Federico II

  • Castel del Monte. Dove le invenzioni vengono raccontate anche alle scolaresche.

    di Antonio Brusa

    Senza titoloCi vado periodicamente a Castel del Monte, per accompagnare amici che, giunti in Puglia, non se lo vogliono perdere. Lo conosco abbastanza bene (certamente non pietra su pietra come Massimiliano Ambruoso o Vito Ricci e molti altri colleghi che lo hanno studiato a fondo), tanto da permettermi il lusso di distrarmi dalla sua bellezza e concentrarmi sulle guide che accompagnano scolaresche e gruppi di turisti. Cosa che faccio ormai d’abitudine, quando visito un museo o uno scavo. Mi interessa cosa dicono le guide, come lo dicono e le reazioni dei partecipanti. In fondo è il mio mestiere di studioso di didattica della storia.

    Stavolta, a girare per il Castello eravamo in tre. Con me c’erano Luigi Cajani e Francesca Tommasi, che cura la piccola libreria Tara, nella piazzetta romana dove avvenne il furto della storica bicicletta del film di De Sica. Confesso subito il grande errore iniziale di aver rifiutato la guida che si era sollecitamente proposta a introdurci ai misteri del castello. Quella mi ha “sgamato” e ha prontamente messo le mani avanti: “certo ci sono opinioni diverse”. Un chiaro avvertimento che le guide conoscono il dibattito storiografico sul castello e la lotta che da decenni gli storici delle Università di Bari e Foggia, a cominciare da Raffele Licinio, conducono contro le invenzioni che lo sommergono, e che hanno portato Huub Kurstjens a scrivere che, più che un mitomotore, Federico II è diventato un autentico “mitofantasma”. Differenza non da poco: mentre il mitomotore produce storie a partire da qualche appiglio documentario, il mitofantasma ne fa volentieri a meno, e si lancia a briglia sciolta per le praterie della fantasia.

    Dovremmo, perciò, cominciare a pensare che questi studi sono stati metabolizzati dalle guide. Li conoscono e ne hanno preso le contromisure. Ne ascolto, infatti, un’altra che si propone a un gruppo, dicendo che avrebbe mostrato le meraviglie del castello e raccontato le affascinanti “ipotesi” che le riguardano.

    Queste “ipotesi” le conosciamo tutte. Su Historia Ludens ne trovate il prontuario, scritto da Giuseppe Losapio. Se leggete la piccola discussione che ha seguito il suo articolo, troverete che alle ricerche storiche si risponde con una sorta di atteggiamento gnostico. Voi storici fate erudizione, noi abbiamo la Conoscenza. Come l’esperienza ci sta tristemente insegnando, quando la conoscenza ha la C maiuscola è difficile intaccare la certezza che infonde: in campo storico, come in campo scientifico o medico. O, altro stratagemma argomentativo, le ricerche storiche vengono degradate a opinioni. E va da sé che la libertà di opinione è incontestabile.

    Quindi, la tecnica comunicativa è cominciare con qualcosa di storicamente accertato per poi diffondersi in “ipotesi”, nelle quali l’indicativo sostituisce man mano condizionali che sarebbero minimamente doverosi: il castello è (indicativo) un osservatorio, un hammam, un sacrario, il luogo dove Oriente e Occidente miracolosamente si fondono. Col tempo i racconti si arricchiscono e le sorprese aumentano. Stavolta, per esempio, abbiamo sentito di cinque cisterne pensili che alimentavano (indicativo) la famosa fontana che troneggiava (indicativo) nell’atrio del castello, dove il sovrano faceva (indicativo) le abluzioni purificatrici prima di entrare nel luogo sacro. E abbiamo sentito, anche, di certi antenati di Deliveroo (o di Glovo, non si sa, questa è un’ipotesi sulla quale bisogna che si pronunci un’apposita parafilologia), che consegnavano il cibo, cotto nelle masserie circostanti, agli inquilini del castello che, poverini, non avevano (indicativo) nessuna possibilità di cucinarlo nei capaci focolari che qualsiasi visitatore può ammirare (chiedendosi, a questo punto, a che cavolo sarebbero serviti, ovviamente al condizionale).

    Nel corso dei decenni, Historia Ludens ha elaborato e sperimentato molte unità didattiche e giochi su questo castello. Forse, è il tempo che prepari un bel laboratorio sulle invenzioni storiche. Sono tali e tante, godono di una circolazione protetta che le rende refrattarie ad ogni critica, danno luogo a una produzione libraria e multimediale inesauribile e sono, quotidianamente, l’oggetto di tante performance sul sito, da fornire allo studioso un materiale ricchissimo, unico nel suo genere; e agli allievi l’occasione di conoscere aspetti non secondari della nostra società.
    Con una piccola osservazione. Fino a che ci si intrattiene con schiere di turisti affamati di esotismi, potremmo pensare a un fatto di costume, alle delizie della storia pubblica, o a spassosi medievalismi. Ma quando una guida spiega con tono cattedratico ottagoni e quadrati che miracolosamente si inscrivono in cerchi a una classe di bambini che, disciplinati, prendono appunti, mentre i loro insegnanti non sembrano dar segnali di spirito critico, allora si dovrebbe cambiare registro, e ripensare alla ripulsa morale alla quale sollecitava Raffaele Licinio, quando bollava queste “ipotesi” come espressione di “delinquenza culturale, fatta in disprezzo della storia”. E, con decisione, ricordare l’articolo 33 della Costituzione, che stabilisce che le scuole assicurano libertà di ricerca e di insegnamento delle scienze, non delle “ipotesi”.

     

    Piccola bibliografia, per gli amanti del castello storico

    - Huub Kurstjens, Frederick II: from mythomoteur to mythophantom Identity, mythologization, nationalism and regionalism, ora in http://siba-ese.unisalento.it/index.php/itinerari/article/view/22451

    - Massimiliano Ambruoso, Castel del Monte. Storia e mito, Edipuglia, ora in edizione pdf: https://edipuglia.it/catalogo/massimiliano-ambruoso-castel-del-montela-storia-e-il-mito/ Versione pdf

    - Vito Ricci, Castel del Monte, in 
    http://www.mondimedievali.net/Rec/casteldelmonte04.htmdove si trova la frase di Raffaele Licinio, riportata nel testo.

    - Giuseppe Losapio, Cronaca di una visita al castello che non c’è. Il turismo parastorico in Puglia e Castel del Monte
    http://www.historialudens.it/diario-di-bordo/220-cronaca-di-una-visita-al-castello-che-non-c-e-il-turismo-parastorico-in-puglia-e-castel-del-monte.html

  • Da Federico II ai Grandi della Terra. Il Castello di Brindisi

    di Maurizio Triggiani

    castello brindisi  Lo chiamano castello svevo, ma, come sempre accade, anche per il Castello di Brindisi la fase legata all’imperatore svevo rappresenta soltanto una porzione della sua storia. È vero che fu Federico II a volerne l’edificazione a ridosso del seno di ponente del porto brindisino tra il 1227 e il 1233, ma la forma attuale del castello si deve all’apporto di ogni dinastia e di ogni potente che ebbe la ventura di dominare sulla città pugliese.

     

    I normanni

    Attigua all’edificio voluto da Federico II, esisteva una fortezza normanna della quale leggiamo alcune testimonianze nell’ Historiarum libri VII di Johannes Cinnamus, che parla di una “rocca ben munita” e riporta anche i nomi di tre castellani Rainaldo “de monte Ioi” nel 1135, di Gugliemo “de Mansellera” nel 1174 e Gualtiero de Roccaforte nel 1175. Notizie che purtroppo non chiariscono l’aspetto di questa fortezza, se fosse una torre fortificata o un vero e proprio castello. Sappiamo, però, che fu al centro di alcuni conflitti come quello tra i difensori del normanno Ruggero nei confronti di Tancredi di Conversano, oppure quello che vide le truppe dell’imperatore Lotario conquistare il castellum nel 1137, che venne poi conquistato dai Bizantini nel 1156 e riconquistato dal normanno Guglielmo l’anno successivo.

     

    Federico II

    Quella voluta da Federico II non era concepita come un’opera fortificata posta a difesa della città, ma con ogni probabilità come struttura destinata alle guarnigioni dell’imperatore che risiedevano lì per controllare soprattutto i cittadini di Brindisi ancora troppo legati ai Normanni e per questo motivo non proprio leali con l’imperatore.

    Il castello fu realizzato nel giro di sette anni. Aveva una piazza d’armi difesa da quattro torrioni angolari. Un impianto trapezoidale che si articolava su un cortile interno, sul quale si affacciavano anche edifici palaziali e residenziali.

    La fortezza era ulteriormente difesa da un profondo fossato che la cingeva sui tre lati di terra, mentre il lato più settentrionale si affacciava direttamente sul mare. Per la sua costruzione l’imperatore utilizzò materiali provenienti da strutture più antiche, molte anche di età romana. Alle fortificazioni di età sveva, che si individuano nelle torri di impianto quadrangolare disposte lungo la cinta di difesa del castello, si aggiunsero successivamente altre strutture difensive.

     

    Gli Angioini

    Con gli Angioini il castello fu oggetto di nuovi interventi mirati soprattutto a prevenire incursioni di Greci e Albanesi, nel timore che questi potessero attentare all’arsenale navale che re Carlo I d’Angiò fece realizzare nel 1271 proprio nel porto di Brindisi. Responsabile dell’arsenale e del castello in quegli anni fu Ruggero Cavalerio che era stato nominato castellano nel 1268. A lui successero altri castellani ricordati dalle fonti, come Agone di Villanova nel 1275 e Goffredo de Rivera nel 1291.

     

    Gli Aragonesi

    Il castello dovette mantenere più o meno questo aspetto sino all’età aragonese, nel maturo ‘400. Le tecniche della guerra erano cambiate e, di conseguenza, anche le fortificazioni avevano bisogno di essere ripensate. Gli Aragonesi misero mano al castello di Brindisi soltanto nel 1488, ma il loro intervento fu radicale. La struttura, che sostanzialmente era rimasta delle stesse dimensioni dall’età federiciana, venne significativamente ingrandita. Infatti, sovrani, avevano messo in opera un programma di fortificazione delle mura della città, che estesero anche al castello.

    Una cinta muraria più bassa, ma ben più solida di quella originaria, venne realizzata nella parte esterna, riempiendo tutta l’area occupata originariamente dal fossato. Vennero realizzate ulteriori quattro torri/baluardi dall’impianto circolare e tronco conico, ispirate all’architettura militare del XV secolo, quando la polvere da sparo cominciava ad essere un elemento sempre più utilizzato durante i conflitti. Venne realizzato un nuovo fossato, più ampio e profondo, mentre negli spazi del fossato precedente vennero costruiti dei vani sotterranei, al di sopra dei quali furono ricavati cortili di impianto rettangolare. Promotore di questi importanti interventi fu Ferdinando I d’Aragona, ma il castello venne ulteriormente fortificato con gli interventi del figlio Alfonso II. Fu lavoro così ben fatto che nel 1496, quando la città di Brindisi venne consegnata alla Repubblica di Venezia, in una relazione del doge Priamo Contarini il castello è descritto come “bello e fortissimo che domina la città e gli altri castelli”.

     

    Bombardamenti e decadenza del castello

    Nonostante ciò, il castello nel 1528 dovette sopportare un durissimo bombardamento ad opera dei cannoni dell’esercito della Lega - voluta da Papa Clemente VII e costituita da Francia, Repubblica di Venezia e Firenze- che bombardarono il castello e la città di Brindisi per strapparla all’imperatore Carlo V. La solidità del castello e il coraggio dei brindisini sono ricordati nelle note storiche di quegli anni.

    La vicenda architettonica del castello di Brindisi in pratica finisce qua. Seguirono anni di abbandono almeno sino ai primi anni dell’800, quando Gioacchino Murat nel 1814 lo trasformò in una prigione o “bagno penale” aggiungendo alcune strutture per i detenuti. Il castello rimase prigione sino al 1919 ospitando fino a 800 prigionieri forzati nel 1879 impegnati nei lavori del porto di Brindisi. Le descrizioni dei viaggiatori dell’epoca riportano l’inquietante rumore delle catene trascinate da questi galeotti che risuonavano nella città soprattutto di notte.

     

    castello brindisi 2 I mutamenti dell’età contemporanea

    Nel 1909 il castello divenne la base della Marina Militare che da qui controllava una flotta di sommergibili. Poi, nel 1916, il porto e il castello di Brindisi divennero la terza base più importante della flottiglia M.A.S. (acronimo di Motobarca Armata Svan e poi Motobarca Armata Silurante) dopo Venezia e Ancona. La vocazione navale della città di Brindisi, e quindi anche del castello ubicato sul seno di Ponente del porto, è evidente anche durante i due conflitti mondiali. Già durante la Prima Guerra Mondiale qui facevano base le grandi navi, ma è soprattutto durante il secondo conflitto mondiale che il castello di Brindisi divenne la base operativa e amministrativa del governo Badoglio nonché residenza del re Vittorio Emanuele III dal 10 settembre del 1943 all’11 febbraio dell’anno successivo.

    Oggi il castello è ancora sede della Marina Militare e scenario di incontri diplomatici e politici internazionali.

  • Il "Festival Federico II Stupor Mundi" dedica una sessione alla didattica

    10 borse di studio per giovani studiosi

    di Antonio Brusa

    Federico II PROGRAMMA generale web compressed Pagina 01 Capita molto di rado che un convegno di storia sia così aperto alle scuole. E' caso di questo convegno, organizzato da Fulvio Delle Donne, che è riuscito ad attrarre ad Ancona e Jesi (non dimentichiamolo: città natale di Federico II) fra i maggiori studiosi dell'imperatore svevo. Ancora più raro è il caso di convegni che dedicano una sessione intera alla didattica. Sono invitate le scuole e ci sono anche 10 borse di studio per giovani studiosi.

    Sul sito tutte le informazioni necessarie.

     

    PROGRAMMA

    BANDO BORSE DI STUDIO

     

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