di Antonio Brusa
Valditara si era lasciato andare in elogi nei confronti del CSPI per il suo parere così garbato, assicurando che avrebbe accolto tutte le osservazioni importanti. E Loredana Perla, di rincalzo, lo aveva lodato per non aver prodotto un giudizio “dicotomico” (sic), cioè sì o no, ma un testo articolato nel quale, certo, vi erano state delle osservazioni, ma su “aspetti tecnici di portata limitata, o l’opportunità di precisazioni terminologiche, o ancora l’esplicitazione di alcune formule per evitare ambiguità interpretative”. Ora, abbiamo il testo definitivo e possiamo controllare, per quanto riguarda la storia.
Ecco il testo del Cspi
Per quanto riguarda la disciplina “Storia”, sembra che sia stato totalmente eliminato l’ambito della lettura e dell’interpretazione delle fonti, che è stato un punto fondamentale dello studio della storia nelle scuole. Inoltre, tutto il capitolo dedicato alla disciplina “Storia”, si distingue per impostazione rispetto al resto del testo, assumendo una peculiarità tra le discipline. L’incipit, tra l’altro, potrebbe essere percepito come polarizzante e la finalità dell’insegnamento della “Storia” sembrerebbe accentuare la dimensione della disciplina come strumento per la costruzione di una identità nazionale più che come approccio tipicamente disciplinare.
Non sembrano osservazioni di portata limitata o che chiedano solo delle precisazioni terminologiche. Stando a quanto dichiarato da Valditara, avrebbero dovuto suggerire quanto meno delle piccole modifiche.
Nulla, invece. Il celebre incipit “Solo l’occidente conosce la storia” inaugura ancora il testo ministeriale, che continua a essere finalizzato alla costruzione dell’identità italiana, più che all’apprendimento di una disciplina scientifica. La frase sulla “irrealizzabilità del lavoro sulle fonti” è rimasta, anche se in contraddizione con l’avvertenza metodologica finale (che leggerete qui in fondo). Il capitolo sulla storia, poi, conserva la sua “diversità” rispetto a tutti gli altri, cosa che, con educazione, i membri del Cspi avevano consigliato di cambiare. La storia è una disciplina come tutte le altre scienze: perché riservare solo a lei un’introduzione che sembra voler rifondare il mondo?
Se passiamo poi alla lista dei contenuti, oggetto di una critica serrata da parte delle Società storiche, vediamo che, anche in questo caso, la Commissione ha fatto orecchie da mercante. Il Cspi aveva consigliato di separarla dal testo e di relegarla in un box, in modo che si capisse chiaramente che non si trattava di un indice di un libro di testo.
Nulla anche qui. I contenuti stanno lì, senza alcuna variazione. La Piccola vedetta lombarda continua a scrutare il nemico, l’uomo “compare” sulla terra, come nelle più accreditate teorie creazioniste, Alessandro Magno conquista ancora tutto il mediterraneo (i bambini italiani saranno gli unici al mondo a crederlo: sarà un modo per marcare un’identità italiana?) e, nonostante le puntuali osservazioni dei medievisti, le radici della civiltà giuridica occidentale continuano a fondarsi su Giustiniano (e non sui giuristi medievali), il feudalesimo continua ad essere un fenomeno legato a Carlo Magno e non tardomedievale (come da oltre mezzo secolo ci si affanna a spiegare), ci sono ancora le quattro Repubbliche marinare e le tre Italie della fine del medioevo (i comuni, lo stato della chiesa il regno meridionale), nel Cinquecento inizia la dominazione straniera in Italia, come si diceva negli antichi sussidiari, mentre, andando verso la fine, i professori di secondaria inferiore scopriranno che al tempo del colonialismo e dell’imperialismo, gli europei “incontrarono” le altre civiltà. E la storia da insegnare finisce ancora trent’anni fa, nonostante arrivi “ai giorni nostri” in tutti i programmi a partire dal 1960.
Cos’ha imparato la Commissione da un dibattito durato un anno e mezzo e che ha coinvolto tutte le associazioni storiche? Certo, ha introdotto la dizione “regni romano barbarici”, in luogo del non più usato “regni romano-germanici” e, correzione che deve essere costata non poco dolore, i longobardi non sono più antesignani del Risorgimento, come era nella Bozza.
Ma questo è tutto. Il che vuol dire che la Commissione ha giudicato marginali le osservazioni e le critiche. O le ha considerate mosse da prevenzione partigiana e ideologica, cosa del tutto impossibile da sostenersi, visto l’ampio schieramento critico, che va dalle società storiche (tutte) a quelle professionali e culturali, dal Cidi, al MCE, all’Uciim, a Comunione e Liberazione (per citare solo pochi). L’apertura alla discussione, lo possiamo affermare ora che i giochi sono finiti, era una finta. Il testo era nato come immodificabile, e tale è rimasto. Un atto di imperio.
Vie di fuga? Fortunatamente esistono disposizioni sull’autonomia scolastica che la Commissione non poteva modificare. A queste, per ironia della sorte, ha dedicato la frase più chiara di tutto il testo. Da prendere in parola.
L’elenco di argomenti che segue intende semplicemente aiutare l’insegnante fornendogli la traccia di un possibile percorso didattico. Restando egli libero, naturalmente, di apportarvi le integrazioni e le modifiche che riterrà opportune, avvalendosi eventualmente di tutte le fonti documentarie, scritte e non, utili a illuminare aspetti e vicende del passato.