Autore: Antonio Brusa
Non avrei mai pensato che ottobre è il mese della memoria. Però deve essere così, viste le giornate celebrative e memoriali, discusse in Commissione Istruzione e Cultura, e ricordate da Carlo Bertini su “La Stampa” del 21 sett 2015 (p. 9). Eccole di fila:
1 ottobre, “Giornata per la donazione del midollo” (Elena Salvino, Fi)
3 ottobre, “Giornata per la memoria delle vittime dell’immigrazione” (Paolo Beni, Pd), che sembra altra cosa dalla “Giornata per la memoria dei migranti vittime del mare” (Luigi Manconi, Pd)
7 ottobre, “Giornata per la memoria di Lepanto” (Massimo Bitonci, Lega)
15 ottobre, “Giornata per la consapevolezza sulla morte perinatale” (Scelta civica)
16 ottobre, “Giornata per l’educazione alimentare” (Susanna Cenni, Pd)
17 ottobre, “Giornata contro la povertà” (Pino Pisicchio)
Sette Giornate nella prima metà del mese. Chissà che cosa succede nella seconda metà, mi sono chiesto. Perciò sono andato a spulciare gli Atti della Commissione “Istruzione e Beni culturali”. Alla voce “Giornata della memoria” compaiono più di 650 occorrenze. Scopro che non è affatto facile seguire il filo delle proposte. Queste vengono avanzate, discusse, poi i governi cadono, quindi vengono ripresentate e ridiscusse. Se – per esempio – è coinvolto il Ministero della Difesa, sono inviate nella Commissione di competenza, di dove magari sono dirottate al Mef, al Miur o al Mae, poi ritornano all’Istruzione e Cultura, e si riprende il giro. Quindi, nonostante la mia buona volontà, non so rispondere alla domanda “quante giornate della memoria o celebrative esistono in Italia?”. Né so di quante se ne dovrebbe dar conto nelle scuole.
Quando lavorai nel gruppo di Ceruti per i programmi della scuola di base, al tempo del ministro Fioroni, ci informarono che le domande depositate alla Commissione Cultura erano più di cinquanta. Questo argomento convinse tutti che occorreva inserire nel programma qualche avvertenza che aiutasse i docenti a prendere le distanze da questa invasione e a tener duro sul fatto che il loro compito è quello di insegnare storia, non di commemorare eventi. Grazie a quelle Indicazioni, il docente italiano, oggi, può inserire nella sua programmazione questo o quel tema riguardante la memoria: ma come oggetto di studio, non come occasione di celebrazione. Il diritto a elaborare in piena autonomia il suo progetto didattico è al sicuro, garantito dalla legge. Almeno, fino a che non la cambieranno (ci hanno già provato).
Tuttavia, giusto per capire in nome di quali Giornate i nostri parlamentari si battano, mi sono fatto un giretto fra le proposte:
12 novembre “Giornata della memoria dei caduti in tempo di pace” (Gasparri e altri, Pdl)
6 Marzo, “Giornata della memoria dei giusti” (Valditara)
17 marzo, “Giornata della memoria dell’Unità d’Italia” (Vizzini)
9 magggio, “Giornata per le Vittime del terrorismo” (Malan)
E continuando a leggere, c’è la Giornata per la sicurezza del trasporto aereo, quella per ricordare gli attacchi terroristici dell’11 settembre e un’altra per celebrare Braille.
Per ogni proposta, ci sono uno o più senatori o deputati che la presentano. Seguono altri interventi, per esprimere, in modo motivato, assenso o dissenso, totale e con i distinguo. Quando l’on. Rossa propose la “Giornata della memoria per le vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo”, ottenne applausi da molti presenti, meno uno, che si proclamò indignato perché il relatore aveva usato il termine “incuria”. Nel caso del Vaiont, disse, fu “delitto”, riscuotendo anche lui gli applausi del gruppo. Quando il senatore Vizzini illustrò la legge sulla “Giornata della memoria per le vittime italiane in missioni di pace”, ricordò che il provvedimento era stato approvato da tutti i gruppi. Gli intervenuti, quindi, confermarono il voto favorevole, lamentando, però, che non si parlava dei soldati vittime dell’uranio impoverito, o che i media spesso non tengono conto del dolore delle vittime. Il senatore Valentini (pdl) rilevò che la data, il 12 novembre, poteva causare qualche confusione con la Celebrazione dei Defunti, mentre la senatrice Incostante (Pd) osservò che c’era il rischio della sovrapposizione con la Giornata dedicata alle vittime del terrorismo nazionale e internazionale (appena istituita), subito rimbeccata da un collega del pdl, che giudicò “ inopportuno individuare un criterio di razionalizzazione delle giornate della memoria (”http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=442387) .
Non vorrei che qualcuno equivocasse. I fatti che vengono richiamati sono gravi e a volte strazianti. Né dubito delle buone intenzioni dei proponenti. Ma perché usare “una giornata dei cittadini” come elemento di segnalazione del dolore collettivo? E per quale recondito motivo i nostri parlamentari ritengono che il riconoscimento massimo sarebbe quello di investirne le scuole? Negli anni ’70 un bel movimento di insegnanti disse basta con “la pedagogia delle Giornate dell’albero”. Si era arrivati a un punto di saturazione (ogni giornata col suo tema, il suo concorso, le sue manifestazioni). Si smise per qualche decennio. Sembra che, sulla scorta della Giornata della Memoria, e del raccoglimento collettivo che essa tenta di suscitare intorno alla violenza genocidiaria, i nostri eletti si siano precipitati, quasi senza controllo. Ottengono, come dovrebbe essere del tutto ovvio, un risultato contrario. Quello di svalutare il fatto che è importante, per una collettività, riservarsi uno spazio per riflettere sulla nostra storia.