Propaganda fascista

  • La camera oscura del fascismo. Laboratorio con le fonti iconografiche*

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    di Marco Cecalupo

    *per gentile concessione di Clio ‘92. Questo articolo è parte del numero monografico sul fascismo de “Il Bollettino di Clio”, nuova serie n. 23, giugno 2025, scaricabile online.

     

    1. Un laboratorio con le fonti iconografiche

    Questo laboratorio, ideato dall'Associazione Historia Ludens1, si avvale della metodologia didattica del laboratorio con i documenti sviluppata da Antonio Brusa2, ma nella forma descritta in questo articolo si configura come un compito di realtà.

    Nella sua struttura iniziale è stato condotto da docenti dell'associazione decine di volte in scuole secondarie di primo e secondo grado italiane. Negli ultimi anni, con questa diversa configurazione, è stato condotto con classi terze della Scuola Secondaria di Primo Grado “Leonardo da Vinci” di Reggio Emilia3.

    Tra i docenti è purtroppo opinione comune che le immagini siano un mezzo più immediato e più “semplice” per insegnare e apprendere la storia. Una convinzione errata. Lo studente – si afferma – può “vedere” la storia riflessa e raccontata dalle immagini. La forza dirompente dell'immagine in rapporto al testo scritto – si aggiunge – è universalmente nota e riconosciuta nel campo delle tecniche di comunicazione. Peraltro nel linguaggio comune “iconico” significa appunto dotato di un significato simbolico culturalmente condiviso da un grande numero di persone.

    Nella ricerca storica, invece, le immagini rappresentano una tipologia di fonte che – alla pari di tutte le altre – deve essere opportunamente analizzata, interpretata e confrontata con altre fonti per restituire un frammento di ricostruzione storica o per essere una tessera di un puzzle più ricco e complesso. Dal punto di vista degli studiosi, non esiste un “primato dell'immagine” ma, al contrario, c’è una doverosa attenzione alla loro interpretazione, per non cadere nella trappola comunicativa insita proprio nel mezzo. Si può aggiungere, col linguaggio della storia dell'arte, che la lettura iconologica4 dei simboli racchiusi nelle immagini è indispensabile. E quando si tratta di immagini provenienti da un passato più o meno lontano e misconosciuto, il cambiamento o l'azzeramento dei significati simbolici produce una perdita di senso che va ricostruita.

    Ciò risulta ancor più vero e necessario nel caso delle fonti iconografiche di questo laboratorio, poiché queste hanno uno scopo propagandistico acclarato. Dunque esistono in quanto documenti proprio perché hanno lo scopo esplicito di veicolare (di educare e di imporre con la violenza) un mondo valoriale caratteristico e specifico, storicamente determinato, della cultura fascista in Italia.

     

    2. Una mostra fotografica sul fascismo italiano

    Come si articolano le fasi del laboratorio? Divisa la classe in gruppi, si consegna a ciascuno di essi un pacchetto di riproduzioni di una trentina di fotografie, provenienti da giornali e riviste pubblicate in epoca fascista. Le fotografie sono numerate arbitrariamente per permettere una rapida identificazione. Ogni fotografia è dotata di una breve didascalia descrittiva, spesso comprensiva di una data e un luogo specifico.

    Ciascun gruppo deve realizzare una mostra storica fotografica sul fascismo in Italia, utilizzando le foto che sono state fornite. Per simulare un “effetto di realtà” si specifica che il committente della mostra (per esempio il Comune o un altro Ente) ha messo a disposizione quattro sale espositive e che i gruppi devono dunque suddividere le immagini in quattro insiemi tematici e preparare, oltre alla disposizione delle fotografie, il titolo generale, i titoli delle quattro sale, le didascalie delle immagini, pannelli esplicativi per i visitatori e una brochure pubblicitaria attraverso la quale si sintetizzi il contenuto della mostra e si inviti un pubblico potenziale a visitarla.

    Va inoltre aggiunto che il livello delle pre-conoscenze specifiche può essere anche basso o nullo, poiché si consente loro di utilizzare il manuale in adozione durante tutta la durata dell'attività. Spetta quindi al docente scegliere in quale momento dell'unità o del modulo didattico inserire il laboratorio. Tuttavia si suggerisce di non proporlo come attività terminale, ma al principio o a metà del percorso programmato.

     

    3. L'analisi dei documenti

    La disposizione delle immagini nelle sale e la loro lettura seguono le regole della “grammatica del documento” – la definizione è di Antonio Brusa5 – simile a quella utilizzata dagli storici quando fanno ricerca d'archivio o qualsiasi altro tipo di ricostruzione basata su documenti.

    In primo piano, dunque, si pone l'aspetto cognitivo, il “pensare storicamente”.

    La prima operazione consiste nella selezione, da intendere con un duplice significato: scegliere i temi significativi, quelli più “ricchi” di documentazione; scegliere a quale tema far afferire ogni singola immagine (Tab. 1). Se i partecipanti non sono allenati nella pratica del laboratorio con i documenti, si suggerisce di fornire loro una lista di temi predeterminata dal docente. Nel contesto di questa attività, la lista potrebbe contenere i seguenti temi:

     

    Temi Immagini (inserire qui i numeri dei documenti)
    L'infanzia  
    Gli edifici pubblici  
    I lavoratori  
    La guerra  
    Le colonie  
    Le città  
    La donna  
    L'economia  
    La razza  
    Mussolini  
    Lo sport  
    La scuola  

    Tab. 1 – Tabella utilizzata per l’abbinamento dei temi alle immagini

     

    La lista deve comunque contenere un numero di temi maggiore del numero di sale, e anche alcuni temi “distrattori” ai quali afferiscono poche o nessuna immagine.

    La riduzione a quattro temi (per quattro sale) è una operazione non banale, perché obbliga gli allievi a scartare i temi meno o per nulla rappresentati e ad abbinare temi considerati contigui, facendo attenzione a non escludere nessuna fotografia. È importante che il docente intervenga con suggerimenti nel lavoro di selezione solo nel caso in cui un gruppo stia tralasciando temi che non possono essere elusi6.

    Una volta stabilito, all'interno di ciascun gruppo, quali siano i quattro temi o macro-temi prescelti, si passa alla interrogazione del documento.

    1 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 1 – Le promesse di Mussolini, 2023.

    Gli allievi si chiedono quali informazioni sul tema si possono direttamente o indirettamente ricavare o dedurre da ciascuna immagine. Le domande da sottoporre alle foto non costituiscono un elenco predeterminato, ma cambiano ad ogni documento singolo, poiché dipendono dal punto di vista adottato dal gruppo, dalla sua capacità di analisi e dalla natura stessa della fonte7. L'insieme delle informazioni, raccolto e debitamente trasformato in un testo attraverso connettivi logici e altri strumenti retorici – e soprattutto corredato di un sistema di note di riferimento ai documenti, come nei testi degli storici – costituisce il messaggio che si intende trasmettere in quella sala (ad esempio: qual era l'idea di infanzia del fascismo?) (Fig. 1).

     

    2 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 2 – La vita nelle grandi città, 2023.4. L'interpretazione dei documenti

    La complessità è un dato costitutivo della ricerca storica. E la fase di interpretazione consente di illuminare il senso di un documento nel suo contesto di ideazione, produzione e conservazione. Il confronto di più documenti, inoltre, consente non solo una validazione incrociata delle informazioni, ma anche una lettura reciproca. In termini semiotici, interpretare vuol dire individuare un insieme fluido di significati dietro un insieme di significanti.

    Mentre ragazzi e ragazze studiano come disporre le foto, si fornisce loro un documento scritto – le Direttive per la stampa, redatte dalla Presidenza del Consiglio8 – che getta una luce nuova sul materiale iconografico già selezionato e interrogato.
    Per fare esempi significativi di come questo documento possa trasformare il senso dell'intera attività, si citano qui solo due articoli del provvedimento:

     

    12. DISEGNI E FOTOGRAFIE DI MODE FEMMINILI
    La donna fascista deve essere fisicamente sana, per poter diventare madre di figli sani, secondo le “regole di vita” indicate dal Duce nel memorabile discorso ai medici. Vanno quindi assolutamente eliminati i disegni di figure femminili artificiosamente dimagrite e mascolinizzate, che rappresentano il tipo di donna sterile della decadente civiltà occidentale.

    15. FOTOGRAFIE
    Le fotografie di avvenimenti e panorami italiani devono essere sempre esaminate dal punto di vista dell’effetto politico. Così se si tratta di folle, scartare le fotografie con spazi vuoti; se si tratta di nuove strade, zone monumentali ecc., scartare quelle che non dànno una buona impressione di ordine, di attività, di traffico ecc.

    (Philip V. Cannistraro, 1975)

     

    3 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 3 – I ginnasti della guerra, 2015.Dunque le fotografie prese in esame sono “false”? Tutti i documenti raccontano delle falsità, ci ha insegnato Jacques Le Goff9. Queste fotografie lo fanno intenzionalmente, perché coloro che le hanno messe in circolazione sui giornali intendevano presentare una versione “fascistizzata” della società italiana. È questa l'informazione, importantissima, che se ne ricava (Figg. 2 e 3).

    “Affermazioni come “Le donne erano...” o “Durante i comizi di Mussolini...” vanno dunque riscritte in una forma storiograficamente corretta: “Si voleva che le donne fossero...” e “Sui giornali le notizie sui comizi di Mussolini…”.

    4 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 4 – Siete sicuri di conoscere la realtà dei fatti? 2023.5 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 5 – La verità, 2023.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    La prova del nove di questo cambiamento di senso, è data dalla deduzione che le fotografie ufficiali non riproducono la realtà della società in epoca fascista, bensì propagandano l'immagine che il fascismo vuole dare di se stesso. Per realizzarla, si fornisce agli allievi un nuovo pacchetto di foto provenienti da archivi privati, mai passate attraverso il setaccio della censura di Stato.

    Questa nuova serie di documenti apre la possibilità di raccontare una “storia densa” e problematica. Gli allievi possono provare a disvelare la realtà occultata nei documenti.

    I partecipanti, quindi, rivedono le operazioni di interrogazione e costruiscono nuovi testi e nuove didascalie. Sostanzialmente a cambiare di segno il proprio racconto attraverso la mostra che stanno allestendo. È ciò che accade quando gli storici, dopo aver interrogato i documenti, li interpretano (Figg. 4 e 5).

     

    6 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 6 – Guide per i più piccoli, 2023.7 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 7 – Il fascismo sotto scatto, 2015.5. Raccontare con le immagini: un esercizio di public history

    Quando tutti i materiali richiesti sono stati revisionati, sono pronti per essere assemblati nell'esposizione. Si possono rappresentare le quattro sale su un tradizionale pannello bidimensionale o utilizzare comuni software che consentono la realizzazione di mostre virtuali. Anche questa è una scelta che il docente opera sulla base della conoscenza della classe, delle sue competenze e di quelle degli studenti, degli obiettivi di natura interdisciplinare che ci si pone.

    Ma come valutare l'efficacia didattica di questo laboratorio? I partecipanti che hanno ideato, prodotto e allestito le mostre – nel nostro caso disposte lungo i corridoi della scuola – sono stati invitati a fare da “guida museale” ad altri più piccoli, delle classi prime e seconde dell'Istituto, le cui conoscenze sul fascismo provengono in larga parte dalla comunicazione storica extra-scolastica (Figg. 6 e 7). 

    Successivamente, attraverso un colloquio con questi ultimi, si può misurare il loro grado di consapevolezza su quanto appreso durante la visita alla mostra. 

     8 la camera oscura del fascismo CECALUPOFig. 8 – Il fascismo a scatti. Lea riflette sul laboratorio, 2015.

     

    Fotogallery

    Tutte le immagini si riferiscono ad attività condotte con classi terze della Scuola Secondaria di Primo Grado “Leonardo da Vinci” di Reggio Emilia. Si può notare che tutti i testi dei pannelli esplicativi contengono note di riferimento alle immagini. Si tratta del modello di scrittura documentata tipico degli storici. Altre immagini sono state pubblicate sul blog scolastico “I libri di Leo”.

    (clicca su ogni immagine per ingrandire)

     

     

    Famiglia del Duce
    A – “Famiglia del Duce, non è gradito che se ne parli”, 2015.
    Una razza da difendere
    B – Una razza da difendere, una menzogna da costruire, 2015.
    Ragazzi e ragazze
    C – Ragazzi e ragazze, 2015.
    Il fascismo in mostra Rahel 1
    D – Il fascismo in mostra. Rahel, 2015 (prima parte).
    Il fascismo in mostra Rahel 2
    E – Il fascismo in mostra. Rahel, 2015 (seconda parte).
    Miseria all'estero
    F – “Non si deve dare all'estero la sensazione di una miseria grave che non c'è”, 2015.
    Obiettivo del fascismo
    G – L'obiettivo del fascismo, 2017.
    Lato oscuro del fascismo
    H – Il lato oscuro del fascismo, 2017.
    Obiettivo sul fascismo
    I – L'obiettivo sul fascismo, 2017.
    Maternità fascista
    J – Maternità fascista - I figli della guerra, 2023.
    Soldati bambini
    K – I soldati bambini, 2023.
    Famiglie del fascismo
    L – Le famiglie del fascismo, 2023.

     

    Bibliografia

     

    Le immagini utilizzate nel laboratorio sono tratte da:

    De Felice Renzo (1981), Storia fotografica del fascismo, Bari, Laterza.

     

    Sulla propaganda fascista e i mass-media:

    Cannistraro Philip V. (2022), La fabbrica del consenso. Fascismo e mass-media, Milano, Edizioni
    Res Gestae.

    Filippi Francesco (2019), Mussolini ha fatto anche cose buone, Torino, Bollati-Boringhieri.

    Salustri Simona (2018), Orientare l'opinione pubblica. Mezzi di comunicazione e propaganda
    politica nell'Italia fascista
    , Milano, Unicopli.

     

    Per approfondire più in generale il tema delle fonti iconografiche nella ricerca storica:

    Burke Peter (2002), Testimoni oculari. Il significato storico delle immagini, Roma, Carocci (Eyewitnessing: The Uses of Images as Historical Evidence, 2001).

    Ginzburg Carlo (2000), Miti, emblemi, spie. Morfologia e storia, Torino, Einaudi.

    Haskell Francis (1997), Le immagini della storia. L’arte e l’interpretazione del passato, Torino, Einaudi (History and its Images: Art and the Interpretation of the Past, 1993).

    Hockey David, Gayford Martin (2021), Una storia delle immagini. Dalle caverne al computer, Torino, Einaudi (A History of Pictures: From the Cave to the Computer Screen, 2016).

    Maifreda Germano (2022), Immagini contese. Storia politica delle figure dal Rinascimento alla cancel culture, Milano, Feltrinelli.

    Mignemi Adolfo (2003), Lo sguardo e l’immagine. La fotografia come documento storico, Torino, Bollati Boringhieri.

    Mignemi Adolfo (2020), A proposito di alcune mostre: “Art Life Politics” e il regime fascista.

     

    Sul laboratorio didattico con documenti iconografici:

    Brusa Antonio (2010), L’atlante delle storie, 2 voll., Firenze-Palermo, Palumbo.

    Brusa Antonio (2017), Una grammatica delle immagini: la cultura iconografica tra manuali e didattica della storia, in “Visual History”, vol. 3, pp. 145-56.

    Brusa Antonio (2020), Le foto iconiche: immagini-mondo e strumenti di formazione storica, in “Visual History”, vol. 6, pp 121-138.

    Brusa Antonio (2021), La grammatica dei documenti e i modelli di laboratorio storico.

    Le Goff Jacques (1978), Monumento/documento, in “Enciclopedia Einaudi”, vol. V, pp. 38-43.

    Musci Elena (2006), Il laboratorio con le fonti iconografiche, in Paolo Bernardi (a cura di), Insegnare storia. Guida alla didattica del laboratorio storico, Torino, Utet.

    Prampolini Antonio (2021), Visual History. L’uso didattico delle fonti iconografiche. Sitografia.

     


    Note

    1 http://www.historialudens.it/

    Brusa Antonio (2021), La grammatica dei documenti e i modelli di laboratorio storico.

    3 Un racconto fotografico è stato pubblicato sul blog della scuola

    4 Fra i tanti, si vedano Aby Warburg, Mnemosyne. L’atlante delle immagini, Aragno 2002 e Edwin Panofski, Studi di iconologia, Einaudi, 1999 e, soprattutto, la rivista “Visual History. Rivista internazionale di storia e critica delle immagini”, diretta da Costanza d’Elia, sulla quale A. Prampolini, Visual history, che cos’è e quali storie ci fa conoscere, in Historia Ludens, 10 febbraio 2010. 

    5 Brusa Antonio (2021), La grammatica dei documenti e i modelli di laboratorio storico.

    6 “I documenti non esistono in natura. È lo storico che, scegliendo dei resti del passato, li trasforma nella materia prima dello storico”, Brusa (2021), La grammatica dei documenti e i modelli di laboratorio storico, cit.

    7 Riprendendo la lezione di Marc Bloch, Antonio Brusa afferma: “I documenti sono muti, anche quelli scritti, addirittura quelli orali. Non furono prodotti per raccontare delle storie, ma per le necessità pratiche dei tempi: fare una guerra, sbarcare il lunario, costruire una città o un’abitazione. Siamo noi moderni che li interroghiamo e ne ricaviamo le informazioni. Trasformiamo quegli “oggetti di uso” in “strumenti di conoscenza”, Ibidem.

    8 Il testo completo in Cannistraro Philip V. (1975), La fabbrica del consenso. Fascismo e mass-media, Bari, Laterza.

    9 Cfr. Le Goff Jacques, Monumento/documento, in “Enciclopedia Einaudi”, Torino 1978, vol. V, pp. 38-43.

     

     

  • La Campagna di Russia 1941-1943. Propaganda e mistificazione nei cinegiornali Luce.

    di Antonio Prampolini

     

    Indice

    1. L’Istituto Luce e la produzione di cinegiornali

    1.1 L’Italia fascista

    1.2 L’Italia in guerra

    1.3 L’Archivio Storico dell’Istituto Luce

    2. I cinegiornali della Campagna di Russia

    2.1 Il Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR)

    2.2 L’Armata italiana in Russia (ARMIR)

    2.3 La ritirata nella neve

    2.4 Il ritorno in patria

     

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 1Fig.1: Apparato scenografico con gigantografia di Mussolini allestito in occasione della cerimonia di fondazione della nuova sede dell'Istituto Luce (Roma, 10/11/1937) Fonte1. L’Istituto Luce e la produzione di cinegiornali

    1.1 L’Italia fascista

    L’Istituto Luce, che fin dal momento della sua fondazione come ente parastatale (regio decreto legge del 5 novembre 1925) aveva come principale finalità la propaganda del regime fascista attraverso lo sviluppo della cinematografia, nel giugno del 1927 iniziò a produrre e a distribuire cinegiornali1.

    La proiezione del “Giornale Luce”, inizialmente con cadenza settimanale e in seguito con maggiore frequenza, era obbligatoria nelle sale italiane prima di ogni spettacolo. Veniva proiettato anche all’aperto nelle piazze durante le notti estive grazie al “cinema ambulante”, un servizio dell’Istituto Luce che si avvaleva di furgoncini, dotati di un proiettore e di uno schermo, in grado di raggiungere tutti i comuni privi di sale cinematografiche2.

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 2Fig.2: costruzione del ponte del Littorio a Roma (ottobre 1928) FonteIl “Giornale Luce” era un cortometraggio della durata di alcuni minuti che comprendeva una serie di argomenti fissi che andavano dalla politica, nazionale e internazionale, allo sport, dallo spettacolo alla cultura, sempre proposti con un forte taglio propagandistico e solo dopo l’approvazione degli organi di controllo e di censura3.

    Riprendendo pose di prime pietre, vari di navi, inaugurazioni di strade e ponti, linee ferroviarie, fabbriche, arsenali e caserme si voleva dimostrare la capacità del regime fascista e, soprattutto, del suo capo “onnipresente” di fare dell’Italia una grande potenza economica e militare. L’Italia povera e sottosviluppata non veniva ripresa dai cineoperatori del Luce, la loro attenzione doveva concentrarsi sul cammino del paese verso la modernità, non dimenticando però le tradizioni, gli usi e i costumi di una società ancora prevalentemente rurale. 

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 3Fig.3: campo di avanguardisti a Roma (settembre 1929) FonteInsistendo sugli avvenimenti ufficiali del regime e delle sue organizzazioni (come i sabati fascisti, le manifestazioni ginniche e paramilitari della gioventù, l’attività delle colonie estive dell’Opera Nazionale Dopolavoro, ecc.), i cinegiornali Luce offrivano l’immagine di un’Italia i cui ritmi di vita erano scanditi dalle liturgie del fascismo.

    Con l’arrivo del sonoro (la produzione “muta” proseguì fino al gennaio 1931) i cinegiornali iniziarono ad essere accompagnati dalla registrazione della voce di Mussolini, che si rivolgeva dai balconi delle piazze italiane direttamente al popolo raccolto in “adunate oceaniche”, dai commenti e dalle musiche che si caratterizzavano per il timbro solenne e marziale richiesto dal regime. 

     

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 4Fig.4: I Littoriali della neve e del ghiaccio a Cortina D’Ampezzo (febbraio 1936) FonteIl passaggio dal muto al sonoro accrebbe notevolmente il potere persuasivo e manipolatorio dei cinegiornali, i cui messaggi propagandistici, con questa innovazione (che non richiedeva più la lettura delle didascalie a commento delle immagini), riuscivano a raggiungere con maggiore facilità anche il pubblico analfabeta (nell’Italia del Ventennio fascista l’analfabetismo era ancora un fenomeno rilevante e diffuso)4.

    «Grazie al Luce e al suo ruolo istituzionale [ha scritto Gian Piero Brunetta] il fascismo fu il primo governo al mondo a esercitare un controllo diretto sulla cronaca cinegiornalistica e Mussolini il primo capo di stato capace di costruirsi, grazie ai cinegiornali, un gigantesco arco di trionfo per le proprie imprese»5.

     

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 5Fig.5: unità mobile del Reparto Guerra dell’Istituto Luce Fonte1.2 L’Italia in guerra

    Per riprendere visivamente la partecipazione dell’Italia al secondo conflitto mondiale, l’Istituto Luce, come già era avvenuto per la Guerra di Etiopia, aveva organizzato un’apposita struttura formata da numerose squadre di cineoperatori e fotografi, dislocate presso le Forze Armate e denominata “Reparto Guerra”.

    Il materiale prodotto dal “Reparto Guerra” sui vari fronti affluiva alla sede romana dell’Istituto dove veniva sottoposto all’esame preventivo dei consulenti dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, per decidere la composizione ed il montaggio dei filmati, quali conservare nelle cineteche e quali utilizzare nei cinegiornali, previa autorizzazione del Ministero della Cultura Popolare (ministero che non si limitava alla sola attività censoria, ma interveniva anche come committente nella costruzione di quella che doveva essere l’immagine ufficiale della guerra dell’Italia fascista)6.

    Nei cinegiornali, come nelle fotografie, l’Istituto Luce, per enfatizzare e celebrare lo sforzo bellico dell’esercito italiano, e offrire al paese un’immagine rassicurante del conflitto, ricorreva spesso ad una “estetica” della guerra che riproponeva canoni iconografici già consolidati nel passato. Di regola, le immagini erano il prodotto di ricostruzioni degli eventi in modo da esaltare la potenza degli armamenti, le capacità operative dei militari e il loro coraggio. I combattimenti venivano spesso fatti percepire mostrando gli automezzi o i carri armati del nemico distrutti sui campi di battaglia o le file di prigionieri. I morti apparivano solo raramente, tranne quelli dei nemici. Molte immagini, per tranquillizzare i familiari lontani, ritraevano i soldati nelle retrovie, nei momenti di riposo, intenti a mangiare, a scrivere lettere o a leggere la posta in arrivo. I filmati non riprendevano i soldati in situazioni drammatiche. Durante le visite di Mussolini negli ospedali militari, i feriti venivano mostrati distesi nei loro letti, sereni e non doloranti, orgogliosi di ricevere le carezze del duce. Si voleva così dimostrare che il regime fascista si prendeva “amorevolmente” cura di chi combatteva per la patria mettendo a rischio la propria vita. E per i morti, il cimitero militare rappresentava un «luogo di sonno eterno» in cui la patria onorava il loro sacrificio. Le immagini dei cimiteri dovevano contribuire a rappresentare la morte non come una tragedia, un lutto individuale, ma come un «momento della vita collettiva e della storia nazionale»7.

    All’inizio della partecipazione dell’Italia al conflitto mondiale [giugno del 1940], seguendo le direttive di Mussolini, i cinegiornali Luce presentavano la guerra come un’impresa che sarebbe stata di breve durata e che non avrebbe comportato grandi sacrifici per il paese. La forza militare della Germania nazista era incontenibile e la sua rapida avanzata in Europa lo dimostrava. Sconfitta la Francia in poche settimane di combattimenti e rimasta in campo la sola Inghilterra, Mussolini, nonostante l’inadeguatezza dell’esercito italiano, pensava di poter condurre nei Balcani e in Africa una “guerra parallela”, con propri fini e mezzi, a quella dell’alleato tedesco.

    I cinegiornali, mostravano una diversa immagine del duce. Mussolini aveva «smesso le pose istrionesche e gli atteggiamenti esagitati per indossare il cappotto grigioverde [e manifestare] i suoi umori marziali nelle rassegne alle truppe»8.

    E come ha evidenziato Guido Quazza:

    Mussolini nei cinegiornali del 1940-41] è’ sorridente e comprensivo, bonario e incoraggiante in mezzo agli ufficiali e ai soldati, collega ed esperto, quasi pari, tra i generali che studiano le mosse di guerra nelle immediate retrovie del campo di battaglia. E i centri di potere del vecchio stato vengono esposti in primo piano, quasi a dimostrare il profondo radicamento del regime nel paese; più ancora, il servizio che il fascismo fa all’Italia portandola alla guerra come prova necessaria della sua raggiunta grandezza e potenza9.

    Ma la guerra seguì un altro corso, ben diverso da quello auspicato da Mussolini. Il conflitto mondiale, combattuto su fronti molto diversi e geograficamente lontani, fu lungo e logorante, con l’Italia costretta a svolgere un ruolo militare (e politico) del tutto subalterno a quella della Germania nazista10.

    Negli ultimi mesi del 1942 e all’inizio del 1943, quando la sconfitta delle forze dell’Asse si profilava all’orizzonte, lo scollamento tra la propaganda dei cinegiornali dell’Istituto Luce e la realtà della guerra si faceva sempre più evidente e, conseguentemente, più debole la loro capacità persuasiva e mistificatoria nel mantenere il consenso degli italiani al regime fascista. Ne sono un chiaro esempio i cinegiornali della Campagna di Russia.

     

    1.3 L’Archivio Storico dell’Istituto Luce

    Il sito dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce, presente in rete dal 2018, permette di visualizzare i cinegiornali prodotti dal 1927 al 1945.

    I “Giornali Luce” sono suddivisi in tre serie cronologiche: Giornali Luce “A” (cortometraggi muti dal 1927 al 1932), Giornali Luce “B” (cortometraggi con commento sonoro dal 1931 al 1940), Giornali Luce “C” (cortometraggi degli anni di guerra, dal 1940 al 1945).

    Selezionata una serie, la ricerca può essere effettuata: per Persone (Benito Mussolini, Italo Baldo, Vittorio Emanuele III, …); per Temi (Manifestazioni del regime fascista, Opere pubbliche del fascismo, Celebrazioni civili, Celebrazioni militari, ecc. - negli anni del Secondo conflitto mondiale vengono elencati nuovi temi relativi alla guerra); per Luoghi. È inoltre prevista la combinazione delle diverse tipologie di ricerca.

    I cinegiornali Luce relativi alla Campagna di Russia sono visualizzabili, contraddistinti da un numero progressivo ed elencati in ordine di data crescente a partire dall’estate del 1941, nella serie “C”: La Guerra in Europa Orientale.

    Il sito dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce offre, quindi, l’opportunità di effettuare ricerche sistematiche su un patrimonio iconografico che rappresenta una fonte importante per comprendere sia il progressivo processo di fascistizzazione della società italiana negli anni Venti e Trenta che la “fabbrica del consenso” intorno alle scelte imperialiste e belliciste del regime mussoliniano (dalla Guerra di Etiopia alla Seconda Guerra Mondiale).

    I cinegiornali dell’Istituto Luce, per le loro caratteristiche tecniche e comunicative (montaggio, commenti vocali, registrazioni sonore e colonne musicali), più delle fotografie, svolgevano un’importante funzione propagandistica e mistificatoria. Pertanto, il loro uso didattico deve essere sempre accompagnato da una analisi critica dei loro contenuti e finalità, avendo ben presente che essi erano, allo stesso tempo, testimoni e strumenti attivi della politica del regime fascista.

     

    2 I cinegiornali della Campagna di Russia

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 6Fig.6: ordine del giorno del generale Messe per elogiare l’operato dei soldati dello CSIR (9 maggio 1942) Fonte2.1 Il Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR)

    Nel giugno del 1941, in seguito all’invasione dell’Unione Sovietica da parte della Germania nazista (operazione “Barbarossa”), Mussolini decise di partecipare a quel conflitto inviando il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia)11.

    Formato da oltre sessantamila militari al comando del generale Giovanni Messe, il corpo di spedizione raggiunse il fronte orientale a metà luglio dello stesso anno per essere inquadrato nell’XI Armata dell’esercito tedesco e venire subito impiegato nelle ampie manovre di inseguimento dei reparti sovietici in ritirata. Alla metà di ottobre, i militari italiani iniziarono ad operare in una zona compresa fra le rive occidentali del Mar Nero e il bacino del fiume Donec. In dicembre affrontarono l’ultimo ciclo operativo del 1941, in condizioni climatiche estreme (l’inverno russo), riuscendo tuttavia a respingere l’attacco dell’Armata Rossa in quella che la letteratura militare definisce “Battaglia di Natale”12.

    Il Luce diede ampio risalto alla Campagna di Russia con cortometraggi realizzati sulla base delle riprese del “Reparto Guerra” e con materiali filmici delle “Propaganda Kompanie” della Wehrmacht13. Ne sono prova i cinegiornali prodotti tra l’estate del 1941 e quella del 1942, che mostravano la rapida avanzata degli eserciti dell’Asse, la loro capacità di resistere al duro inverno russo, e che, in particolare, enfatizzavano il contributo alla guerra con uomini e mezzi dello CSIR.

    Tra questi, segnaliamo:

    I cinegiornali Luce non solo proiettavano immagini di guerra ma mostravano anche momenti di relativa “serenità”, come ad esempio, in occasione della ricorrenza del Natale 1941, la Distribuzione pacchi natalizi ai nostri combattenti sul fronte orientale (cinegiornale n. 214 del 15 gennaio 1942), oppure la partecipazione dei militari dello CSIR alle attività agricole di aratura e semina dei cereali in una visione bucolica che voleva esaltare la figura dei “bravi italiani” nei rapporti con i contadini delle pianure dell’Ucraina «liberata dal terrore bolscevico» (Il ritorno dei contadini al lavoro dei campi, cinegiornale n. 256 del 19 giugno 1942)14.

     

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 7Fig.7: schieramento dell’ARMIR sul fronte del Don nel novembre 1942 Fonte2.2 L’Armata italiana in Russia (ARMIR)

    La resistenza dell’esercito russo all’avanzata delle forze dell’Asse in direzione del Caucaso (per impadronirsi del petrolio di cui quel territorio era ricco) e l’obiettivo della conquista di Stalingrado (importante per il controllo del traffico sul fiume Volga e per le fabbriche di armamenti presenti in zona, oltre che per il suo alto valore simbolico), spinsero Hitler a richiedere a Mussolini l’invio di nuove divisioni da schierare sul fronte del Don. Fu così che nel luglio del 1942 le unità dello CSIR confluirono nell’Armata Italiana in Russia (ARMIR), posta sotto il comando del generale Gariboldi e composta da circa 230.000 uomini, di cui facevano parte tre divisioni del corpo degli Alpini (“Tridentina”, “Julia” e “Cuneense”). Le nuove divisioni, a causa della mancanza di automezzi, raggiunsero solo dopo lunghe marce il fronte del Don, con armamenti del tutto inadeguati a tenere testa a un nemico dotato di potenti mezzi corazzati, e con equipaggiamenti non adatti ad affrontare il freddo dell’inverno russo. Su quel fronte, le forze dell’ARMIR furono impegnate, fin dai primi giorni, a resistere ai continui e logoranti attacchi dell’esercito sovietico che culminarono nelle grandi offensive del dicembre 1942 e del gennaio 194315.

    Nei cinegiornali Luce dell’estate–autunno 1942 veniva enfatizzata la forza dell’ARMIR e l’efficacia delle sue azioni; ma le immagini mostravano un esercito che si avvaleva di dotazioni e modalità operative che appartenevano più alla Prima che alla Seconda Guerra Mondiale.

    Ne è un esempio il cinegiornale n. 272 del 18 agosto 1942 che documentava l’impiego della cavalleria italiana nell’inseguimento di unità dell’esercito russo, le interminabili file dei soldati dell’ARMIR costretti a raggiungere a piedi (gli alpini accompagnati dai loro inseparabili muli) le zone di combattimento. Nel cinegiornale n. 291 del 21 ottobre 1942 i militari italiani affrontavano con armi leggere i «rossi» dotati di carri armati e di artiglieria pesante; e nel cinegiornale n. 295 del 5 novembre 1942, le fortificazioni italiane sulla linea del Don, simili alle trincee della Grande Guerra, venivano presentate come efficaci difese contro il nemico e i rigori dell’inverno.

     

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 8Fig.8: La ritirata dell’ARMIR dal fronte del Don nel gennaio del 1943 Fonte2.3 La ritirata nella neve

    Le grandi offensive dell’Armata rossa del dicembre 1942 e del gennaio 1943 travolsero le divisioni dell’ARMIR schierate sul Don chiudendole in una sacca e costringendole ad una disordinata e tragica ritirata, in gran parte a piedi, nel pieno dell’inverno16. L’ARMIR perse la metà dei propri effettivi (su circa 230.000 uomini, secondo stime approssimative, 85.000/95.000 furono i morti/dispersi/prigionieri in mano ai sovietici e 30.000 i feriti e i congelati) oltre a gran parte degli armamenti e depositi logistici. Una perdita in uomini e mezzi che per la sua gravità decretò la fine all’intervento italiano sul fronte orientale e il fallimento della Campagna di Russia, che, con i suoi alti costi materiali e morali, inciderà pesantemente sulle residue capacità belliche dell’Italia e sul consenso degli italiani al regime fascista.

    I cinegiornali del Luce prodotti nei mesi di dicembre e gennaio, ovviamente, non mostravano immagini della ritirata dell’ARMIR; il loro compito era quello di nascondere e mistificare la realtà. Il cinegiornale n. 310 del 31 dicembre 1942, intitolato Visioni invernali al fronte russo, riprendeva i soldati italiani mentre si allenavano ad affrontare il freddo dell’inverno arrotolandosi nella neve (quasi un gioco), la distribuzione di cibi caldi e l’abbondanza di scorte alimentari, i “camerati germanici” che combattevano sul fronte di Leningrado (nessun accenno a Stalingrado, dove le divisioni tedesche, accerchiate dai russi, si arrenderanno il 2 febbraio 1943), gli alpini che posavano mine anticarro nella “terra di nessuno”.

    Il cinegiornale n. 322 datato 13 febbraio 1943, il cui titolo era A.R.M.I.R. Come i nostri soldati e le Camicie Nere si battono eroicamente nelle steppe ghiacciate del fronte meridionale, utilizzava immagini di repertorio per celebrare l’eroismo di una armata che di fatto non esisteva più, facendo credere che i suoi soldati fossero ancora pienamente operativi a fianco dell’esercito tedesco.

     

    CAMPAGNA DI RUSSIA NEI CINEGIORNALI LUCE IMMAGINE 9Fig.9: omaggio della città di Firenze ai reduci della Campagna di Russia (giugno 1943) Fonte2.4 Il ritorno in patria

    Il viaggio del rimpatrio dei superstiti dell’ARMIR dai centri di raccolta nelle retrovie in Ucraina fu lungo e faticoso. Dopo le interminabili marce nella neve, con temperature proibitive e i molti compagni morti di freddo nella steppa, le loro forze e il loro morale erano allo stremo. Vennero caricati su tradotte stipate di uomini «continuamente tormentati dalla fame e dai pidocchi, e circondati dal fetore di membra in cancrena, con soste continue – anche di decine di ore – nelle stazioni e stazioncine»17. Diversi di loro morirono durante il viaggio.

    In Italia i treni con i reduci venivano accolti da una folla di familiari che chiedevano notizie dei loro cari; ma era difficile o impossibile rispondere: troppi commilitoni, travolti dalla ritirata, erano rimasti in Russia: morti, dispersi o fatti prigionieri.

    Tutti ritornavano in un paese [ha osservato Maria Teresa Giusti] dove la situazione era drammatica e incerta: solo pochi mesi dopo, il fascismo sarebbe crollato [25 luglio 1943] in conseguenza delle disfatte militari; probabilmente anche i loro racconti avrebbero contribuito a creare nella società italiana disagio e risentimento verso Mussolini per quella guerra inutile18.

    Il cinegiornale n. 354 del 3 giugno 1943 (Tutto il popolo fiorentino tributa il suo più fervido saluto ai gloriosi reparti dell'Armir, reduci dal fronte russo) mostrava la sfilata per le vie di Firenze dei reduci della Campagna di Russia, tra il tripudio della gente, il lancio di coriandoli dalle finestre e l’offerta di fiori ai militari. Un cinegiornale che raggiungeva il vertice della mistificazione propagandistica della realtà facendo apparire il ritorno in patria dell’ARMIR come quello di una armata vittoriosa. Tutto questo in un’Italia esausta, stanca della guerra, delle sue distruzioni e dei suoi lutti, nell’imminenza dello sbarco degli angloamericani in Sicilia (10 luglio 1943).

     


    Note

    Gian Piero Brunetta, Istituto Nazionale L.U.C.E, in «Enciclopedia del Cinema», Treccani, 2003; Serafino Murri, Cinegiornale, in «Enciclopedia del Cinema», Treccani, 2003; Giampaolo Bernagozzi, Propaganda di regime e giudizio della storia. Ciclo di lezioni proiezioni di cinegiornali LUCE, Deputazione Emilia Romagna per la storia della Resistenza, 1973; dello stesso autore, I cinegiornali Luce. L’Italia di cartapesta e la gioventù del regime, in L’Italia in guerra 1940-1943, Roma, 1975; Carlo Bertelli, La fedeltà incostante, in L’immagine fotografica, 1845-1942 di Carlo Bertelli e Giulio Bollati, Storia d’Italia – Annali 2, Tomo primo, Einaudi, Torino, 1979; Tommaso Casini, Lo smontaggio delle cronache artistiche nei cinegiornali come modello critico narrativo, 04/12/2018; Stefano Mannucci, Storia della fotografia dell'Istituto Luce; Philip V. Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Res Gestae, Milano, 2022; Antonio Prampolini. L’immaginario coloniale. L’Africa nelle fotografie dell’Istituto Luce, «Historia Ludens», 03/10/2024.

    2 Elisabetta Balducelli, Il cinema come mezzo di propaganda: l’Istituto Nazionale Luce e il cinema ambulante, 15/06/2020.

    3 Sulla censura nell’Italia fascista: la voce Censura fascista in Wikpedia edizione italiana; La censura cinematografica in epoca fascista di Roberto Guli.

    4 Francesco Finocchiaro, L’autorappresentazione musicale del fascismo nei cinegiornali Luce, in L'industria della persuasione. Musica e mass media nella politica culturale del fascismo, a cura di F. Finocchiaro, Accademia University Press, Torino, 2022.

    5 Cfr. Gian Piero Brunetta, Istituto Nazionale L.U.C.E, op.cit..

    6 Vincere, Vinceremo. Ciclo di lezioni proiezioni di cinegiornali Luce 1940-1943 a cura dell’Istituto LUCE e dell’Archivio Nazionale cinematografico della Resistenza, 1975; Stefano Mannucci, La seconda guerra mondiale nelle fotografie dell’Istituto Luce.

    7 Stefano Mannucci, La seconda guerra mondiale nelle fotografie dell’Istituto Luce, op. cit..

    Giampaolo Bernagozzi, La propaganda del regime, in Vincere, Vinceremo. Ciclo di lezioni proiezioni di cinegiornali Luce 1940-1943, op.cit. .

    9 Guido Quazza, La politica del consenso nei cinegiornali Luce, in Vincere, Vinceremo. Ciclo di lezioni proiezioni di cinegiornali Luce 1940-1943, op.cit..

    10 Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, Einaudi, Torino 2008.

    11 Maria Teresa Giusti, La campagna di Russia (1941-1943), Il Mulino, Bologna, 2016.

    12 Cfr Fronte russo 1941, la battaglia di Natale.

    13 I materiali prodotti dalle “Propaganda Kompanie” della Wehrmacht venivano utilizzati nei cinegiornali della Germania nazista proiettati nelle sale cinematografiche negli anni 1940-1945. Sulle “Propaganda Kompanie”: Antonio Prampolini, L’importanza delle immagini: Gerhard Paul e la storia visiva della Germania nazista, in «Historia Ludens», 10/04/2024. Sui cinegiornali nazisti: la voce Die Deutsche Wochenschau in Wikipedia.

    14 Sullo stereotipo del “bravo italiano” nella Seconda Guerra Mondiale: Filippo Focardi, Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari, 2013. 

    15 Maria Teresa Giusti, La campagna di Russia (1941-1943), op.cit..

    16 Cfr. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve e Ritorno sul Don, Einaudi, Torino, 1990. Nuto Revelli, La strada del davai, Einaudi, Torino, 2019.

    17 Eugenio Corti, I più non tornarono. Diario di ventotto giorni in una sacca sul fronte russo (inverno 1942-43), Mursia, Milano, 1990, p. 223.

    18 Maria Teresa Giusti, La campagna di Russia (1941-1943), op.cit., p. 270.

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