storia del colonialismo

  • Quando l’Italia aveva le colonie. Uno strumento utile per studiare una storia spesso trascurata.

    di Maria Laura Cornelli e Daniela Rosa

    Mohamed Aden Sheikh ricordava nelle sue memorie che, studente di medicina in Italia negli anni Cinquanta, spesso gli veniva chiesto dove si trovasse la Somalia: quando rispondeva che era un’isola dei Caraibi «nessuno batteva ciglio. Rarissimi erano gli italiani che avessero una conoscenza, anche vaga, dell’Africa e della sua storia»1. Sono passati oltre sessant’anni, ma la conoscenza della storia coloniale ita­liana non è di certo aumentata, nonostante i risultati di una storiografia sempre più attenta, ed è ancora molto diffuso lo stereotipo del “buon italiano” che ha costruito strade e reso feconde lande desolate.

    Nella convinzione che solo una conoscenza non superficiale di questa parte della storia dell’Italia unitaria permetta di comprendere gli strascichi che ancora permangono, più o meno evidenti2 o latenti, nel nostro paese e di sfatare alcuni miti, le autrici, già docenti di storia, hanno pensato a un testo che ne fornisse una visione complessiva e documentata. Quando l’Italia aveva le colonie, pubblicato in due volumi da Edizioni Conoscenza, si collo­ca tra una storiografia specialistica – a partire dalle opere di Angelo Del Boca, Giorgio Rochat, Nicola Labanca e Gian Paolo Calchi Novati – e una pubblicistica spesso estemporanea. Il testo intreccia narrazione, fonti d’epoca e brani storiografici. Riporta, dunque, documenti, carte e immagini che possono costituire un materiale utile per attività di laboratorio. Infatti è rivolto a lettori non specialisti, interessati alla storia, ma soprattutto a docenti e a studenti della secondaria di secondo grado e dell’università, ed è motivato non solo dall’interesse per un importante fenomeno storico, ma anche da un intento civile: «Ripensare esplicitamente e autocriticamente la storia del colonialismo è una straordinaria occasione per agire sulla nostra cultura.»3.

    01Fig. 1 Copertina del primo volume Fonte L’immagine sotto il titolo è tratta da Eligio Klein, L’Italia guerriera, Capodistria, Scuola tip. ed. Focardi, 1936, p. 61 Lo sfondo rappresenta la battaglia di Adua, da uno schizzo di Edoardo Ximenes, in La guerra italo abissina. 1895-1896. Documentata e illustrata, Milano, Fratelli Treves, 1896, pp. 180-181.Nel primo volume – Una storia lunga quasi un secolo. 1869-1960 – cinque capitoli ripercorrono le fasi dell’espansione coloniale, dal suo avvio alla perdita delle colonie e all’amministrazione fiduciaria della Somalia: una cronologia sintetica alla conclusione di ogni capitolo consente di ricomporre il quadro diacronico e sincronico. Il sesto capitolo ricostruisce invece il complesso intreccio tra la me­moria, pubblica e privata, e la ricerca storiografica, in un per­corso scandito in diverse fasi, dall’immediato dopoguerra agli anni più recenti: dal silenziamento e dall’autoassoluzione1, ai ritorni degli stereotipi e delle minimizzazioni, accanto ad ammissioni e assunzioni di re­sponsabilità.

    02Fig.2: Fig. 2 Copertina del secondo volume Fonte L’immagine sotto il titolo è la copertina dell’edizione originale de La grande Proletaria si è mossa. Discorso tenuto a Barga ''Per i nostri morti e feriti'', di Giovanni Pascoli, Bologna, Zanichelli, 1911 Lo sfondo (“La carrareccia è costruita come per incanto”) è tratto da Africa Orientale Italiana. Il libro dell’eroismo e della gloria, a cura di Giovanni Vaccaro, Casale Monferrato, fratelli Marescalchi S. A., 1936, p. 83.Il secondo volume – Mito e realtà dell’oltremare – approfondisce aspetti specifici solo accennati nel corso della trattazione storica: il razzismo in colonia; le politiche demografiche ed economiche e quelle relative a cittadinanza e giustizia; l’ideologia della “missione civilizzatrice” come diritto all’espansione; la propaganda, il consenso e l’opposizione; l’atteggiamento della Chiesa cattolica; la narrativa coloniale. Le pagine conclusive propongono una riflessione non solo sulle conseguenze sulle popolazioni assoggettate per decenni, ma anche su quanto, del passato coloniale, permane nel nostro attuale sentire, con particolare riferimento al risorgente razzismo.

    I due volumi riportano un centinaio di documenti (46 nel primo e 53 nel secondo): atti parlamentari, pagine di viaggiatori, ministri, in­tellettuali, militari, studiosi, funzionari, giornalisti, governatori, diplomatici, ecc. Alcune carte geografiche, in gran parte riprese da opere coeve, permettono di collocare nello spazio le vicende via via narrate e pos­sono essere anche una spia della visione e della rappresentazione che ave­vano i contemporanei degli scenari coloniali. Anche le immagini sono tratte da opere di epoca coloniale.

    103Fig.3: “La repressione della rivolta a Tripoli. Arabi traditori fucilati”, da Tripoli-Cirenaica. Cronache della guerra italo-turca e della conquista della Libia, a cura di Enrico Mercatali, Milano, Sonzogno, 1911-1912, p. 104.Questa ricchezza di documenti permette di costruire facilmente dei laboratori: per esempio, sul cambiamento dell’immagine della donna “suddita” (utilizzando il repertorio che chiude il secondo volume). Oppure, impostando un dibattito tra favorevoli e contrari alla dichiarazione di guerra alla Turchia, che sfrutti la presenza di diversi soggetti (giornalista / uomo politico / geografo / sacerdote / economista o uomo d’affari). Ancora, i documenti relativi alle unioni interrazziali permettono di capire persistenze e rotture fra periodo liberale e periodo fascista.

    Un ricco repertorio bibliografico indirizza il lettore che voglia approfondire qualche aspetto della vicenda coloniale, dal momento che è organizzato funzionalmente in: Storiografia e memorialistica, Narrativa, Pubblicazioni di epoca coloniale, Pubblicazioni del Comitato per la documentazione dell’Opera italiana in Africa, Documenti istituzionali.

     


    Note

    1 Mohamed Aden Sheikh, La Somalia non è un’isola dei Caraibi. Memorie di un pastore somalo in Italia, Reggio Emilia, Diabasis, 2010, p. 45.

    2 Ne è un chiaro esempio la legge sulla cittadinanza, fondata sullo ius sanguinis: «Si tratta di un diritto di matrice interamente coloniale, che trova la sua naturale collocazione all’interno di un pensiero che fonda le differenze culturali e nazionali su basi razziali.» Barbara Sòrgoni,Pratiche antropologiche nel clima dell’impero, in L’impero fascista. Italia ed Etiopia (1935-1941), a cura di Riccardo Bottoni, Bologna, il Mulino, 2008, p. 427.

    Paolo Jedlowski, Passato coloniale e memoria autocritica, il Mulino, fascicolo 2, marzo-aprile 2009, p. 234. 

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