storia alternativa

  • “E se Alessandro avesse combattuto contro i romani?”

    Autore: Antonio Brusa


    Problemi teorici e pratici di didattica controfattuale


     E se a Iwo Jima avessero vinto i giapponesi?

    Indice
    1.    Contro la storia controfattuale
    2.    Tito Livio, l’alternativo
    3.    Lo sviluppo ineguale della didattica controfattuale
    4.    Culture storiche in alternativa
    5.    Una visione critica della controfattualità
    6.    Un profilo professionale moderno
    Bibliografia


    1.    Contro la storia controfattuale

    “Stronzata antistorica”. Non è molto fine la versione italiana del tedesco Geschichtswissenschlopff, ma è proprio questa l’espressione, con la quale Marx bollò le speculazioni di Proudhon, e che E.P. Thompson riutilizzò per liquidare l’emergere, negli anni ’70 del secolo scorso, della storia controfattuale. Thompson era un punto di riferimento della storia marxista inglese, perennemente in lite con M. Oakeshott, filosofo e storico conservatore. Ma sulla storia controfattuale i due ragionavano all’unisono: unhistorical shit.

    Sulla stessa linea si muove oggi Richard J. Evans, per il quale la storia controfattuale è poco più di un gioco di società. Il suo successo, argomenta, è frutto della crisi delle grandi visioni storiche progressiste, il marxismo in primis, con la conseguente ricerca nostalgica di passati alternativi, tipica dei pensatori di destra. E’ figlio del postmodernismo e del predominio mondiale della storia culturale. E’ in stretta relazione con l’invasione di fiction e di giochi che saccheggiano alla storia scenari, protagonisti e avventure. Il suo recentissimo libro non è stato tradotto in Italia, ma ne potete già vedere le ampie recensioni in rete di Cass R. Sunstein(dal quale ho ricavato la notizia dell’epiteto anglo-tedesco) e di Howen Hatherley.

    “ E se i cinesi fossero sbarcati sulla Luna?” ipotizza la copertina del libro di Richard J. Evans,The altered Past. Counterfactuals in History

     

    Questa vicenda storiografica è oggetto della trattazione di Luigi Cajani, che riproporremo presto su HL; mentre in Gioco e Creatività, sempre su HL, abbiamo raccontato i primi accenni di “conversione” alla controfattualità della storiografia italiana. Dalla tradizionale avversione storiografica parte anche Juliàn Pelegrìn, nell’ultimo numero di “Iber”, rivista spagnola di didattica della storia, in un intervento che affronta la questione dell’uso didattico di questo genere storiografico, e che costituisce la traccia di questo intervento.

    Come molti, Juliàn Pelegrìn ricorda i padri nobili della storia alternativa: Erodoto, Tucidide, Tacito e Tito Livio. Mi sembra utile impostare un ragionamento didattico cominciando da quest’ultimo e dalla sua ipotesi controfattuale: “e se Alessandro Magno avesse combattuto contro i romani?”.

    La leggiamo nel nono libro delle sue storie (par. 13-19).


    2.    Tito Livio, l’alternativo

    Dopo aver raccontato l’umiliazione delle forche caudine, nella seconda guerra sannitica,  Tito Livio passa a parlare della vendetta che i romani si presero nel 315 a Lucera, dove i sanniti si erano asserragliati con i 600 ostaggi che avevano ottenuto a Caudio. Papirio li sconfigge, libera i prigionieri romani e poi costringe i sanniti all’identico disonore: sfilare disarmati e nudi fra due ali di nemici che li sbeffeggiano e,se osano alzare gli occhi, li colpiscono a morte.

    Lucio Papirio Cursore era una sorta di Achille piè veloce, come sottolinea il soprannome. Per i suoi concittadini fu l’eroe della riscossa romana. Ancora dopo tre secoli, la soddisfazione per la sua impresa era talmente viva, che Tito Livio si lasciò scappare il  paragone: “Papirio sarebbe stato pari a Alessandro Magno, solo se questi avesse deciso di invadere l’Europa, dopo aver domato l’Asia”. E di lì, l’appetito vien mangiando, si gettò in un autentico racconto controfattuale, perché immaginò un passato diverso, in cui Alessandro sarebbe venuto in Italia con il suo esercito, e fece sua quella domanda, che – ne sono convinto - molti a Roma si facevano: “Come sarebbe finito lo scontro fra il Grande Macedone e i romani?"

    Bella domanda. Mi ricorda certi vecchi b movies, nei quali si mettevano contro eroi di saghe diverse (Ercole contro Maciste, o Zorro contro D’Artagnan). Appunto: unhistorical shit. Ma Livio faceva sul serio, e decideva l’esito di questa storia alternativa sulla base del confronto analitico delle forze. I romani avrebbero schierato 150 mila uomini; Alessandro ne aveva appena poche decine di migliaia, per giunta soldati vecchi e prostrati da un viaggio lunghissimo. I romani potevano mettere in campo contemporaneamente cinque eserciti; Alessandro uno solo. Lui fu il più grande e il più lodato, d’accordo. Ma fu l’unico, mentre i romani ne avevano a bizzeffe, di grandi generali che potevano fargli fronte. Livio li elenca, a partire appunto da quel Papirio Cursore che aveva appena finito di malmenare i sanniti. E, infine, se si fosse azzardato a sbarcare in Italia, Alessandro non avrebbe trovato di fronte a sé un impero di gente rammollita dalle ricchezze, ma una penisola abitata da popoli indomiti. E quelli che non erano già alleati dei romani (aumentando la loro già grande forza), anche se fossero passati dalla parte sua, sarebbero stati indeboliti dalle lunghe guerre contro Roma, come in effetti era accaduto ai sanniti. Tirando le somme, non ci sarebbe stata partita.

    E’ vero, per i romani la storia era opus rhetoricum maximum; l’idea che avevano dei persiani era quella malevola costruita dai greci, e non guasta ricordare che Livio non perde occasione per celebrare l’Urbe. Ma questa volta lo fa con lo stratagemma del passato alternativo, che sviluppa con gusto e applicazione per qualche pagina. Questa soluzione gli permette di elaborare un ragionamento analitico e di giungere a una conclusione motivata. Roma non è soltanto la grande potenza del presente. E’ la potenza più grande mai esistita. Questo giudizio è il frutto di una sorta di esperimento mentale limite: mettere a confronto la forza romana con ciò che, in quel momento, tutti ritenevano il soggetto invicibile per antonomasia. Una sorta di “stress storiografico” che è cosiderato un metodo accettabile, anche da storici avversi alla controfattualità, come Evans.

    Ma c’è un altro dato che lo storico ci insegna. Livio non immagina che Alessandro si confronti con la Roma del I secolo, quella che aveva già sbaragliato qualsiasi rivale nell’area mediterranea. Pone il raffronto nel passato, al tempo delle guerre sannitiche. Ci illustra, con un’evidenza viva, che già a quel tempo Roma era la potenza più temibile dell’ecumene. Perciò, mentre Alessandro conquistava l’impero persiano, in Europa si era già formata una realtà politica, sociale e militare che gli poteva tenere testa. E questa, certamente, sarebbe una bella scoperta nelle nostre scuole, dove la storia greca e quella romana si insegnano in anni distinti, diffondendo fra gli studenti la convinzione che appartengano a due epoche diverse  e che, al tempo di Alessandro e dei regni ellenistici, Roma era una potenza regionale, “limitata alla penisola”.

      In questaucronia Alessandro Magno sopravvive alla febbre che lo uccise a Babilonia e consolida il suo impero. Poi, a differenza di quanto ipotizzava Alexander Demandt, storico antichista tedesco, non conquista l’India e non contribuisce perciò a diffondere il buddismo in Occidente; al contrario, i suoi discendenti, scacciati da nomadi asiatici, si rifanno sull’Occidente che conquistano. Nel frattempo, la potenza cartaginese si sviluppa. Lo scontro fra le due superpotenze occidentali avviene, come di prammatica, a Zama, nel 202.


    3.    Lo sviluppo ineguale della didattica controfattuale

    Le scuole anglosassoni hanno intuito ben presto l’utilità didattica della storia controfattuale. Peregrìn racconta come, fin dal 1969, Wayne Dumas riconoscesse il suo potere “inusualmente stimolante”, la sua capacità di coinvolgere gli allievi in ricerche attive, “a fare qualcosa con la storia”, di mostrare relazioni di causa-effetto, di stabilire relazioni fra passato e presente e di immaginare il futuro. Come si vede, fin dall’inizio fu chiaro e appetibile il quadro dei vantaggi didattici: un complesso di obiettivi che resterà sostanzialmente inalterato nei decenni successivi.

    L’Italia era lì, a ruota. Basti pensare al manuale, scritto da Franco di Tondo e da Giorgio Guadagni (La storia e i suoi problemi, Loescher, Torino 1970),  uno dei più diffusi a quel tempo, che introdusse fra le attività didattiche un esercizio del tipo “Se tu fossi un mercante fenicio…”, un primo e audacissimo, per i tempi, abbozzo di storia empatica. Al principio degli anni ’80 risale “Il gioco della storia”, la mostra itinerante organizzata dal Cidi di Bari, con i primi giochi che sperimentavamo nelle scuole medie e che raccolsi successivamente in Guida al manuale di storia(Editori Riuniti, Roma 1985), fra i quali vi erano dei piccoli esperimenti di storia controfattuale, a partire dalla celebre ipotesi di Erodoto (“E se il Nilo non sfociasse nel Mediterraneo…?”).

    In una ipotesi alternativa della storia scolastica italiana, il nostro paese reggerebbe il passo, se quelli (ed altri) spunti individuali fossero stati sorretti dall’investimento istituzionale, sia nella ricerca teorica, sia nella formazione dei professori, sia nella produzione di materiali di insegnamento. Non essendo accaduto nulla di tutto ciò, la didattica controfattuale (come tanti altri aspetti della formazione professionale del docente di storia) resta una risorsa per minoranze. Induce a queste riflessioni l’articolo di Peregrìn, nel quale si mostra come la Spagna, pur iniziando questo percorso molto più tardi, intorno agli anni ’90, ha messo in campo una nutrita batteria di ricercatori universitari, che in soli due decenni hanno accumulato un’attrezzatura teorica e pratica al servizio del docente, in buona misura disponibile anche online.

    Al di là dell’amarezza per un’ennesima occasione persa, questa vicenda mostra come sia particolarmente ardua, oggi, la questione del ringiovanimento delle pratiche di insegnamentoe della formazione culturale dei docenti. Le tecniche didattiche, infatti, superano agevolmente frontiere e arretratezze istituzionali. Irrompono nelle aule senza chiedere permessi. Perciò, non è inconsueto che allievi italiani vengano invitati a calarsi nei panni di un dato personaggio storico, o a ipotizzare esiti diversi di una determinata vicenda studiata nel manuale. Spesso sotto le vesti della “didattica creativa”, frammenti e suggestioni di didattica controfattuale circolano ampiamente nel nostro paese. La domanda è: come vengono usati?


    4.    Culture storiche in alternativa

    Ci dobbiamo chiedere se si sia diffusa con la stessa facilità la cultura necessaria per gestire correttamente tali pratiche."Once you let the counterfactual genie out of the bag, anything can happen", avverte Evans. Se il genio della controfattualità esce dalla lampada, tutto può succedere. Ecco il primo problema: il professore deve avere la capacità di costruire “campi recintati”, all’interno dei quali gli allievi possano muoversi con libertà, senza combinare troppi pasticci. E questo vuol dire, in partenza, fissare i vincoli storici del gioco controfattuale; nel corso del lavoro, guidare gli allievi lungo ipotesi accettabili, e, alla fine, valutare la congruità degli elaborati. Tutto ciò è possibile soltanto se il professore possiede una buona cultura storica, non solo intorno ai fatti specifici, ma soprattutto sul modo di pensare storicamente.

    Luigi Cajani sottolinea la differenza profonda fra una storiografia cresciuta all’ombra di Benedetto Croce, che promoveva appunto lo slogan “La storia non si fa con i se”, e quella che fa riferimento a una folta schiera di storici, da Toynbee a Braudel. Alexander Demandt, che abbiamo già visto a proposito di Alessandro Magno, è lo studioso che, ricorda ancora Cajani, con più convinzione ha sostenuto la necessità del pensiero ipotetico “per evitare ogni appiattimento deterministico o storicistico, e per rimettere in discussione una serie di luoghi comuni sul peso di questo o quel fattore nello sviluppo degli eventi, soprattutto quando si analizzano le cosiddette fasi di transizione o si valuta l'influenza dei personaggi storici”.

    Sono due modi di pensare storicamente abbastanza antitetici. Perciò, non sarà senza conseguenze – per il corpo docente - l’aver studiato il passato nel suo svolgimento, cercando di capire nessi e documentazione, o, invece, sforzandosi (anche) di pensare le alternative, chiedendosi continuamente “cosa sarebbe successo se…?”. Questo secondo modo non solo sarebbe più corretto, perché più vicino al modo di ragionare dello storico, ma avrebbe l’altro, decisivo, effetto di formare un personale che, essendo abituato a considerare la storia come una ricostruzione ipotetica del passato, sarebbe più preparato a gestire i tentativi di apprendimento degli allievi, e – nel nostro caso - a guidare i loro ragionamenti controfattuali.


    5.    Una visione critica della controfattualità

    Due osservazioni di Evans, tra loro collegate, ci lasciano intuire un secondo problema didattico. La prima riguarda il fatto che una controfattualità non ben elaborata induce l’allievo a costruire relazioni di un determinismo povero e lineare. Si cambia un evento, un fattore, una scelta e “tutta la storia” successiva prende una piega diversa. La seconda riguarda il fatto che questa nuova traiettoria viene disegnata in funzione di un “desiderio” dell’allievo, spesso un desiderio scolasticamente sollecitato (cambi un fattore e la guerra non scoppia, oppure il debole vince o un sopruso non si compie). Insomma, la storia viene modificata in funzione di un teleologismo altrettanto povero ed elementare.
    A queste condizioni, è evidente che il valore formativo di questa strategia è nullo, dal momento che non viene messo in crisi quell’appiattimento deterministico, denunciato da Demandt, né verranno messi in discussione i luoghi comuni della vulgata storica.Più in generale, proprio perché riformula stereotipi correnti sotto le vesti dell’ “alternatività”, non è da sottovalutare il rischio che questo tipo di controfattualità si presti ad essere facile strumento di un uso “populistico” della storia.

    Questa ucronia ripete il luogo comune della “tenaglia araba”: i musulmani vincono a Poitiers, poco dopo si impadroniscono di Costantinopoli e dilagano in Europa, che entra - perciò - a far parte della Umma. Franco Cardini ha avuto buon gioco a smontare questa sorta di domino, ricordando che Costantinopoli è realmente caduta in mano musulmana, ma l’Europa è rimasta cristiana. La storiografia, d’altra parte (come racconta qualsiasi manuale), spiega che la vittoria franca non fermò affatto le scorrerie musulmane (come voleva la propaganda carolingia), che continuarono fino a tutto il X secolo.

     

    Questa controfattualità banale richiama alla mente una delle misconoscenze più diffuse nella storia scolastica tradizionale: quella che riguarda gli “eventi miracolosi”. Un esempio notissimo è costituito dalla battaglia di Poitiers (732). L’importanza della vittoria di Carlo Martello, infatti, è dimostrata tradizionalmente con un “gioco del se" antichissimo, quanto occulto: “se avessero vinto gli arabi, la storia euromediterranea sarebbe totalmente diversa”. Giuseppe Sergiha smantellato la connessione rozza, che lega abusivamente una vittoria, decisiva solo per la futura dinastia carolingia, al destino di un continente.

    Tale è l’”evento miracoloso”, così lo definisce Sergi: una vittoria, l’uso della staffa, l’adozione dell’aratro pesante, e la storia cambia il suo corso. Una misconoscenza, appunto, che va combattuta lavorando sulla visione complessa  e problematica del passato: sia nell’insegnamento tradizionale, sia in quello che incorpora tecniche innovative.
    Ecco un’altra storia alternativapiù critica della precedente, perché non tiene conto soltanto del punto di vista occidentale, ma di ciò che succede nel campo musulmano. Gli arabi vincono a Poitiers. Carlo viene mandato come ostaggio in Egitto, ma la vittoria è la scintilla che fa esplodere la rivolta berbera, contribuendo a frantumare ulteriormente il mondo musulmano. Le armate della mezzaluna avanzano, comunque, fino a Parigi, la più grande città occidentale (con Roma), dove Pipino, che in questa storia alternativa non ha potuto sfruttare il volano ideologico della vittoria e quindi governa solo una parte del regno franco, riesce a organizzare la resistenza e a respingerle. Da questa vittoria riporta l’epiteto, col quale verrà studiato nelle scuole del mondo parallelo: “Pipino Martello”.

     

    Il contrasto fra l’irriproducibile complessità della storia e la relativa linearità della vicenda alternativa (come spesso viene immaginata dagli allievi) è ambivalente. E’ del tutto negativo, se il professore non lo avverte e non apre su questo la discussione, proprio per i motivi che abbiamo appena visto. Al contrario, diventa una risorsa eccellente, se lo scarto può essere messo in evidenza nel corso del debriefing. Questa operazione è facilitata dal fatto che si lavora sulle esperienze degli allievi, che possono essere guidati a ragionare sul problema che nella realtà storica esiste sempre qualche variabile che non è stata presa in considerazione. Il gioco controfattuale, quindi, può diventare l’occasione per una riflessione epistemologica sulla storia, perché riuscirebbe a rendere concreta una tematica che normalmente viene percepita dagli allievi come un’astrazione inafferrabile.

    Ecco, dunque, un secondo buon risultato di questa didattica, da aggiungere alla critica alle visioni stereotipate: affrontare in classe gli aspetti teorici del pensiero storico. Concludendo un report sulle sue esperienze scolastiche, Deborah Vess scrive: “lo sforzo di calarsi nel punto di vista del passato costringe gli studenti ad assumere un ruolo attivo e creativo nello studio della storia, nel quale se la devono vedere con i più sottili problemi della filosofia della storia”.


    6.    Un profilo professionale moderno

    Un errore diffuso è quello di caricare un dato strumento didattico di ogni sorta di beneficio. Vale anche per la didattica controfattuale. Da sola non darà gli obiettivi che abbiamo citato sopra. Essa fa parte di un complesso di pratiche innovative, il cui scopo comune è quello di avviare l’allievo al “pensare storicamente” (un obiettivo che, è bene chiarirlo ogni volta, non può prescindere dall’acquisizione delle conoscenze storiche). Queste strategie, elaborate nella loro maggioranza nell’ultimo mezzo secolo, disegnano un profilo professionale alquanto diverso da quello che convenzionalmente consideriamo “tradizionale”, e al quale le nostre Università sono legate. Rachel G. Ragland, parlando dei cambiamenti dei punti di vista degli insegnanti di secondaria americani,  ne elenca alcune. Le riporto solo a titolo di esempio: la controfattualità è una delle tante strategie. Queste, peraltro, non sono delle novità per il docente italiano, e questo non è nemmeno l’elenco completo delle strategie che, sulla scorta della ricerca didattica attuale, si possono realizzare in classe.

    Il fatto nuovo, probabilmente, è un docente che le consideri normali, e ne faccia un uso quotidiano.

    1.    Usare fonti
    2.    Analizzare artefatti storici
    3.    Mettere in campo attività del “fare storia” (interpretare, presentare una o più cause di eventi, argomentare sulla base di fonti, ecc.)
    4.    Ricerche tematiche su materiali vari
    5.    Schemi concettuali per organizzare la lettura di materiali diversi
    6.    Uso di organizzatori grafici e mappe concettuali
    7.    Uso di media e multimedia
    8.    Approccio controfattuale
    9.    Approcci narrativi
    10.   Giochi e giochi di ruolo
    11.   Uso di risorse dell’ambiente


    Bibliografia

    Antonio Brusa, Guida al manuale di storia, Editori Riuniti, Roma 1985
    Deborah Vess, Creative Writing and the Historian: An Active Learning Model for Teaching the Craft of History, in “The History Teacher”, Vol. 30, No. 1 (Nov., 1996), pp. 45-53
    Luigi Cajani, Die Zeitmaschine: Anmerkungen zu einem Benutzer handbuch, in Was Wäre Wenn: Alternativ- und Parallelgeschichte. Brücken zwischen Phantasie und Wirklichkeit, edited by Michael Salewski,  Stuttgart, Steiner, 1999, pp. 54-63
    Luigi Cajani, Immagini del futuro, in "I viaggi di Erodoto", anno 5, numero 13, aprile 1991, pp. 86-98.
    Rachel G. Ragland, Changing Secondary Teachers' Views of Teaching American History, in “The History Teacher”, Vol. 40, No. 2 (Feb., 2007), pp. 219-246
    Giuseppe Sergi, La staffa: invenzione o adozione progressiva?, in “Nuvole”, n. 25, http://www.nuvole.it/arretrati/numero25/pdf/06e-Sergi-Staffa.pdf
    Juliàn Pelegrín, La historia alternativa como herramienta didáctica: una revisión historiográfica, Proyecto CLIO, 36. ISSN: 1139-6237. http://clio.rediris.es
    Juliàn Pelegrìn, Historia contrafàctica y didàctica de la historia, in “Iber”, 78, 2014, pp. 53-69
    Richard J. Evans, Altered Pasts: Counterfactuals in History (The Menahem Stern Jerusalem Lectures), Brandeis 2014

  • Alessandro the best

    Autore: Antonio Brusa

    Problemi teorici e pratici di didattica controfattuale  

    E se aIwo Jima avessero vinto i giapponesi?

     

    Indice
    1. Contro la storia controfattuale
    2. Tito Livio, l’alternativo
    3. Lo sviluppo ineguale della didattica controfattuale
    4. Culture storiche in alternativa
    5. Una visione critica della controfattualità
    6. Un profilo professionale moderno
    Bibliografia


    1. Contro la storia controfattuale

    “Stronzata antistorica”. Non è molto fine la versione italiana del tedesco Geschichtswissenschlopff, ma è proprio questa l’espressione, con la quale Marx bollò le speculazioni di Proudhon, e che E.P. Thompson riutilizzò per liquidare l’emergere, negli anni ’70 del secolo scorso, della storia controfattuale. Thompson era un punto di riferimento della storia marxista inglese, perennemente in lite con M. Oakeshott, filosofo e storico conservatore. Ma sulla storia controfattuale i due ragionavano all’unisono: unhistorical shit.

    Sulla stessa linea si muove oggi Richard J. Evans, per il quale la storia controfattuale è poco più di un gioco di società. Il suo successo, argomenta, è frutto della crisi delle grandi visioni storiche progressiste, il marxismo in primis, con la conseguente ricerca nostalgica di passati alternativi, tipica dei pensatori di destra. E’ figlio del postmodernismo e del predominio mondiale della storia culturale. E’ in stretta relazione con l’invasione di fiction e di giochi che saccheggiano alla storia scenari, protagonisti e avventure. Il suo recentissimo libro non è stato tradotto in Italia, ma ne potete già vedere le ampie recensioni in rete di Cass R. Sunstein (dal quale ho ricavato la notizia dell’epiteto anglo-tedesco) e di Howen Hatherley .

     

    “ E se i cinesi fossero sbarcati sulla Luna?” ipotizza la copertina del libro di Richard J. Evans , The altered Past. Counterfactuals in History


     
    Questa vicenda storiografica è oggetto della trattazione di Luigi Cajani, che riproporremo presto su HL; mentre in Gioco e Creatività, sempre su HL, abbiamo raccontato i primi accenni di “conversione” alla controfattualità della storiografia italiana. Dalla tradizionale avversione storiografica parte anche Juliàn Pelegrìn, nell’ultimo numero di “Iber”, rivista spagnola di didattica della storia, in un intervento che affronta la questione dell’uso didattico di questo genere storiografico, e che costituisce la traccia di questo intervento.

    Come molti, Juliàn Pelegrìn, ricorda i padri nobili della storia alternativa: Erodoto, Tucidide, Tacito e Tito Livio. Mi sembra utile impostare un ragionamento didattico cominciando da quest’ultimo e dalla sua ipotesi controfattuale: “e se Alessandro Magno avesse combattuto contro i romani?”
    La leggiamo nel nono libro delle sue storie (par. 13-19).

     

     
    2. Tito Livio, l’alternativo

     

    Dopo aver raccontato l’umiliazione delle forche caudine, nella seconda guerra sannitica,  Tito Livio passa a parlare della vendetta che i romani si presero nel 315 a Lucera, dove  i sanniti si erano asserragliati con i 600 ostaggi che avevano ottenuto a Caudio. Papirio li sconfigge, libera i prigionieri romani e poi costringe i sanniti all’identico disonore: sfilare disarmati e nudi fra due ali di nemici che li sbeffeggiano e, se osano alzare gli occhi, li colpiscono a morte.

    Lucio Papirio Cursore  era una sorta di Achille piè veloce, come sottolinea il soprannome. Per i suoi concittadini fu l’eroe della riscossa romana. Ancora dopo tre secoli, la soddisfazione per la sua impresa era talmente viva, che Tito Livio si lasciò scappare il  paragone: “Papirio sarebbe stato pari a Alessandro Magno, solo se questi avesse deciso di invadere l’Europa, dopo aver domato l’Asia”. E di lì, l’appetito vien mangiando, si gettò in un autentico racconto controfattuale, perché immaginò un passato diverso,  in cui Alessandro sarebbe venuto in Italia con il suo esercito, e fece sua quella domanda, che – ne sono convinto - molti a Roma si facevano: “Come sarebbe finito lo scontro fra il Grande Macedone e i romani?

    Bella domanda. Mi ricorda certi vecchi bmovies, nei quali si mettevano contro eroi di saghe diverse (Ercole contro Maciste, o Zorro contro D’Artagnan). Appunto: unhistorical shit. Ma Livio faceva sul serio, e decideva l’esito di questa storia alternativa sulla base del confronto analitico delle forze. I romani avrebbero schierato 150mila uomini; Alessandro ne aveva appena poche decine di migliaia, per giunta soldati vecchi e prostrati da un viaggio lunghissimo. I romani potevano mettere in campo contemporaneamente cinque eserciti; Alessandro uno solo. Lui fu il più grande e il più lodato, d’accordo. Ma fu l’unico, mentre i romani ne avevano a bizzeffe, di grandi generali che potevano fargli fronte. Livio li elenca, a partire appunto da quel Papirio Cursore che aveva appena finito di malmenare i sanniti. E, infine, se si fosse azzardato a sbarcare in Italia, Alessandro non avrebbe trovato di fronte a sé un impero di gente rammollita dalle ricchezze, ma una penisola abitata da popoli indomiti. E quelli che non erano già alleati dei romani (aumentando la loro già grande forza), anche se fossero passati dalla parte sua, sarebbero stati indeboliti dalle lunghe guerre contro Roma, come in effetti era accaduto ai sanniti. Tirando le somme, non ci sarebbe stata partita.

    E’ vero, per i romani la storia era opus rhetoricum maximum; l’idea che avevano dei persiani era quella malevola costruita dai greci, e non guasta ricordare che Livio non perde occasione per celebrare l’Urbe. Ma questa volta lo fa con lo stratagemma del passato alternativo, che sviluppa con gusto e applicazione per qualche pagina. Questa soluzione gli permette di elaborare un ragionamento analitico e di giungere a una conclusione motivata. Roma non è soltanto la grande potenza del presente. E’ la potenza più grande mai esistita. Questo giudizio è il frutto di una sorta di esperimento mentale limite: mettere a confronto la forza romana con ciò che, in quel momento, tutti ritenevano il soggetto invicibile per antonomasia. Una sorta di “stress storiografico” che è cosiderato un metodo accettabile, anche da storici avversi alla controfattualità, come Evans.

    Ma c’è un altro dato che lo storico ci insegna. Livio non immagina che Alessandro si confronti con la Roma del I secolo, quella che aveva già sbaragliato qualsiasi rivale nell’area mediterranea. Pone il raffronto nel passato, al tempo delle guerre sannitiche. Ci illustra, con un’evidenza viva,  che già a quel tempo Roma era la potenza più temibile dell’ecumene. Perciò, mentre Alessandro conquistava l’impero persiano, in Europa si era già formata una realtà politica, sociale e militare che gli poteva tenere testa. E questa, certamente, sarebbe una bella scoperta nelle nostre scuole, dove la storia greca e quella romana si insegnano in anni distinti, diffondendo fra gli studenti la convinzione che appartengano a due epoche diverse  e che, al tempo di Alessandro e dei regni ellenistici, Roma era una potenza regionale, “limitata alla penisola”.

     


    In questa ucroniaAlessandro Magno sopravvive alla febbre che lo uccise a Babilonia e consolida il suo impero. Poi, a differenza di quanto ipotizzava Alexander Demandt, storico antichista tedesco, non conquista l’India e non contribuisce perciò a diffondere il buddismo in Occidente; al contrario, i suoi discendenti, scacciati da nomadi asiatici, si rifanno sull’Occidente che conquistano. Nel frattempo, la potenza cartaginese si sviluppa. Lo scontro fra le due superpotenze occidentali avviene, come di prammatica, a Zama, nel 202.

     

     


    3. Lo sviluppo ineguale della didattica controfattuale

     

     

    Le scuole anglosassoni hanno intuito ben presto l’utilità didattica della storia controfattuale. Peregrìn racconta come, fin dal 1969, Wayne Dumas riconoscesse il suo potere “inusualmente stimolante”, la sua capacità di coinvolgere gli allievi in ricerche attive, “a fare qualcosa con la storia”, di mostrare relazioni di causa-effetto, di stabilire relazioni fra passato e presente e di immaginare il futuro. Come si vede, fin dall’inizio fu chiaro e appetibile il quadro dei vantaggi didattici: un complesso di obiettivi che resterà sostanzialmente inalterato nei decenni successivi.

    L’Italia era lì, a ruota. Basti pensare al manuale, scritto da Franco di Tondo e da Giorgio Guadagni (La storia e i suoi problemi, Loescher, Torino 1970),  uno dei più diffusi a quel tempo, che introdusse fra le attività didattiche un esercizio del tipo “Se tu fossi un mercante fenicio…”, un primo e audacissimo, per i tempi, abbozzo di storia empatica. Al principio degli anni ’80 risale “Il gioco della storia”, la mostra itinerante organizzata dal Cidi di Bari, con i primi giochi che sperimentavamo nelle scuole medie e che raccolsi successivamente in Guida al manuale di storia (Editori Riuniti, Roma 1985), fra i quali vi erano dei piccoli esperimenti di storia controfattuale, a partire dalla celebre ipotesi di Erodoto (“E se il Nilo non sfociasse nel Mediterraneo…?”).

    In una ipotesi alternativa della storia scolastica italiana, il nostro paese reggerebbe il passo, se quelli (ed altri) spunti individuali fossero stati sorretti dall’investimento istituzionale, sia nella ricerca teorica, sia nella formazione dei professori, sia nella produzione di materiali di insegnamento. Non essendo accaduto nulla di tutto ciò, la didattica controfattuale (come tanti altri aspetti della formazione professionale del docente di storia) resta una risorsa per minoranze. Induce a queste riflessioni l’articolo di Peregrìn, nel quale si mostra come la Spagna, pur iniziando questo percorso molto più tardi, intorno agli anni ’90, ha messo in campo una nutrita batteria di ricercatori universitari, che in soli due decenni hanno accumulato un’attrezzatura teorica e pratica al servizio del docente, in buona misura disponibile anche online.

    Al di là dell’amarezza per un’ennesima occasione persa, questa vicenda mostra come sia particolarmente ardua, oggi, la questione del ringiovanimento delle pratiche di insegnamento e della formazione culturale dei docenti. Le tecniche didattiche, infatti, superano agevolmente frontiere e arretratezze istituzionali. Irrompono nelle aule senza chiedere permessi. Perciò, non è inconsueto che allievi italiani vengano invitati a calarsi nei panni di un dato personaggio storico, o a ipotizzare esiti diversi di una determinata vicenda studiata nel manuale. Spesso sotto le vesti della “didattica creativa”, frammenti e suggestioni di didattica controfattuale circolano ampiamente nel nostro paese. La domanda è: come vengono usati?


    4. Culture storiche in alternativa

    Ci dobbiamo chiedere se si sia diffusa con la stessa facilità la cultura necessaria per gestire correttamente tali pratiche.  "Once you let the counterfactual genie out of the bag, anything can happen", avverte Evans. Se il genio della controfattualità esce dalla lampada, tutto può succedere. Ecco il primo problema: il professore deve avere la capacità di costruire “campi recintati”, all’interno dei quali gli allievi possano muoversi con libertà, senza combinare troppi pasticci. E questo vuol dire, in partenza, fissare i vincoli storici del gioco controfattuale; nel corso del lavoro, guidare gli allievi lungo ipotesi accettabili, e, alla fine, valutare la congruità degli elaborati. Tutto ciò è possibile soltanto se il professore possiede una buona cultura storica, non solo intorno ai fatti specifici, ma soprattutto sul modo di pensare storicamente.
    Luigi Cajani sottolinea la differenza profonda fra una storiografia cresciuta all’ombra di Benedetto Croce, che promoveva appunto lo slogan “La storia non si fa con i se”, e quella che fa riferimento a una folta schiera di storici, da Toynbee a Braudel. Alexander Demandt, che abbiamo già visto a proposito di Alessandro Magno, è lo studioso che, ricorda ancora Cajani, con più convinzione ha sostenuto la necessità del pensiero ipotetico “per evitare ogni appiattimento deterministico o storicistico, e per rimettere in discussione una serie di luoghi comuni sul peso di questo o quel fattore nello sviluppo degli eventi, soprattutto quando si analizzano le cosiddette fasi di transizione o si valuta l'influenza dei personaggi storici”.
    Sono due modi di pensare storicamente abbastanza antitetici. Perciò, non sarà senza conseguenze – per il corpo docente - l’aver studiato il passato nel suo svolgimento, cercando di capire nessi e documentazione, o, invece, sforzandosi (anche) di pensare le alternative, chiedendosi continuamente “cosa sarebbe successo se…?”. Questo secondo modo non solo sarebbe più corretto, perché più vicino al modo di ragionare dello storico, ma avrebbe l’altro, decisivo, effetto di formare un personale che, essendo abituato a considerare la storia come una ricostruzione ipotetica del passato, sarebbe più preparato a gestire i tentativi di apprendimento degli allievi, e in – nel nostro caso - a guidare i loro ragionamenti controfattuali.


    5. Una visione critica della controfattualità

    Due osservazioni di Evans, tra loro collegate, ci lasciano intuire un secondo problema didattico. La prima riguarda il fatto che una controfattualità non ben elaborata induce l’allievo a costruire relazioni di un determinismo povero e lineare. Si cambia un evento, un fattore, una scelta e “tutta la storia” successiva prende una piega diversa.  La seconda riguarda il fatto che questa nuova traiettoria viene disegnata in funzione di un “desiderio” dell’allievo, spesso un desiderio scolasticamente sollecitato (cambi un fattore e la guerra non scoppia, oppure il debole vince o un sopruso non si compie). Insomma, la storia viene modificata in funzione di un teleologismo altrettanto povero ed elementare.
    A queste condizioni, è evidente che il valore formativo di questa strategia è nullo, dal momento che non viene messo in crisi quell’appiattimento deterministico, denunciato da Demandt, né verranno messi in discussione i luoghi comuni della vulgata storica. Più in generale, proprio perché riformula stereotipi correnti sotto le vesti dell’ “alternatività”, non è da sottovalutare il rischio che questo tipo di controfattualità si presti ad essere facile strumento di un uso “populistico” della storia.


    Questa ucronia ripete il luogo comune della “tenaglia araba” http://www.fmboschetto.it/Utopiaucronia/califfato_d_Italia.htm: i musulmani vincono a Poitiers, poco dopo si impadroniscono di Costantinopoli e dilagano in Europa, che entra - perciò - a far parte della Umma. Franco Cardini ha avuto buon gioco a smontare questa sorta di domino, ricordando che Costantinopoli è realmente caduta in mano musulmana, ma l’Europa è rimasta cristiana. La storiografia, d’altra parte (come racconta qualsiasi manuale), spiega che la vittoria franca non fermò affatto le scorrerie musulmane (come voleva la propaganda carolingia), che continuarono fino a tutto il X secolo.

    Questa controfattualità banale richiama alla mente una delle misconoscenze più diffuse nella storia scolastica tradizionale: quella che riguarda gli “eventi miracolosi”.  Un esempio notissimo è costituito dalla battaglia di Poitiers (732). L’importanza della vittoria di Carlo Martello, infatti, è dimostrata tradizionalmente con un “gioco del se” antichissimo, quanto occulto: “se avessero vinto gli arabi, la storia euromediterranea sarebbe totalmente diversa”. Giuseppe Sergi ha smantellato la connessione rozza, che lega abusivamente una vittoria, decisiva solo per la futura dinastia carolingia, al destino di un continente http://www.nuvole.it/arretrati/numero25/pdf/06e-Sergi-Staffa.pdf .
    Tale è l’ ”evento miracoloso”, così lo definisce Sergi: una vittoria, l’uso della staffa, l’adozione dell’aratro pesante, e la storia cambia il suo corso. Una misconoscenza, appunto, che va combattuta lavorando sulla visione complessa  e problematica del passato: sia nell’insegnamento tradizionale, sia in quello che incorpora tecniche innovative.
    Inserisci qui l’immagine allegata
    Ecco un’altra storia alternativa http://es.althistory.wikia.com/wiki/Poitiers_732?file=Eu_occ_en_747.png più critica della precedente, perché non tiene conto soltanto del punto di vista occidentale, ma di ciò che succede nel campo musulmano. Gli arabi vincono a Poitiers. Carlo viene mandato come ostaggio in Egitto, ma la vittoria è la scintilla che fa esplodere la rivolta berbera, contribuendo a frantumare ulteriormente il mondo musulmano. Le armate della mezzaluna avanzano, comunque, fino a Parigi, la più grande città occidentale (con Roma), dove Pipino, che in questa storia alternativa non ha potuto sfruttare il volano ideologico della vittoria e quindi governa solo una parte del regno franco, riesce a organizzare la resistenza e a respingerle. Da questa vittoria riporta l’epiteto, col quale verrà studiato nelle scuole del mondo parallelo: “Pipino Martello”.

    Il contrasto fra l’irriproducibile complessità della storia e la relativa linearità della vicenda alternativa (come spesso viene immaginata dagli allievi)  è ambivalente. E’ del tutto negativo, se il professore non lo avverte e non apre su questo la discussione, proprio per i motivi che abbiamo appena visto. Al contrario, diventa una risorsa eccellente, se lo scarto può essere messo in evidenza nel corso del debriefing. Questa operazione è facilitata dal fatto che si lavora sulle esperienze degli allievi, che possono essere guidati a ragionare sul problema che nella realtà storica esiste sempre qualche variabile che non è stata presa in considerazione. Il gioco controfattuale, quindi, può diventare l’occasione per una riflessione epistemologica sulla storia, perché riuscirebbe a rendere concreta una tematica che normalmente viene percepita dagli allievi come un’astrazione inafferrabile.
    Ecco, dunque, un secondo buon risultato di questa didattica, da aggiungere alla critica alle visioni stereotipate: affrontare in classe gli aspetti teorici del pensiero storico. Concludendo un report sulle sue esperienze scolastiche, Deborah Vess http://www.jstor.org/stable/494219 dichiara:  “lo sforzo di calarsi nel punto di vista del passato costringe gli studenti ad assumere un ruolo attivo e creativo nello studio della storia, nel quale se la devono vedere con i più sottili problemi della filosofia della storia”


    6. Un profilo professionale moderno

    Un errore diffuso è quello di caricare un dato strumento didattico di ogni sorta di beneficio. Vale anche per la didattica controfattuale. Da sola non darà gli obiettivi che abbiamo citato sopra. Essa fa parte di un complesso di pratiche innovative, il cui scopo comune è quello di avviare l’allievo al “pensare storicamente” (un obiettivo che, è bene chiarirlo ogni volta, non può prescindere dall’acquisizione delle conoscenze storiche). Queste strategie, elaborate nella loro maggioranza nell’ultimo mezzo secolo, disegnano un profilo professionale alquanto diverso da quello che convenzionalmente consideriamo “tradizionale”, e al quale le nostre Università sono legate. Rachel G. Ragland http://www.jstor.org/stable/30036989 , parlando dei cambiamenti dei punti di vista degli insegnanti di secondaria americani,  ne elenca alcune. Le riporto solo a titolo di esempio: la controfattualità è una delle tante strategie. Queste, peraltro, non sono delle novità per il docente italiano, e questo non è nemmeno l’elenco completo delle strategie che, sulla scorta della ricerca didattica attuale, si possono realizzare in classe.
    Il fatto nuovo, probabilmente, è un docente che le consideri normali, e ne faccia un uso quotidiano.
    1. Usare fonti
    2. Analizzare artefatti storici
    3. Mettere in campo attività del “fare storia” (interpretare, presentare una o più cause di eventi, argomentare sulla base di fonti, ecc.)
    4. Ricerche tematiche su materiali vari
    5. Schemi concettuali per organizzare la lettura di materiali diversi
    6. Uso di organizzatori grafici e mappe concettuali
    7. Uso di media e multimedia
    8. Approccio controfattuale
    9. Approcci narrativi
    10. Giochi e giochi di ruolo
    11. Uso di risorse dell’ambiente


    Bibliografia

    Antonio Brusa, Guida al manuale di storia, Editori Riuniti, Roma 1985
    Deborah Vess, Creative Writing and the Historian: An Active Learning Model for Teaching the Craft of History, in “The History Teacher”, Vol. 30, No. 1 (Nov., 1996), pp. 45-53
    Luigi Cajani, Die Zeitmaschine: Anmerkungen zu einem Benutzerhandbuch, in Was Wäre Wenn: Alternativ- und Parallelgeschichte. Brücken zwischen Phantasie und Wirklichkeit, edited by Michael Salewski,  Stuttgart, Steiner, 1999, pp. 54-63
    Luigi Cajani, Immagini del futuro, in "I viaggi di Erodoto", anno 5, numero 13, aprile 1991, pp. 86-98.
    Rachel G. Ragland, Changing Secondary Teachers' Views of Teaching American History, in “The History Teacher”, Vol. 40, No. 2 (Feb., 2007), pp. 219-246
    Giuseppe Sergi, La staffa: invenzione o adozione progressiva?, in “Nuvole”, n. 25, http://www.nuvole.it/arretrati/numero25/pdf/06e-Sergi-Staffa.pdf
    Juliàn Pelegrín, La historia alternativa como herramienta didáctica: una revisión historiográfica, Proyecto CLIO, 36. ISSN: 1139-6237. http://clio.rediris.es
    Juliàn Pelegrìn, Historia contrafàctica y didàctica de la historia, in “Iber”, 78, 2014, pp. 53-69
    Richard J. Evans, Altered Pasts: Counterfactuals in History (The Menahem Stern Jerusalem Lectures), Brandeis 2014

  • Insegnare la storia anche con i “se”

    di Luigi Cajani

    Fezzi Roma in bilico La storia controfattuale è stata a lungo irrisa dagli storici: Edward P. Thompson la definiva sbrigativamente “merda antistorica” (affiancandola in questa categoria anche ad altri approcci storiografici come l’econometria e la cliometria)1, mentre Edward Carr ne cercava anche le motivazioni, individuando in essa il gioco salottiero con cui i perdenti della storia, nel suo esempio gli antibolscevichi, si baloccano immaginando come le cose sarebbero potute andare diversamente2. Pertanto, la storia controfattuale è rimasta a lungo confinata nell’ambito della fantascienza, di cui costituisce un importante filone.

     

     
    Brunner Times Without Number Roberts Pavane Dick The Man in the High Castle Harris Fatherland Storia controfattuale e fantascienza

    Vi ricorrono questioni che colpiscono particolarmente l’immaginazione quando si pensa alla storia, come le conseguenze di una vittoria dell’Invencible Armada, oggetto dei romanzi di John Brunner, Times without Number3, del 1962, e di Keith Roberts, Pavane4, del 1968, oppure le conseguenze di una vittoria dell’Asse nella Seconda guerra mondiale, come nel romanzo The Man in the High Castle5 di Philip K. Dick, pubblicato nel 1962, e in Fatherland6 di Robert Harris, del 1992. Non di rado il tema della storia controfattuale si intreccia con quello dei viaggi nel tempo, che consentono cambiare la storia, e non solo di immaginarla diversa.

    Anderson The Time Patrol È il caso dei racconti raccolti nel 1991 da Poul Anderson in The Time Patrol7: con la macchina del tempo gruppi criminali di vario genere vanno nel passato per modificarlo in modo da creare una nuova catena di eventi che porti a un presente alternativo che sia sotto il loro controllo, mentre un corpo di polizia temporale li insegue nel passato per sventare i loro piani. Uno di questi racconti riguarda Annibale, la cui vittoria o sconfitta finale nella guerra contro Roma dipende dalla morte o dalla sopravvivenza dei due Scipioni nella battaglia del Ticino.

     

     

     

    Demandt Ungeschehene Geschichte Toynbee Problems Greek History Gli storici e la controfattualità

    Poi, a poco a poco, anche gli storici hanno cominciato a osare. Fra i primi, Alexander Demandt, che nel 1987 pubblicò Ungeschehene Geschichte8, in cui esamina le possibili conseguenze di un esito diverso di momenti cruciali nella storia, momenti di svolta le cui sorti sembrano essere state in bilico: fra di essi, la vittoria dei Greci a Maratona, la morte prematura di Alessandro Magno, la mancata marcia su Roma di Annibale dopo la battaglia di Canne e, ancora una volta, la sconfitta dell’Invencible Armada.

    Già Arnold J. Toynbee si era chiesto che cosa sarebbe successo se Alessandro Magno fosse vissuto fino alla vecchiaia: fra l’altro, il suo impero sarebbe rimasto unito, anzi si sarebbe allargato da un lato fino all’Atlantico e dall’altro fino all’India, consentendo la diffusione del buddhismo in occidente; e, quanto a Roma, sarebbe stata costretta con un trattato ad abbandonare le mire espansionistiche sull’Italia meridionale9. Poi la schiera degli storici aperti alla controfattualità si è infittita.

    Ferguson Virtual History Niall Ferguson, nel 1997, ha pubblicato un libro collettivo10 in cui si descrivono numerosi scenari controfattuali, come quello di un’Inghilterra in cui Carlo I evita la guerra civile, quello di una Germania nazista che invade l’Inghilterra nel 1940 e quello di un’Unione sovietica che non crolla nel 1989. E lui stesso anticipa lo scenario di una Gran Bretagna che rimane neutrale nella Prima guerra mondiale, che svilupperà in un libro successivo11.

     

     

     

    Lebow Archduke La storia controfattuale in Italia

    L’ineluttabilità o meno della Prima guerra mondiale è un altro dei temi che affascina e turba gli storici, e anche i politologi come Richard Ned Lebow, il quale immagina il fallimento dell’attentato di Sarajevo12. Anche fra gli storici italiani la storia controfattuale è diventata lecita, come mostra un forum su Italia e Germania durante la Seconda guerra mondiale, organizzato nel 2001 dalla rivista Reset, a cui parteciparono Simona Colarizi, Nicola Tranfaglia, Giovanni De Luna, Giovanni Sabbatucci. Quest’ultimo, riflettendo sul senso della controfattualità nell’analizzare le alternative realmente disponibili ai protagonisti di un evento storico e l’impatto di avvenimenti minimi su vicende enormi, citò l’esempio dello scoppio della Prima guerra mondiale:

     

    «Se mentre Gavrilo Princip, l’attentatore di Sarajevo, puntava la pistola contro l’arciduca Francesco Ferdinando, una mosca fosse passata davanti al suo naso e gli avesse fatto sbagliare mira, sono assolutamente convinto che la storia del mondo sarebbe cambiata»13.

     

    Una Roma controfattuale

    A questa schiera di storici si aggiunge ora l’antichista Luca Fezzi con un libro che, pur non essendo destinato all’insegnamento, ne rappresenta una stimolante risorsa: Roma in bilico. Svolte e scenari alternativi di una storia millenaria (Milano, Mondadori, 2022). Fezzi analizza alcuni momenti chiave in cui la storia di Roma sarebbe potuta cambiare, e quindi con essa la storia del mondo: si inizia con la fondazione della città, seguono poi la nascita della repubblica, le oche del Campidoglio, il mancato attacco da parte di Alessandro Magno (tema a cui già Tito Livio dedicò molta attenzione), le scelte di Annibale dopo Canne e di Cesare al Rubicone, le Idi di marzo, e le battaglie di Filippi, di Azio, della selva di Teutoburgo, di Ponte Milvio e di Adrianopoli. Fezzi ricostruisce gli eventi attraverso un confronto fra le fonti rigoroso e accurato ma presentato con uno stile vivace e scorrevole (il che già ne fa un’utile risorsa didattica), e presenta poi alcuni scenari controfattuali, in cui dialoga anche con autori classici. Ad esempio, egli ritiene che se Varo avesse evitato la sconfitta ciò non avrebbe comunque portato a una conquista militare della Germania, dati i caratteri del territorio e la bellicosità delle popolazioni; ma forse avrebbe avuto successo una penetrazione culturale graduale, come aveva già suggerito Cassio Dione, e ciò avrebbe cambiato lo scenario delle invasioni barbariche. Quanto a Costantino, se egli fosse stato sconfitto da Massenzio la storia del cristianesimo sarebbe stata diversa, data la forte impronta personale che egli le diede. Ma non sempre il futuro sarebbe stato radicalmente cambiato dal diverso esito di un evento: se Bruto e Cassio avessero vinto a Filippi, ritiene Fezzi, l’agonia della repubblica sarebbe stata solo prolungata.

     

    Fezzi Roma in bilico La Controfattualità tra realtà storica e conoscenza storica

    La riflessione controfattuale non mette necessariamente in discussione il determinismo, come qualcuno ama credere. Che la storia sia il regno della libertà o della necessità è una posizione filosofica a sé, che riguarda il piano della realtà. La riflessione controfattuale riguarda invece il piano della conoscenza. Infatti, le nostre informazioni sulla realtà del passato sono inevitabilmente molto limitate, in vario modo a seconda dei contesti, e quindi la loro interpretazione si basa sull’attribuire ipoteticamente un certo peso e certe connessioni causali ai vari fattori di cui si è a conoscenza. L’interesse storico della riflessione controfattuale non risiede dunque nella costruzione di scenari di lunga durata, propri della letteratura fantascientifica, scenari sempre più fantasiosi quanto più ci si allontana dall’evento chiave, ma nel restare vicini all’evento e valutare le conseguenze immediate che si possono attribuire a questa o quella variazione. A ben vedere, quindi, la controfattualità è implicita in ogni ragionamento causale: se si afferma che l’attentato di Sarajevo fu la causa della Prima guerra mondiale si sta anche affermando implicitamente che se quell’attentato fosse fallito la guerra non sarebbe scoppiata.

    Per concludere, è opportuno ricordare che la controfattualità, con il dibattito fra determinismo e libero arbitrio, offre – quasi impone - nei licei la possibilità di un dialogo interdisciplinare fra storia e filosofia. Il resoconto di uno di questi interventi didattici, che ha come tema l’inevitabilità o meno della Prima guerra mondiale, è stato pubblicato da Daniele Boschi su Historia Ludens.

     


    Note

    Edward P. Thompson, The Poverty of Theory: or an Orrery of Errors, London, Merlin Press, 1995 (ed. or. 1978), p. 145.

    2 Edward H. Carr, What is History?, London, Penguin book, 1964 (ed. or. 1961), p. 97 (trad. it. Sei lezioni sulla storia, Torino, Einaudi, 1966).

    Traduzione italiana La società del tempo, Piacenza, La Tribuna, 1972.

    Traduzione italiana Pavana, Piacenza,La Tribuna, 1978.

    Tradotto in italiano dapprima con il titolo La svastica sul sole da varie case editrici, e poi con il titolo L’uomo nell’alto castello dalla Arnoldo Mondadori nel 2022.

    Traduzione italiana Fatherland, Milano, Arnoldo Mondadori, 1992.

    7 Traduzione italiana La pattuglia del tempo, Milano, Arnoldo Mondadori, 1994.

    Alexander Demandt, Ungeschehene Geschichte. Ein Traktat über die Frage: Was wäre geschehen, wenn..., Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1986.

    Arnold J. Toynbee, If Alexander the Great had lived on, in Idem, Some Problems in Greek History, London, Oxford University Press, 1969.

    10 Niall Ferguson (a cura di), Virtual History: Alternatives and Counterfactuals, London, Picador, 1997.

    11 Niall Ferguson, The Pity of War. Explaining World War I, New York (NY), Basic Books, 1998 (trad. it. Il grido dei morti, Milano, Arnoldo Mondadori, 2014).

    12 Richard Ned Lebow, Archduke Franz Ferdinand Lives! A World Without World War War I, New York (NY), Palgrave Macmillan, 2014.

    13 Simona Colarizi, Giovanni De Luna, Giovanni Sabbatucci, Nicola Tranfaglia, Forum / Il nostro "posto al sole" sotto Hitler, in “Reset”, n. 64 (gennaio-febbraio 2001). Questa rivista è tornata sul tema della controfattualità a proposito dell’unità d’Italia, promuovendo in occasione del centocinquantenario il volume collettivo curato da Pasquale Chessa, Se Garibaldi avesse perso. Storia controfattuale dell'Unità d'Italia, Venezia, Marsilio 2011, con contributi di Giuseppe Berta, Emilio Gentile, Giovanni Sabbatucci, Luciano Cafagna, Franco Cardini e Mario Isnenghi.

  • Le storie alternative della fantascienza.

    Un’Enciclopedia open access.

    di Antonio Prampolini

     

    Indice

    1. L’Enciclopedia della fantascienza
    2. La storia alternativa o controfattuale
    3. Mondi paralleli e viaggi nel tempo
    4. La storia nella fantascienza
    5. Futurismo medievale

     

    Prampolini fantascienza immagine 1Fig.1: logo della Encyclopedia of Science Fiction (SFE) Fonte1. L’Enciclopedia della fantascienza

    L'Encyclopedia of Science Fiction (SFE) è un reference work sulla fantascienza. Ideata da Peter Nicholls è stata pubblicata per la prima volta nel 1979 in formato libro e in una seconda edizione nel 1993. A partire dal 2011 è fruibile in rete, in modalità open access. Una nuova edizione è oggi disponibile online(quarta edizione – 2021).

    L'enciclopedia è un work in progress autorevole, aggiornato periodicamente dal team editoriale con materiale scritto da esperti di fantascienza. Le voci riportano tutte le iniziali degli autori/contributori. In una lista a parte si trova l’elenco completo degli autori. Le voci, ad oggi circa 20.000, consistono in ampie bibliografie ragionate sulla letteratura fantascientifica e in profili biografici dei principali autori con numerosi link interni.

    Il sito dell’enciclopedia SFE si articola in diverse sezioni che contengono gli indici, in ordine alfabetico, delle voci, degli argomenti, degli autori, dei media, dei paesi di riferimento: All Entries, Themes, Author entries, Media categories, International entries.

     

    2. La storia alternativa o controfattuale

    Una voce è dedicata alla storia alternativa o controfattuale (Alternate History).

    Dopo avere definito la storia alternativa - «un resoconto di come sarebbe potuto diventare il mondo in conseguenza di qualche presunta alterazione nella storia» - la voce sottolinea come la qualifica di “alternativa” sia preferibile (con riferimento alla fantascienza) a quella di controfattuale che «generalmente rifugge gli strumenti della fantascienza» per meglio posizionarsi nell’ambito della storiografia ipotetica (si veda anche la voce Counterfactual).

    Tra le prime pubblicazioni di storia alternativa, la voce segnala:

    Prampolini fantascienza immagine 2Fig.2: copertina del libro "Napoléon et la conquête du monde, 1812-1832: Histoire de la monarchie universelle" di Louis Geoffroy FonteNapoléon et la conquête du monde, 1812-1832: Histoire de la monarchie universelle (1836; trans as Napoléon and the Conquest of the World 1812-1832: A Fictional History, 1994), di Louis Geoffroy, in cui Napoleone esce vincitore dalla campagna di Russia del 1812 e conquista il mondo intero.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 2Fig.3: copertina del libro "It May Happen Yet: A Tale of Bonaparte's Invasion of England" di Edmund Lawurence FonteIt May Happen Yet: A Tale of Bonaparte's Invasion of England (1899) di Edmund Lawurence, dove l’autore immagina l’invasione dell’Inghilterra da parte di Napoleone;

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 4Fig.4: copertina del libro "The Climax: Or, What Might Have Been: A Romance of the Great Republic" di Charles Felton Pidgin FonteThe Climax: Or, What Might Have Been: A Romance of the Great Republic (1902) di Charles Felton Pidgin, dove viene raccontato un diverso esito del fatale duello del 1804 tra Aaron Burr (vicepresidente degli Stati Uniti) e Alexander Hamilton (ex segretario del tesoro durante la presidenza di George Wshington); duello che pose fine alla carriera politica di Burr in seguito alla morte di Hamilton. Nel romanzo di Pidgin, Hamilton non viene ucciso e Burr conquista il Messico e l'America centrale, diventa presidente degli Stati Uniti nel 1808, e in questo ruolo approva la costruzione del Canale di Panama nel 1814 e poi abolisce la schiavitù;

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 5Fig.5: copertina del libro "The Ifs of History" di Joseph Edgar Chamberlin FonteThe Ifs of History (1907) di Joseph Edgar Chamberlin, una serie di saggi romanzati che includono alcune ipotesi alternative nello svolgimento della storia: "Se Carlo II avesse rafforzato il suo legame con i lealisti della Virginia" e fosse salito al trono britannico con una idea migliore di come mantenere l'America all'interno dell'Impero; "Se Lafayette avesse tenuto sotto controllo il regno del terrore francese" accettando la presidenza nel 1792; "Se il padre di Abraham Lincoln si fosse spostato verso sud, non verso nord", così che Lincoln sarebbe potuto diventare presidente della Confederazione.

     

     

     

     

     

     

    3. Mondi paralleli e viaggi nel tempo

    Ed ecco alcuni racconti/romanzi tra i numerosi elencati nella voce storia alternativa dell’enciclopedia:

     

    Prampolini fantascienza immagine 6Fig.6: copertina del libro "The Years of Rice and Salt" di Kim Stanley Robinson FonteSulla Peste nera: The Years of Rice and Salt (2002) di Kim Stanley Robinson, ripercorre circa sei secoli di storia delle varie culture del mondo che si sono sviluppate in assenza dell'Europa, praticamente annientata dalla peste.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 7Fig.7: copertina del libro "Bring the Jubilee" di Ward More FonteSulla guerra di secessione americana: Bring the Jubilee (1952) di Ward More, immagina che sia stato il Sud a vincere la guerra civile americana. Un eminente storico ha la possibilità di viaggiare indietro nel tempo fino al momento cruciale della battaglia di Gettysburg (1°-3 luglio 1863), che, vinta, nella finzione del racconto, dall’esercito confederato permetterà al Sud di vincere la guerra contro gli Stati dell’Unione del Nord;

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 8Fig.8: copertina del libro "Archduke Franz Ferdinand Lives!: A World Without World War I" di Richard Ned Lebow FonteSulla Prima guerra mondiale: Archduke Franz Ferdinand Lives!: A World Without World War I (2014) di Richard Ned Lebow, contiene una serie di storie dell'Europa, possibili se la Prima guerra mondiale non fosse avvenuta. L’autore sostiene che quella guerra forse non sarebbe stata inevitabile se l’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando fosse sopravvissuto all’attentato di Sarajevo.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 9Fig.9: copertina del libro "The Sound of His Horn" di Sarban FonteSulla Seconda guerra mondiale: The Sound of His Horn (1952) di Sarban (pseudonimo dell'autore britannico John W Wall), racconto parzialmente ambientato in una Germania 100 anni dopo il trionfo dei nazisti nella Seconda guerra mondiale;

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 10Fig.10: copertina del libro "The Man in the High Castle" di Philip K Dick FonteThe Man in the High Castle (1961) di Philip K Dick, racconto in cui i personaggi vivono in un mondo alternativo dove gli Alleati hanno perso la Seconda Guerra Mondiale, ma uno di loro alla fine impara che il mondo reale è quello in cui hanno vinto gli Alleati.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    La voce dedicata alla storia alternativa o controfattuale contiene diversi link interni a voci di approfondimento sulla letteratura fantascientifica relativa ai grandi eventi/tragedie del Novecento: Prima Guerra Mondiale, Seconda Guerra Mondiale, Olocausto, Guerra fredda. Si possono consultare, inoltre, i seguenti link: Time Travel e Parallel Worlds.

     

    4. La storia nella fantascienza

    La vera storia del mondo e le numerose storie alternative che avrebbero potuto sostituirla sono ampiamente presenti nei racconti di fantascienza, ma gli scrittori di fantascienza hanno anche tratto molta ispirazione dalla storia nel progettare futuri ipotetici.

    La voce History in Science Fiction dell’enciclopedia si concentra in particolare sulla letteratura fantascientifica americana e inglese, notando come la prima sia stata influenzata da versioni mitizzate della storia del XIX secolo che glorificavano lo “spirito della frontiera” e la colonizzazione delle terre straniere (miti che hanno animato innumerevoli storie sull’esplorazione del sistema solare e sulla colonizzazione di altri mondi), mentre la seconda, da nozioni metafisiche pessimistiche, riflesso di una storia ciclica e di una realtà politica ed economico-sociale caratterizzata dal declino dell’impero britannico (dalla sistematica falsificazione del passato da parte del “Ministero della Verità” in 1984 di George Orwell– ispirata dalla pratica dell’Unione Sovietica di riscrivere la propria storia e persino di rimuovere i presunti traditori dell'ideale comunista dalle fotografie – a Chung Kuo di David Wingrove, dove una Cina egemone cerca di cancellare tutte le tracce della cultura occidentale nel mondo).

     

    5. Il futurismo medievale

    Tra le altre voci dell’enciclopedia sulla presenza della storia nella letteratura fantascientifica, particolarmente interessante è quella dedicata al Medieval Futurism.

    Il termine era stato coniato da John Carnell, editore e curatore di antologie, nell'introduzione a New Writings in SF(1967) per descrivere un genere di fantascienza, in particolare anglo-americana, tendente a collocare le moderne tecnologie o quelle del futuro (in alcuni casi mescolate con quelle del passato) in mondi immaginari, situati su altri pianeti o sulla terra, dominati da sistemi di potere tipici di un medioevo, più o meno immaginario, con le relative simbologie.

    Tra gli esempi narrativi di questa tendenza citati nella voce:

     

    Prampolini fantascienza immagine 11Fig.11: copertina del libro "The Napoleon of Notting Hill" di G. K. Chesterton FonteThe Napoleon of Notting Hill (1904) di G. K. Chesterton, un romanzo dove l'autore immagina in una futura Londra (1984) la restaurazione di un governo medievale;

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 12Fig.12: copertina del libro "Divide and Rule" di L Sprague de Camp FonteDivide and Rule (1939) di L Sprague de Camp, racconto ambientato in un terra futura dove alieni invasori, riservando a sé l’uso della tecnologia moderna, hanno costretto l'umanità a tornare a vivere in una società feudale, per imprigionarla in una condizione di perenne subalternità;

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 13Fig.13: copertina del libro "The High Crusade" di Poul Anderson FonteThe High Crusade (1960) di Poul Anderson, romanzo sulle conseguenze dello sbarco di una nave da ricognizione extraterrestre nell'Inghilterra medievale. Nell'anno 1345, nella città inglese di Ansby, Sir Roger, barone di Tourneville, sta reclutando una forza militare per assistere il re Edoardo III nella Guerra dei Cent'anni contro la Francia, quando all'improvviso, un'enorme astronave atterra fuori città. È un velivolo da ricognizione di un impero extraterrestre che vuole colonizzare la terra. Tuttavia, gli alieni, avendo dimenticato il combattimento corpo a corpo da quando è stato reso obsoleto dalla loro tecnologia avanzata, vengono colti di sorpresa dagli inglesi arrabbiati, che scambiano il velivolo per un trucco francese. Gli abitanti del villaggio e i soldati del barone di Tourneville prendono d'assalto la nave e uccidono gli alieni;

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 14Fig.14: copertina del libro "Dune" di Frank Herbert FonteDune (1965) di Frank Herbert, romanzo ambientato in una società feudale interstellare dove casate nobiliari controllano le risorse di diversi pianeti. Paul Atreides accetta la gestione del pianeta Arrakis dove viene estratta una droga ("spezia") che prolunga la vita e migliora le capacità mentali. Il controllo del pianeta è un'impresa ambita e pericolosa. La storia esplora le interazioni a più livelli tra politica, religione, ecologia, tecnologia ed emozioni umane, mentre le fazioni dell'impero si confrontano in una lotta per il controllo di Arrakis e della sua "spezia".

     

     

     

     

     

     

     

     

    Vengono citati anche due giochi di ruolo:

     

    Prampolini fantascienza immagine 15Fading SunsFig.15: copertina del gioco di ruolo "Fading Suns" di Bill Bridges e Andrew Greenberg Fonte di Bill Bridges e Andrew Greenberg, gioco di ruolo ambientato in un impero interstellare gotico, moralmente e intellettualmente decadente, dove le stelle si stanno lentamente spegnendo. La società raffigurata è feudale e fortemente religiosa, consapevolmente evocativa dell'Europa del Medioevo;

     

     

     

     

     

     

     

    Prampolini fantascienza immagine 16Fig.16: copertina del gioco di ruolo "Warhammer" 40.000 di Rick Priestley, Andy Chambers, Jervis Johnson, Gavin Thorpe e altri Fonte

    Warhammer 40.000, gioco di ruolo progettato da Rick Priestley, Andy Chambers, Jervis Johnson, Gavin Thorpe e altri, è ambientato in un lontano futuro, quando un impero umano pseudo-medievale governa la maggior parte della galassia. Questo ambiente a volte ricorda quello del romanzo Dune di Frank Herbert, specialmente nella rappresentazione della scienza e della tecnologia.

Questo sito utilizza cookies tecnici e di terze parti per funzionalità quali la condivisione sui social network e/o la visualizzazione di media. Chiudendo questo banner, cliccando in un'area sottostante o accedendo ad un'altra pagina del sito, acconsenti all’uso dei cookie. Se non acconsenti all'utilizzo dei cookie di terze parti, alcune di queste funzionalità potrebbero essere non disponibili.