di Luigi Cajani
Insegnamento identitario e insegnamento scientifico della storia
Una delle questioni fondamentali dell’insegnamento della storia è quella delle sue finalità, fra obiettivi identitari e obiettivi scientifici, due approcci contrastanti che si concretizzano in due modelli di curricolo. Nel primo modello la selezione e la presentazione dei contenuti è finalizzata alla formazione di una identità collettiva nazionale, compito questo che la storia ha avuto quando a metà dell’Ottocento venne inserita stabilmente nel canone scolastico negli Stati europei, e poi ovunque nel mondo; nel secondo modello, invece, che ha cominciato a diffondersi dopo la Seconda guerra mondiale partendo dall’ideale antinazionalistico e pacifista promosso fra gli altri dall’UNESCO, l’obiettivo è la formazione del pensiero critico, basato sull’epistemologia della storia, sull’approccio multiprospettico e sulle più recenti acquisizioni della ricerca, lasciando lo sviluppo dell’identità alla sua dimensione individuale. Uno sguardo alla situazione mondiale attuale mostra una prevalenza del modello nazionale identitario, soprattutto perché è considerato un instrumentum regni per mettere in atto politiche di controllo sociale.
Fig.1: Ernesto Galli della Loggia, Loredana Perla, Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo, Brescia, Morcelliana Scholé, 2023, pp. 117, 14 euro. La battaglia dei curricoli
Tale questione ha attraversato negli anni scorsi la stesura dei vari programmi di storia italiani, influenzati sia dallo stato della storiografia italiana, poco impegnata nella ricerca in storia mondiale, sia da scelte ideologiche che hanno caratterizzato le alterne vicende politiche. La Commissione De Mauro stilò nel 2001 un curricolo integrato di storia, geografia e scienze sociali per la scuola di base (cioè, l’insieme delle precedenti scuola elementare e media), che superava i limiti del tradizionale orizzonte eurocentrico ampliandolo alla dimensione mondiale, orizzonte ormai consolidato nella ricerca internazionale. La motivazione degli autori di quel curricolo era appunto puramente scientifica, ma la loro scelta fu oggetto di forti critiche, sia politiche che accademiche, queste ultime trasversali alla destra e alla sinistra, da parte di chi riteneva che insegnando anche la storia mondiale si sarebbe pregiudicata la valorizzazione dell’identità culturale italiana ed europea1.
La riforma generale della scuola, di cui quel curricolo faceva parte, non fece in tempo ad entrare in vigore, perché venne subito cancellata dal governo Berlusconi, costituito dopo la vittoria della coalizione di centro-destra nelle elezioni politiche di quello stesso anno. Il nuovo curricolo per lo stesso ordine scolastico, promulgato dal ministro Moratti nel 2003, abbandonava la dimensione mondiale e si ispirava dichiaratamente a una visione dell’identità spirituale e materiale dell’Italia e dell’Europa basata sulla tradizione classica e su quella giudaico-cristiana.
Nel 2006 fu la coalizione di centro-sinistra a vincere le elezioni politiche, e il ministro Fioroni abolì il curricolo Moratti per sostituirlo con uno dall’impostazione del tutto diversa, che riprendeva le motivazioni scientifiche del curricolo De Mauro ma affrontava anche la realtà del contesto multiculturale italiano e dei conflitti identitari ad esso collegati. Il nuovo curricolo affermava infatti che non era più il tempo di dare alla scuola il compito di formare cittadini nazionali con una cultura omogenea, ma che bisognava invece fornire agli studenti gli strumenti della scienza storica per valorizzare le diversità di ognuno, e contrastare in tal modo le rivendicazioni identitarie. La dimensione italiana ed europea era centrale, ma veniva di nuovo inserita nel contesto mondiale.
Nel 2008 la coalizione di centro-destra vinse le elezioni. Il ministro Gelmini si occupò dei nuovi curricoli per le scuole superiori, cui diede un taglio nettamente eurocentrico, mentre non toccò quello per il primo ciclo, che passò al ministro Profumo, membro di un governo tecnico insediatosi nel 2011. Questi revisionò il curricolo Fioroni, mantenendone l’impianto ma aggiungendovi una nota identitaria in una premessa che esaltava il patrimonio culturale italiano e il significato particolare che la sua ricchezza dà all’insegnamento della storia in Italia. E questo è il curricolo attualmente in vigore2.
Identità e appartenenza per formare nuovi italiani
Il volumetto scritto da Ernesto Galli della Loggia e da Loredana Perla si inserisce nel dibattito sul senso dell’insegnamento della storia, schierandosi, come annuncia il titolo, su posizioni identitarie. I primi due capitoli sono opera di Galli della Loggia, il quale, dopo aver fatto un’ampia discussione del concetto di identità, presenta il testo di un vero e proprio curriculo di storia e geografia per la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. Con esso l’autore riprende e porta a compimento quanto aveva iniziato alcuni anni fa, nel 2019, col volume L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la scuola (Venezia, Marsilio), nel quale aveva attaccato aspramente il curricolo Profumo, accusandolo di imporre “un’enciclopedica visione mondiale intrisa di multiculturalismo, espressamente mutilata di qualsiasi funzione identitaria”.
In questo nuovo testo Galli della Loggia difende il concetto di identità collettiva dai suoi detrattori, che la considerano un concetto reazionario, e afferma invece che essa è il frutto in divenire di una storia e insieme di una geografia che portano al sedimentarsi della tradizione e allo sviluppo di caratteristiche uniche di una certa comunità. Questa identità – a suo avviso – traccia una linea di distinzione, ma non di esclusione, rispetto all’alterità. La scuola ha il compito primario di sviluppare questo senso di appartenenza e di identità, il che significa in particolare, in una fase storica caratterizzata dall’immigrazione, creare i nuovi italiani.
Galli della Loggia si trova qui di fronte a una spinosa contraddizione: “Non bisogna nascondersi – egli scrive infatti – … un problema: e cioè se sia lecita l’acculturazione forzata all’«italianità» che in qualche modo verrebbe così imposta a giovani provenienti da culture diverse, anzi per lo più diversissime, da quella italiana. […] Noi oggi … siamo convinti che ogni persona abbia una sorta di diritto naturale a mantenere integri la propria identità antropologica, la propria storia, i propri costumi, la propria religione, e ci sembra che ogni aspetto della nostra civiltà il quale tenda a mettere in discussione queste cose costituisca un’insopportabile manifestazione di arroganza eurocentrica” (pp. 42-43). A queste considerazioni Galli della Loggia risponde però con la seguente obiezione: “se la scuola deve perseguire l’obiettivo dell’inclusione, in che cosa mai dovranno essere inclusi i giovani immigrati o figli di immigrati se non in un ambiente italiano e per ciò stesso necessariamente in buona misura italocentrico?” (pp. 44).
La critica al curricolo attuale
Qual è allora la via che indica Galli della Loggia per la creazione di un’identità collettiva che faccia i conti con un’immigrazione multiculturale? Non certo la scelta di “spogliarsi volontariamente di un ovvio nesso forte con la specificità del proprio Paese per abbracciare il mondo” (p. 44), come fa il curricolo attuale. A cui Galli della Loggia rimprovera anche un’errata impostazione didattica, perché obbliga bambini di sei-sette anni, che hanno ancora una confusa nozione del tempo, ad affrontare “il processo di ominazione” (che però, contrariamente a quanto lui pensa, si studia non in prima ma in terza elementare, cioè a otto-nove anni), e passa poi ai Sumeri, agli Assiri, ai Micenei e così via, sicché i bambini conoscono popoli lontanissimi nel tempo e nello spazio, ma non l’Italia. Egualmente critico è Galli della Loggia nei confronti dei “quadri di civiltà” e dei “temi che riguardano l’insieme dei problemi della vita umana sul pianeta” (p. 47), perché con essi il curricolo cerca di far entrare in testa a dei bambini nozioni e concetti del tutto astratti, mentre bisogna partire da ciò che è loro più vicino nel tempo e nello spazio, e quindi più comprensibile. Il metodo didattico, insiste poi Galli della Loggia, deve essere quello narrativo. L’insegnamento della storia, infatti, non deve ridursi a un’insieme di informazioni tratte dall’economia e dalle scienze sociali, ma deve basarsi sulla narrazione, perché essa è il tratto “originale e originario” (p. 49) della storia. Inoltre, la narrazione “permette a chi insegna di stabilire un contatto vitale e fecondo con chi apprende e quindi fargli accogliere con una disposizione favorevole ciò che ascolta” (p. 50): parole in cui risuona l’eco della visione gentiliana dell’insegnamento quale rapporto diretto fra docente e discente, arte e non tecnica.
Epica classica, romanzi risorgimentali e il Canto degli Italiani per avviare un curricolo alternativo
Vediamo adesso come queste idee si concretizzano nel curricolo di storia e geografia, che rappresenta la parte centrale e caratterizzante di questo volumetto (pp. 52-54).
Nella prima classe per quanto riguarda la storia è previsto il “racconto a mo’ di favola dell’Iliade, dell’Odissea e dell’Eneide, con lettura di brevi passi e una generica contestualizzazione”, mentre per la geografia si parte dal luogo dove si trova la scuola. In seconda si passa dalla mitologia classica alla storia: “Come l’Italia è diventata un solo Paese. Storia romanzata ma non troppo del Risorgimento italiano”, attraverso letture della memorialistica sulle Cinque Giornate di Milano, sulla Repubblica Romana e sulla Spedizione dei Mille, nonché l’apprendimento a memoria dell’Inno di Mameli, ovviamente accompagnato dalla storia e dalla spiegazione del testo. Per la geografia è prevista l’illustrazione da parte degli alunni della loro esperienza dell’Italia, in particolare attraverso i viaggi, e un primo approccio all’educazione civica, con il concetto di elezione e di “chi comanda nel mio Comune”.
Fig.2: il testo di Costanzo Rinaudo sugli eroi e i grandi uomini della storia italiana Ritorno all'Ottocento
Ecco così fissati nei primi due anni gli elementi fondamentali dell’identità italiana: l’epica classica e il Risorgimento, che è posto all’inizio dell’esperienza che gli alunni fanno della storia. Una scelta simile, al di fuori del criterio cronologico, la troviamo nei programmi delle elementari del 1888 e in quelli del 1894, quando peraltro il Risorgimento veniva studiato non in seconda ma in terza elementare. La scelta di questa collocazione era legata al fatto che con il superamento dell’esame di terza elementare si accedeva al diritto di voto (naturalmente allora molto limitato), sicché era logico che si facesse studiare prima di tutto la recente vicenda politica dell’Italia, sostanzialmente come forma di educazione civica. Lo studio in terza elementare della storia italiana dal 1848 a quelli che erano di volta in volta i “giorni nostri” venne mantenuto nei successivi programmi fino a quelli del 1934, e venne abbandonato solo dopo la fine del Fascismo coi programmi del 1945, quando in terza elementare venne introdotto l’approccio cronologico a partire dall’antichità, approccio che è stato mantenuto fino ad oggi. Questo ritorno al passato proposto da Galli della Loggia serve dunque a enfatizzare il valore identitario del Risorgimento.
Un normale curricolo cronologico
Il curricolo di storia vero e proprio inizia in terza elementare e prosegue seguendo il normale ordine cronologico. Si va così dalle “civiltà mediterranee dell’antichità” alla Grecia fino alla conquista dell’Italia da parte di Roma, mentre per la geografia si parla della forma dell’Italia e di informazioni sull’Europa. Il quarto e il quinto anno sono interamente dedicati alla storia romana e alla nascita del Cristianesimo: questi temi hanno così uno spazio molto maggiore di quello che hanno nella pratica didattica, e dunque nella visione di Galli della Loggia assumono un ruolo centrale nella costruzione identitaria.
Accanto ai vari temi di taglio storiografico, ad esempio “come a Roma si decideva e chi comandava”, o “come si viveva e si combatteva”, uno è esplicitamente identitario: “che cosa ci hanno lasciato i Romani”. Ci sono poi “letture guidate” di opere di Cesare e Catullo, e del rescritto di Adriano (quello che poneva dei limiti garantisti alla repressione dei cristiani). Fra i temi della geografia compaiono proprio i succitati “processi di ominazione” (evidentemente per Galli della Loggia in questo momento l’età è quella giusta) e i problemi legati alla “sopravvivenza dell’uomo, delle specie animali e dell’ambiente naturale”.
Nei successivi tre anni, quelli della Scuola secondaria di primo grado, il curricolo di storia proposto da Galli della Loggia procede sostanzialmente con la stessa scansione cronologica attuale, lungo un elenco che inizia con il “Medio Evo europeo tra Chiesa e Impero”, passa attraverso varie tappe della storia moderna, fra cui la Riforma protestante, l’Assolutismo e la Rivoluzione francese, e della storia contemporanea, fra cui “le due guerre mondiali” e la “dislocazione del potere mondiale verso l’Asia”, per concludersi con la storia italiana: “l’esperienza politica dell’Italia dal fascismo alla Repubblica fino all’inchiesta di Mani Pulite”. Si tratta dunque di un normale curricolo eurocentrico, senza il chiaro carattere identitario che ci si aspetterebbe, date le premesse. Anche il curricolo di geografia segue uno schema consolidato, passando di anno in anno dall’Italia all’Europa e infine al mondo.
Identità contro globalismo e multiculturalismo
I due capitoli seguenti sono opera di Loredana Perla. Anche lei si confronta con le sfide poste dalla trasformazione multiculturale della società italiana, e attacca la politica ministeriale, che, rinunciando all’identità italiana “in omaggio alle letture globaliste e multiculturali, ha creato un vulnus psicopedagogico nella formazione delle nuove generazioni” (p. 59). E anche lei critica sul piano didattico le attuali Indicazioni nazionali ministeriali per il curricolo, perché impongono un orizzonte astratto e obiettivi irrealizzabili: “collocare il punto di vista dei bambini in una prospettiva mondiale pensando che questa li aiuti a costruire relazioni col «locale» è, didatticamente, un controsenso” (p. 65).
Fig.3: L’Elogio di Franti nella raccolta di saggi Diario Minimo, di Umberto EcoCuore e Pinocchio: due libri per l’educazione nazionale odierna
Come si insegna, dunque, l’identità italiana? L’autrice suggerisce una serie di esempi: raccogliendo documenti e testimonianze della propria famiglia (ma che fare se questa non è di origine italiana?); studiando le strade consolari romane (di nuovo la centralità di Roma); osservando il paesaggio, la fauna e la flora; e coltivando il patriottismo costituzionale.
Ma il centro, e la specificità, della proposta di Perla è rappresentato dall’inserimento nell’insegnamento di due libri un tempo famosi, Cuore di Edmondo de Amicis e Pinocchio di Carlo Collodi, sui quali lei si sofferma per molte pagine. Cuore è oggi dimenticato, stroncato dai sessantottini e in particolare da Umberto Eco con il suo Elogio di Franti, i quali in tal modo - secondo Perla - hanno contribuito al crollo del rango sociale della scuola e degli insegnanti. Lo specifico valore educativo di Cuore – sostiene Perla – sta nel fatto che “crollate tutte le ideologie i suoi contenuti possono aiutare a riscoprire i valori essenziali di cittadinanza (lealtà, generosità, responsabilità) e testimoniarli con buoni esempi agli occhi di chi nasce oggi” (p. 98). Inoltre, Cuore è un “modello di educazione nazionale di rara chiarezza” (p. 100), sia per la sua attenzione al patrimonio, sia per il suo valore etico e civico, perché ribalta l’immagine dell’italiano come “geneticamente polemico, lagnoso e pusillanime” (p. 101).
Pinocchio è agli occhi dell’autrice “il libro per antonomasia dell’identità italiana” (p. 103), metafora della crescita civile dell’Italia unita, che iniziava quando il libro fu scritto e che oggi non si è conclusa positivamente: “Oggi l’Italia è un paese ‘vecchio’ – afferma Perla – cresciuto male, bisognoso di riscoprire le ragioni della sua storia” (pp. 103-104). Ai giovani di oggi, che hanno “bisogno di autorità e di eccellenza” (p. 109), Pinocchio propone il recupero del rapporto intergenerazionale, oggi in crisi: “Non si diventa adulti «uccidendo i padri» ma «salvandoli», salvando cioè il rapporto intergenerazionale, il passato, la storia, la tradizione” (p. 107). Ma – aggiunge l’autrice avviandosi alla conclusione – rileggere Pinocchio non serve solo ai giovani, bensì anche ai loro genitori e agli insegnanti, per “avviare quel percorso urgente di revisione di alcuni principi ereditati da una certa ideologia degli anni ’60 le cui ricadute in campo educativo … hanno fortemente contribuito a logorare il nesso che nella storia dell’educazione ha sintonizzato il «principio del piacere» col «principio di realtà», sortendo quello straordinario effetto di rottura fra istanze un tempo dialettiche: fra dovere e gioco, fra libertà e autorità, fra regola e spontaneità, fra estetica ed etica” (pp. 111-112). Il suo obiettivo non sono qui tanto gli immigrati, quanto gli italiani da varie generazioni.
Perla completa così con una proposta letteraria quella fatta da Galli della Loggia, convergendo sullo stesso obiettivo civico ed etico: l’identità italiana si deve basare sulla conoscenza di alcuni eventi e personaggi storici, dell’ambiente e del patrimonio, e insieme su un rinnovato rapporto fra giovani e adulti basato sul rispetto dell’autorità.
Fig.4: Il Risorgimento narrato ai fanciulli Sull'originalità e su alcune carenze
Questa proposta di Galli della Loggia e Perla mostra una serie di carenze e un aspetto originale.
Le carenze riguardano il curricolo di storia e geografia. Solo nella scuola primaria la storia ha un chiaro carattere identitario, con l’epica classica e i racconti risorgimentali dei primi due anni e soprattutto con la grande presenza di Roma e della nascita del cristianesimo nei tre anni successivi. Ma poi il curricolo perde questo carattere, presentandosi come un elenco di nozioni niente affatto originale e privo di indicazioni su come valorizzare eventi e personaggi, nonché elementi del territorio e del patrimonio, in modo da costruire l’inconfondibile discorso dell’identità italiana, distinguendola fra l’altro da quella di altri Stati europei. Un curricolo di insegnamento, infatti, non è fatto solo di elenchi di nozioni, ma anche di irrinunciabili indicazioni metodologiche e culturali che ne definiscono il senso e la pratica. E per tornare alla questione attuale, quella della nazionalizzazione dei nuovi italiani, sarebbe stato necessario che Galli della Loggia chiarisse in che modo l’auspicata inclusione può essere diversa dall’ormai inaccettabile acculturazione, e su questo chiarimento formulare una proposta didattica concreta. Questa contraddizione invece rimane qui irrisolta.
L’aspetto originale è rappresentato dal ritorno a Cuore e a Pinocchio, proposto da Perla. Ma l’ampia argomentazione con cui lei sostiene questa sua proposta non spiega la cosa essenziale, e cioè in che modo la lettura di questi due classici possa realizzare il vasto programma di contrastare gli esiti della cultura sessantottina che, a giudizio dell’autrice, dominano fra giovani e adulti, e tornare così al buon tempo antico.
Il dibattito sugli obiettivi dell’insegnamento della storia è sempre più attuale e vivace, e si sta ripresentando con forza anche in Europa occidentale, stimolato in particolare dalle sfide poste dall’immigrazione extraeuropea, dando luogo a proposte complesse e approfondite su entrambi i fronti. Con tutti i suoi limiti, quest’opera dà comunque un’idea di alcune delle proposte che circolano in Italia sul fronte identitario, che possono essere messe a confronto con le proposte che vengono da chi sostiene invece un approccio scientifico all’insegnamento della storia, senza torsioni politiche e identitarie3.
Note
1 Luigi Cajani, La storia mondiale e la scuola italiana. Cronaca della Commissione De Mauro, in Antonio Brusa, Luigi Cajani (a cura di), La storia è di tutti, Roma, Carocci, 2008, pp. 248-285 https://www.carocci.it/prodotto/la-storia-e-di-tutti.
2 Luigi Cajani, I recenti programmi di storia per la scuola italiana, in “Laboratorio dell’ISPF”, XI, 2014, pp. 2-25 http://www.ispf-lab.cnr.it/2014_205.pdf.
3 Segnalo solo, fra i molti testi, due opere di Lando Landi: Insegnare la storia ai bambini, Roma, Carocci, 2006, e (a cura di) Di chi è questa storia? Proposte didattiche per le classi multiculturali, Roma, Carocci Faber, 2010.