Prima categoria: didattica; TFA: strumenti
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Qualche precauzione, con le liste di indicatori
Le numerose liste di indicatori per la valutazione, con le quali gli insegnanti di primaria e secondaria di primo grado fanno i conti ormai da qualche decennio (e ai nostri giorni non soltanto loro), vanno strettamente collegate con i contenuti della programmazione. Questa regola, in realtà generale, è molto stringente per la storia. In questa disciplina, infatti, la varietà dei comportamenti didattici, adottati dai docenti, è sorprendente per qualsiasi osservatore: chi studia il locale, il vissuto, società esotiche o di tipo preistorico; chi si attiene rigorosamente al libro di testo, o lavora su testi alternativi o preferisce l’ebrezza del web e dell’autoproduzione (e tanto altro ancora). Questa varietà, a sua volta, andrebbe declinata attraverso gradienti adattati allo sviluppo evolutivo del discente, creando, in questo modo una differenziazione esplosiva, che non è possibile rappresentare se non con liste e ragionamenti di una complessità ingestibile.
Le liste che seguono, perciò, devono essere adoperate con cautela. Esse hanno un origine piuttosto lontana. Risalgono infatti all’unico momento di vero aggiornamento di massa, tentato in Italia, ormai nei lontani anni ’80, quando venne varato il Piano Pluriennale di aggiornamento per le elementari, e furono messe a punto con l’aiuto di decine e decine di insegnanti pugliesi. Dal momento che la mia competenza in questo campo è piuttosto limitata, per loro redazione mi sono avvalso della esperienza e del senso di misura di Luciana Bresil. Le prime versioni si trovano in: A. Brusa, La storia, in L’aggiornamento dei docenti nella scuola elementare di Puglia, IRRSAE-Puglia, Bari 1992, pp. 99 ss. e in Guida pratica alla valutazione. Orientamenti e strumenti per una valutazione formativa, a cura del Cidi di Forlì, settembre 1994. Si tratta, dunque, di un lavoro datato: come vedrete, la partizione seguita è quella delle vecchie schede di valutazione (che continua a sembrarmi ancora più semplice e realistica delle proposte didattiche successive). In ogni caso, non vuole sostituirsi a repertori più attuali, fra i quali segnalo la Piazza delle Competenze, che alcuni insegnanti di Treviso hanno messo in rete, dove si trovano gli elenchi, a mia conoscenza, più completi.
Certamente, il passaggio dall’ambiente prevalentemente cognitivo degli anni ’80 a quello più nebuloso e incerto delle “competenze”, che domina da un paio di decenni, va discusso attentamente. Qui mi limito a osservare che, quale che sia la filosofia pedagogica presupposta da questi cambiamenti, a un docente di storia continuano a interessare fondamentalmente due aspetti: le conoscenze che l’allievo apprende; e le modalità con le quali usa queste conoscenze. E il pericolo che continuamente corre è, come è stato notato ormai da molto tempo, quello del formalismo, generato appunto dalla difficoltà di collegare in modo realistico il nome di una certa “abilità” con una operazione storica ben definita. Per questo motivo, questa lista è fatta in modo che ogni voce possa suggerire un’esercizio o una pratica precisa e si chiude con un paio di esempi.
I traguardi di competenza delle Indicazioni 2012 sono distinti per livelli della primaria e della secondaria di primo grado. In questo elenco, invece, li troverete uniti, in modo che, operazione per operazione, si possa vedere lo scarto fra ciclo preparatorio (composto da scuola dell’infanzia e i primi tre anni della primaria; e ciclo di storia generale, composto dai due anni terminali della primaria e i tre anni della media), ma si possano anche immaginare i modi di combinarli.
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Gli indicatori sul tempo
1. Ordina e colloca nel tempo fatti e eventi
Questa voce richiama il più antico e tradizionale dei comportamenti didattici: chiedere agli allievi se sanno “quando è accaduto un evento”. Col passare del tempo questa richiesta si è - per così dire - scolorita: credo che nessuno pretenda che un bambino “sappia le date”. E questa prestazione è richiesta sempre meno anche nelle medie. Ma i secoli e i periodi, quelli sono abbastanza duri a morire. A questa interpretazione, consolidata nella pratica, si aggiungono oggi le nuove richieste, nate dalle sottoclassi in cui il concetto viene articolato (durata e periodizzazione).
Risolvo, dunque, questa complessità, “declinando” ciascun indicatore a seconda dei contenuti di studio. Ognuno di essi, infatti, è articolato in :
- vissuto: tutto ciò che si riferisce alla vita personale, all’ambiente, alle storie orali e che - soprattutto - viene studiato adoperando i racconti stessi degli allievi o di chi partecipa alla lezione.
- rappresentato: gli stessi contenuti possono essere studiati a partire da scritti, materiali video; inoltre, racconti e rappresentazioni di vario genere possono essere il terreno sul quale si provano operazioni utili per la storia.
- storico: racconti, rappresentazioni, documenti e tutto ciò che fa diretto riferimento alla produzione storiografica.
Attenzione, però: fra di essi non si deve immaginare una propedeuticità dogmatica, dettata dallo stereotipo pedagogico secondo il quale il vissuto va studiato esclusivamente nel primo ciclo, mentre nel secondo si studierebbe “la storia”. E’ del tutto errato ritenere che “il vissuto” sia più facile, e quindi precedente alla storia raccontata. Così come egualmente errato è ritenere che il vissuto sia roba da bambini e che non lo si possa richiamare quando si studia la storia generale.
L’identica accortezza deve valere nel presumere scale di difficoltà fra un indicatore e l’altro. Non è sempre detto. Ad esempio: “Mette in ordine cronologico eventi in un contesto narrativo” (1.12) è un’operazione la cui difficoltà dipende in larga misura dal testo che l’allievo deve analizzare. Infatti, è un’operazione che posso proporre dopo aver raccontato la favola di Cappuccetto Rosso, la vita di Annibale o il processo che porta alla rivoluzione industriale; dipende, ancora, dalla lunghezza e dalla complessità testuale di questi racconti. Invece: “Ordina cronologicamente i contenuti di studio dell’intero anno” (1.15) si riferisce a operazioni ovviamente terminali. Anche in questo caso, è la l’attività concreta - non prevedibile all’inizio dell’anno, quando si elabora il progetto formativo - che decide il livello di difficoltà.
1. 1 Mette in ordine cronologico i fenomeni studiati.
1.11 in un contesto di vita vissuta
1.12 in un contesto narrativo
1.13 in un contesto narrativo specifico (un racconto storico, una descrizione di una società, in una biografia storica, ecc.)
1.14 ordina cronologicamente i contenuti studiati nell’annno
1.15 ordina cronologicamente i contenuti studiati nell’intero corso
1.2 Ordina adoperando:
1.21 connettivi linguistici (mentre, dopo, molto tempo prima ecc.)
1.22 strumenti grafici: diagrammi a stella, a blocchi, di flusso ecc.
1.23 numerici: ordinali (primo secolo, secondo giorno, ecc.) e cardinali: date di vario genere.
1.3 Rileva durate diverse in ambiti:
1.31 di vita vissuta
1.32 in contesti narrativi o comunque rappresentati
1.33 in racconti storici
1.4 Misura durate diverse adoperando:
1.41 espressioni linguistiche (è durato a lungo, finisce in un attimo ecc.)
1.42 strumenti grafici (cronogrammi di vario genere)
1.43 strumenti numerici: cronologie e cronogrammi con indicatori di misure temporali.
1.5 Analizza fenomeni con lo strumento della durata
1.51 analizza fenomeni di vita quotidana (scopre, ad esempio, la stratigrafia temporale di “essere a scuola”: la lezione di storia dura mezz’ora; il libro che si adopera è vecchio di due anni; la scrittura esiste da 5 mila anni; l’abitudine a stare in un ambiente riparato da mura dura da 10 mila anni).
1.52 analizza fenomeni comunque rappresentati: una scena riprodotta in un quadro, una fotografia, un racconto ecc..
1.53 analizza fenomeni storici: un quadro di vita quotidiana romana; la scoperta dell’America; la Rivoluzione Industriale, ecc.
1.6 Situa fenomeni in periodi o quadri conosciuti
1.51 contestualizza dei fatti appartenenti al vissuto in una periodizzazione della sua vita (ecc)
1.52 riporta ai contesti storici studiati fenomeni o oggetti studiati (situa l’ascia di pietra e l’aratro nel neolitico; le macchine al tempo della Rivoluzione Industriale; le Crociate nel periodo medievale, ecc).
2. Comprende eventi e trasformazioni
Questo indicatore si riferisce a operazioni che fanno parte del bagaglio delle esperienze didattiche introdotte negli ultimi decenni. Come nel caso precedente, si deve tener conto di quanto il contenuto influisca sulla qualità dell’operazione. L’attività del “riconoscere un evento” varia sensibilmente a seconda dei contesti nei quali si deve operare. Perciò, leggendo la lista seguente, si tenga mentalmente conto dell’articolazione proposta sopra (vissuto, rappresentato, storico). Non la riproduco, quindi, in questa lista per non creare una casistica troppo complicata. In realtà, ogni indicatore dovrebbe essere inquadrato in una tabella a doppia entrata. Ad esempio:
| Vissuto | Rappresentato | Storico |
Adopera il concetto di evento | | | |
Adopera il concetto di struttura | | | |
2.1 Conosce / adopera i concetti di evento e di durata
2.11 In modo informale (sa che alcuni fenomeni durano poco o molto, li distingue e li riconosce)
2.12 In modo formale: adopera espressamente i concetti richiesti
2.13 Gerarchizza eventi e strutture in modo informale e soggettivo (esprime delle scale di rilevanza fra eventi, basata su criteri personali)
2.14 Gerarchizza eventi e strutture rispetto a parametri dati (ad esempio: la necessità di sopravvivere, o di vincere una guerra, o - col tempo e l’incremento di competenze - rispetto all’economia o al potere, ecc.)
2.2 Conosce/adopera termini specifici:
2.21 ciclo, ritmo
2.22 congiuntura, cambiamento
2.23 stabilità, persistenza, ecc.
2.3 Distingue situazioni o descrizioni statiche e dinamiche
2.31 Riconosce una situazione o una descrizione statica
2.32 Riconosce una situazione o una descrizione dinamica
2.33 Gerarchizza dinamiche rispetto a parametri dati (date alcune situazioni in evoluzione - cambiamenti economici, politici, sociali ecc. - li mette in un ordine di importanza).
2.4 Periodizza
2.41 In modo informale e soggettivo (ad esempio divide la propria vita in varie fasi secondo un proprio parametro)
2.42 Rispetto a parametri formali (periodizza la propria vita rispetto al parametro “scolarizzazione”).
2.43 Conosce l’esistenza di una periodizzazione generale della storia ( ad esempio: antica, medievale, moderna e contemporanea).
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Alcuni esempi di attività
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La piramide dei tempi
E’ impossibile rendere conto, in questo breve spazio, della complessità di una programmazione, delle sue unità di lavoro e dei suoi esercizi. Tuttavia, penso che alcuni esempi potranno aiutare il docente a intuire in quale modo organizzare la propria attività, in modo che sia omogenea con gli indicatori qui accennati.
Si prenda l’indicatore 1.5 (analizzare adoperando lo strumento “durata”). Esso fa riferimento alla conquista più conosciuta della storiografia di Fernand Braudel, secondo il quale il “tempo” è, in realtà, una “stratificazione di tempi”. Non è uno dei concetti più agevoli della storiografia contemporanea. Un modello di esercizio lo renderà comprensibile e aiuterà gli allievi a trasformarlo in strumento di indagine.
Partiamo da un esempio di esercizio, riferibile al punto 1.51. Ecco un allievo che studia. E’ una scena nella quale si condensano molti tempi. La matita, la scrittura, la carta, e potremmo aggiungere: la Tshirt e il pantalone, sono gli elementi che riconosciamo nel disegno. Ognuno di questi oggetti ha un tempo. Discutendo con gli allievi, cerchiamo di valutare la durata temporale di ciascuno di essi.
Li mettiamo in ordine: scrittura, pantalone, carta, matita, tshirt. Sapendo che non è necessario essere precisi nelle lunghezze delle relative durate, in questa prima fase (1.42, disegnamo il “Diagramma temporale” del bambino che scrive. Ne viene fuori una sorta di piramide come questa:
Inserisci il disegno di Helena. Magari la didascalia può essere: Disegno di Helena, classe …
Lo stesso strumento si trasferisce in ambito storico (1.53). Si supponga di raccontare la battaglia di Lepanto. Durò una sola giornata, il 7 ottobre del 1571. Questo è il tempo dell’evento. Ma le armi che i contendenti adoperavano avevano tempi più lunghi: esistevano da circa due secoli. Le idee che dividevano i contendenti avevano anch’esse tempi diversi: i musulmani, da una parte, la cui antichità risaliva a circa mille anni prima; i cristiani, dall’altra, antichi di 1570 anni. E finalmente, quale tempo attribuire alla capacità degli uomini del mediterraneo di navigare? 10 mila anni potranno rendere questo tempo enorme.
La battaglia di Lepanto. Qui, tutti i dati di questo straordinario evento della storia mediterranea
L’insegnante racconta. Gli allievi, che hanno già imparato a costruire questo speciale diagramma temporale (lo potremmo chiamare “piramide dei tempi”), disegneranno il diagramma di Lepanto. Se sono in grado di misurare, lo faranno secondo i crismi, descritti nell’indicatore 1.43; altrimenti sarà 1.42.
Suppongo che un insegnante racconti una decina di eventi importanti, durante l’intero corso di studi. Se per ognuno di essi propone questa attività, disporrà, al termine, di dieci “identikit di eventi”, con i quali confrontare altrettanti momenti storici e interrogarsi sulle durate e sulla stratigrafia temporale degli eventi. Potrà presumere, probabilmente, che qualche allievo abbia acquisito la consapevolezza che ciò che accade è sempre ricco di tempi (A. Brusa, Guida al manuale di storia, Ed. Riuniti, Roma 1993 (II edizione), p. 158).
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Periodizzare
Ricaveremo un secondo esempio dal campo di problemi sotteso all’indicatore 2.4 (periodizzare): certamente uno dei più sfuggenti nella scuola primaria (ma anche di quella secondaria di primo grado), dal momento che l’attività del periodizzare è una delle più complesse, profonde e astratte, contemplate dal laboratorio dello storico. E’, infatti, una particolare forma di suddivisione del tempo che non dipende dalla sua “misura”, ma dai problemi che si ritengono importanti. Ad esempio, se consideriamo il millennio passato dal punto di vista dell’economia, il 1780 (data topica della Rivoluzione Industriale), è periodizzante: cioè divide il millennio in due parti dette, “la società preidustriale” e “industriale”. Al contrario, se adoperiamo il metro della religione, il Cinquecento sarà il secolo periodizzante, e le due parti si potranno chiamarsi: il periodo dell’unità dei cristiani; il periodo della loro divisione.
Si possono esemplificare queste operazioni in contesti di vita quotidiana (2.41):
- Si invitino gli allievi a redigere la cronologia della propria giornata.
- Li si invitino a scegliere una sola data, tale che spezzi la cronologia in due sole parti. Deve essere la più importante e, ai loro occhi, la più significativa.
- Ora dovranno attribuire un nome a ciascuno dei due periodi individuati.
L’indentica operazione potrà essere eseguita adoperando dei parametri prefissati: il divertimento, lo studio, la scolarizzazione, il diventare adulti, ecc. E potrà essere applicata a lunghezze temporali diverse: una settimana, un anno, tutta la vita.
Come si sarà intuito, le stesse operazione possono essere applicate a racconti (una favola, un libro, un’avventura, ecc.) e, finalmente, a racconti storici. Conviene, al principio, che questi racconti siano fatti dall’insegnante. Riguarderanno i contenuti di studio: Roma, o i Boscimani, o l’Italia nel dopoguerra, ecc. L’insegnante confezionerà dei racconti molto brevi e sintetici, inserendo abilmente in questi gli eventi che potranno concorrerere al ruolo di “eventi periodizzanti”. Li legge o li racconta, chiedendo alla classe di prendere nota dei fatti e di redigere una cronologia. Poi si proverà a ragionare su questa. Gli allievi possono creare i periodi a proprio piacimento e discutere la differenza (2.41); oppure si può lavorare adottando i parametri forniti dal docente (2.42).
Infine, un’osservazione sul rapporto fra vissuto e storia. Immaginiamo che l’allievo abbia fatto propria questa sequenza operativa: estrarre gli eventi da un racconto, costruire un cronogramma, individuare l’elemento periodizzante, nominare i periodi. Proviamo ora a proporgli un lavoro che solitamente si considera un prerequisito: periodizzare la propria vita. Immaginiamo che questo accada alla fine della media: non pensate che avrà uno strumento per capire e problematizzare la propria biografia?
Abilità, competenze o operazioni storiografiche?
Supponiamo di aver realizzato pratiche di questo tipo. Potremo dire che l’allievo ora possiede il “senso del tempo”, “la capacità di misurarlo”, la “capacità di periodizzarlo”? e potremo distinguere se questa è un’abilità o addirittura è una competenza spendibile nel mondo reale? Non ho mai saputo rispondere a questa domanda, ma non vorrei nemmeno inoltrarmi in una controversia infinita. So per certo, però, che se un allievo di oggi fa questo genere di operazioni capirà che cosa voglio dire, quando gli spiego che la storia non è un fluire indistinto di eventi, ma un complicato intreccio di tempi che hanno velocità diverse. Lo capirà un po’ meglio di quei miei allievi, di tanto tempo fa, che si dovevano accontentare della mia spiegazione (e io mi dovevo accontentare del fatto che loro me la sapessero ri-raccontare). Capirà, forse un po’ meglio, che cosa intendo, quando gli spiegherò che un evento, un qualsiasi evento, come ci ha insegnato Braudel, è un vulcano attraverso il quale esplodono tutti i tempi passati. E che ci sono vulcani modesti e poco pericolosi e altri che fanno paura. E, forse, sarà questa consapevolezza che avrà qualche possibilità di aiutarlo nella sua vita.