle dotazioni militari, le limitate capacità industriali e le scarse risorse economico-finanziarie, una grande guerra “moderna” sia in Europa che in Africa.

     

     

     


    Note

    1 Sulla guerra civile spagnola: Gabriele Ranzato, La guerra di Spagna, Giunti, Milano, 1995; dello stesso autore, L'eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini 1931-1939, Bollati Boringhieri, Torino, 2004; Antony Beevor, La guerra civile spagnola, Rizzoli, Milano, 2006; Paola Lo Cascio, La guerra civile spagnola. Una storia del Novecento, Carocci, Roma, 2013; Daniela Aronica (a cura di), Mussolini alla Guerra di Spagna: uomini, mezzi, propaganda, Ibis, Como – Pavia, 2018. In rete: Walter L. Bernecker, Die internationale Dimension des Spanischen Bürgerkrieges: Intervention und Nichtintervention, Nürnberg, 1996; Paul Preston, I teorici dello sterminio: le origini della violenza nella Guerra civile spagnola, in «Spagna contemporanea», 2010, n. 37; Matteo Tomasoni, Enrico Acciai e Edoardo Grassia (a cura di), «Spagna Anno Zero»: la guerra come soluzione, in «Diacronie», n. 7, 3 / 2011; Giulia Medas, La guerra civile spagnola nella recente storiografia, in «RiMe», n. 9, 2012; Marcello Raffa, Dalla “storiografia militante” alla “storiografia liberata”: la guerra civile spagnola, in «Humanities», Anno V, Numero 10, Dicembre 2016.

    2 Per un approfondimento sulle “Brigate internazionali”: i materiali e le guide didattiche sul sito del International Brigade Memorial Trust (IBMT).

    3 Sul bombardamento aereo di Guernica: la voce dell’edizione in lingua inglese di Wikipedia Bombing of Guernica; la ricostruzione animata dell’evento El bombardeo de Gernika, 2011.

    Per un approfondimento: Alberto Rosselli, Breve storia dell’Aviazione Legionaria Italiana in Spagna; Jonathan Pieri, In difesa del fascismo? Le motivazioni dei volontari dell’Aviazione Legionaria in Spagna (1936-1939), in «Spagna contemporanea», n. 63, a. XXXII, 2023; Xavier Domènech Sampere, Laura Zenob, Quan Plovien Bombes. I bombardamenti italiani e la città di Barcellona durante la guerra civile, in «Spagna contemporanea», n. 31, a. XVI, 2007.

    5 AA.VV., La partecipazione italiana alla guerra civile spagnola, Atti seminario, Gernika Peace Museum, 2023

    6 Sull’argomento: Gabriele Ranzato, Volontari italiani in Spagna, in “Spagna per l’idea fascista. Legionari trentini nella guerra civile spagnola (1936-1939”, Museo Storico Italiano della Guerra, 2008; Aymeric Lopez, Italiani in Spagna 1936-1937: Corpo Truppe Volontarie (C.T.V.), Soldiershop, 2022.

    7 Batalla de Guadalajara (1937), in «Wikipedia» edizione in lingua spagnola; Valentina Catelan, Incontro tra fascisti e antifascisti italiani durante il conflitto spagnolo: la battaglia di Guadalajara, in «Diacronie”, n. 7, 3 / 2011; Leonardo Pompeo D’Alessandro, Guadalajara 1937. I volontari italiani fascisti e antifascisti nella Guerra di Spagna, Carocci, Roma 2017.

    8 Batalla de Santander in «Wikipedia» edizione in lingua spagnola.

    9 Batalla del Ebro, in «Wikipedia» edizione in lingua spagnola. Il sito web del “Consorcio Memorial de los Espacios de la Batalla del Ebro” contiene materiali didattici open access Recursos pedagògics.

    10 Ofensiva de Cataluña, in «Wikipedia» edizione in lingua spagnola.

    11 Luisa Cigognetti, Guerra civile spagnola e mercato dei media, in «Storicamente», 4 (2008); «La Guerra civile spagnola costituisce uno dei primi conflitti rappresentati in maniera moderna, utilizzando non solo nuovi mezzi tecnici a disposizione (si pensi all’avvento del cinema sonoro in quegli anni e ai nuovi modelli di macchina fotografica), ma anche nuovi modelli narrativi di presentazione degli eventi. Queste trasformazioni determinano la nascita di nuove figure, nuovi testimoni-narratori dell’evento, capaci di dar vita a immagini-simbolo: fotografie, riprese ciematografiche, manifesti o tele che trascendono la situazione referenziale in cui sono nate per trasformarsi in icone di tutto un evento o addirittura della più generale condizione umana» (Simona Miglietta, La Guerra civile come rappresentazione nella produzione cinematografica e fotografica franchista dal 1936 al 1939, in «Spagna contemporanea», n. 39, a. XX, 2011, p. 118).

    12 Pierre Sorlin, Immagini in movimento: guerra, cinema e televisione, in Peppino Ortoleva e Chiara Ottaviano (a cura di), Guerra e mass media, Liguori Editore, Napoli, 1994, pp. 229-242; Luisa Cigognetti e Pierre Sorlin, Quando si parla della guerra civile spagnola. Immagine e rappresentazione (1936-1939), pp. 14-26, e Adolfo Mignemi, Tecniche e strategie della comunicazione politica nella guerra civile spagnola, pp. 176-202, in AA.VV., Immagini nemiche. La guerra civile spagnola e le sue rappresentazioni (1936-1939)”, IBC Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Bologna, 1999; Daniela Aronica e Andrea De Michele, Introduzione alla mostra “Fu la Spagna! Lo sguardo fascista sulla guerra civile spagnola”, Roma, 5 ottobre – 18 novembre 2018; Anna Scicolone, La rappresentazione della Guerra civile spagnola nei notiziari cinematografici, tesi di dottorato, Università degli Studi della Tuscia di Viterbo.

    13 «Nella produzione cinematografica del periodo bellico [...] le telecamere franchiste non prestarono attenzione alle vicende della vita quotidiana, come avveniva invece nelle produzioni repubblicane, ma privilegiarono gli eventi militari, politici e religiosi, affrontando pochi ma ricorrenti temi che coincidevano con il repertorio linguistico della propaganda orale: la fede, la vocazione cristiana del paese, la tradizione e la restaurazione dei valori eterni. Costante il riferimento al passato glorioso, storico o culturale, per promuovere una determinata idea di grande efficacia retorica: il destino della Spagna caratterizzato da una sorta di missione predestinata di cui il franchismo si faceva portavoce» (Simona Miglietta, La Guerra civile come rappresentazione nella produzione cinematografica e fotografica franchista dal 1936 al 1939, in «Spagna contemporanea», n. 39, a. XX, 2011, p. 108).

    14 «Per contrastare le “versioni” repubblicane sui bombardamenti, i franchisti si servirono anche loro del cinema. In alcuni servizi sostennero che le distruzioni e le macerie di Madrid e Barcellona erano conseguenza di una rappresaglia necessaria contro i bombardamenti che i repubblicani avrebbero operato a Siviglia (cosa poco credibile vista la debolezza dell’aviazione lealista). Ricorsero allora al tipo di menzogna che consente il cinema: fecero montaggi nei quali immagini girate in città ancora in mano ai repubblicani sembravano provenire dalla parte nazionalista. Per esempio, in mezzo a riprese fatte in un quartiere distrutto, venivano inserite riprese fatte in una città conquistata dai franchisti, nella quale si vedevano le divise nere della Falange: non solo il montaggio dava l’impressione che anche la parte nazionalista era stata bombardata ma, soprattutto, faceva sì che gli spettatori non riuscissero a riconoscere l’origine di quelle immagini raccapriccianti» (Luisa Cigognetti e Pierre Sorlin, Quando si parla della guerra civile spagnola. Immagine e rappresentazione (1936-1939), p. 23, op.cit.).

    15 Nel novembre 1936 l’Italia aprì in Spagna un “Ufficio Stampa e Propaganda” che aveva tra i propri compiti quello di filmare la guerra civile tramite i cineoperatori dell’Istituto Luce. Sull’Istituto Luce e sulla sua attività foto-cinematografica, i miei articoli in «Historia Ludens»: L’immaginario coloniale. L’Africa nelle fotografie dell’Istituto Luce; La Campagna di Russia 1941-1943. Propaganda e mistificazione nei cinegiornali Luce.

    16 Daniela Aronica, La guerra civil española en el cine de no ficción de la Italia fascista, in AA.VV., La partecipazione italiana alla guerra civile spagnola, Atti seminario, Gernika Peace Museum, 2023, pp. 258-265.

    17 Mino Argentieri, L’Occhio del regime. Informazione e propaganda nel cinema del fascismo, Vallecchi editore, Firenze, 1979, pp. 132-133.

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