storia contemporanea

  • Un laboratorio storico wiki sul muro di Berlino

    Autore: Laura Paviotti

     

    Questo laboratorio e il gemello sull’emigrazione (di Silvia Furlanetto) provengono dal Tfa di Udine/Trieste, coordinato, per quanto riguarda la storia, da Andrea Zannini. Come vedrete, sono proposte di lavoro che vanno provate e riprovate. Credo che dobbiamo capire quasi tutto della didattica digitale. Interazione immediata fra allievi e docenti, grandi quantità di materiali, materiali di genere diverso, e il mezzo – infine – che invita gli allievi a scrivere, dialogare e collaborare. Queste sono le premesse. Ma non dobbiamo fermarci a queste, altrimenti, finito l’effetto novità, anche questa se ne andrà nella soffitta delle illusioni perdute. (HL)

     

    Indice

    • Lo schema del Lab
    • Punti di partenza : alcuni termini per orientarsi
    • Le fonti : preselezione da parte del docente
    • Le fonti : i video
    • Le fonti : i siti
    • Le fonti : gli articoli di giornale
    • Le fonti : le testimonianze
    • I gruppi
    • L’elaborato finale e il ruolo del docente

     

    Lo schema del laboratorio

     

    Destinatari: classe quinta di scuola secondaria superiore.

    Momento didattico in cui inserire il laboratorio: secondo quadrimestre.

    Tipologia di fonti: articoli di giornale da archivio, testimonianze scritte, video e siti con materiali interattivi, contributi storiografici.

    Tempi: 2 ore nell’aula di informatica per la presentazione dell’ambiente di apprendimento virtuale, l’esposizione del progetto con le relative attività e la suddivisione in gruppi di lavoro. Il resto del percorso può essere svolto in orario extrascolastico, gestendo accuratamente le scadenze di consegna: 3 giorni per il completamento dei link iniziali, 10 giorni per visionare i materiali ed eventualmente aggiungerne di nuovi, 1 settimana per la stesura dell’elaborato finale da parte di ogni gruppo. Al termine del percorso, si possono dedicare 2/3 ore all’esposizione delle relazioni finali.

    Obiettivi. Per la prima fase: stimolare l’interazione di gruppo in un compito di problem solving creativo (sviluppare un’ipotesi; discuterne i punti di forza e di debolezza; inventare la soluzione di un problema che non presuppone una risposta esatta). Per la seconda fase: elaborare un testo narrativo sulla base di documenti storici, assumendo una focalizzazione interna contestualizzata all’epoca e all’ambiente considerati. Per la terza fase: verbalizzare la relazione di un’esperienza, analizzando il processo che ha condotto alle diverse scelte e mettendo in evidenza i punti di forza e di debolezza e le modalità d’interazione e cooperazione. Si attiverà dunque una riflessione metacognitiva sul percorso. L’insegnante dovrà attribuire il ruolo di relatore a un componente di ogni gruppo.

     

    Pagina di partenza: alcuni termini per orientarsi.

     

    Nella home-page l’insegnante dispone parole e immagini per orientare un brainstorming sul periodo interessato: “cortina di ferro”, “guerra fredda”, “perestroika”, “Patto di Varsavia”, “Patto atlantico”, “DDR”, “RFT”, “Vopos”, “Stasi”. Cliccando su di esse, si apre un link che manda alla pagina dove ogni ragazzo può contribuire e condividere le informazioni sull’argomento.

     

     


    Le fonti: preselezione da parte del docente-guida e selezione autonoma.

     

    Dopo aver selezionato i materiali, l’insegnante li suddivide in quattro pagine, sulla base della tipologia delle fonti:

    • video
    • articoli di giornale
    • testimonianze
    • siti

    Ogni link a una fonte è corredato da domande guida, che servono per far nascere la discussione e orientarla. Questa si svolge nella pagina stessa, attraverso la discussion (thread mode) allo scopo di creare una sorta di piazza virtuale, dove ci si confronta, si argomentano le proprie idee e si mettono alla prova le proprie capacità critiche.

    Allo steso tempo, ogni gruppo dispone di una propria pagina, nella quale ciascun partecipante annota le informazioni che considera rilevanti per il compito specifico. Anche la discussione fra i membri del gruppo sulla correttezza e la pertinenza delle annotazioni avviene nella pagina attraverso la discussion: l’idea è quella di sollecitare un modus operandi tipico dei gruppi di ricerca.

    Per facilitare il lavoro dei ragazzi è auspicabile non pubblicare il materiale in un’unica soluzione, perché ci sarebbe il rischio di scoraggiare gli allievi o di farli disperdere in un mare di informazioni.

    Gli studenti, pertanto, dovranno muoversi tra la documentazione per individuare le notizie utili rispetto al loro percorso di ricerca (vedi sotto). Qualsiasi nuova fonte proposta dagli alunni dovrà essere corredata da una scheda di presentazione in cui si discuta la sua attendibilità (vedi schedatura.pdf).

     

    Le fonti: i video

     

    1. Henry Schipper, The Berlin Wall, 2003, da “History Channel”1


    Parte 1
    Domanda guida: “La costruzione del Muro suscita delle reazioni molto diverse: perché?”

    Parte 2
    Domanda guida: “Perché l’”Occidente” non si muove? Quale scopo e quale necessità fanno nascere la retorica del Muro come “barriera protettiva antifascista”?o anticomunista?

    Parte 3
    Domanda guida: “Che significato ha la frase di Kennedy “Ich bin ein Berliner”? Perché la sua visita mette in rilievo le difficoltà di una risoluzione del problema?”

    Parte 4
    Domanda guida: “L’intervento di Schabowski dà origine a un equivoco che contribuisce a portare alla caduta del muro; tuttavia successivamente sarà uno dei pochi a scontare la pena per reati contro i fuggiaschi. Perché questa contraddizione? Che cosa è  realmente successo?”

     

    RIFLESSIONE FINALE : “Il controllo totale non è la soluzione di tutti i problemi. Che ne pensi?”

     


    2. Martin Vaughan Cook, Escape from GDR, 2007 da “Discovery Channel2”2

     

    Parte 1 (in inglese)

    Parte 2

    Parte 3

    Parte 4

    Parte 5

    Parte 6

    Domanda finale: “molti materiali di questi video sono gli stessi del reportage di History Channel, ma ti sembra che siano usati in modo analogo? Il taglio documentaristico è lo stesso? Se no, quale diversa luce getta sugli eventi?”

     

    Le fonti: i siti

     

    Si consiglia di fornirli in un’unica soluzione dopo la visione dei video. Sono di consultazione per ogni gruppo che potrà trovare informazioni-quadro sugli argomenti trattati e una presentazione globale della città. Inoltre, le carte e le ricostruzioni interattive propongono un approccio ludico senza peraltro discostarsi dal rigore storico.

    Il muro di Berlino3
    Mauer Museum4
    Berlin.de: Numeri e fatti5 (interessanti carte interattive)
    La storia del muro dalla costruzione fino al crollo6 

     

    Le fonti: gli articoli di giornale

     

    Consiglierei di fornirli a gruppi di tre, secondo una progressione cronologica che potrebbe aiutare a focalizzare il mutamento (psicologico e di giudizio) dell’opinione pubblica nei riguardi del Muro. Gli ultimi tre articoli sono inoltre corredati da domande che stimolano una riflessione anche sul vissuto personale dell’allievo e sull’attualità

     

    L’opinione pubblica nel 1984

    1. Lucio Caracciolo, I figli del muro, “La Repubblica”, 6 maggio 1984, p. 22

    Domanda guida: “Che ruolo hanno secondo te la voglia di viaggiare (almeno attraverso la letteratura) e l’esotismo nella psicologia dei berlinesi dell’est?”

     

    2. Enrico Filippini, I Muri di Berlino, “La Repubblica”, 10 ottobre 1984, p. 24
    Domanda guida: “Perché Berlino viene definita una città “sperimentale”?”

     

    3. Andrea Tarquini, Oltre il Muro per sfuggire la noia, “La Repubblica, 24 ottobre 1984, p. 14
    Domanda guida: “La tentazione di andarsene non è ancora morta, tra la gente di questo paese, cui pure in fondo non manca gran che; certo molto meno che ai polacchi o ai romeni”: come giustifichi questa affermazione dell’inviato italiano Andrea Tarquini?”

     

    L’opinione pubblica nel 1985

    1. Andrea Tarquini, Speranze dietro il Muro, “La Repubblica”, 13 aprile 1985, p. 13

    Quale immagine delle differenze tra est e ovest ricavi da questo articolo? Ti sembra che cambino rispetto all’inizio della divisione?

     

    2. Silvia Giacomoni, Quel Muro? Un gioiello, “La Repubblica”, 21 marzo 1987, p. 18 (di Silvia Giacomoni)

    Quale immagine delle differenze tra est e ovest ricavi da questo articolo? Ti sembra che cambino rispetto all’inizio della divisione? (Domanda in comune con l’articolo precedente).

     

    3. Bernardo Valli, L’orgoglio di sentirsi tedeschi, “La Repubblica”, 7 febbraio 1986, p. 7 (di Bernardo Valli)

    Che cosa significa secondo te l’affermazione dell’architetto Branzi “si tratta di una cultura vissuta sempre come alla soglia di un avvenimento che non si attua mai”?

     

    L’opinione pubblica nel 1987/1989

    1. Vanna Vannuccini, Ma qual è la vera Berlino, “La Repubblica”, 15 luglio 1987, p. 13

    “La grande maggioranza dei profughi, o degli aspiranti tali, sono gente tra i venti e i quarant' anni, figli dunque del nuovo Stato e della sua cultura, quasi tutti con un livello di educazione superiore, una generazione di tecnici e di intellettuali a cui ogni Stato usa affidare le sue speranze, il suo futuro e la sua sopravvivenza”: come vedi, la “fuga dei cervelli” non è un fenomeno moderno. Che conseguenza ha, anche nel mondo d’oggi?

     

    2. Alberto Cavallari, Ma Gorby avanza a tempo di rock, “La Repubblica”, 25 giugno 1988, p. 1

    La musica come strumento di denuncia in senso lato: esistono esempi ancora oggi?

     

    3. Piero Benetazzo, Cinquecento tedeschi dell’est fuggono dal confine, “La Repubblica”, 20 agosto 1989, p. 12

    In che modo questo articolo del 1989 preannuncia quella che sarà poi la caduta del Muro?

     

    Le fonti: le testimonianze

     

    Possono essere fornite in un unico momento attraverso 3 link che rimandano ai tre sottoraggruppamenti (sull’evento della caduta del Muro, sulla vita a est e a ovest, sui tentativi di fuga oltre il Muro) in modo che siano consultate già in base all’indirizzo della ricerca.

     

    1. Sull’evento della caduta del muro:

    La caduta del muro di Berlino: io c'ero!7 (di  Matteo Quero )

    Giordano Bruno Guerri, per Il Giornale, 2009, mauerspechte.pdf

    Alviani Alessandro, per La Stampa, 2009, testimonianza di Padre Fuhrer sulla manifestazione non violenta che porterà alla caduta del Muro. caduta.pdf

    Maier Charles S., Il crollo. La crisi del comunismo e la fine della Germania est, Il Mulino, Bologna 1999; pp. 345-360: il contesto politico dell’unificazione.

    Darnton Robert, Diario berlinese 1989-1990, Einaudi, Torino, 1992; pp.49-60: dopo il crollo, il Muro visto da est e da ovest; le ragioni dell'evento.

     

    2. Sulla vita nei settori orientale e occidentale di Berlino

    Thomaneck J.K.A, Niven Bill, La Germania dalla divisione all'unificazione, il Mulino, Bologna 2005, pp.57-62 : la retorica politica e i simboli costruiti in modo speculare tra est ed ovest.

    Crescere al confine tra le due Germanie - Intervista a Gunther Schaefer8: Emilio Esbardo intervista Gunther Schaefer per « Il Nuovo Berlinese »

    Rava Enzo, Vita quotidiana drammatica e balorda dietro il Muro di Berlino, Manifestolibri, Roma 2004, pp. 7-13


    3. Sui tentativi di fuga oltre il Muro:

    Il Tunnel della Libertà ideato da Luigi e Mimmo, due studenti italiani a Berlino - Emilio Esbardo intervista Ellen Sesta per « Il Nuovo Berlinese »

    Gelb Norman, Il Muro. Quando a Berlino si giocarono i destini del mondo, Mondadori, Milano 1987; pp.272-4 e pp.326-332

     

    I gruppi

     

    In base ai percorsi di ricerca più adatti a un laboratorio didattico di questo tipo e al numero medio di alunni in una classe, si formano 4 gruppi. La formazione dei gruppi dev’esserepredisposta dall’insegnante, in base alle caratteristiche degli alunni: è bene, infatti, che ci siano competenze e motivazioni diverse, e che la preparazione sia eterogenea all’interno di ogni gruppo.

     

    Gruppo a) Vivere vicini, vivere in due mondi diversi.

    Sottogruppo 1 - Berlinesi orientali

    Sottogruppo 2 - Berlinesi occidentali

     

    Gruppo b) Il Muro: separati d’improvviso.  

    Sottogruppo 1 - Chi progetta il Muro

    Sottogruppo 2 - Chi progetta la fuga oltre il Muro

     

    Il Gruppo (a) cercherà di ricostruire attraverso le fonti  le diverse condizioni di vita nell’est e nell’ovest di Berlino, immedesimandosi in un cittadino dell’epoca.

    Il Gruppo (b) farà uno studio più tecnico del progetto del Muro, dei suoi dispositivi per impedire la fuga e delle modalità utilizzate invece per attraversare quel confine.

     

    L’elaborato finale e il ruolo del  docente

     

    La produzione scritta finale prevede il racconto dell’esperienza (scappare, costruire, vivere), immedesimandosi in un ipotetico cittadino berlinese della seconda metà del ‘900. Per la sua stesura si sfrutterà la possibilità fornita da wiki di scrittura collaborativa: ognuno può aggiungere la sua parte integrandola in un testo unico. I parametri di valutazione terranno conto della correttezza nell’uso della lingua e delle strutture narrative, ma anche nell’uso delle informazioni storiche acquisite durante il percorso.

    La valutazione finale, a livello individuale, terrà conto del monitoraggio dell’interazione sul wiki (sarà necessario giudicare la qualità dei post e può essere uno strumento utile, anche se solo per un rilevamento quantitativo, l’assessment). Per una valutazione di gruppo, invece, si prenderà in esame il prodotto finale di scrittura collaborativa e la relazione davanti alla classe. Quest’ultima dovrà ripercorrere le tappe e le motivazioni che hanno condotto alle scelte fino all’elaborazione del risultato finale, guidando così una riflessione metacognitiva sull’esperienza.

     

    Note

    1. History Channel, ora noto come “History”, è un canale televisivo di divulgazione storica di origine statunitense. Il documentario proposto è stato supervisionato per History dal Dr. Patrick Major, Professor della University of Reading il cui settore d’interesse specifico è la storia della Germania durante la Guerra Fredda.
    2. Discovery Channel è un’emittente televisiva internazionale. Per questo documentario si è fatto riferimento ai principali centri di studio e archivi di Berlino: Berliner Mauer Archiv; The Berlin Hohenschonhausen Memorial; Dokumentationszentrum Bernauer Strasse; Museum of the Wall Haus am Checkpoint Charlie; Normannenstrasse Reserach and Memorial Centre.
    3. Questo sito è editato e gestito da Wolfgang Pruscha originario di Düsseldorf  e laureato all'università di Düsseldorf in letteratura e lingua tedesca e in storia. Ora vive a Villa Vicentina e insegna lingua e letteratura tedesca.
    4. Questo è il sito ufficiale del Museum am Checkpoint Charlie di Berlino.
    5. “Berlin.de” è il sito ufficiale della capitale.
    6. “Il Nuovo Berlinese” è una rivista online di approfondimento culturale su Berlino, fondata nel 2011 da Emilio Esbardo e rivolta a lettori di lingua italiana.
    7. Vd. nota 3
    8. Vd. nota 6

     

  • Un museo virtuale di storia contemporanea utilizzabile in classe. LeMo - Lebendiges Museum Online.

    di Antonio Prampolini

    Indice

    1. Struttura e risorse del sito

    2. Esempi didattici

    3. Ricerche

    Il LeMo è un museo senza muri e sale di esposizione, senza orari di accesso e percorsi obbligati per i visitatori; è un museo virtuale dove la storia può essere “vissuta” (di qui il nome Lebendiges Museum) attraverso gli oggetti digitalizzati che costituiscono il patrimonio museale e i numerosi testi di contestualizzazione/interpretazione, i documenti originali, le testimonianze delle persone.

    Il progetto, che risale al 1997, è il risultato della collaborazione fra tre importanti istituzioni culturali tedesche: il Deutsches Historisches Museum, la Stiftung Haus der Geschichte der Bundesrepublik Deutschland e il Bundesarchiv. É presente in rete dal 1998 con un proprio sito, che nel 2014 è stato ammodernato nel design e nelle funzionalità. Si è affermato nel corso degli anni duemila come il principale portale (per numero di accessi) in lingua tedesca sulla storia contemporanea della Germania.

    Può essere usato anche dal docente italiano, dal momento che il progetto contiene delle pagine che presentano una versione in lingua italiana; in ogni caso, con l’aiuto di un traduttore automatico (Google Translate funziona abbastanza bene) si possono sempre leggere i testi allegati ai documenti iconografici.

     

    1. Struttura e risorse del sito

    Il sito http://www.dhm.de/lemo si articola in sei sezioni: Linea del tempo (Zeitstrahl), Tematiche (Themen), Testimonianze (Zeitzeugen), Patrimonio museale (Bestand), Didattica (Lernen), Progetto LeMo (Projekt).

    La Linea del tempo (Zeitstrahl), che inizia dall’anno 1815 per arrivare ai giorni nostri, è suddivisa in undici periodi, accompagnati ciascuno da una scheda introduttiva (Kapitelüberblick):

     

    1. Dal Congresso di Vienna alla Rivoluzione del 1848: Vormärz und Revolution 1815-1849

    2. Dalla reazione alla formazione dello stato nazionale: Reaktionszeit und Nationalstaatsbildung 1850-1870

    3. L’Impero: Kaiserreich 1871-1914

    4. La Prima guerra mondiale: Der Erste Weltkrieg 1914-1918

    5. La Repubblica di Weimar: Die Weimarer Republik 1918-1932

    6. Il regime nazista: Das NS-Regime 1933-1945

    7. La Seconda guerra mondiale: Der Zweite Weltkrieg 1939-1945

    8. Il Dopoguerra: Nachkriegsjahre 1945-1949

    9. La Germania divisa: Geteiltes Deutschland 1949-1989/90

    10. La riunificazione tedesca: Deutsche Einheit 1990

    11. La globalizzazione: Globalisierung 2001-

     

    La sezione Tematiche (Themen) affronta l’argomento Democrazia e dittatura (Demokratie und Diktatur) confrontando i due regimi politici e i diversi stili di vita nella Germania divisa in due stati. A tal fine vengono presi in esame alcuni documenti ed oggetti di vita quotidiana.

    Nella sezione Zeitzeugen le testimonianze sono raggruppate per periodi storici di riferimento (gli stessi della Linea del tempo) e consistono in pagine di diari, lettere, memorie, racconti. La sezione è aperta al contributo di tutti coloro che hanno vissuto esperienze significative o che detengono documenti di interesse storico (la pubblicazione delle testimonianze non è automatica ma è sottoposta all’approvazione da parte della redazione del sito).

    Il “cuore” del sito è la sezione Patrimonio museale (Bestand) che contiene un inventario suddiviso per categorie: Oggetti (Objekte), Biografie (Biografien), Cronologie (Chroniken), Video (Video), Testimonianze (Zeitzeugen), Documenti (Dokumente), Fotografie (Fotografien), Sguardi retrospettivi (Rückblicke), Statistiche (Statistiken), Didattica (Lernen).

    La sezione Didattica (Lernen) si rivolge al mondo della scuola offrendo materiali per l’insegnamento/apprendimento della storia contemporanea della Germania messi a disposizione dal Deutsches Historisches Museum e dalla fondazione Haus der Geschichte der Bundesrepublik Deutschland.

    Il museo propone, in particolare:

    - una mappa interattiva (luoghi, persone, conflitti) sulla storia franco-tedesca lungo il fiume Reno (Der Rhein von Basel bis Koblenz. Deutsch-französische Geschichte am Rhein);

    - un corso di orientamento su Nazionalsocialismo e Storia del dopoguerra (Nationalsozialismus und Nachkriegszeit);

    - guide online sul tema Democrazia e dittatura riguardanti:

    - Design, tecnologia, dominio (Design – Technik – Herrschaft),

    - Arte e censura (Kunst und Zensur),

    - Le donne e la lotta per l'uguaglianza (Frauen und der Kampf um Gleichberechtigung),

    - Democrazia e potere (Demokratie und Gewalt).

     

    2. Esempi didattici

    La fondazione Haus der Geschichte der Bundesrepublik Deutschland permette di accedere alla totalità dei propri materiali didattici (suggerimenti per lezioni in classe e visite a mostre permanenti); tra questi segnaliamo:

     

    01Fig.1: La caricatura del Piano Marshall Karikatur Marshall-Plan Il 5 giugno 1947, il Segretario di Stato americano George C. Marshall aveva proposto ai paesi europei usciti distrutti dalla guerra un piano di aiuti economici. Anche i paesi dell’Europa dell’Est ne avrebbero potuto beneficiare, ma l’URSS si oppose. La caricatura del Piano Marshall fornisce una buona introduzione alla "Guerra fredda" e offre l'opportunità di affrontare i temi della ricostruzione economica e l'inizio del confronto politico-economico-militare tra Oriente e Occidente (per maggiori informazioni: Piano Marshall/riforma valutaria).
    Gli studenti potranno esaminare la caricatura realizzata nella Germania Occidentale nel 1947. Analizzando le persone (le loro posizioni, espressioni facciali, gesti) e gli oggetti raffigurati saranno in grado di individuare gli obiettivi del caricaturista.

    Lo “zio Sam”, personificazione degli Stati Uniti, distribuisce generosamente monete a un gruppo di bambini che rappresentano i paesi dell'Europa occidentale (nella caricatura è possibile riconoscere la Gran Bretagna: John Bull, la Francia: la Marianne, l’Italia: il gondoliere con la t-shirt a strisce). Il dittatore sovietico Josef Stalin, invece, si rivolge, con un atteggiamento minaccioso, ad un altro gruppo di bambini che rappresentano i paesi dell'Europa orientale (l'Ungheria, la Polonia, la Cecoslovacchia e la Bulgaria) mettendoli in guardia dall’accettare il piano di aiuti americano. Da notare che nella caricatura le nazioni sia dell’Europa Occidentale che Orientale sono raffigurate come bambini e non come persone adulte, a sottolineare la loro comune condizione di inferiorità, sia pure in differenti contesti, verso le due grandi potenze uscite vincitrici dalla Seconda guerra mondiale.

    02Fig.2: Macchina fotografica segreta. La rivolta popolare del 17 giugno 1953 nella DDR Geheimkamera Solo quattro anni dopo la fondazione della DDR (Deutsche Demokratische Republik), centinaia di migliaia di persone manifestarono contro la dittatura comunista il 17 giugno 1953. La giornata è passata alla storia come una rivolta popolare. Quel giorno, il fotografo Richard Perlia aveva scattato di nascosto delle foto che poi era riuscito ad inviare in Occidente.

    Le cause della rivolta popolare nella DDR risalgono al progetto per la "costruzione pianificata del socialismo" approvato nel luglio 1952 dal Secondo Congresso della SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands), il partito comunista con a capo Walter Ulbricht. La sua attuazione portò a una grave crisi alimentare, ad un peggioramento del tenore di vita della popolazione e a una diminuzione della produzione industriale. Molte persone fuggirono a Ovest. La morte di Stalin nel marzo 1953 suscitò speranze di miglioramenti, ma la leadership della SED proseguì nella sua politica aumentando i ritmi di lavoro nelle fabbriche senza adeguare i salari.
    Il 15 e 16 giugno 1953 scoppiarono proteste a Berlino Est e nell'intera DDR che si intensificarono il giorno successivo. Le persone scesero nelle piazze chiedendo non solo una diversa politica economica ma anche libere elezioni, la sostituzione di Ulbricht e la liberazione di tutti i prigionieri politici. Per reprimere la rivolta popolare, l'Unione Sovietica intervenne direttamente con una massiccia azione militare che causò decine di morti e portò a molte migliaia di arresti.

    Il tema della "rivolta popolare del 17 giugno 1953" può essere elaborato dagli studenti prendendo spunto dalla Macchina fotografica segreta (componenti, dimensione, funzionalità, uso), per poi progettare e scrivere una relazione sulla soppressione delle libertà di stampa e di espressione nella DDR, utilizzando i testi collegati all’evento; in particolare: 17 Giugno 1953 – Insurrezione popolare (17 Juni 1953 – Volksaufstand).

    03Fig.3: Veicolo per il trasporto di prigionieri della polizia segreta nella DDR MfS-Gefangenentransportwagen

    Nella DDR, il Ministero per la Sicurezza di Stato (MfS), la polizia segreta, gestiva i propri centri di detenzione preventiva dove venivano incarcerati i sospetti prima del processo. Se un prigioniero doveva essere spostato in un altro luogo, veniva trasportato con un veicolo apposito. La funzione di questi mezzi di trasporto richiedeva di essere mascherata. Erano camuffati da furgoni civili per non suscitare scalpore.

    Il Ministero per la Sicurezza dello Stato (MfS), popolarmente noto come "Stasi", era il più importante strumento politico di repressione del Partito Socialista Unitario Tedesco (SED). Era organizzato e operava sul modello della polizia segreta dell'URSS (il KGB). I compiti e le responsabilità del MfS non furono mai chiaramente definiti, non era soggetto ad alcuna restrizione legale. Il numero dei dipendenti del MfS aumentò costantemente nel corso degli anni: se nel 1950 erano 1.100 le persone impiegate, il numero salì a 10.000 nel 1953 e a 20.000 nel 1961. Oltre che sul lavoro dei dipendenti a tempo pieno, l’attività del Ministero per la Sicurezza dello Stato si basava sulle informazioni dei cosiddetti “dipendenti segreti”.

    Per scongiurare “azioni ostili” contro il regime, negli anni '70 e '80 fece sempre più affidamento sulla “disintegrazione” dei gruppi interni di opposizione (ad esempio, dei gruppi per la pace, l'ambiente e i diritti umani). Gli agenti del MfS diffondevano in modo sistematico voci e informazioni false sui membri di tali gruppi, si servivano di prostitute per ricattare gli uomini, distruggevano le relazioni familiari e causavano fallimenti professionali. Il Ministero per la Sicurezza dello Stato pianificava consapevolmente i danni fisici e mentali delle vittime. La forza bruta veniva usata, in particolare, contro coloro che tentavano di fuggire dalla DDR.

    Il veicolo per il trasporto dei prigionieri esemplifica il modo di operare del MfS e può essere utilizzato in classe per introdurre l'argomento “lavoro e metodi della Polizia segreta nella DDR”. Per approfondimenti la scheda rinvia agli articoli: Struttura del MfS e Sorveglianza

    04Fig.4: La costruzione del muro Objektgruppe zum Mauerbau Domenica 13 agosto 1961, agenti di polizia e soldati della DDR “sigillano” il confine con Berlino Ovest e l'anello esterno della città. Vengono demolite case, erette barriere anticarro e di filo spinato. Nei giorni seguenti, squadre di operai sotto sorveglianza militare iniziano a sostituire il filo spinato con un muro alto circa due metri, che taglierà in due Berlino. La popolazione in entrambe le parti della Germania è indignata e scioccata.
    Con il permesso dell’URSS, il Comitato centrale del Partito Socialista Unitario Tedesco (SED) aveva deliberato in totale segretezza la costruzione del muro. Le truppe sovietiche di stanza nella Repubblica Democratica Tedesca (DDR) contribuirono a “mettere in sicurezza” l'erezione del "muro di protezione antifascista". La leadership della Germania orientale voleva in questo modo porre fine all'esodo di massa dei propri cittadini attraverso Berlino Ovest.
    Nei giorni della costruzione del muro si susseguirono scene strazianti lungo il confine tra le due Germanie. Il muro interruppe l’attività (e il sostentamento economico) a oltre 50.000 berlinesi dell'Est che lavoravano all'Ovest. Il regime ridusse a sette il numero dei valichi di frontiera tra le due parti della città. La rete dei trasporti di Berlino venne interrotta sulla linea di confine. Le finestre e le porte delle case in prossimità del muro vennero murate. Le guardie di frontiera avevano l'ordine di sparare su chi cercava di fuggire a Berlino Ovest. Almeno 140 persone furono uccise dopo il 1961.

    Gli studenti, partendo dai materiali impiegati nella costruzione del muro, possono iniziare un percorso di approfondimento delle ragioni della sua edificazione e della divisione della Germania in due stati contrapposti utilizzando i testi di contestualizzazione e di approfondimento che il museo offre ai visitatori.

    05Fig.5: Cabine di controllo alla frontiera del Palazzo delle Lacrime Grenz-Kontrollkabine Tränenpalast  Dopo la costruzione del muro solo poche persone possono lasciare la DDR e sono previste anche regole rigide per l'ingresso nel paese. Il regime controlla attentamente alle frontiere le persone, sia in uscita che in entrata, come in queste cabine del Palazzo delle lacrime (Tränenpalast) al valico di Friedrichstrasse.

    Il Palazzo delle lacrime, inaugurato nell'estate del 1962, era l’edificio in cui i tedeschi dell'Est di solito dovevano dire addio ai loro parenti e amici occidentali e dove l'amministrazione doganale, che lavorava a stretto contatto con gli organi di sicurezza della DDR, vigilava sul rispetto dei severi divieti di esportazione riguardanti in particolare generi alimentari, dispositivi tecnici, opere d’arte. Nelle cabine di controllo passaporti, scomodamente strette, gli agenti doganali della Germania dell’Est verificavano minuziosamente l'identità delle persone prima di timbrare il visto di uscita, sottoponendole ad una procedura che creava un’atmosfera di forte tensione e stress psicologico.

    La Cabina alla frontiera del Palazzo delle Lacrime è un esempio dei meccanismi di controllo poliziesco introdotti dal regime comunista sul transito delle persone tra le due Berlino dopo la costruzione del muro.

    Sulla base dell'osservazione dell'oggetto (materiali, dimensioni, luogo di utilizzo e funzione), gli studenti potranno ricostruire e rivivere le procedure di controllo doganale della DDR e il loro impatto sulla vita dei berlinesi.

    06Fig.6: Il Discorso di Kennedy a Berlino Kennedy-Rede in Berlin Il 26 giugno 1963, quasi due anni dopo la costruzione del Muro, il presidente americano John F. Kennedy visita la Repubblica Federale di Germania e Berlino Ovest. Parla ai berlinesi davanti al municipio di Schöneberg. Il discorso di Kennedy nella registrazione originale offre l'opportunità di approfondire la storia della “Guerra fredda” e della divisione della Germania in due stati.

    Per oltre quarant'anni, tra il 1949 e il 1989/90, la Germania, a causa della sconfitta nella Seconda guerra mondiale, è stata divisa in due stati: la Repubblica Federale di Germania (BRD ) a Ovest, e la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) a Est. I due stati hanno appartenuto a blocchi contrapposti, capeggiati rispettivamente dagli Stati Uniti d’America e dall’Unione Sovietica, che si sono fronteggiati nella così detta “Guerra fredda”: un conflitto globale permanente che non si è mai tradotto in uno scontro militare diretto grazie alla forza dissuasiva dell’arma atomica.
    I tedeschi dell'Ovest e quelli dell'Est hanno perciò vissuto per quasi mezzo secolo in due sistemi politicamente, socialmente ed economicamente diversi. Il rapporto tra i due stati è stato caratterizzato da una dura competizione e, solo dopo l’avvento alla cancelleria di Willy Brandt (1969), da tentativi di riavvicinamento (l’Ostpolitik).

    Gli studenti, dopo avere ascoltato il discorso di Kennedy, potranno creare una mappa mentale sui rapporti tra Est e Ovest utilizzando le numerose schede di approfondimento sulla storia della Germania nella seconda metà del Novecento pubblicate sul sito del museo.

    3. Ricerche

    La sezione Patrimonio museale (Bestand) permette di effettuare ricerche nelle diverse categorie in cui si articolano le collezioni: Oggetti, Biografie, Cronologie, Video, Testimonianze, Documenti, Fotografie, Statistiche, Didattica.
    Per ogni categoria il sito visualizza un elenco dei contenuti con le relative immagini. Cliccando sulle immagini si accede ad una scheda sintetica con i link alle risorse del sito. La ricerca può essere circoscritta ai diversi periodi storici in cui è suddivisa la linea del tempo (Zeitstrahl).

    Ad esempio, volendo effettuare una ricerca sulle fotografie della Prima guerra mondiale, dopo avere scelto la relativa categoria (Fotografien), si seleziona, nella colonna di sinistra della videata, il periodo storico Erster Weltkrieg. Sullo schermo appariranno tutte le immagini fotografiche della collezione LeMO inerenti a quell’evento. Interessati ad una particolare immagine, si clicca sulla medesima per accedere alla scheda descrittiva. Ad esempio, la fotografia che ritrae nell’aprile del 1917 i piloti degli aerei da caccia sotto il comando di Manfred von Richthofen, noto come il "Barone Rosso" (Die Jagdstaffel von Richthofen) è associata ad una scheda che rinvia ad una pagina di approfondimento sulla guerra aerea (Der Luftkrieg) con i link alle biografie di alcuni piloti.

    È possibile accedere alle risorse del museo virtuale anche attraverso i “capitoli” in cui è suddivisa la linea del tempo (Kapitelüberblick), che la homepage del sito https://www.dhm.de/lemo visualizza con grandi immagini iconiche, ricorrendo ad un approccio non più focalizzato sugli “oggetti” del patrimonio museale ma sui “testi” (un approccio che potremmo definire “enciclopedico”).

    Se interessati alla Prima guerra mondiale, il relativo capitolo Der Erste Weltkrieg offre un quadro riassuntivo dell’evento e rinvia ad altri testi di approfondimento (ad esempio: guerra di posizione, Stellungskrieg; guerra dei materiali, Materialschlachten; gas tossici Giftgas). Il capitolo contiene, inoltre, registrazioni audio e audiovisive, fotografie, mappe e una cronologia degli anni di guerra (1914, 1915, 1916, 1917, 1918) con i link a numerose biografie di personaggi illustri. 

    Il LeMo, museo virtuale online di storia, per l’importanza delle collezioni, per i materiali didattici che offre, per le funzionalità del sito, e, non ultima, per la centralità della Germania nella storia dell’Europa, rappresenta senza alcun dubbio una risorsa che è opportuno utilizzare nell’insegnamento e nella divulgazione della storia contemporanea non solo nei paesi di lingua e cultura tedesca, ma pure in altre realtà nazionali, e tra questa rientra anche l’Italia.

  • Un re schiavista del Benin e la controversa memoria storica della Colonizzazione.

    di Daniele Boschi

    La battaglia per eliminare o ricontestualizzare monumenti e simboli del passato coloniale e schiavista dell’Occidente1, largamente presenti negli spazi pubblici delle principali città europee e americane, può produrre a volte risultati paradossali: lo dimostra il caso della esposizione nella cattedrale di Saint Paul a Londra di una installazione in memoria del re del Benin Ovonramwen, opera dell’artista nigeriano Victor Ehikhamenor.

    1. OvonramwenFig.1: Ovonramwen Nogbaisi, re del Benin dal 1888 al 1897 FontePer comprendere appieno il significato di questo episodio, seguiamo la ricostruzione che ne hanno fatto lo storico Robert Tombs in un articolo pubblicato sullo “Spectator” (08/03/2022) e la giornalista Connie Evans sullo “Evening Standard” (17/02/2022). Occorre anzitutto tenere presente che la Chiesa d’Inghilterra si è impegnata da diversi anni a passare al vaglio tutti gli edifici ecclesiastici e le loro pertinenze allo scopo di rimuovere o ricontestualizzare statue, monumenti e iscrizioni dedicati ai proprietari e trafficanti di schiavi. Nel corso di questa campagna la cattedrale di Bristol ha rimosso da una finestra una dedica allo schiavista Edward Colston; la chiesa di Saint Peter a Dorchester ha coperto una iscrizione che commemorava la repressione di una rivolta di schiavi; e l’arcivescovo di Canterbury ha sollecitato l’eliminazione dalla cappella del Jesus College di Cambridge del memoriale di Tobias Rustat, un benefattore del XVII secolo coinvolto nelle attività della Royal African Company.

    Una diversa strategia è stata invece seguita nella cattedrale di Saint Paul a Londra. Nella cripta dell’imponente edificio londinese si trova una iscrizione scolpita su una lastra di ottone in memoria dell’ammiraglio Harry Holdsworth Rawson (1843-1910), che nel febbraio del 1897 guidò la spedizione militare con la quale la Gran Bretagna pose fine all’indipendenza del regno del Benin. La capitale del regno fu distrutta e il Benin fu incorporato nei possedimenti coloniali britannici dell’area nigeriana. Il re del Benin Ovonramwen fu catturato e mandato in esilio.

     

    Still standing

    Per fornire spunti di riflessione ai visitatori, il decano e il capitolo della cattedrale di Saint Paul hanno deciso di affiancare all’iscrizione in memoria di Rawson una installazione temporanea che offrisse un diverso sguardo sulla figura dell’ammiraglio inglese. Si sono rivolti a tal fine all’Università di York e questa ha interpellato a sua volta il Pitt Rivers Museum di Oxford, che ha incaricato l’artista nigeriano Victor Ehikhamenor di creare un’opera originale che rappresentasse la sua reazione all’iscrizione. Ehikhamenor ha realizzato una installazione alta più di tre metri nella quale spicca un’immagine di color rosso brillante, che raffigura uno oba, ovvero un re del Benin. L’installazione è stata denominata Still standing e l’artista ha dichiarato di essersi ispirato proprio alla figura di oba Ovonramwen. L’opera è stata esposta per tre mesi – tra febbraio e maggio del 2022 - nella cripta della cattedrale di Saint Paul, per poi essere trasferita al Pitt Rivers Museum2.

     

    2. Still standingFig.2: "Still standing", l’opera di Victor Ehikhamenor esposta nella cattedrale di Saint Paul a Londra FonteUn doppio standard morale?

    Il paradosso nasce dal fatto che il regno del Benin è stato a lungo coinvolto nel traffico degli schiavi e lo stesso Ovonramwen non solo possedeva schiavi, ma praticò sacrifici umani accompagnati da orribili torture. Secondo Robert Tombs vi sono solo due possibili spiegazioni dell’accaduto. La prima è che il decano e il capitolo della cattedrale si siano affidati completamente all’Università di York e al Pitt Rivers Museum, senza darsi la pena di controllare il loro operato, oppure abbiano avuto paura di sollevare obiezioni: in questo caso avrebbero dovuto rimuovere immediatamente l’installazione di Ehikhamenor e chiedere scusa. La seconda spiegazione è che essi approvino un’opera che, in modo più o meno consapevole, implica l’adozione di un doppio standard morale: la complicità con la schiavitù è un peccato imperdonabile per i bianchi, ma non per i neri. Tombs concludeva ironicamente il suo articolo con queste parole: “San Paolo ha scritto: ‘Non ci sono più ebrei, né greci, non ci sono più schiavi, né liberi … perché siete tutti una sola persona in Gesù Cristo’. Ma non è così nella cattedrale di Saint Paul”3.

     

    “History Reclaimed”

    A questo punto è opportuno dire che Robert Tombs è il fondatore del sito “History Reclaimed”, nato per contrastare le recenti campagne volte a riscrivere la storia delle grandi democrazie occidentali alla luce delle rivendicazioni dei popoli e delle minoranze che ritengono di essere stati in vario modo oppressi dalle nazioni dell’Occidente. Secondo Tombs e i suoi colleghi, gli attivisti e i seguaci di questi movimenti sostengono non di rado una visione ideologica e unilaterale della storia, tutta incentrata sulle colpe e sui crimini, veri o presunti, dell’Occidente.

    “Noi non riteniamo – scrivono gli editori di “History Reclaimed” – che la nostra storia sia tutta quanta degna di lode perché questo sarebbe assurdo. Ma rifiutiamo come ugualmente assurda l’affermazione che essa sia fondamentalmente carica di vergogna. Concordiamo sul fatto che la storiografia consista di molte opinioni e di molte voci. Ma questo non vuol dire che tutte le opinioni siano valide, e certamente nessuna dovrebbe essere imposta alla stregua di una nuova ortodossia. Intendiamo confutare le distorsioni dei fatti storici e fornire contestualizzazioni, spiegazioni e un approccio equilibrato all’interno di un dibattito nel quale il dogmatismo è troppo spesso preferito all’analisi e la condanna alla comprensione”.

    A capo della redazione di “History Reclaimed” vi sono lo stesso Robert Tombs e il medievista David Abulafia, ben noto anche in Italia.

     

    Come si è giunti a celebrare un re schiavista del Benin?

    Per quanto riguarda in particolare la vicenda della installazione dedicata al re Ovonramwen, Robert Tombs ha ricostruito nei dettagli (in un secondo articolo apparso su “History Reclaimed” il 3 agosto 2022) tutta la trafila che ha portato all’acquisizione dell’opera dell’artista nigeriano. Ha ricordato che la cattedrale di Saint Paul porta avanti da alcuni anni, insieme all’Università di York, il progetto Pantheons: Sculpture at St Paul’s Cathedral, che ha lo scopo di studiare, valorizzare e ricontestualizzare le oltre trecento opere d’arte presenti nella cattedrale risalenti al periodo storico compreso tra il 1796 e il 1914. Una importante sezione del progetto Pantheons è denominata 50 voices in 50 monumentse mira a raccogliere cinquanta “reazioni” (responses) di artisti, scrittori, musicisti, teologi e accademici ad altrettanti monumenti conservati nella cattedrale. È appunto in questa sezione che si voleva inserire una “reazione” all’iscrizione dedicata all’ammiraglio Harry Rawson.

    Su sollecitazione della cattedrale londinese, l’Università di York ha contattato a sua volta Dan Hicks, docente di Archeologia contemporanea e sovrintendente del Pitt Rivers Museum di Oxford, che ha commissionato il lavoro a Victor Ehikhamenor, acquistando poi la sua opera per la non piccola somma di 50.000 sterline grazie ad un finanziamento ottenuto dallo Art Fund, un ente di beneficenza britannico.

    3. EhikhamenorFig.3: L’artista nigeriano Victor Ehikhamenor FontePossibile, si chiede Tombs, che nessuno degli enti e delle persone coinvolti più direttamente in questa operazione abbia avuto qualche perplessità circa l’idea di celebrare un re “schiavista”? L’Università di York ha informato Tombs di aver lasciato il soggetto del lavoro di Ehikhamenor alla libera scelta dell’artista. La direttrice del Pitt Rivers Museum, la professoressa Laura van Broekhoven, ha affermato di aver trovato il lavoro di Ehikhamenor molto coinvolgente e di ritenere che esso sarebbe stato un acquisto straordinario per il museo. Lo Art Fund si è limitato a dichiarare che Ehikhamenor è uno dei principali artisti contemporanei dell’Africa occidentale e che, con l’acquisto della sua opera, egli sarà per la prima volta rappresentato in una collezione pubblica del Regno Unito.

     

    Un silenzio sorprendente ma non inspiegabile

    Non soltanto le istituzioni coinvolte nell’acquisizione del lavoro di Ehikhamenor, ma anche la maggior parte degli autori dei non pochi articoli e commenti apparsi online sulla vicenda sembrano avere completamente ignorato il fatto che Ovonramwen e il regno del Benin praticavano schiavitù e sacrifici umani. L’unica eccezione sembra essere l’articolopubblicato da Michael Mosbacher sul “Telegraph” il 18/02/2022.

    Il fatto che la questione sia stata sollevata soltanto da Tombs e da Mosbacher da un lato è abbastanza sorprendente, ma dall’altro non è del tutto inspiegabile.

    È sorprendente perché la pratica del traffico degli schiavi, della schiavitù e dei sacrifici umani nel regno del Benin è da lungo tempo ben nota agli studiosi ed è stata accuratamente documentata anche dallo storico nigeriano Philip A. Igbafe (vedi in particolare il suo studio su Slavery and Emancipation in Benin, 1897-1945, pubblicato sul “Journal of African History” nel 1975).

    Non è inspiegabile perché da diversi anni il senso di colpa dell’intellighenzia dei paesi europei e americani per i misfatti, veri o presunti, commessi dall’Occidente, nonché i dettami del politically correct, portano spesso ad accettare in modo acritico qualsiasi rivendicazione o iniziativa venga proposta dai rappresentanti dei popoli e delle minoranze che sono stati oppressi dal colonialismo e dall’imperialismo dell’Occidente, anche se questo significa ricostruire gli eventi storici in modo arbitrario.

    Peraltro, la vicenda dell’installazione dell’opera di Victor Ehikhamenor nella cripta della cattedrale di Saint Paul ha sollevato e solleva anche altre questioni, che non possiamo trattare dettagliatamente in questo articolo, ma alle quali vogliamo almeno accennare.

     

    Violenza coloniale e restituzione culturale

    La prima questione è quella della restituzione ai loro paesi d’origine delle opere d’arte e dei manufatti sottratti o raccolti dagli occidentali all’epoca del colonialismo. Si tratta di una richiesta avanzata da lungo tempo dai rappresentanti e dai governi di quei paesi e sulla quale concordano oggi non pochi studiosi europei e americani. Parecchi musei e altre istituzioni culturali hanno già avviato o stanno avviando quest’opera di “restituzione culturale”.

    4. Bronzi del BeninFig.4: uno dei famosi bronzi del Benin FonteQuesta questione è stata spesso trattata nei commenti dedicati all’inaugurazione della installazione di Ehikhamenor, anche perché tra le opere d’arte che dovrebbero essere restituite vi sono anche i famosi bronzi del Benin, portati via dagli inglesi dopo la conquista e la distruzione della capitale del regno africano nel 1897. Lo stesso Ehikhamenor ha insistito con forza su questa richiesta in particolare in una lunga intervista rilasciata al magazine “The Republic” in data 08/12/2022. Sul fronte opposto Robert Tombs e altri opinionisti di “History Reclaimed”4 hanno avanzato forti perplessità su questa politica di restituzione culturale, con varie argomentazioni, tra le quali quella secondo cui i paesi dell’Africa e del Medio Oriente non sarebbero in grado di custodire in modo adeguato i manufatti di cui reclamano il rimpatrio, che rischierebbero così di andare perduti con grave danno per la memoria e le conoscenze delle future generazioni.

     

    La spedizione britannica del 1897 secondo Dan Hicks

    Un’altra questione strettamente legata alla vicenda della installazione che raffigura il re Ovonramwen è quella della esatta ricostruzione della spedizione britannica del 1897. Secondo “History Reclaimed”, sia Victor Ehikhamenor che Dan Hicks si sono basati su una visione molto distorta e parziale di quell’evento. Tombs ha ricordato che Dan Hicks è l’autore di un volume intitolato The Brutish museums. The Benin bronzes, colonial violence and cultural restitution, che era già stato oggetto di severe critiche su “History Reclaimed” da parte di Nigel Biggar in un articolo pubblicato il 12/08/2021.

    Bisogna ricordare che la spedizione britannica del febbraio 1897 fu presentata all’epoca come una rappresaglia per il massacro perpetrato un mese prima dagli Edo (la principale etnia della regione) ai danni di un convoglio guidato dal console ad interim inglese James Phillips, che si stava avvicinando a Benin City per avviare una trattativa col re Ovonramwen.

    Secondo Higgs questo massacro fu semplicemente un pretesto per realizzare l’annessione del Benin già prevista e pianificata dalle autorità britanniche da diversi anni. Il vero movente all’origine dell’aggressione e della successiva annessione del Benin era di carattere economico, mentre l’obiettivo di porre fine alla schiavitù e ai sacrifici umani aveva una funzione meramente ideologica. L’attacco a Benin City fu portato avanti brutalmente con armi enormemente più potenti rispetto a quelle degli africani; i villaggi furono bombardati; la città fu saccheggiata, data alle fiamme e rasa al suolo; ci furono decine di migliaia di morti e durante il saccheggio della città furono trafugati anche i famosi bronzi del Benin.

     

    Le critiche di Nigel Biggar

    Questa ricostruzione dei fatti è stata contestata su “History Reclaimed” da Nigel Biggar, che ha accusato Higgs di avere usato in modo scorretto le sue fonti e di avere quindi travisato gli eventi del 1897. Secondo Biggar, se da un lato non vi sono dubbi che gli inglesi fossero infastiditi dal fatto che il Benin intralciava i loro traffici nella regione e rifiutava di applicare gli accordi commerciali sottoscritti nel 1892, dall’altro lato la promozione di libere e regolari attività commerciali aveva anche lo scopo di porre fine al traffico degli schiavi. Quest’ultimo era un obiettivo secondario, ma comunque reale, come dimostra il fatto che effettivamente dopo l’occupazione del Benin le autorità britanniche posero fine alla schiavitù nella regione. Ad ogni modo lo scopo principale della spedizione del febbraio 1897 era quello di reagire al massacro dei diplomatici britannici avvenuto qualche settimana prima: la Gran Bretagna doveva rispondere a quell’attacco per preservare la sua autorità in quell’area e scoraggiare ulteriori aggressioni. Sempre secondo Biggar, Hicks avrebbe insistito in modo esagerato sulle violenze commesse dai britannici: infatti non vi sono dati precisi sul numero delle vittime; Benin City non fu data deliberatamente alle fiamme, in quanto l’incendio che la distrusse scoppiò per cause accidentali; e non fu saccheggiata nel senso vero e proprio della parola, perché i bronzi e altri oggetti furono sequestrati dalle autorità britanniche come bottino di guerra.

    5. RawsonFig.5: L’ammiraglio Harry Holdsworth Rawson (1843-1910) FonteInfine, secondo Biggar, Hicks adotta chiaramente un doppio standard morale: da un lato sorvola sulla pratica della schiavitù e dei sacrifici umani da parte degli africani; dall’altro lato non riconosce alcun merito o attenuante agli inglesi:

    “Mentre agli Edo è concesso il balsamo dell’indulgenza, un acido cinismo è versato continuamente sopra i britannici. L’abolizione del commercio degli schiavi e della schiavitù nell’Impero britannico non sono minimamente apprezzati. Anzi sono screditati perché avrebbero fornito in nome dei ‘diritti umani’ una giustificazione per un mutamento arbitrario di regime politico. La possibilità che lo sradicamento della schiavitù possa aver richiesto e giustificato il dominio britannico non è mai considerata”.

     

    L’Impero britannico è stato un bene o un male?

    Non è difficile, infine, vedere come la diversa ricostruzione che Hicks e Biggar hanno fornito della spedizione punitiva del 1897 abbia come presupposto due opposte visioni della storia imperiale britannica. Qualche anno fa lo scrittore di origine indiana Kenan Malik osservòche mentre il sole è tramontato da tempo sull’Impero britannico, il dibattito sui meriti o demeriti dell’Impero sembra non tramontare mai. Il nuovo clima politico prodotto dalla Brexit ha creato un terreno propizio per la ripresa di antiche discussioni e polemiche. E il dibattito pubblico sembra essersi polarizzato, appunto, intorno a due opposte visioni: quella dei critici, o dei detrattori, e quella degli apologeti dell’Impero.

     

    Il punto di vista dei detrattori dell’Impero

    Da una parte vi sono studiosi e intellettuali, non di rado originari dei paesi che subirono il dominio coloniale, come lo stesso Malik, i quali pongono l’accento prevalentemente sui misfatti commessi dagli occidentali a scapito delle popolazioni via via assoggettate. Nella loro ottica lo sfruttamento delle risorse delle colonie, la schiavitù e il razzismo hanno, o dovrebbero avere, un ruolo centrale nella ricostruzione della storia dell’Impero britannico. Alla Gran Bretagna non viene riconosciuto quasi nessun merito, neanche quello di avere promosso nel XIX secolo l’abolizione della tratta degli schiavi e della schiavitù. Malik sottolinea infatti che non fu l’Impero britannico ad avviare la lotta contro la schiavitù, ma furono gli stessi schiavi ad iniziarla, insieme a una piccola minoranza di radicali britannici. In ogni caso – aggiunge Malik - l’abolizione della schiavitù, avvenuta nel 1833, non migliorò di molto le condizioni di vita e di lavoro dei popoli coloniali; e mentre gli ex-proprietari di schiavi ricevettero una lauta ricompensa per il danno subìto, i loro ex-schiavi furono obbligati a fornire prestazioni lavorative non pagate per un periodo variabile da quattro a sei anni dopo l’emancipazione.

    6. MalikFig.6: Lo scrittore di origine indiana Kenan Malik FonteUn approccio molto simile a quello di Malik si trova anche in diversi altri articoli e libri pubblicati negli ultimi anni. Ad esempio nel lungo intervento di Maya Jasanoff sul “New Yorker” (02/11/2020), intitolato Misremembering the British Empire, nel quale si sottolinea che la Gran Bretagna non ha ancora veramente fatto i conti con il proprio passato coloniale e imperiale e si stigmatizza il fatto che un terzo dei cittadini britannici ritengono tuttora che il loro impero abbia fatto più bene che male e più di un quarto vorrebbero riportare in vita l’Impero (secondo un sondaggio del marzo 2020).

    La principale obiezione, che si può fare all’approccio di Malik, Jasanoff e altri studiosi che sono sulla loro stessa posizione, è che, sebbene sia corretto assumere anche il punto di vista delle vittime dell’imperialismo europeo, guardare gli eventi passati soltanto attraverso quella lente può essere altrettanto fuorviante quanto lo è stato osservarle unicamente dal punto di vista dei dominatori. Inoltre si trascura il fatto che la schiavitù, le guerre di conquista, i pregiudizi razziali e religiosi non sono certo stati una prerogativa esclusiva dell’Occidente, essendo fenomeni presenti purtroppo a tutte le latitudini e longitudini fin dai tempi più antichi. Per quanto riguarda in modo più specifico la schiavitù, questo approccio unilaterale alimenta i due tabù che Antonio Brusa ha molto bene illustrato proprio qui su “Historia ludens”: il primo tabù è che non si può parlare di tratte di schiavi diverse da quella atlantica; occorre quindi tacere sulla tratta africana e su quella musulmana; il secondo tabù è che non si può dire alcun bene dell’Europa e dell’Occidente e quindi anche il fatto che gli Stati europei e occidentali furono i primi ad abolire la schiavitù va sottaciuto o comunque svalutato.

     

    Il punto di vista degli apologeti

    Sul fronte opposto a quello dei detrattori, vi sono storici e altri studiosi di orientamento conservatore, i quali pur senza negare le violenze commesse dai colonizzatori, tendono a mettere in evidenza anche e soprattutto i benefici arrecati dall’Impero britannico ai propri sudditi non europei. Non è un approccio del tutto nuovo perché era stato già proposto vent’anni fa da Niall Ferguson nel bestseller Empire: How Britain Made the Modern World5. Sulla sua stessa lunghezza d’onda si trova oggi Robert Tombs, che abbiamo già citato più volte. In un interessante dibattito con lo storico Alan Lester (pubblicato in data 01/02/2022 sia quisul sito dell’Università del Sussex, sia qui su “History Reclaimed”), Tombs ha sostenuto infatti quanto segue:

    “L’Impero conferiva alcuni benefici, inclusa la protezione dalle aggressioni straniere, l’accesso al commercio internazionale, un sistema amministrativo moderno, la tecnologia, l’investimento di capitali e il mantenimento dell’ordine. Lo faceva a costi abbastanza contenuti: la tassazione era più bassa che negli Stati indipendenti. C’era chi ci guadagnava e chi ci perdeva, e il fatto che i sudditi lo considerassero in maniera positiva o negativa variava a seconda dei diversi soggetti, dei periodi e dei luoghi. Le voci degli schiavi liberati, delle donne alle quali fu risparmiato un matrimonio forzato, o delle persone salvate da sacrifici rituali sono andate in gran parte perdute, a differenza di quelle delle tanto celebrate élites anti-coloniali. L’indipendenza diede enormi vantaggi a queste ultime, che presero il potere nelle ex-colonie, ma questa non fu una liberazione per tutti i loro popoli, molti dei quali furono governati in modo peggiore dopo l’indipendenza. La fine dell’Impero nel corso degli anni ’40, ’50 e ’60 del ‘900 fu sotto molti aspetti una liberazione per la Gran Bretagna, la cui economia, le cui finanze e la cui sicurezza erano state alterate dal possesso di un impero”.

    Una tesi ancora più estrema era stata proposta nel settembre del 2017 da Bruce Gilley, docente di Scienze Politiche alla Portland State University, in un articolo pubblicato sul “Third World Quarterly” intitolato The case for colonialism. Partendo da una ricostruzione storica simile a quella di Tombs, Gilley si era spinto fino a prospettare una sorta di ritorno al colonialismo, auspicando un maggiore coinvolgimento dei governi occidentali negli affari interni dei paesi meno sviluppati e immaginando persino la fondazione di nuove colonie in territori disabitati dell’Africa e del Medio Oriente sulla base di accordi con i governi locali. Quindici dei trentaquattro membri del comitato editoriale della rivista si dimisero per protesta e una petizione che chiedeva il ritiro dell’articolo raccolse più di diecimila firme. Alla fine l’articolo fu ritirato dopo che l’editore della rivista era stato minacciato fisicamente.

     

    7. LImpero britannicoFig.7: L’Impero britannico negli anni Venti del Novecento FonteUna vivace discussione sull’eredità dell’Impero britannico e sulla libertà di opinione

    Questi eventi suscitarono nelle settimane seguenti una vivace discussione sulle pagine del “Times”.

    Nigel Biggar, che abbiamo già incontrato, e lo storico Lawrence James si schierarono con Gilley. “Non sentitevi colpevoli per la nostra storia coloniale. Chiedere scusa per l’Impero è ora obbligatorio, ma la vergogna può impedirci di affrontare i problemi del mondo di oggi”: così titolava il “Times” del 30/11/2017 introducendo il pezzo di Nigel Biggar. “Gli imperi hanno fatto anche cose buone e dobbiamo sentirci liberi di dirlo” ribadiva, sempre nel titolo, l’articolo di Lawrence James, uscito cinque giorni dopo.

    Allo stesso tempo un folto gruppo di accademici espresse solidarietà al “Third World Quarterly” e al suo editore affermando che, a prescindere dalle diverse opinioni sul saggio di Gilley, il ritiro del suo articolo, provocato dalle forti pressioni del pubblico, rappresentava un pericoloso precedente per la libertà dell’accademia.

    Ma qualche giorno dopo un gruppo ancora più numeroso di ricercatori e docenti universitari criticò l’intervento di Biggar sostenendo che le razionalizzazioni ideologiche del dominio imperiale sono state completamente screditate dagli studiosi; e fornì la seguente giustificazione della soppressione dell’articolo di Gilley:

    “Se è vero che gli autori hanno il diritto di proporre argomentazioni fallaci, gli editori di riviste accademiche hanno la responsabilità di mantenere gli standard dell’accademia stessa e un dovere etico di respingere i lavori che difendono la violazione dei diritti umani, di cui il colonialismo è un esempio eclatante. Promuovere l’assoggettamento di interi popoli e la violazione di libertà fondamentali è qualcosa che non dovrebbe avere alcun posto negli studi universitari”.

    Il “Times” pubblicò anche alcune lettere di privati cittadini, i quali per lo più difesero le tesi in favore dell’Impero. Ad esempio un certo Dominic Kirkham di Manchester scrisse quanto segue:

    “Parecchi membri della mia famiglia hanno servito l’Impero. Un mio nonno fu capo ingegnere della East India Railway e prospettò alla famiglia Tata la possibilità di sviluppare la lavorazione dell’acciaio. Un mio zio fu rettore di un college a Ceylon che aprì nuove prospettive di carriera per innumerevoli sudditi dello Sri Lanka. Nessuno dei due concepì il suo lavoro se non come un aiuto alle persone che serviva.”

    Anche una lettrice di nome Kusoom Vadgama, probabilmente di origine indiana6, rifiutò di condannare in modo assoluto l’Impero:

    “L’Impero britannico deve chiedere scusa per molte cose, avendo commesso gravi crimini come la rivolta del 18577 e il massacro di Jallianwala Bagh nel 19198 in India, che non saranno mai dimenticati o perdonati, ma questo non dovrebbe far dimenticare i molti aspetti positivi del governo inglese in India e nel resto dell’Impero. Senza i britannici, l’India non sarebbe il paese unito e potente che è diventato e senza l’afflusso di ingenti risorse finanziarie e il contributo dei soldati provenienti dall’India e dall’Impero nelle due guerre mondiali, la Gran Bretagna non sarebbe la potenza globale che è diventata. Come ha detto lo storico Elie Kedourie ‘una grande potenza non sta sempre e necessariamente dalla parte del torto’ ”.

     

    Conclusione

    Come abbiamo già riscontrato a proposito di altre controversie relative al passato colonialista e schiavista dell’Occidente9, anche il dibattito sulla figura del re del Benin Ovonramwen, sulle politiche di restituzione culturale e sulla memoria storica dell’Impero britannico non avviene nelle torri d’avorio dell’accademia, ma si sviluppa in un contesto pubblico surriscaldato dalle lotte politiche e dalle contrapposizioni ideologiche del nostro agitato mondo contemporaneo.

    Il nostro auspicio, come sempre, è che gli storici possano contribuire ad elaborare una visione equilibrata e non ideologica degli eventi passati, compresi quelli ai quali l’opinione pubblica appare più sensibile, che devono essere ricostruiti per quanto possibile in modo obiettivo, e non deformati a seconda degli interessi e delle convenienze dei partiti e dei movimenti che si scontrano nella pubblica arena. Ma non è affatto un’impresa facile, in particolare per una vicenda epocale e tragica quale quella della colonizzazione, come dimostrano le vicende e le controversie che abbiamo illustrato in questo articolo.

     


     

    Note

    1 Su questo tema HL è già intervenuta con diversi articoli il 09/07/2020, il 07/10/2020, il 04/11/2020 e il 29/01/2021.

    2 Vedi la figura 2. Una immagine migliore di Still standing, coperta da copyright, si può vedere all’inizio di questo articolo.

    3 La traduzione dall’inglese è mia (lo stesso vale per gli altri brani riportati tra virgolette nel seguito di questo articolo).

    4 Vedi gli articoli di Robert Tombs, Mike Wells e di Elizabeth Weiss, pubblicati su “History Reclaimed” in data 17/08/2022 e citati in modo completo nella sitografia in fondo a questo articolo.

    5 Tradotto in italiano col titolo Impero. Come la Gran Bretagna ha fatto il mondo moderno (Milano, A. Mondadori, 2007).

    6 Questa lettrice è forse da identificare con la scrittrice di origine indiana autrice del libro India and Britain: Over four centuries of shared heritage, pubblicato nel 2019.

    7 Si allude evidentemente alla repressione della rivolta dei Sepoy scoppiata in quell’anno e denominata anche “the Sepoy Mutiny”.

    8 Si tratta dell’evento noto anche come il massacro di Amritsar.

    9 Vedi gli articoli, in parte già citati sopra, pubblicati su “Historia ludens” il 07/10/2020, il 04/11/2020 e il 06/08/2021.

     

    BIBLIOGRAFIA / SITOGRAFIA

    Biggar, Nigel, Don’t feel guilty about our colonial history. Apologising for empire is now compulsory but shame can stop us tackling the world’s problems, “The Times”, 30/11/2017.

    Biggar, Nigel, The Ethics of Colonial History, McDonald Centre for Theology, Ethics & Public Life (University of Oxford), 02/12/2017.

    Biggar, Nigel, Dan Hicks, The Brutish Museums: The Benin Bronzes, Cultural Violence and Cultural Restitution, “History Reclaimed”, 12/08/2021.

    Dike, Onyema, The Empire roars back as Victor Ehikhamenor’s ‘Still Standing’ confronts colonial history, “The Guardian”, 19/02/2022.

    Evans, Connie, Bold new artwork installed at St Paul’s Cathedral, “Evening Standard”, 17/02/2022.

    Ferguson, Niall, Empire: How Britain Made the Modern World, London, Allen Lane, 2003 (traduzione in italiano col titolo Impero. Come la Gran Bretagna ha fatto il mondo moderno, Milano, A. Mondadori, 2007).

    Gilley, Bruce, The case for colonialism, “Third World Quarterly”, 08/09/2017.

    Igbafe, Philip A., Slavery and Emancipation in Benin, 1897-1945, “The Journal of African History”, Vol. 16, No. 3 (1975), pp. 409-429.

    James, Lawrence, Empires have done good and we must feel free to say so, “The Times”, 05/12/2017.

    Jasanoff , Maya, Misremembering the British Empire, “The New Yorker”, 02/11/2020.

    Jhala, Kabir, Nigerian installation in London’s St Paul’s Cathedral provokes debate around restitution and colonial monuments, “The Art Newspaper”, 17/02/2022.

    Lawal, Wale – Onafuye, Peace, ‘Creativity on the Continent Has Always Been a Continuum’. Victor Ehikhamenor on the Resilience of Benin Artistry, “The Republic”, 08/12/2002.

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    Malik, Kenan, The Great British Empire Debate, “The New York Review”, 26/01/2018.

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    Nihinlola Ifeoluwa – Abba Immaculata, Nigerian artist’s work in St. Paul’s does not challenge British history, “African Arguments”, 16/03/2022.

    Our colonial history and guilt over empire, “The Times”, 02/12/2017.

    Recker, Jane, New Artwork in St. Paul’s Cathedral Reckons With the British Attack on Benin 125 Years Ago, “Smithsonian Magazine”, 21/03/2022.

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    Tombs, Robert – Lester, Alan, Debating the British Empire, “History Reclaimed”, 01/02/2022.

    Tombs, Robert, St Paul’s Cathedral celebrates a slaver, “History Reclaimed”, 21/02/2022.

    Tombs, Robert, Why is St Paul’s Cathedral commemorating a Benin slave trader?, “The Spectator”, 08/03/2022.

    Tombs, Robert, Honouring a slave trader: the history of a decision, “History Reclaimed”, 03/08/2022.

    Tombs, Robert, Why is Britain making reparations to the heirs of slave owners?, “History Reclaimed”, 17/08/2022.

    Vadgama, Kusoom, India and Britain: Over four centuries of shared heritage, Austin Macauley Publishers, 2019.

    Victor Ehikhamenor’s Installation Work ‘Still Standing’ at St Paul’s Cathedral in London, “Artdependence Magazine” 18/02/2022.

    Weiss, Elizabeth, Repatriation of Artefacts: A Recipe for Disaster, “History Reclaimed”, 17/08/2022.

    Wells, Mike, Where are Nigeria’s Benin Bronzes?, “History Reclaimed”, 17/08/2022.

    Wood, Molara, The Nigerian artwork challenging British history in St Paul's, “BBC News”, 20/02/2022.

     

  • Un’enciclopedia sulla violenza di massa nella storia. Il sito web Mass Violence & Resistance

    di Antonio Prampolini

    Indice

    1. Il progetto di una Enciclopedia sulla violenza di massa

    2. Il sito web Mass Violence & Resistance

    3. Una selezione di articoli

    3.1 Studi di caso

    3.1.1 Il genocidio degli armeni e la pulizia etnica in Turchia

    3.1.2 Le violenze di massa del nazismo in Germania e nei territori occupati

    3.1.3 Le violenze di massa nella Russia di Stalin

    3.1.4 I civili vittime dei bombardamenti aerei nelle guerre del '900

    3.2 Contributi teorici: genocidio e pulizia etnica

     

    1. Il progetto di una Enciclopedia sulla violenza di massa

    Nel 2004, lo storico e politologo francese Jacques Semelin si era fatto promotore, presso il centro di ricerca e studi internazionali Sciences Po, con sede a Parigi, di un progetto per una Encyclopédie des violences de masse con l’obiettivo di indagare, in un’ottica globale, comparativa e multidisciplinare (storica, antropologica, psicologica), i massacri e i genocidi perpetrati nel corso del Novecento, spesso oggetto di negazionismi di varia natura.1
    Dopo un lungo lavoro preparatorio, nel 2008 il progetto si concretizzò in un sito web bilingue, francese e inglese, aperto ai contributi della ricerca internazionale e accessibile da tutti gli utenti della rete (Online Encyclopedia of Mass Violence - OEMV).2
    Da allora ad oggi, il sito ha visto crescere i propri contenuti, allargando sia il periodo storico di riferimento, non più limitato al secolo XX, che il campo d’indagine, esteso anche ai fenomeni di resistenza. Ha assunto, pertanto, la nuova denominazione di Mass Violence and Resistance - Research Network.3

     

    SCIENCES PO Mass Violence Resistance Immagine 1Fig.1: home page del sito MV&R Fonte

     

    2. Il sito web Mass Violence & Resistence (MV&R)

    Il sito MV&R si avvale di una rete accademica interdisciplinare con sede presso il Centre de Recherches Internationales (CERI) e il Centre d'histoire de Sciences Po (CHSP).4 Pubblica contributi, sottoposti a revisione paritaria, che coniugano ricerca empirica e riflessione concettuale. Tuttavia si rivolge, in modalità open access, non solo agli studiosi, ma al vasto pubblico di coloro che sono interessati ad approfondire la conoscenza dei fenomeni di violenza di massa nel mondo.

    Il sito si presenta con una home page (abbiamo qui scelto la versione in lingua inglese) dove vengono visualizzate in una mappa interattiva (Map of Online Contributions) le aree geografiche, gli stati o le località del mondo in cui si sono verificati gli eventi analizzati, ed è strutturato in quattro sezioni principali: Articles, Biographies, Glossary, Locations.

    La sezione Articles comprende tre sottosezioni: Studi di caso, Contributi teorici, Recensioni.Negli Indici cronologici gli articoli sono ordinati per data di pubblicazione, a partire da quella più recente.

    Nella sezione Biographies troviamo un indice alfabetico delle persone a cui il sito dedica delle schede informative sulle loro vite.

    La sezione Glossary contiene anch’essa un indice alfabetico per segnalare i principali termini/concetti utilizzati nei contributi pubblicati sul sito e per consultare le relative schede di approfondimento (si tratta di testi autoriali scritti da specialisti).

    La sezione Locations elenca gli stati e i territori in cui sono avvenute le violenze di massa e, per ogni stato/territorio, i contributi che lo riguardano.

     

    3. Una selezione di articoli

    3.1. Studi di caso

    SCIENCES PO Mass Violence Resistance Immagine 2Fig.2: Civili armeni in marcia forzata verso il campo di prigionia di Mezireh, aprile 1915. Fonte3.1.1 Il genocidio degli armeni e la pulizia etnica in Turchia

    Diyarbekir (1915-1916): le uccisioni di massa degli armeni a livello provinciale
    di Ungor Ugur Umit, 25 marzo 2009.

    Il genocidio degli armeni ottomani fu la conseguenza dell'interazione dinamica di tre distinti eventi/processi storici: la profonda crisi politica che colpì l'Impero ottomano tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la rivoluzione dei “Giovani Turchi” e la Prima guerra mondiale.
    Questo studio di caso esplora il genocidio così come si sviluppò nella provincia ottomana sud-orientale di Diyarbekir (Altopiano del Kurdistan), fornendo una panoramica del contesto e concentrandosi sulla memoria di quella tragedia.

     

    L'espulsione di gruppi etnici e religiosi non turchi dalla Turchia alla Siria negli anni '20 e all'inizio degli anni '30
    di Tachjian Vahe, 5 marzo 2009.

    Conclusasi la Prima guerra mondiale con il crollo dell’Impero ottomano e la sua frammentazione, il movimento guidato da Mustafa Kemal Pasha (Atatürk) si era posto come obiettivo principale la riconquista di tutte le regioni dell'Anatolia che erano ancora sotto la giurisdizione delle potenze vincitrici e l’espulsione delle minoranze non turche che vivevano nella regione di confine tra la Turchia e la Siria.
    Espulsione che, a partire dagli anni Venti, fu eseguita non per un ordine diretto del governo turco ma con metodi nel complesso più sottili. Molteplici vessazioni e pressioni furono esercitate contro le comunità prese di mira spingendo le popolazioni di etnia non turca a lasciare l’Anatolia e a trovare rifugio nella vicina Siria.
    Lo studio di caso affronta l’argomento in sei capitoli (Contesto, Decisori, Organizzatori e Attori, Vittime, Testimoni, Memoria, Interpretazioni generali), e gli dedica un’ampia Bibliografia.

     

    SCIENCES PO Mass Violence Resistance Immagine 3Fig.3: Manifesto della propaganda nazista a favore dell’eutanasia dei disabili e malati di mente Fonte3.1.2 Le violenze di massa del nazismo in Germania e nei territori occupati

    Lo sterminio dei malati di mente e dei disabili sotto il dominio nazionalsocialista
    di Gerrit Hohendorf, 6 maggio 2016.

    Tra il 1939 e il 1945, circa 300.000 malati mentali e handicappati (donne, uomini e bambini) furono assassinati dal regime nazista con il pretesto di praticare la "eutanasia". Morirono nelle camere a gas di centri di sterminio appositamente allestiti o, con la partecipazione di medici e personale infermieristico, in sanatori e case di cura attraverso privazioni alimentari e overdose di farmaci. Nei territori occupati della Polonia e dell'Unione Sovietica, furono fucilati, gasati o brutalmente uccisi dalle forze speciali delle SS. Anche se l'organizzazione e la responsabilità degli omicidi differivano, l'intenzione era comune: la distruzione più o meno pianificata della "vita indegna di essere vissuta" con il pretesto di alleviare le sofferenze dei presunti malati incurabili. In questa prospettiva, l’eliminazione di massa dei malati mentali e degli handicappati nel Reich tedesco e nelle zone occupate durante la Seconda guerra mondiale non può essere compresa senza tener conto del dibattito sulla "eutanasia" che si andava delineando in Europa dalla fine del XIX secolo.
    Sette sono i capitoli in cui si articola lo studio di caso: Contesto e storia: i dibattiti sulla "eutanasia" in Germania dal 1895; Il crimine: lo sterminio di massa; Gli autori del crimine; Le vittime; Le reazioni dei parenti, della società e della resistenza; La storia del dopoguerra: le reazioni della magistratura; Il ricordo delle vittime.

     

    Le marce della morte naziste, 1944-1945
    di Daniel Blatman, 28 agosto 2015.

    Oltre a costituire il capitolo conclusivo della storia dei campi di concentramento, le “marce della morte” rappresentano anche il capitolo conclusivo del genocidio nazista degli ebrei. Nelle “marce della morte” le vittime non erano più esclusivamente ebrei e, in molti casi, non erano nemmeno principalmente ebrei. Questo spiega perché è così difficile collocare questo capitolo nel contesto più ampio della “soluzione finale” della questione ebraica.
    Durante gli ultimi mesi del regime nazista, lo sterminio degli ebrei divenne un processo completamente decentralizzato, con l’intervento di una molteplicità di decisori. Mai prima di allora era stato messo nelle mani di così tanti individui il potere di decidere, a loro discrezione, della vita e della morte dei prigionieri.
    Lo studio di caso affronta l’argomento utilizzando una vasta documentazione costituita da studi, testimonianze e deposizioni.

     

    La violenza delle guardie nei campi di concentramento nazisti (1939-1945): riflessioni su dinamiche e logiche del potere
    di Elisa Milano, 5 febbraio 2015.

    Per i sopravvissuti, ed anche per molti ricercatori, il campo di concentramento era un’istituzione in cui il terrore veniva organizzato dai nazisti in modo sistematico, nel rispetto di regole precise. I carcerieri non avevano, ufficialmente, il diritto di usare arbitrariamente la violenza sui prigionieri. Al contrario, dovevano seguire un rigido codice di punizioni. Ma, nonostante questi regolamenti, svolgevano i loro compiti quotidiani in modo brutale e sanguinario. C'era un notevole divario tra le regole e la prassi.
    Utilizzando un approccio microanalitico, questo studio di caso esplora la violenza fisica come esperienza quotidiana nel campo di concentramento e sterminio di Majdanek (località nei pressi di Lublino in Polonia), dove 28 donne delle SS hanno lavorato tra l'autunno del 1942 e la primavera del 1944.

     

    SCIENCES PO Mass Violence Resistance Immagine 4Fig.4: Ucraina: popolazione in cerca di cibo, 1932-1933 Fonte3.1.3 Le violenze di massa nella Russia di Stalin

    Dekulakizzazione come violenza di massa
    Werth Nicolas, 23 settembre 2011.

    La “dekulakizzazione” avviata da Stalin nel gennaio 1930 aveva in realtà un duplice obiettivo: “estrarre” (termine utilizzato nelle direttive della polizia segreta) elementi intenzionati a resistere alla politica di collettivizzazione delle campagne e “colonizzare” i vasti e inospitali territori della Siberia, degli Urali e del Kazakistan. Il primo obiettivo corrispondeva all'opinione, chiaramente espressa dai bolscevichi quando presero il potere, che la società contadina contenesse “elementi sfruttatori” irrimediabilmente ostili al regime comunista, e che, prima o poi, avrebbero dovuto essere liquidati come classe. La politica ufficiale di eliminazione dei kulaki, adottata da Stalin alla fine del 1929, non implicava, tuttavia, la liquidazione fisica di tutti i kulaki. La grande maggioranza di loro doveva essere espropriata e deportata, realizzando così il secondo obiettivo della “dekulakizzazione”: fornire manodopera a basso costo per la colonizzazione e lo sviluppo economico delle zone disabitate del paese, ricche di risorse naturali. In tre anni (1930-1932), più di 5 milioni di kulaki furono espropriati o ridotti in miseria dopo essere stati costretti a svendere le loro proprietà (le autorità chiamarono questo processo “autodekulakizzazione”); 2,3 milioni di uomini, donne e bambini furono deportati in condizioni terribili; oltre 300.000 le persone arrestate e internate; tra 20.000 e 30.000 i condannati a morte.
    Lo studio di caso ricostruisce il contesto storico e analizza i processi decisionali delle campagne staliniste di “dekulakizzazione” interrogandosi sulla natura genocidiaria di tale politica (un genocidio di classe?).

     

    La grande carestia ucraina del 1932-33
    di Werth Nicolas, 18 aprile 2008.

    Oltre quattro milioni di persone morirono di fame tra l'autunno del 1932 e l'estate del 1933 in Ucraina e nel Kuban (regione del Caucaso settentrionale popolata in gran parte da ucraini). Fino alla perestrojka di Gorbaciov di questa tragedia non si era mai parlato in URSS. La carestia del 1932-33 fu ufficialmente riconosciuta in Ucraina solo nel dicembre 1987 durante un discorso tenuto da Shcherbytskyi, il primo segretario del Partito comunista ucraino, nel 70° anniversario della fondazione della Repubblica ucraina. Da allora, l'apertura di archivi un tempo inaccessibili ha portato alla luce una serie di documenti che hanno permesso di analizzare e comprendere meglio i meccanismi politici dietro la genesi e l'aggravarsi della carestia in Ucraina e nel Kuban.
    Lo studio di caso, dopo avere esaminato le diverse fasi della carestia e le responsabilità del regime stalinista, si chiede se essa possa essere considerata una forma di genocidio.

     

    Kurapaty (1937-1941): uccisioni di massa dell'NKVD nella Bielorussia sovietica
    di Goujon Alexandra, 27 marzo 2008

    Kurapaty è il nome di una località alla periferia di Minsk (capitale della Bielorussia) dove ufficiali sovietici appartenenti al NKVD (Commissariato del popolo per gli affari interni) uccisero, tra il 1937 e il 1941, non meno di 30.000 civili bielorussi. Uccisioni che fanno parte della repressione su vasta scala del regime stalinista durante gli anni '30 in Bielorussia e negli altri territori dell’URSS.
    Il termine “genocidio” per qualificare i crimini stalinisti è apparso pubblicamente per la prima volta in Bielorussia durante la manifestazione promossa da organizzazioni giovanili non ufficiali il 1° novembre 1987. Un termine che nel linguaggio politico sovietico era stato usato esclusivamente per condannare i crimini commessi dai nazisti contro gli “eroici” popoli dell’URSS durante la Seconda guerra mondiale.
    Lo studio di caso si articola in sei capitoli (Contesto, Istigatori e autori dei massacri, Vittime, Testimoni, Memorie, Interpretazioni generali e giuridiche dei fatti) e segnala nella Bibliografia numerosi fonti sull’argomento.

     

    SCIENCES PO Mass Violence Resistance Immagine 5Fig.5: Conseguenze di un massiccio bombardamento alleato sulla città di Amburgo nel corso della Seconda guerra mondiale Fonte3.1.4 I civili vittime dei bombardamenti aerei nelle guerre del ‘900

    Difendere i civili contro i bombardamenti aerei: una storia comparativa/transnazionale dei fronti interni giapponese, tedesco e britannico, 1918-1945
    di Sheldon Garon, 10 dicembre 2016.

    Negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale era diventato "normale" distruggere intere città. Il modo in cui ciò era avvenuto rientra in una storia transnazionale, che coinvolge la circolazione globale dell’idea di "bombardamento strategico". Altrettanto transnazionale era stato il processo attraverso il quale molte nazioni avevano riconosciuto la necessità di proteggere città, fabbriche e case dai bombardamenti aerei. Riflettendo sugli insegnamenti della Prima guerra mondiale, gli strateghi di tutto il mondo avevano insistito sul fatto che la prossima guerra sarebbe stata vinta o persa non solo sul campo di battaglia, ma anche sul fronte interno. I civili dovevano continuare a produrre nelle fabbriche e nelle campagne; avevano la necessità di essere nutriti con l’adozione di opportune politiche annonarie; il loro morale non doveva crollare.
    Questo studio di caso vuole evidenziare l’importanza di un approccio transnazionale nell’indagare la mobilitazione del fronte interno per la difesa aerea in Giappone, Germania e Gran Bretagna durante la Seconda guerra mondiale. Sorprendentemente, le operazioni di protezione civile nel Giappone imperiale, nella Germania nazista e nella Gran Bretagna democratica si assomigliavano pur con differenze che derivavano dalla diversa natura dei regimi politici.

     

    Bombe che esplodono in aria: risposte dello Stato e dei cittadini al bombardamento statunitense e al bombardamento atomico del Giappone
    di Marco Seden, 1 ottobre 2014.

    La Seconda guerra mondiale è stata una pietra miliare nello sviluppo e nel dispiegamento di tecnologie di distruzione di massa associate alle forze aeree, in particolare: il bombardiere B-29, il napalm, i bombardamenti incendiari e la bomba atomica. In Giappone, la guerra aerea statunitense raggiunse il suo culmine con il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945.
    Questo studio di caso valuta e confronta l'impatto e il significato storico dei bombardamenti incendiari e del bombardamento atomico delle città giapponesi nel corso della Seconda guerra mondiale. Particolare attenzione viene rivolta alla presenza di tali eventi distruttivi nella memoria storica sia giapponese che americana.

     

    Napalm nella dottrina e nella pratica dei bombardamenti statunitensi, 1942-1975
    di Marino Guillaume, 10 dicembre 2016.

    Se negli studi di storia militare la dottrina del “bombardamento strategico” è stata oggetto di molta attenzione, non altrettanto è avvenuto per i mezzi impiegati nei bombardamenti. Tuttavia, questi mezzi sono cruciali per comprendere tre aspetti decisivi della dottrina e della pratica del “bombardamento strategico”: come sono stati approntati; come sono stati utilizzati dai militari, percepiti dall’opinione pubblica e dalle istituzioni internazionali; come sono cambiati nel tempo.
    Questo studio di caso analizza le problematiche collegate all'impiego del napalm da parte delle forze armate statunitensi, evidenziando come l'uso massiccio di quest'arma, dalla sua creazione nel 1942 alla guerra del Vietnam, sia al centro di un cambiamento nella dottrina e nella pratica del “bombardamento strategico” americano.

     

    SCIENCES PO Mass Violence Resistance Immagine 6Fig.6: Monumento alla memoria delle vittime dell’Olocausto a Berlino Fonte3.2 Contributi teorici: genocidio e pulizia etnica

    Una teoria del genocidio: alla ricerca del significato
    di Huttenbach Henry R., 4 novembre 2007.

    Dopo una iniziale esitazione ad esplorare l'Olocausto nell’immediato dopoguerra, e’ durante gli anni '60 e '70 che gli studi sul genocidio degli ebrei presero slancio, lasciando però nell’ombra gli altri genocidi. l'Olocausto divenne automaticamente il paradigma di tutti i genocidi nell’errata convinzione che bastasse sondare quel fenomeno per comprendere le altre violenze di massa del Novecento. Dopo il doppio shock della disintegrazione della Jugoslavia e dello spargimento di sangue in Ruanda negli anni '90, gli studi sul genocidio sono usciti dall'ombra inibente dell'Olocausto.
    L’autore offre in questo articolo un importante contributo alla conoscenza del fenomeno genocidiario nel secolo scorso e nel tempo presente.

     

    Guerra e genocidio: un approccio sociologico
    di Shaw Martin, 4 novembre 2007.

    Strette sono le connessioni tra genocidio e guerra. Prendendo in esame il nazismo, è evidente come questo movimento genocidiario sia stato influenzato dall'ideologia militarista e dall'esperienza della guerra. Se è vero che le politiche genocidiarie erano iniziate già negli anni '30, quando il regime nazista aveva consolidato il proprio controllo sulla società tedesca, il passaggio agli omicidi di massa si ebbe solo con l’avvio del conflitto mondiale. Durante la Prima guerra mondiale, nell'Impero ottomano, il regime dei “Giovani Turchi” aveva preso di mira gli armeni, massacrandoli o costringendoli a lunghe “marce della morte” verso il deserto siriano, in quanto considerati potenziali alleati del nemico russo ed anche un ostacolo alla creazione di una nazione turca etnicamente omogenea. I ceceni e i tedeschi del Volga erano stati deportati in massa dal regime sovietico durante la Seconda guerra mondiale, nella convinzione che avrebbero potuto allearsi con il nemico nazista.
    Il genocidio può quindi essere considerato una variante della guerra, diretta contro determinati gruppi sociali o etnici piuttosto che contro i nemici armati. Per cui, a parere dell’autore dell’articolo, le sole politiche potenzialmente efficaci per prevenire il genocidio necessitano di essere collegate alle più generali politiche per evitare le guerre nella società globale.

     

    Pulizia etnica
    di Naimarca Normanno, 4 novembre 2007.

    Lo scopo della pulizia etnica è l'allontanamento forzato di una popolazione da un determinato territorio. Sebbene le campagne di pulizia etnica si traducono spesso in un genocidio, esse costituiscono un tipo fondamentalmente diverso di azione criminale. Il genocidio e la pulizia etnica occupano posizioni adiacenti in uno spettro di attacchi contro nazioni o gruppi religiosi ed etnici. Ad un estremo, la pulizia etnica è più vicina alla deportazione forzata e a quello che è stato chiamato “trasferimento di popolazione”. All'estremo opposto, la pulizia etnica e il genocidio sono distinguibili solo dall'intento ultimo. In questo caso, la pulizia etnica sfocia nel genocidio, poiché vengono commessi omicidi di massa per liberare un territorio da una popolazione che non vuole lasciare le proprie case e i luoghi delle proprie tradizioni, della propria identità. A complicare ulteriormente la distinzione tra pulizia etnica e genocidio è il fatto che la deportazione forzata spesso avviene nel contesto violento di una guerra (civile o di aggressione).
    Chiarita sul piano teorico la distinzione tra pulizia etnica e genocidio, l’autore prende in esame alcuni recenti casi di pulizia etnica e i tentativi di pacificazione della comunità internazionale, constatando come sia molto difficile separare pacificamente popolazioni contrapposte quando hanno sperimentato le devastazioni della pulizia etnica, e che uno degli errori fondamentali di coloro che giustificano la pulizia etnica è la convinzione che la pace viene promossa creando con la forza stati-nazione etnicamente omogenei.

     


    Note

    1 Su Jacques Semelin:fr.wikipedia.org/wiki/Jacques_Semelin.

    2 Sul progetto dell’enciclopedia:sciencespo.fr/ceri/en/ouvrage/oemv.

    3 Sulla nuova versione del sito:sciencespo.fr/mass-violence-war-massacre-resistance/fr/content/propos.html.

    4 Sull’organizzazione e sulle attività del Centre de Recherches Internationales (CERI):sciencespo.fr/ceri; sul Centre d'histoire de Sciences Po (CHSP):sciencespo.fr/histoire.

  • Una guerra buona per tutti gli usi

    Appunti dall’intervista di Ettore Paris a Quinto Antonelli*


    Quinto Antonelli è uno storico, nato a Rovereto. Lavora presso il Museo storico del Trentino. Ha lavorato soprattutto sulle memorie popolari delle guerre del Novecento.  Ettore Paris lo intervista  su "Questo Trentino" e dal dialogo fra i due si ricostruisce una memoria della guerra, che è anche una memoria del Novecento. Ne riassumo i punti fondamentali, quelli che maggiormente possono interessare il docente "non trentino". La combinazione tra il fatto (la guerra) e la sua memoria, ci permette di ripercorrere rapidamente, e da un punto di vista molto interessante, l´intera vicenda del Novecento, fino ai giorni nostri.

    Il primo dopoguerra
    Interpretazione risorgimentale. La Quarta Guerra di indipendenza. Un’ “ubriacatura nazionalista”, denuncia il deputato socialista Silvio Flor, che prosegue: “Sono più i giorni in cui si sventola il tricolore di quelli in cui non sventola: le feste si susseguono alle feste, ed i genitori si domandano se gli scolari siano destinati ai cortei o alla scuola.


    Il fascismo
    La monumentalizzazione della memoria. Scrive Mario Isnenghi: “una marea montante di pietra”. Fra i monumenti e i cimiteri monumentali, spicca il mausoleo a Cesare Battisti, inaugurato a Trento da Vittorio Emanuele nel 1935, nonostante la ferma opposizione della vedova, Ernesta Bittanti.

     

    Trento, monumento a Cesare Battisti


    Il fascismo e il conflitto delle memorie
    In concomitanza, avviene l’occultamento della memoria degli “italiani”, che combatterono sotto le bandiere dell’Impero. Scrive “La Libertà” nel 1922: “I conostri concittadini morti nella divisa del soldato austriaco non sono né vogliono essere oggetto della nostra gratitudine e non potrebbero essere in nessun modo proposti alla venerazione delle generazioni future … Essi meritano compianto e commiserazione”.  In contrasto, si forma una “vulgata austriacante”, secondo la quale i trentini erano sfegatati sostenitori di Francesco Giuseppe, e mai e poi mai, se li avessero lasciati decidere, avrebbero scelto di venire con l’Italia.

    Fronte italiano. Un soldato italiano osserva l´ammasso dei cadaveri austriaci

     

    A queste osservazioni di Quinto Antonelli, aggiungerei un analogo conflitto, che ho riscontrato nella manualistica, e che, quindi, interessa tutta l’Italia. Nei manuali fascisti, infatti, la prima guerra è celebrata come l’utero che gestì la formazione del fascismo. Quindi non cessa mai l’esaltazione degli eroi italiani e, in contrapposizione, la costruzione del nemico austriaco. Tuttavia l’alleanza sempre più forte con la Germania, crea qualche problema, che esplode negli anni Trenta e dopo l’Anchluess, quando anche l’Austria “diventa” Germania. I nemici acerrimi si trasformano negli alleati ferrei, dopo appena venti anni. Ho trovato un manuale, il Malgara, pubblicato proprio durante la seconda guerra mondiale, nel quale la metamorfosi viene spiegata come uno stratagemma della Provvidenza, che ha forgiato due caratteri di acciaio, nella guerra vicendevole, e poi li ha messi insieme.

     

    Badoglio e alti ufficiali dell´esercito in visita al monumento ai caduti italiani in Francia

     

    Il secondo dopoguerra
    Gli anni ’50 e ’60 vedono la Democrazia Cristiana, allora al potere, riprendere pari pari il mito risorgimentale, con le grandi celebrazioni del 1965. Ma al tempo stesso vedono le vecchie memorie dei combattenti alpini e carsici cedere alle nuove (dei loro figli) che raccontano le sofferenze sul fronte russo (e qui penso alla fortuna scolastica delle Centomila gavette di ghiaccio).


    Il 1968
    Da una parte il pacifismo dei movimenti giovani, ma dall’altra anche la nuova storiografia (da Rochat a Isnenghi) comincia a imporre il paradigma del “combattente sofferente”, sia esso italiano che tedesco. Si riscoprono i diari dei soldati, attraverso i quali si conosce “la crisi delle antiche fedeltà, lo scioglimento dei valori tradizionali e la scoperta di nuovi mondi, fino ad allora sconosciuti”. Al monumento di pietra si comincia a sostituire un “monumento memoriale”, costituito da una letteratura e da mostre che sono frequentate da tantissima gente.


    La nuova retorica nazionalista
    Il discorso dell’autonomia porta alla glorificazione dei Kaiserjaeger, i Cacciatori dell’Imperatore, alle discussioni su Battisti traditore. Alla retorica pro-italiana si sostituisce quella pro Tirolo e pro Austria. Non è cosa nuova. Il nuovo è “l’aggressività degli interventi, l’autoreferenzialità che esclude decenni di ricerca storica (senza altri aggettivi), l’isolamento culturale, e nel merito al riproposizione di termini come “patria”, “Eroi”, “orgoglio identitario”. Direi che, fatte le opportune differenze, è la stessa cosa che riguarda la recente letteratura pulp sul brigantaggio e la ripresa dei miti neoborbonici.


    La memoria, oggi
    Nelle celebrazioni odierne, fatte di esposizioni accurate di armi, modi di vita, trincee perfettamente ricostruite e paesaggi che – dopo tanto tempo – hanno perso il carattere tragico del “paesaggio di guerra”, per tornare ridenti e riposanti, c’è il rischio della “banalizzazione della guerra” (George Mosse). La guerra perde il suo aspetto orribile, viene digerita nella modernità del consumo turistico. Bisognerebbe, conclude Antonelli citando Ceronetti, raccontarne il suo essere “un ritorno al Caos, dove tutto è sporcizia, escrementi e cadaveri scoperti”.

     

    *“Questo Trentino”, Febbraio 2014, 2, pp. 30-33”
    Il lavoro principale di Quinto Antonelli é  I dimenticati della Grande Guerra. La memoria dei combattenti trentini, Il Margine, 2008

  • Uranica. Quattro lezioni e un gioco sulla guerra oggi.

    di Laboratorio Lapsus*

     

    Mappa dei conflitti e delle situazioni critiche globali dal punto di vista USA 2022 fonte www.cfr.orgglobal conflict trackerFig.1: Dida: Mappa dei conflitti e delle situazioni critiche globali, dal punto di vista USA Fonte

     

     Lezione n.1: Cos'è la guerra oggi?

    Conflitto siriano Aleppo 2016 Conflitto siriano voragine bombardamento Aleppo 2016 I concetti di guerra e di pace si compenetrano e sfumano l’uno nell’altro. Basti pensare all’ ambiguo concetto di “missione di pace” o "peacekeeping", applicato a missioni come quella in Somalia o in Kosovo. Con le classi si possono osservare alcune immagini del conflitto siriano, per evidenziare come i limiti del campo di battaglia nell’epoca contemporanea sconfinano decisamente nello spazio civile, quando, attraverso operazioni di bombardamento sistematico, questo viene invaso dalla dimensione militare.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Il campo di battaglia diventa diffuso. Un esempio di campi di battaglia della guerra asimmetrica cyberspazio finanza informazione e spazio fisico in questo caso urbanoFig.4: Il campo di battaglia diventa diffuso. Nell’immagine un esempio di “campi di battaglia” della guerra asimmetrica: cyberspazio, finanza, informazione e spazio fisico, in questo caso urbano. La mappa degli attacchi informatici è disponibile qui

      A partire da queste prime osservazioni si sollecitano le domande che fanno da guida al percorso laboratoriale: quando hanno avuto origine questi slittamenti di significato? Quando “guerra” e “pace” hanno iniziato a compenetrarsi? E come? Quando si è attenuata la linea di demarcazione tra spazio bellico e spazio civile? E ancora, chi combatte le guerre contemporanee? Come interpretare le azioni terroristiche che dominano i notiziari? La prima lezione si chiude con queste domande: le risposte si cercheranno nelle lezioni successive.

     

    Lezione n.2: Le trasformazioni della Prima guerra mondiale.
    Cronologia essenziale dalla Prima guerra mondiale alla fine della Seconda guerra mondiale fonte presentazione Prezi di Lapsus per il laboratorio Come cambia la guerraFig.5: Cronologia essenziale dalla Prima guerra mondiale alla fine della Seconda guerra mondiale - fonte presentazione Prezi di Lapsus per il laboratorio Come cambia la guerra.

    La Prima guerra mondiale è il conflitto spartiacque della nostra epoca: dalle trasformazioni tecnologiche e strategiche introdotte da questo conflitto non si tornerà più indietro. La leva di massa e la mole dei mobilitati, insieme alle esorbitanti spese militari sostenute dai belligeranti, hanno determinato una mobilitazione totale, di dimensioni inedite: dalla produzione industriale stimolata dalle commesse statali al razionamento dei generi alimentari, dalla programmazione della produzione agricola alla censura sulla stampa, fino all’identificazione del territorio patrio come ‘fronte interno’.

    Questo processo di mobilitazione ha favorito l’inasprimento del controllo repressivo statale. Questo ha assunto forme e contenuti particolarmente rilevanti attraverso la propaganda, il completo controllo sui meccanismi produttivi e l’arresto dei dissidenti o dei pacifisti.

    Sul terreno della strategia militare, la Grande guerra ha rappresentato una svolta epocale, in primo luogo, per la diffusione delle armi automatiche, che hanno reso estremamente dispendioso in termini di vite umane il tradizionale attacco di fanteria o di cavalleria alle postazioni nemiche. Di qui l’evoluzione dalla guerra di movimento in guerra di posizione o di logoramento. Luogo privilegiato dell’aspetto militare del conflitto fu dunque la trincea. Questa, introdotta nella guerra anglo-boera di fine Ottocento, fu perfezionata durante la guerra mondiale.

    Sul piano delle innovazioni tecnologiche, si osserva la nascita di uno dei protagonisti dei futuri conflitti, il carro armato, adottato dai Britannici nel 1916. E, ancora, i gas asfissianti (che hanno imposto l’obbligo della maschera antigas), l’aeroplano, usato prevalentemente a scopo ricognitivo, sebbene armato di mitragliatrice, il sottomarino.

    L’esigenza di coordinare e muovere enormi contingenti su un fronte molto ampio ha contribuito allo sviluppo delle telecomunicazioni e al massiccio impiego dei mezzi motorizzati.

     

     Lezione n.3: La Seconda guerra mondiale cambia il mondo.
    Schema degli elementi relativi alla Seconda guerra mondiale che servono per comprendere la trasformazione dei conflitti nel secondo dopoguerraFig.6: Schema riassuntivo degli elementi relativi alla Seconda guerra mondiale che servono per comprendere la trasformazione dei conflitti nel secondo dopoguerra - fonte presentazione Prezi di Lapsus per il laboratorio Come cambia la guerra.

    La prima evidenza è certamente l’arma atomica, che cambierà gli equilibri tra le potenze reduci dallo sforzo bellico. La prima, esplosa il 16 luglio del 1945 nel deserto di Alamogordo, è stata seguita da una produzione spaventosa. Gli allievi non ne sono consapevoli. Spesso, alla domanda: “secondo voi, quante bombe oggi esistono”, la risposta è di poche unità. Restano, dunque, sorpresi dalla quantità effettiva di armi nucleari attualmente presenti (13.400, dato aggiornato al 2022).

    La seconda evidenza di questa guerra è costituita dall’uso intensivo della propaganda e dall’esteso utilizzo delle forze di intelligence, che non verranno sciolte al termine del conflitto.

    In terzo luogo, vanno considerate le innovazioni negli equipaggiamenti delle truppe e infine – quarta evidenza - l’uso strategico della guerra di bombardamento sui civili come strumento di pressione sul fronte interno dei paesi di entrambi gli schieramenti. Con la Seconda guerra mondiale tendono a dissolversi i confini tra ciò che può essere identificato come campo di battaglia e quello che dovrebbe essere inteso come ambito civile.

    Ma vi è una conseguenza di storia globale che va considerata centrale, per la storia successiva, e in particolare, per la nostra vita: la fine dell’Eurocentrismo. Due gli elementi che determinano la “provincializzazione” della “vecchia” Europa. Il primo è costituito dal suicidio europeo, determinato dal fatto che le due guerre mondiali hanno come teatro principale questo sub-continente; il secondo è determinato dal fatto che – dalla seconda metà del Novecento, i centri/guida del pianeta sono entrambi extraeuropei: Usa e Urss.

     

    Lezione n.4: Le tante guerre della guerra fredda.
    cronologia delle diverse fasi della Guerra fredda fonte presentazione Prezi di Lapsus per il laboratorio Come cambia la guerraFig.7: Cronologia delle diverse fasi della Guerra fredda - fonte presentazione Prezi di Lapsus per il laboratorio Come cambia la guerra.

    La Guerra fredda introduce molti elementi destinati a condizionare il nostro presente: la deterrenza atomica, che impedisce alle superpotenze di entrare in un conflitto diretto; l’ordinamento bipolare del mondo, che costruisce le dipendenze economiche, militari e culturali dei paesi satellite (ma anche di altri che si vorrebbero neutrali). Si teorizzano e si applicano, durante questo periodo, nuove modalità di fare la guerra: la guerra per procura, la controinsorgenza e infine - guerra dalle mille sfaccettature - quella definita asimmetrica.

    Il tema della guerra asimmetrica è sorprendentemente familiare ai ragazzi, complici le molte sessioni di Call of Duty o di altri videogiochi a tema bellico. Non si tratta, quindi, di argomenti del tutto nuovi per loro. La novità è poterne parlare apertamente a scuola, facendo collegamenti con la loro esperienza di giovani videogiocatori e videogiocatrici e avendo finalmente occasione di tirare fuori le domande che fino ad allora non hanno saputo a chi rivolgere.

    La storia recente fornisce molti esempi di questo genere di guerra: la guerra del Golfo, che permette di riflettere sul ruolo dell’informazione nei conflitti contemporanei; la guerra del Kosovo, per tornare sul confine tra guerra e pace attraverso il concetto di guerra umanitaria; e infine la war on terror statunitense contro le formazioni terroristiche di al-Qā‛ida, per problematizzare il tema del terrorismo e delle contromisure messe in campo dagli USA.

    Per l’ultimo incontro del laboratorio, notando grande interesse suscitato nelle classi ma essendo a corto di mezzi che ci sembrassero efficaci per valutare se quello che stavamo insegnando loro fosse stato realmente assimilato, ci siamo domandati quale strumento usare per far sedimentare tutte quelle informazioni e valutarne l’apprendimento reale. Così è nato Uranica, un gioco di simulazione didattica sulla guerra asimmetrica.

     

    5. Uranica, un gioco didattico sulla guerra asimmetrica

    Materiali_di_gioco_di_Uranica_in_particolare_a_sinistra_le_carte_descrizione_Stati_a_destra_le_carte_azione.jpg Dato uno scenario di apertura fantapolitico, la classe viene divisa in cinque gruppi, ad ognuno dei quali è assegnata una scheda Paese - due superpotenze, un paese strategico, una federazione economica e uno stato insorto di recente indipendenza -, degli obiettivi strategici e delle carte-azione. Lo scopo del gioco è raggiungere i propri obiettivi, giocando una strategia di carte-azione coerente con le caratteristiche del proprio Paese. Ovviamente, trattandosi di un gioco sulla guerra asimmetrica, non tutti hanno lo stesso “peso” e di conseguenza non tutte le carte-azione possono essere giocate da tutti i contendenti.

     

    “Ti faccio un embargo come gli USA con Cuba!”

    “Noi non ci facciamo intimorire, non abbiamo bisogno delle vostre merci!”

     

    Appunti di gioco di alcuni studenti durante una sessione di Uranica  La meccanica di gioco avviene per turni, durante i quali possono essere giocate massimo tre carte-azione. Prima di usare le sue carte, ogni giocatore spiega al master il senso della combinazione di azioni usate e ne descrive i possibili esiti. Il master, al termine di ogni round, valuta l'efficacia delle azioni giocate assegnando dei “+” o “-” ai giocatori.

    Le carte azione sono:

    - la guerra convenzionale, un’eventualità sempre possibile ma fortemente sconsigliata a causa della deterrenza atomica;
    - la guerra economica, che si suddivide in Embargo e Guerra finanziaria, utilizzabile solo dalle superpotenze e dalla federazione economica;
    - la guerra energetica, che può essere usata solo da chi possiede risorse energetiche; la guerra coperta, che si suddivide in Spionaggio e Sabotaggio, che può essere usata solo da chi possiede forze di intelligence;
    - la guerra informativa, nelle sue due branche di Propaganda politica e Manipolazione dell’informazione, azioni che hanno pesi diversi a seconda di chi le utilizza.

    “Prof. ma in questo gioco non c’è l’Onu? E come facciamo se vogliamo fare la pace?”

     

    6. Il debriefing

    Una terza media mentre gioca a Uranica Sulla LIM la mappa del gioco Questo spazio offre l’occasione alle classi di riflettere sull’esperienza vissuta insieme, commentando il percorso svolto con i formatori e dando un feedback complessivo sul laboratorio appena concluso.

    Le nostre osservazioni, in merito ai percorsi svolti tra il 2016 e il 2018, hanno messo in luce come questa impostazione didattica favorisca un apprendimento significativo. Il numero di domande degli studenti e delle studentesse e la loro curiosità ci hanno fatto intendere che l’argomento fosse di grande interesse, soprattutto nei collegamenti con l’attualità. In tutte le classi frequentate la risposta è stata fortemente positiva in termini di coinvolgimento e di stimoli. I ragazzi e le ragazze hanno seguito il percorso con concentrazione e interesse, anche nei passaggi più complessi, intervenendo con pertinenza e curiosità, a volte anticipando questioni che avremmo trattato più avanti.

    Da sottolineare è la volontà dei ragazzi di tentare comunque di dare una propria risposta autonoma e una propria interpretazione di temi, concetti, fenomeni descritti nel corso del laboratorio.

    Il debriefing è anche l’occasione in cui riflettere collettivamente su come è andata la partita di Uranica, invitando la classe a segnalare punti di forza e criticità. Questo è il momento nel quale il master svela il contesto reale dal quale ha tratto ispirazione il gioco: si tratta di uno scenario d’apertura ispirato all’Ucraina (nella fase tra il 2014 e il 2016), il cui anagramma dà anche il nome al gioco.

     

     7. Dal gioco didattico al gioco da tavolo

    Uranica in fase di revisione e adattamento come gioco da tavolo Uranica oggi gioco da tavolo

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Uranica, in questa versione didattica per le scuole, è un sottile equilibrio tra il gioco con finalità istruttive e il gioco di ruolo, dove l’efficacia delle azioni giocate è rinforzata dalla capacità narrativa dei giocatori e delle giocatrici. La forza di questo gioco didattico risiede anche nel ruolo del master che restituisce, di volta in volta, uno scenario complesso entro cui agire, interpretando le mosse dei giocatori e delle giocatrici.

    Tuttavia per rendere Uranica un Gioco di Ruolo (GDR) avremmo dovuto pensare ad un manuale per il master davvero molto corposo, dando informazioni non solo sul funzionamento e bilanciamento delle azioni di gioco, ma anche sulle cause e sugli effetti delle azioni di guerra asimmetrica in contesti reali, così da fornire una solida base di conoscenze sull’argomento.
    Questo avrebbe sicuramente conservato l’aderenza ai contenuti e alle dinamiche della guerra asimmetrica - quindi salvato l’aspetto didattico - ma ridotto il bacino possibile di fruitori del gioco ai soli già appassionati dell’argomento o dei giochi di ruolo, rendendolo un gioco piuttosto di nicchia.

    In alternativa, un boardgame semplifica molto i contenuti, perché introduce una variabile di casualità maggiore che deve essere bilanciata con un sistema di punteggi, e ha il vantaggio della maggiore attrattività anche per un pubblico di non giocatori, estendendo quindi il possibile bacino di fruitori.

    Playtest di Uranica settembre 2022 Playtest di Uranica settembre 2022 2 Abbiamo, dunque, avviato un cantiere di progettazione, per bilanciare i punteggi e gli obiettivi, ripensare la grafica delle carte e realizzare nuovi “pezzi” di gioco, come le carte diplomazia - memori di suggestioni degli studenti - e le carte scenario, che servono a complicare un po’ la faccenda alla fine di ogni turno di gioco.

    Il cantiere di progettazione è iniziato a marzo 2022, in vista della presentazione ufficiale di Uranica il 18 settembre 2022 per il primo beta test durante la festa per i 15 anni di Laboratorio Lapsus, ed è tuttora in corso.

    Consapevoli che la strada intrapresa sia ancora lunga e caratterizzata da accelerazioni e battute d’arresto, siamo felici che Uranica abbia conservato quello spirito didattico che lo ha caratterizzato fin dal principio, unito ad una dinamica ludica più inclusiva e orientata ad un pubblico vasto, a riprova del fatto che è davvero possibile imparare la storia giocando e divertendosi.

     

    8. Lapsus*

    Lapsus - Laboratorio di analisi storica del mondo contemporaneo è un’associazione di promozione sociale con sede a Milano, che opera nel campo della didattica e della divulgazione della storia contemporanea.

    Nasce nel 2007 come gruppo informale di studio e approfondimento all’Università degli Studi di Milano. Nel corso degli anni ha ampliato il suo campo d’azione anche all’ambito educativo e della Public History. Il suo obiettivo è coniugare la ricerca storica e la sua divulgazione, traducendo in parole semplici concetti e fenomeni complessi per favorire il pensiero storico al di fuori dei tradizionali canali accademici, in un processo di produzione di conoscenza che parta “dal basso”.

    Lapsus si occupa di laboratori didattici nelle scuole medie e superiori, seminari e workshop in università, iniziative culturali, mostre, documentari e tutto quello che può servire allo scopo di promuovere un pensiero critico sull'attualità, vista con la lente della Storia. Il suo approccio ai contenuti è interdisciplinare, analitico e comparativo. Nei suoi laboratori didattici si utilizzano metodologie problem-based, collaborative e partecipative.

    Nel 2016, Laboratorio Lapsus collaborava attivamente con una serie di scuole medie di Milano e provincia. Proprio da una di queste scuole, l’Istituto comprensivo “Garibaldi” di Cinisello Balsamo, era giunta la richiesta – fatta propria poi da altri tre istituti - di avviare un percorso laboratoriale finalizzato ad indagare le trasformazioni che aveva subito il concetto di “guerra” nel corso del Novecento e le sue implicazioni sui contesti coinvolti da fenomeni di tipo bellico nell’attualità.

    Il 2016 in effetti è stato un anno piuttosto complesso: il conflitto in Siria giunto ad una nuova recrudescenza con il tentativo di espansione dell’autoproclamato califfato dell’IS, la resistenza curda e l’ingresso della Russia tra i belligeranti; la situazione in Ucraina, che dal 2014 non stava trovando una soluzione per le province del Donbass russofono; una lunga sequenza di attentati terroristici - da Istanbul a Dacca, da Israele al Burkina Faso - nonché le vivide immagini che ci giungevano dagli attentati di Bruxelles e Nizza, imponevano un ripensamento di tante categorie interpretative della contemporaneità. Così è nato il laboratorio “Che cos’è la guerra oggi”, che qui abbiamo presentato.

    Contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. | www.laboratoriolapsus.com

     

  • Wikiradio e i podcast di storia: l’Italia e il mondo

    di Antonio Prampolini

    Il 12 luglio dell’anno scorso Historia Ludens ha pubblicato una sitografia sui podcast di storia della Rai. Oggi la completiamo indicizzando le numerose trasmissioni dedicate alla storia dal programma Wikiradio di Rai Radio 3.

    Wikiradio è un appuntamento quotidiano che dal 2011 racconta personaggi, luoghi ed eventi che appartengono alla nostra contemporaneità e alla sua storia. Gli eventi narrati sono di solito quelli accaduti nel passato, recente o lontano, proprio nei giorni in cui va in onda il programma. Le ricorrenze diventano così un’occasione per fare storia alla radio. Il nome ricorda volutamente Wikipedia, infatti il programma si prefigge di creare una sorta di “enciclopedia universale online”, consultabile liberamente e gratuitamente, di “voci narranti” grazie al contributo di esperti e studiosi di storia, economia, scienze, letteratura, arte, musica.

    Di seguito vi proponiamo una sitografia in cui abbiamo indicizzato, sia per argomenti che per autori, una selezione dei podcast dedicati alla storia d’Italia, e non solo, dall’Ottocento ai giorni nostri, presenti sul sito raiplaysound.it alla data del 31/12/2022. Ogni podcast è recitato da uno storico. Li presentiamo ordinati per argomenti. Alla fine, poi li abbiamo ordinati per autore.

     

    1. Storia d'Italia dal Risorgimento ai nostri giorni

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 1Fig.1: Copertina dell'edizione del 1860 de Il Canto degli Italiani Fonte1.1 Il Risorgimento

    1.1.1 Gli eventi

    • La spedizione di Sapri: il tentativo di Carlo Pisacane e di un gruppo ristretto di mazziniani di liberare nel giugno del 1857 i detenuti politici dalla prigione borbonica di Ponza e di provocare una rivolta in terraferma, conclusosi con la morte del Pisacane. Racconto di Mario Isnenghi (25/06/2015).
    • La spedizione dei mille: l’impresa militare compiuta tra il maggio e l'ottobre del 1860 da volontari al comando di Giuseppe Garibaldi, che, con il crollo del Regno delle Due Sicilie, diede la spinta decisiva alla formazione dell’unità d’Italia. Racconto di Mario Isnenghi (11/05/2016).
    • Il massacro di Bronte: la fucilazione da parte dei garibaldini comandati da Nino Bixio, nell’omonima località in provincia di Catania, dei contadini siciliani insorti nell’agosto del 1860 contro i nobili e la borghesia. Racconto di Mario Isnenghi (10/08/2016).
    • L’incontro di Teano: l’incontro tra Garibaldi e il re Vittorio Emanuale II, avvenuto nei pressi dell’omonima località il 26 ottobre del 1860, che conclude la spedizione dei Mille nel Regno delle Due Sicilie. Racconto di Mario Isnenghi (20/06/2017).
    • L’assedio di Gaeta: l’assedio, con conseguente resa, della fortezza borbonica di Gaeta da parte dell’esercito piemontese comandato dal generale Enrico Cialdini nel novembre del 1860. Racconto di Carmine Pinto (13/11/2018).
    • Le prime elezioni dell'Italia Unita: nel 1861 (gennaio-febbraio) si svolsero le prime elezioni politiche per la Camera dei Deputati del neonato Regno D’Italia; elezioni che furono vinte dalla Destra storica. Racconto di Giuseppe Parlato (27/01/2015).

    1.1.2 Le biografie

    • I fratelli Bandiera: Attilio, 1810-1844, ed Emilio, 1819-1844, raccontati da Emilio Franzina (25/07/2019).
    • Silvio Pellico, 1789-1854, raccontato da Mario Isnenghi (25/03/2015).
    • Giuseppe Mazzini, 1805-1872, raccontato da Giuseppe Parlato (10/03/2020).
    • Felice Orsini, 1819-1858, raccontato da Mario Isnenghi (14/01/2015).
    • Aurelio Saffi, 1819-1890, raccontato da Roberto Balzani (10/04/2019).
    • Anita Garibaldi, 1821-1849, raccontata da Silvia Cavicchioli (30/08/2018).
    • Ippolito Nievo, 1831-1861, raccontato da Mario Isnenghi (04/03/2016).
    • Cesare Battisti, 1875-1916, raccontato da Stefano Biguzzi (12/07/2019).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 2Fig.2: Alpini italiani nella Grande Guerra Fonte1.2 La Prima Guerra Mondiale

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 3Fig.3: Soldati italiani in azione sul fronte greco-albanese nell'inverno 1940-41 Fonte1.3 La Seconda Guerra Mondiale

    • L'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale, 10 giugno 1940. Racconto di Marcello Flores (10/06/2020).
    • Il Patto d'acciaio: l’accordo tra i governi dell’Italia fascista e della Germania nazista firmato a Berlino il 22 maggio 1939. Racconto di Emilio Gentile (22/05/2019).
    • Il “Giorno del No” in Grecia, 28 ottobre 1940: il rifiuto del governo greco, allora guidato da Ioannis Metaxas, di sottostare all’ultimatum dell’Italia di consentire l’ingresso del proprio esercito in Grecia per “garantirne la neutralità”. Rifiuto a cui seguirà la dichiarazione di guerra italiana. Racconto di Simona Colarizi (28/10/2015).
    • Lo sbarco in Sicilia, 10 luglio 1943. Racconto di Marcello Flores (10/07/2017).
    • L'armistizio di Cassibile, 3 settembre 1943: la resa incondizionata dell'Italia agli eserciti alleati, che nel mese di luglio erano sbarcati in Sicilia, firmata a Cassibile. Racconto di Emilio Gentile (03/09/2013).
    • L'8 settembre 1943: l'annuncio da parte del capo del governo italiano, maresciallo Pietro Badoglio, dell'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile. Racconto di Marcello Flores (08/09/2014).
    • L’Eccidio di Cefalonia, 23-28 settembre 1943: crimine di guerra compiuto da reparti dell'esercito tedesco a danno dei soldati italiani presenti sull’isola di Cefalonia alla data dell'8 settembre 1943. Racconto di Marcello Flores (15/09/2017).
    • Le Quattro Giornate di Napoli, 27–30 settembre 1943: l’insurrezione della popolazione di Napoli contro le forze occupanti tedesche. Racconto di Gabriella Gribaudi (27/09/2012).
    • L'eccidio di Pietransieri: l'eccidio compiuto dall'occupante nazista in Italia il 21 novembre 1943 a Pietransieri, frazione del comune di Roccaraso (Aquila). Racconto di Michela Ponzani (21/11/2012).
    • La vera storia del carteggio Churchill-Mussolini. Racconto di Mimmo Franzinelli (04/05/2018).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 4Fig.4: Le truppe alleate entrano a Bologna il 21 aprile 1945 Fonte1.4 L'Italia liberata

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 5Fig.5: Caso Mattei: i resti del bimotore sul quale viaggiava il presidente dell’ENI precipitato a Bascapè (PV) il 27 ottobre 1962 Fonte1.5 Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi

    • La nascita della Repubblica Italiana raccontata da Patrizia Dogliani (02/06/2014).
    • Le donne della Repubblica raccontate da Simonetta Soldani (02/06/2016).
    • L'Unione Donne Italiane raccontata da Alessandra Gissi (23/10/2019).
    • Le Feste della Repubblica raccontate da Maurizio Ridolfi (02/06/2017).
    • L'amnistia Togliatti, 22 giugno 1946, raccontata da Mimmo Franzinelli (22/06/2015).
    • La strage di Portella della Ginestra: l’eccidio commesso in località Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, il 1º maggio 1947 da parte della banda criminale di Salvatore Giuliano che sparò contro la folla riunita per celebrare la festa del lavoro provocando undici morti e numerosi feriti. Racconto di Emilio Gentile (01/05/2013).
    • Le elezioni politiche italiane del 1948 raccontate da Edoardo Novelli (18/04/2013).
    • L'eccidio di Melissa: l’episodio verificatosi il 29 ottobre 1949 nell’omonima località in provincia di Crotone in cui morirono tre giovani contadini per mano della polizia intervenuta per “liberare” le terre incolte dei latifondi occupate dai braccianti. Racconto di Danilo Chirico (29/10/2015).
    • La strage delle Fonderie Riunite di Modena: l’uccisione di sei operai e il ferimento di circa duecento persone in seguito all’intervento della polizia durante lo sciopero del 9 gennaio 1950 indetto dalla CGIL per protestare contro i licenziamenti degli operai metalmeccanici delle fonderie. Racconto di Lorenzo Bertucelli (09/01/2015).
    • Il ritorno di Trieste all'Italia, in applicazione degli accordi sottoscritti il 5 ottobre 1954 dai governi d'Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti d'America e della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia con il Memorandum di Londra. Racconto di Giuseppe Parlato (26/10/2012).
    • I morti di Reggio Emilia: fatto di sangue avvenuto nella città emiliana il 7 luglio 1960 in seguito all’intervento delle forze dell’ordine nel corso di una manifestazione sindacale. Racconto di Mimmo Franzinelli (07/07/2014).
    • La Fiat 600 raccontata da Giuseppe Berta (09/03/2016).
    • L'Autostrada del Sole, 1956-1964, raccontata da Tullia Iori (19/05/2017).
    • Italsider, il principale gruppo siderurgico italiano per la produzione dell’acciaio raccontato da Alessandro Leogrande (09/07/2015).
    • Adriano Olivetti, 1901 -1960, raccontato da Giuseppe Berta (27/02/2015).
    • Il caso Mattei, 1906-1962: la morte di Enrico Mattei, presidente e fondatore dell’ENI, avvenuta il 17 ottobre del 1962, in seguito all’esplosione dell’aereo su cui viaggiava di ritorno dalla Sicilia. Racconto di Mimmo Franzinelli (27/10/2016).
    • L'occupazione dell'Università di Trento del 1966 raccontata da Concetto Vecchio (24/01/2013).
    • La nascita della Montedison, 7 luglio 1966, raccontata da Giuseppe Berta (07/07/2017).
    • L'alluvione di Firenze, 4 novembre 1966, raccontata da Marco Gisotti (04/11/2014).
    • Il Processo Braibanti: il processo che vede imputato per plagio l’intellettuale di sinistra Aldo Braibanti (1922-2014), il quale verrà condannato a nove anni di carcere il 15 luglio 1968. Racconto di Roberto Raja (13/07/2018).
    • Lo Statuto dei lavoratori, legge n.300 del 20 maggio 1970, raccontato da Walter Passerini (25/05/2015).
    • La morte di Feltrinelli, 14 marzo 1972, raccontata da Mimmo Franzinelli (14/03/2017).
    • Il rapimento di Mario Sossi, 18 aprile 1974, raccontato da Giovanni Bianconi (18 Apr 2018).
    • Il referendum abrogativo sul divorzio, 12-13 maggio 1974, raccontato da Fiamma Lussana (12/05/2017).
    • La strage di piazza della Loggia: attentato terroristico fascista compiuto il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia. Racconto di Mimmo Franzinelli (28/05/2013).
    • La strage dell'Italicus: attentato terroristico dinamitardo di matrice neofascista compiuto nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 sul treno Italicus. Racconto di Massimiliano Griner (04/08/2015).
    • Il terremoto del Friuli, 6 maggio 1976, raccontato da Massimiliano Griner (06/05/2016).
    • L’assassinio di Giorgio Ambrosoli, 11 luglio 1979, raccontato da Mimmo Franzinelli (11/07/2017).
    • Terremoto dell'Irpinia, 23 novembre 1980, raccontato da Isaia Sales (23/11/2016).
    • Carlo Alberto Dalla Chiesa, 1920-1982, generale dei carabinieri e prefetto ucciso dalla mafia a Palermo il 3 settembre 1982. Racconto di Lirio Abbate (03/092014).
    • Il referendum sul nucleare in Italia: l'8 novembre 1987 gli italiani si esprimono con un referendum contro l'uso dell'energia nucleare in Italia. Racconto di Marco Gisotti (08/11/2013).
    • La strage di Via D’Amelio: l’uccisione per mano della mafia a Palermo il 19 luglio 1992 del giudice Borsellino e della sua scorta. Racconto di Giovanni Bianconi (19/07/2019).
    • La strage di via dei Georgofili: attentato terroristico compiuto dalla mafia a Firenze nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993. Racconto di Lirio Abbate (27/05/2019).
    • I processi per la strage di Piazza Fontana, 1972-2005, raccontati da Benedetta Tobagi (12/12/ 2019).

     

    2. Il mondo in guerra

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 6Fig.6: I delegati degli eserciti alleati dopo la firma dell’Armistizio di Compiègne in Piccardia l’11 novembre 1918 Fonte2.1 La Prima guerra mondiale

     

     

     

     

      

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 7Fig.7: Hiroshima dopo il bombardamento atomico del 6 agosto 1945 Fonte2.2 La Seconda guerra mondiale

    • Il Comitato “America First”: il principale gruppo isolazionista americano ad opporsi all'ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Fu fondato nel settembre 1940 e venne sciolto nel dicembre 1941 dopo l'attacco del Giappone a Pearl Harbor. Racconto di Daniele Fiorentino (04/09/2017).
    • La battaglia d'Inghilterra, 10 luglio-31 ottobre 1940. Racconto di Antonio Martelli (09/10/2014).
    • La nascita del regime di Vichy, 10 luglio 1940. Racconto di David Bidussa (10/07/2014).
    • La battaglia di Stalingrado, 17 luglio 1942–2 febbraio 1943. Racconto di Marcello Flores (19/09/2014).
    • Il D-Day, 6 giugno 1944: lo sbarco alleato in Normandia. Racconto di Emilio Gentile (06/06/2013).
    • Il protocollo di Londra del 1944, 12 settembre: accordo tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica sulle zone d’occupazione della Germania e sull’amministrazione congiunta della sua capitale Berlino. Racconto di Marcello Flores (12/09/2019).
    • Il bombardamento di Dresda, 13–15 febbraio 1945. Racconto di Marcello Flores (13/02/2015).
    • La Conferenza di Potsdam, 17 luglio – 2 agosto 1945: la conferenza internazionale dopo la fine della Seconda guerra mondiale a cui parteciparono i rappresentanti delle tre grandi potenze vincitrici, Churchill, Stalin e Truman, con i rispettivi ministri degli esteri. Racconto di Simona Colarizi (17/07/2015).
    • La bomba su Hiroshima, 6 agosto 1945. Racconto di Marcello Flores (06/08/2013).
    • Winston Churchill, 1874-1965, raccontato da Emilio Gentile (24/01/2017).

     

    3. Rivoluzioni e genocidi del '900

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 8Fig.8: L'assalto al Palazzo d'Inverno a Pietrogrado da parte dei bolscevichi nella ricostruzione del film “Ottobre” di Ejzenštejn Fonte3.1 La Rivoluzione russa

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 9Fig.9: Il monumento a memoria dell’Olocausto a Berlino Fonte3.2 Memorie della Shoah

    • Speciale Memorie della Shoah in diretta dalla Fondazione Museo della Shoah a Roma. Con Mario Venezia, Isabella Insolvibile, Alessandra Mauro, Bruno Maida, Daniele Susini (27/01/2022).
    • Il Manifesto della razza, 5 agosto 1938: testo firmato da dieci scienziati italiani che divenne la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell'Italia fascista. Racconto di Anna Foa (05/08/2015).
    • Le leggi razziali: il 18 settembre 1938 in un discorso tenuto a Trieste Benito Mussolini annuncia agli italiani la politica razziale del regime fascista. Racconto di Alessandra Tarquini (18/09/2018).
    • La notte dei cristalli: nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 i nazisti delle SS distruggono migliaia di luoghi pubblici e privati della comunità ebraica in Germania. Racconto di Anna Foa (09/11/2017).
    • La Stella di Davide: il 6 settembre 1941 i nazisti impongono agli ebrei dei territori occupati di portare la stella di Davide. Racconto di Elena Loewenthal (06/09/2013).
    • Anna Frank: l'8 luglio 1942 Anna Frank riprende a scrivere il suo diario dopo l'ingresso nell'alloggio segreto ad Amsterdam dove lei e la sua famiglia si nascondevano dai nazisti. Racconto di Elena Loewenthal (08/07/2013).
    • Il rastrellamento del Velodromo d'inverno: il 16 luglio 1942, a Parigi, per ordine del governo collaborazionista francese di Vichy, più di 13 mila ebrei vengono rastrellati e rinchiusi nel Velodromo d'inverno. Racconto di Anna Foa (16/07/2018).
    • La rivolta del ghetto di Varsavia: il 19 aprile 1943 gli ebrei del ghetto di Varsavia si rivoltano contro i nazisti. Racconto di Marcello Pezzetti (19/04/2016).
    • La fuga da Sobibor, 14 ottobre 1943: fuga dei prigionieri ebrei dal campo di sterminio nazista di Sobibor in Polonia. Racconto di Marcello Pezzetti (14/10/2016).
    • La razzia degli ebrei romani: il 16 ottobre 1943 i nazisti arrestano a Roma oltre 1259 persone, di cui 363 uomini, 689 donne e 207 bambini appartenenti alla comunità ebraica. Racconto di Liliana Picciotto (16/10/2013).
    • Il primo trasporto da Fossoli ad Auschwitz: il 22 febbraio 1944 dal campo di prigionia di Fossoli parte il primo convoglio diretto ad Auschwitz. Racconto di Bruno Maida (22/02/2021).
    • La risiera di San Sabba: il 4 aprile 1944, a Trieste, entra in funzione il crematorio nel lager della risiera di San Sabba. Racconto di Tristano Matta (04/04/2017).
    • Gli artisti del ghetto di Terezin: il 16 ottobre 1944 tutti gli artisti rinchiusi nel ghetto di Terezin vengo deportati ad Auschwitz dove il giorno dopo verranno sterminati nelle camere a gas. Racconto di Guido Barbieri (16/10/2015).
    • Odoardo Focherini, 1907-1944: il 27 dicembre 1944 muore nel campo di concentramento di Hersbruck, in Germania, Odoardo Focherini. Racconto di Brunetto Salvarani (27/12/2021).
    • La liberazione del campo di Auschwitz: il 27 gennaio 1945 le truppe dell'armata rossa entrano nel campo di sterminio di Auschwitz. Racconto di Marcello Pezzetti (27/01/2014).
    • I bambini della colonia di Sciesopoli: il 20 settembre 1945, 40 bambini ebrei orfani arrivano nella colonia di Sciesopoli a Selvino, in provincia di Bergamo. Racconto di Bruno Maida (20/09/2018).
    • Il viaggio della Exodus: l'11 luglio 1947 la nave Exodus, con a bordo più di quattromila ebrei, salpa dal porto francese di Sète in direzione della Palestina, poco prima della fine del mandato britannico e della fondazione dello Stato di Israele. Racconto di Elena Lowenthal (11/07/2014).
    • Il processo a Adolf Eichmann: il 9 dicembre 1961 Adolf Eichmann viene riconosciuto colpevole di crimini di guerra nel processo davanti alla corte distrettuale di Gerusalemme che si conclude con la condanna a morte per impiccagione. Racconto di Anna Foa (09/12/2011).
    • Oskar Schindler, 1908-1974: il 9 ottobre 1974 muore a Hildesheim, in Germania, Oskar Schindler, imprenditore tedesco, famoso per aver salvato durante la Seconda guerra mondiale circa 1.100 ebrei dallo sterminio. Racconto di Claudio Vercelli (09/10/2012).
    • Josef Mengele, 1911-1979: il 7 febbraio 1979 il medico nazista Josef Mengele muore di infarto a Bertioga, in Brasile. Racconto di Marcello Pezzetti (07/02/2014).
    • Demjanjuk, il boia di Sobìbor e Treblìnka: il 27 luglio 1987, di fronte alla corte distrettuale di Gerusalemme, inizia l'interrogatorio di Ivan John Demjanjuk, accusato di crimini contro il popolo ebraico e contro l'umanità. Racconto di Marcello Flores (27/07/2021).
    • Giorgio Perlasca, 1910-1992: il 15 agosto 1992 muore a Padova Giorgio Perlasca, riconosciuto "Giusto" fra le Nazioni per aver salvato la vita a più di 5.000 ebrei. Racconto di Anna Foa (15/08/2019).
    • L'epidemia del “morbo K”: il 2 marzo 2005 Giovanni Borromeo viene riconosciuto "Giusto" fra le Nazioni per aver inventato, insieme ad Adriano Ossicini, l'epidemia del morbo K, allo scopo di salvare gli ebrei romani dalle persecuzioni nazifasciste. Racconto di Anna Foa (02/03/2021).
    • Elie Wiesel, 1928-2016: il 30 settembre 1928 nasce a Sighetu Marmației, in Romania, Elie Wiesel, scrittore, saggista, attivista dei diritti umani, insignito del Premio Nobel per la pace nel 1986. Racconto di Elena Loewenthal (30/09/2020).
    • Le pietre d'inciampo: il 27 gennaio di ogni anno si celebra il Giorno della memoria, istituito con una risoluzione dell'ONU il primo novembre 2005. Racconto di Anna Foa (27/01/2020).

     

    4. Intellettuali e movimenti di contestazione

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 10Fig.10: Uno degli slogan più celebri del Sessantotto francese (Parigi, Sciences Po, maggio 1968) Fonte4.1 Il Sessantotto 

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 11Fig.11: La bandiera dell'Europa Fonte5. L'Europa unita

    • Gli accordi di Schengen, 1985-1997: complesso di accordi volti a favorire la libera circolazione dei cittadini e la lotta alla criminalità organizzata all’interno dell'Unione Europea (UE) mediante l’abbattimento delle frontiere interne tra gli Stati partecipanti e la creazione di un sistema comune di controllo alle frontiere esterne dell’UE. Racconto di Stefano Cingolani (27/11/2012).
    • Le prime elezioni europee, 10 giugno 1979, raccontate da Patrizia Dogliani (10/06/2014).
    • La Banca Centrale Europea raccontata da Andrea Terzi (01/06/2016).
    • Il trattato istitutivo della Ceca: la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio costituita con il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951. Racconto di Paolo Soldini (18/04/2017).
    • Altiero Spinelli, 1907-1986, raccontato da Marcello Flores (23/05/2019).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 12Fig.12: L'America latina Fonte6. L'America Latina: rivoluzioni e dittature

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 13Fig.13: Bandiera della Repubblica Popolare Cinese Fonte7. La Cina: da Mao Tse-tung alla protesta di Piazza Tienanmen 

    • La Lunga Marcia di Mao, 16 ottobre 1934 – 20 ottobre 1935, raccontata da Guido Samarani (16/10/2014).
    • La rivoluzione culturale cinese, 1966–1976, raccontata da Federico Rampini (16/12/2011).
    • La protesta di Piazza Tienanmen, dimostrazioni di massa di studenti, intellettuali e operai per una democratizzazione del regime comunista cinese che ebbero luogo a Pechino dal 15 aprile al 4 giugno 1989. Racconto di Marco Del Corona (05/06/2012).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 14Fig.14: Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina nel 1928, in un'immagine dei primi anni Quaranta Fonte8. Le epidemie e le scoperte della scienza

     

     

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 15Fig.15: Don Lorenzo Milani e gli alunni della Scuola di Barbiana Fonte9. La scuola italiana: protagonisti, istituzioni ed esperienze educative

     


     

    Indice dei podcast per autori

    A B C D F G I L M N P R S T V

     

    A
    Abbate Lirio, Carlo Alberto Dalla Chiesa, 03/092014.
    " "                    La strage di via dei Georgofili, 27/05/2019.

    Affinati Eraldo, Don Milani, 26/06/2017.
    Agosti Aldo, La Liberazione di Torino, 28/04/2015.
    Anselmo Marcello, Il colera a Napoli, 28/08/2020.

    B
    Balzani Roberto, Aurelio Saffi, 10/04/2019.
    Barbieri Guido, Gli artisti del ghetto di Terezin, 16/10/2015.
    Berta Giuseppe, Adriano Olivetti, 27/02/2015.
    " "                          La Fiat 600, 09/03/2016.
    " "                          La nascita della Montedison, 07/07/2017.
    Bertucelli Lorenzo, La strage delle Fonderie Riunite di Modena, 09/01/2015.
    Bianchi Bruna, La tregua di Natale del 1914, 25/12/2012.
    Bianconi Giovanni, Il rapimento di Mario Sossi, 18 Apr 2018.
    " "                              La strage di Via D’Amelio, 19/07/2019.
    Bidussa David, La nascita del regime di Vichy, 10/07/2014.
    Biguzzi Stefano, Cesare Battisti, 12/07/2019.

    C
    Calandri Michele, La Liberazione di Cuneo, 24/04/2015.
    Carotenuto Gennaro, Simón Bolívar, 07/08/2015.
    " "                                   La rivoluzione sandinista, 19/07/2016.
    " "                                   Il Canale di Panama, 07/09/2016.
    " "                                  Fidel Castro, 16/02/2017.
    " "                                  Emiliano Zapata, 08/08/2017.
    " "                                  La Rivoluzione messicana, 20/11/2017.
    " "                                  L'elezione di Salvador Allende, 04/09/2018.
    " "                                  La dittatura in Brasile, 13/12/2018.
    " "                                  Fulgencio Batista, 06/08/2019.
    Cavicchioli Silvia et al., Anita Garibaldi, 30/08/2018.
    Chirico Danilo, L'eccidio di Melissa, 29/10/2015.
    Cingolani Stefano, Gli accordi di Schengen, 27/11/2012.
    Colarizi Simona, La Conferenza di Potsdam, 17/07/2015.
    " "                          Il “Giorno del No” in Grecia, 28/10/2015.
    Corbellini Gilberto, Il vaiolo, 09/12/2013.
    Corbellini Gilberto et al., Il bacillo di Koch, 24/03/2021.
    Crainz Guido, L'occupazione del Politecnico di Varsavia, 21/03/2018.

    D
    Del Bene Marco, Il movimento studentesco in Giappone, 05/07/2018.
    Del Corona, La protesta di Piazza Tienanmen, 05/06/2012.
    Della Valle Valeria et al., La battaglia di Caporetto, 22/10/2021.
    Dogliani Patrizia, La nascita della Repubblica Italiana, 02/06/2014.
    " "                           Le prime elezioni europee, 10/06/2014.
    " "                           La fine della Prima guerra mondiale, 11/11/2015.
    Dondi Mirco, La battaglia di Monticello, 15/04/2015.
    D’Orazio Costantino et al., La battaglia di Caporetto, 22/10/2021.

    F
    Fiorentino Daniele, Il Comitato “America First”, 04/09/2017.
    Flores Marcello, La bomba su Hiroshima, 06/08/2013.
    " "                         L'8 settembre 1943, 08/09/2014.
    " "                         La battaglia di Stalingrado, 19/09/2014.
    " "                         Il bombardamento di Dresda, 13/02/2015.
    " "                         Lo sbarco in Sicilia, 10/07/2017.
    " "                         L’Eccidio di Cefalonia, 15/09/2017.
    " "                         L’assalto al Palazzo d’Inverno, 07/11/2017.
    " "                         La Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia, 15/11/2017.
    " "                         L’Assemblea Costituente in Russia, 24/11/2017.
    " "                         Il governo sovietico, 30/11/2017.
    " "                         Altiero Spinelli, 23/05/2019.
    " "                         Il protocollo di Londra del 1944, 12/09/2019.
    " "                         L'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale, 10/06/2020.
    " "                         Demjanjuk, il boia di Sobìbor e Treblìnka, 27/07/2021.
    Foa Anna, Il processo a Adolf Eichmann, 09/12/2011.
    " "               Il Manifesto della razza, 05/08/2015.
    " "               La notte dei cristalli, 09/11/2017.
    " "               Il rastrellamento del Velodromo d'inverno, 16/07/2018.
    " "               Giorgio Perlasca, 15/08/2019.
    " "               Le pietre d'inciampo, 27/01/2020.
    " "               L'epidemia del “morbo K”, 02/03/2021.
    Franzina Emilio, La strage di piazza della Loggia, 28/05/2013.
    " "                         La prima battaglia dell'Isonzo, 23/06/2015.
    " "                         Il Milite Ignoto, 04/11/2015.
    " "                         Gli emigrati italo americani nella Grande Guerra, 30/05/2016.
    " "                         I fratelli Bandiera, 25/07/2019.
    Franzinelli Mimmo, I morti di Reggio Emilia, 07/07/2014.
    " "                               L'amnistia Togliatti, 22/06/2015.
    " "                               Il caso Mattei, 27/10/2016.
    " "                               La morte di Feltrinelli, 14/03/2017.
    " "                               L’assassinio di Giorgio Ambrosoli, 11/07/2017.
    " "                               La vera storia del carteggio Churchill-Mussolini, 04/05/2018.

    G
    Gentile Emilio, La strage di Portella della Ginestra, 01/05/2013.
    " "                       Il D-Day, 06/06/2013.
    " "                       L'armistizio di Cassibile, 03/09/2013.
    " "                       L'Armistizio di Compiègne, 11/11/2014.
    " "                       Winston Churchill, 24/01/2017.
    " "                       Mussolini e la rivoluzione russa, 25/05/2017.
    " "                       Il Patto d'acciaio, 22/05/2019.
    Gisotti Marco, Il referendum sul nucleare in Italia, 08/11/2013.
    " "                      L'alluvione di Firenze, 04/11/2014.
    Gissi Alessandra, L'Unione Donne Italiane, 23/10/2019.
    Gribaudi Gabriella, Le Quattro Giornate di Napoli, 27/09/2012.
    Griner Massimiliano, La strage dell'Italicus, 04/08/2015.
    " "                                  Il terremoto del Friuli, 06/05/2016.
    " "                                  La Scuola Normale Superiore di Pisa, 18/10/2016.

    I
    Insolvibile Isabella, Speciale Memorie della Shoah, 27/01/2022.
    Iori Tullia, L'Autostrada del Sole, 19/05/2017.
    Isnenghi Mario, Felice Orsini, 14/01/2015.
    " "                        Silvio Pellico, 25/03/2015.
    " "                        La Liberazione di Venezia, 29/04/2015.
    " "                        La spedizione di Sapri, 25/06/2015.
    " "                        Ippolito Nievo, 04/03/2016.
    " "                        La spedizione dei mille, 11/05/2016.
    " "                        Il massacro di Bronte, 10/08/2016.
    " "                        L’incontro di Teano, 20/06/2017.
    " "                        Il bombardamento di Venezia, 26/02/2018.

    L
    Laudani Raffaele, Herbert Marcuse, 19/07/2018.
    Leogrande Alessandro, Italsider, 09/07/2015.
    Loewenthal Elena, Anna Frank, 08/07/2013.
    " "                             La Stella di Davide, 06/09/2013.
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