Bari 21 gennaio

Se ne comincia a parlare, fra storici, del "paradigma di Auschwitz". Nessun cedimento al revisionismo. Un ragionamento storico, meglio ancora: da didatti della storia. Questa discussione parte dall'osservazione che, negli ultimi due decenni, la Shoàh tende quasi a sostituirsi a quel complesso di fatti centrali del Novecento, che vanno dal fascismo, alla guerra, alla Resistenza. Gli ebrei, le leggi razziali, l'orrore dello sterminio sono gli argomenti chiave del nuovo paradigma.

Sono temi fondamentali e vanno trattati. La discussione non deve scalfire questa certezza. Se oggi vengono studiati a scuola, questo è un miglioramento indubbio, rispetto a trent'anni fa, quando non ne parlava quasi nessuno.

La critica muove da un dubbio: siamo sicuri che questo successo scolastico dipenda dalla percezione diffusa della sua necessità didattica? Faccio un'ipotesi che vorrei discutere con i colleghi. Parte da un'osservazione banale. Forse condivisa da molti. Spesso (dai temi dei ragazzi alle opinioni espresse da colleghi) ho avuto l'impressione che Auschwitz ci autorizzi a mettere in scena una tragedia in cui le parti sono finalmente chiare: i buoni sono da una parte, i cattivi dall'altra. Una situazione rara, in un Novecento dove tutti sono un po' sporchi, sono un cocktail vario di cose buone e cattive. Il Novecento è complesso, per chi lo voglia insegnare bene. Costa fatica. Quindi, meglio un argomento che, per quanto tragico, è semplice e lineare. Inoltre, in questa vicenda i cattivi sono loro; noi siamo (o scegliamo di essere) dalla parte dei buoni. Studiamo Auschitz e ci assolviamo, dunque.

Be', se questo fosse un risultato (per quanto non voluto) della giornata della memoria, dovremmo seriamente metterci in guardia. Una memoria che semplifica la nostra percezione del passato e concorre alla nostra autoassoluzione è quanto di più diseducativo possiamo immaginare. Per lo meno in un paese che ha compiuto il miracolo di costruire la sua memoria esattamente sulla capacità di rimuovere il passato (da quello mussoliniano, a quello democristiano, a quello berlusconiano).

Per prepararsi bene a questa giornata, perciò, suggerisco la lettura di uno scritto di Roberto Nistri, insegnante di Taranto, che ci fa rivivere il triste comportamento dei pugliesi, all'indomani delle leggi razziali. C'erano pochi ebrei nella nostra ragione, allora. A Taranto appena 26, del tutto inoffensivi e integrati. Fortunatamente un bel manipolo di storici locali si premurò di ricordare che, però, un tempo la Puglia pullulava di semiti e che i pugliesi, anticipando di secoli il duce, avevano già pensato a ripulire la regione dei perfidi giudei. Non potendosi vantare di crimini che non potevano commettere, quei nostri antichi concittadini si vantarono di quelli dei loro padri.

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