di Joan Santacana Mestre
Da qualche decennio ho iniziato a lavorare all’insegnamento/apprendimento della Storia in un nuovo campo, che ho chiamato “Didattica dell’oggetto”. Il motivo è semplice: la mia formazione accademica nel campo dell’archeologia. Per questa disciplina, infatti, è fondamentale saper interrogare gli oggetti.
Uno dei grandi temi in sospeso dell’insegnamento della storia è l’abbeverarsi dalle fonti. La storia viene spesso insegnata nelle scuole e nelle università come un piatto precotto. Sembra che lo storico – o gli insegnanti – lo preparino nella loro cucina e lo studente possa solo mangiarlo o rifiutarlo senza sapere come sia stato cucinato. È per questo motivo che propongo di utilizzare come fonti storiche, degli oggetti concreti.
Siamo circondati da oggetti. Sono fonti significative, mostrano come siamo. Sopravvivono e parleranno di noi anche quando non ci saremo più. Sono fonti di storia.
Come tutti coloro che si dedicano all’insegnamento a bambini/e, così come a ragazzi/e, abbiamo ben presto scoperto che gli oggetti hanno un potere enorme. Abbiamo scoperto qualcosa di ovvio per un insegnante: si impara sempre dal semplice al complesso, dal concreto all’astratto. Maria Montessori e Ovide Decroly sono venuti in nostro aiuto.
Per questo, nel corso di alcuni decenni, dalla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Barcellona abbiamo promosso una linea di ricerca didattica che ci collega naturalmente ai musei. I nostri musei, anche i più piccoli, sono grandi magazzini di oggetti. Possono avere allestimenti buoni o meno buoni, possono essere più o meno attraenti ma gli oggetti dai quali è possibile capire il passato ci sono. E per questo motivo abbiamo scritto libri e articoli.
Negli ultimi anni ho visto con soddisfazione che rinomati ricercatori hanno affrontato lo stesso argomento con grande successo e precisione. È il caso di Neil McGregor nella sua insuperabile opera The History of the World in 100 Objects, in cui, da buon conoscitore del British Museum da lui diretto, ha scelto cento oggetti fondamentali (è stata tradotta in italiano da Adelphi nel 2015). L'idea era straordinaria e fertile. Anche se McGregor non ha concentrato il suo lavoro con un occhio alla didattica ma alla museologia, oggi sappiamo che il Museo e la Scuola sono partner nello stesso compito educativo. Ho potuto verificare, lavorando con molti insegnanti, sia in Europa che in America, nel corso di talk, lezioni, master e convegni, che le loro difficoltà nel praticare questa didattica risiedevano proprio nella mancanza di una grande “banca” di oggetti studiati in modo didattico. È questo che cerco di fare nel mio sito, dal quale presenterò cinque oggetti, uno per ciascuna delle epoche nelle quali solitamente è diviso il programma scolastico.
Prima di trattare concretamente alcuni esempi è bene parlare di quale metodologia adottare per l’analisi degli oggetti e per farlo utilizzeremo una lattina di Coca Cola. Osserviamone la taglia, le misure: si può tenere con una mano. Ha un fondo ombelicale: serve a resistere alla pressione del gas interno. Ha un bordo superiore per evitare che il liquido fuoriesca. Ha una curvatura attorno all’intera circonferenza superiore per adattarsi alle labbra. Possiamo applicare lo stesso schema fatto di osservazione, riflessione, confronto, deduzione di un’ipotesi a qualsiasi oggetto?
Lo schema che seguirò sarà molto semplice e sarà strutturato da questa tabella:
1. Una tartaruga. Un oggetto preistorico
Guardiamo questa immagine. È il guscio di una tartaruga travato insieme a cinquanta gusci simili in una grotta di Hilazon Tachtit (Israele). Cosa c’è di strano nel ritrovamento di un guscio di tartaruga? La cosa sorprendente è che è stato trovato all’interno della tomba di una donna, sepolta tra 5.000 e 1500 anni fa. La tomba, di forma ovale, era stata scavata direttamente all’interno della caverna e in seguito intonacata di bianco.
La donna era un’anziana di 45 anni (a quel tempo poteva essere considerata molto vecchia), bassa di statura con un’altezza di appena 1,50m. Analizzando vertebre e coccige è possibile evincere il suo aspetto asimmetrico, un po’ curvo e che la donna zoppicava pesantemente o trascinava un piede. Il cadavere, posto in posizione quasi fetale, era circondato da 50 gusci di tartaruga, Gli archeologi sostengono che assieme ai gusci era presente anche la carne, molto apprezzata.
All’interno della tomba erano presenti parti selezionate di un cinghiale, un’aquila, una mucca, un leopardo e due faine nonché un piede umano completo
Cosa dedurre da tutto questo?
La grotta in cui sono stati ritrovati i fossili è orientata ad Est dove nasce il Sole, simbolo di vita. Al suo interno erano sepolti altri 28 individui ma questa donna era l’unica che aveva una tomba riservata. I ricercatori sostengono l’ipotesi che si trattasse di una persona molto speciale. Diamo prima un’occhiata al possibile significato di alcune di queste offerte funebri. Non è facile collezionare 50 tartarughe, animali non gregari, da catturare una alla volta. D’altra parte, possono raggiungere e superare facilmente un secolo d’età. È per questo che la tartaruga è associata alla vita eterna. Il suo guscio protegge un corpo ovale con le sue quattro gambe e può rappresentare un simbolo di come veniva immaginato il mondo, un piatto sostenuto da quattro colonne e coperto dalla volta celeste.
L’aquila era considerata dai cacciatori come l’animale che vola più in alto, sempre verso la luce tanto da essere considerato un animale che raggiunge direttamente il paradiso. I teschi di zibellino, sicuramente erano correlati alle pelli, molto apprezzate, così come la testa e la pelle del leopardo, un animale molto raro in questa zona, 12.000 anni fa.
Da questi resti si deduce che si trattava di una persona molto speciale per la cui sepoltura è stato speso molto lavoro anche considerando il fatto che si trova su una scogliera a 150m d’altezza.
Ipotesi
Chi potrebbe essere, quindi, questa donna? Di piccole dimensioni, vecchia, zoppa e gobba si adatterebbe all’immagine che abbiamo della strega. Nel subconscio collettivo questa è l’idea di una strega che persiste in gran parte del mondo. Cioè un personaggio molto potente, capace di evocare i più diversi spiriti benefici e malefici per aiutarlo. Questi personaggi avevano la funziona di fare da intermediari tra gli dèi e gli spiriti dell’aldilà e dei defunti con il mondo dei vivi. Forse era uno di questi importanti personaggi sciamanici, la cui autorità non è dovuta al fatto di avere una ricchezza speciale ma poteri speciali. La sua deformità fisica, lungi dall’essere un problema, diventa un elemento quasi probatorio.
2. Un bassorilievo romano. Un oggetto di storia antica
Possiamo vedere questo bassorilievo romano nella Galleria degli Uffizi.
Rappresenta una scena che si svolge nel portico di un negozio. Si vedono le due colonne corinzie che sorreggono un tetto, con il tipico sistema romano di copertura delle case con tegole e embrici.
Al soffitto è fissata una barra orizzontale dalla quale pendono vari oggetti, come cuscini, cinture ed elementi simili. Forse sono prodotti artigianali realizzati con pelle e tessuti. Sulla destra c'è un personaggio maschile in piedi e due seduti, con un quarto personaggio dietro di loro. I due seduti sono una giovane coppia, un uomo e una donna, forse è una giovane coppia di sposi.
A sinistra, due giovani sembrano mostrare loro un prodotto da acquistare.
Alcune domande chiave
Cosa possiamo imparare sulla società romana da questo rilievo? Prima di tutto, ci sono dettagli interessanti sull'abbigliamento. Gli acquirenti indossano l'abito talare, lungo, con un mantello o una toga. Sono persone rispettabili, ricchi compratori. I ricchi di solito non uscivano con l'abito corto al ginocchio, più tipico del personale di servizio. Per questo motivo, gli altri personaggi indossano abiti corti, la cosiddetta tunica corta. L'abito segnava le classi sociali.
Il secondo elemento da segnalare è che il commercio di oggetti o tessuti di lusso richiede una cura personalizzata. Ai clienti viene offerto un posto a sedere. Quindi il titolare, tramite i suoi assistenti, presenta i campioni ed i vari prodotti.
Infine, questo bassorilievo ci rimanda a una società in cui il commercio era molto specializzato, perché c'erano negozi che vendevano prodotti molto specifici. Quando ciò accade, siamo in società commerciali altamente sviluppate.
3. I primi occhiali. Un oggetto medievale
Replica di un paio di occhiali, fra i primi conosciuti in Europa. Sono conservati nel Museo di Wienhausen. La montatura monte era di legno. Sono ricavati da una raffigurazione nel chiostro del monastero cittadino.
Il modello è del 1400 circa. C'è un'altra rappresentazione antica, del 1403, su una pala d'altare dipinta da Conrad von Soest, oggi a Bad Wildungen. Queste immagini testimoniano l’esistenza degli occhiali e, insieme, dell'ottica.
Cosa possiamo sapere da questo oggetto?
Per costruire gli occhiali era necessario conoscere preventivamente come funziona l'occhio umano - cosa che era già nota dalla medicina romana – ma era anche fondamentale saper fare il vetro o usare il cristallo di rocca e, soprattutto, era necessario scopri le leggi dell'ottica. Avendo imparato a fabbricare occhiali, avevano la strada aperta per altre invenzioni, come microscopi, lenti d'ingrandimento, telescopi e tutti i tipi di dispositivi ottici di precisione. È la scoperta dell'ottica, senza dubbio una pietra miliare importante nella storia umana.
Alcune domande chiave
Chi ha scoperto le leggi dell'ottica? Come è avvenuta la costruzione dei singoli occhiali?
Oggi sappiamo che i primi studi sull'ottica non furono condotti da europei, ma da un saggio musulmano, nato a Bassora (Iraq), di nome Abū 'Alī al-Ḥasan ibn al-Ḥasan ibn al-Hayṯam, noto come Alhacen (965 - 1040). È stato il primo a proporre che le lenti convesse di vetro trasparente potessero essere utilizzate per correggere i difetti visivi. È stato il padre dell'ottica.
Murano...
Il saggio di Bassora non arrivò al punto di costruire in artefatto per la visione. Tuttavia, il suo lavoro fu tradotto in latino nel 1240 e trovò lettori attenti in molti scienziati europei, specialmente in alcuni monasteri. Qui approfittarono delle idee di Alhacén per costruire degli occhiali in modo che i monaci con problemi visivi potessero leggere. Ma fu solo alla fine del XIII secolo che i vetrai di Murano a Venezia perfezionarono l'idea. Infatti, fu allora che avevano appreso a fare il vetro bianco. La loro esperienza non era comunicata agli stranieri. Era segreta. I vetrai veneziani riuscirono per la prima volta a molare due lenti convesse, montate ciascuna in un cerchio di legno con asta e unite da un rivetto. Così sono stati realizzati i primi occhiali. Ma come per ogni novità, l'idea si diffuse e il segreto del vetro bianco raggiunse i Paesi Bassi e la Germania settentrionale. Era inarrestabile e in Europa iniziarono ad essere utilizzati occhiali come quello mostrato qui. Così gli occhiali giunsero a Wienhausen.
4. Il vetro delle finestre. Un oggetto di storia moderna
Quando si visitano i grandi palazzi del XVI secolo, come Hampton Court o El Escorial, vediamo che ci sono vetri alle finestre. La maggior parte delle vetrate non sono originali del XVI secolo in quanto si sono rotte nel tempo e sono state sostituite da altre. Tuttavia, ce ne sono ancora alcune che furono fabbricate nel XVI secolo. Si differenziano dalle nostre perché hanno bolle interne, piccole impurità e mostrano "acque", cioè discontinuità nella loro trasparenza. Questi oggetti di uso comune furono molto importanti per la vita quotidiana delle persone fin da quel lontano XVI secolo.
Cosa possiamo sapere da questo oggetto?
Le nostre finestre hanno lastre di vetro e ci sembra che i vetri si siano sempre stati alle finestre. Ma non è così. Nell'antichità il vetro piano non si sapeva come farlo. Gli antichi avevano oggetti di vetro, ma era sempre vetro soffiato. Quando volevano chiudere le finestre, ricorrevano all'alabastro - lastre di pietra traslucida - o al lapis specularis, che era un sottile foglio di intonaco trasparente. Le case della gente comune non avevano finestre di protezione. A volte mettevano una pelle di pergamena, ma era molto raro.
Nel Medioevo fu scoperta la tecnica del vetro piano e colorato. Con questo furono realizzate le grandi finestre che ancora oggi possiamo ammirare in molte cattedrali gotiche. Queste lastre di vetro erano fatti di piccoli cristalli, uniti da un’intelaiatura di piombo. Non erano alla portata della gente comune. Richiedevano un lavoro complesso e costoso: prima si fondeva la struttura metallica di piombo; poi si fondevano i cristalli colorati, sempre piccoli, e li si incastonavano nel piombo come in un mosaico. Solo i capitoli della cattedrale potevano permettersi tali opere d'arte: quelle che ammiriamo ancora oggi nella Sainte Chapelle e in molte cattedrali gotiche.
Alcune domande chiave
Quando abbiamo iniziato ad avere vetri trasparenti alle finestre delle case? L'aumento del comfort è un sintomo dell'età moderna? In che modo questo ha influenzato la vita delle persone?
Nel Cinquecento e, soprattutto, nel Seicento, si cominciarono a vedere finestre con vetri trasparenti, montate su strutture in legno. Questo modo di chiudere le finestre, con persiane in legno, è chiaramente documentato in molti dipinti di questo periodo nelle Fiandre, in Borgogna, nei Paesi Bassi e nella Germania settentrionale. L'invenzione del vetro piano totalmente trasparente potrebbe essere venuta dai vetrai veneziani, che erano i grandi specialisti del vetro e nei palazzi della città dei canali c'erano finestre a vetri sin dal XV secolo, ma la cosa sorprendente dei Paesi Bassi è che nel Cinquecento e soprattutto nel secolo successivo, questa fu una pratica comune delle case appartenenti alla borghesia commerciale, cioè l'incipiente borghesia urbana. Quindi, è vero: le finestre con vetro sono un elemento di comfort dell'era moderna. Quando un importante viaggiatore attraversò la Spagna nel diciassettesimo o diciottesimo secolo, prese nota se c'erano o meno finestre degli ostelli e delle locande dove era costretto a fermarsi.
L'esistenza del vetro alle finestre era un elemento dirimente, che segnava la differenza tra i contadini poveri e i ricchi, tra i poveri e la borghesia urbana. È evidente che i cristalli aumentavano il comfort delle case ma la cosa più importante è che proteggevano le persone.
5. Il piccolo blister che ha cambiato la storia contemporanea. La penicillina
Questi oggetti sono piccole fiale di penicillina, prodotte da Pfizer nel 1945 e da allora utilizzate regolarmente per combattere infezioni e malattie batteriche. La penicillina ha aperto la strada ad altri antibiotici.
Cosa possiamo sapere da questo oggetto?
Si tratta di rendersi conto che fino alla prima metà del XX secolo molte persone morivano per infezioni batteriche. Qualsiasi infezione poteva essere fatale. Una ferita infetta poteva diffondere l'infezione e uccidere una persona sana. Le ferite infette potevano sempre dare origine a complicazioni. Molti lavoratori rimanevano feriti sul lavoro, ma poco o nulla si poteva fare se non la disinfezione e l'attesa che il corpo reagisse.
Il rimedio per le malattie causate da agenti batterici è arrivato quasi per caso e lo dobbiamo ad Alexander Fleming (1981-1955).
Alcune domande chiave
La domanda pertinente è: come si è svolto il processo di ricerca e quali ripercussioni ha avuto? A quanto pare, Fleming, medico e ricercatore al St. Mary's Hospital di Londra, di ritorno dalle vacanze nel 1928, si era reso conto che varie piastre di Petri con colture batteriche erano state contaminate da un fungo. Cioè erano ammuffite. Ma si era anche reso conto - l'osservazione era stata fatta da un collega - che intorno ai funghi i batteri erano scomparsi.
Fleming, che stava cercando di studiare gli antibiotici, capì che questi funghi, della classe Penicillium notatum - la penicillina - erano antibiotici, ma non sapeva come trattarli perché erano molto instabili. Altri ricercatori, in particolare Howard Florey, professore di patologia all'Università di Oxford, che stava indagando sullo stesso problema, riuscirono a stabilizzare la penicillina e ottenere così il primo antibiotico della storia. Fu nel maggio 1940 che decisero di testare l'efficacia della penicillina sui topi, e, nel febbraio 1941, la testarono sul primo essere umano, un poliziotto che aveva una grave infezione microbica. Questo primo essere umano trattato con penicillina morì perché non avevano sintetizzato una sufficiente quantità di antibiotico.
Ma poco dopo, gli Stati Uniti semplificarono il processo di produzione, ne verificarono l'efficacia, e nel 1943 iniziarono già iniziando a produrre antibiotici a base di penicillina. In quello stesso anno, questa scoperta permise ad altri ricercatori di rendersi rapidamente conto che altri possibili antibiotici, come la streptomicina, era essenziale per attaccare la tubercolosi, che smise di essere una malattia maledetta – aveva ucciso molte persone, uomini e donne, di solito molto giovani - ed è diventata una malattia curabile. Per questo motivo, durante la Seconda Guerra Mondiale, la penicillina fu abbondantemente fornita negli ospedali militari e fece sì che scomparissero quasi del tutto le vittime delle malattie, anche se i soldati continuarono a morire, ma questa volta, per i proiettili.
Tuttavia, gli antibiotici non sono stati in grado di combattere i virus, che da allora costituiscono uno dei problemi di salute nel mondo.