didattica della storia

  • TFA e Master di formazione. Un confronto tra Italia e Spagna

    Autore: Antonio Brusa


    Intervista a Rafael Valls Mòntes

    Rafael Valls Mòntes insegna Didattica della Storia presso l’Università di Valencia dal 1989. Lavora in un Dipartimento di Didattica delle scienze sperimentali e sociali con 50 colleghi, dei quali dieci sono “strutturati” e quaranta “associati”, cioè docenti di scuola che insegnano presso l’Università. Sono nella sua bella casa, un po’ alla periferia di Valencia, illuminata da un sole autunnale caldo e piacevole. Parliamo di formazione dei docenti e di didattica della storia.


    Tfa italiani e Master spagnoli

    Da quando le Siss furono chiuse dalla Gelmini, in Italia non abbiamo ancora capito come si andrà a finire con la formazione dei docenti. Attendendo i corsi di formazione universitaria, anno dopo anno, si attivano Tfa, poi Pas, poi di nuovo Tfa. Ogni volta le direttive ministeriali arrivano all’ultimo momento, obbligando tutti a soluzioni affannate.

    In Spagna, mi dice Rafael, la legge fu fatta nel 2010. Venne elaborata dai socialisti, ma, quando andarono al potere i popolari, la misero ugualmente in vigore. Venne immediatamente applicata dalle Università. Prima c’era solo un corso di formazione per i maestri, di tre mesi. Il corso attuale – un Master – dura un anno intero; impegna gli allievi per circa 600 ore (60 crediti). Alcuni elementi sono fissati dall’amministrazione centrale, come la durata e gli indirizzi. Le Università, invece, decidono sui crediti, cioè sul peso specifico delle diverse materie di insegnamento, e sul costo. Le Regioni Autonome sul numero dei posti.

     

    Classi di concorso

    Concentriamoci sulla Storia. Da noi è presente in diverse classi di concorso, e il suo peso varia da classe a classe, a seconda dei “compagni di strada”: Italiano, Geografia, Latino, Greco, Filosofia, ecc. A me, per esempio, è capitato di fare corsi di Didattica della Storia di 2, 3, fino a un massimo di sei crediti.

    Qui, in Spagna è più semplice, almeno in questo caso. Chi si vuole abilitare in storia, fa il Master in Storia, Geografia e Storia dell’Arte. E, nel caso di Valencia, i crediti sono: otto per Storia, otto per Geografia e sei per Storia dell’Arte. Ci sono poi altre discipline: un corso di Innovazione e Ricerca (disciplinare) di sei crediti, le discipline socio-psico-pedagogiche: Psicologia dell’apprendimento (4 cfu), Sociologia educativa (4cfu) e Didattica generale (6 cfu), per un totale di 14 crediti. Il tirocinio, che non è gestito dai pedagogisti, ma dalle discipline specifiche e il lavoro finale del master. A conti fatti, il 70% è disciplinare. Abbiamo 80 allievi, divisi in due classi, che pagano un po’ meno di mille euro.

     

    La battaglia dei crediti

    La divisione dei crediti è una fonte perenne di conflitti fra disciplinaristi e pedagogisti. Ho conosciuto esiti imprevedibili di queste battaglie, come una storia bizantina messa nel corso abilitante per insegnanti di sostegno; docenti di medievale, moderna e contemporanea, di latino che si disputavano insegnamenti di uno-due crediti; per non parlare dell’inesauribile varietà degli insegnamenti pedagogici.

    Anche qui c’è stata bagarre. L’Università voleva attribuire le ore disciplinari ai colleghi della facoltà di Storia e Geografia, per quanto la responsabilità dei corsi fosse stata affidata ai Dipartimenti di Didattica. L’argomento è ben conosciuto anche in Italia: i contenuti. Quindi, Storia antica, medievale, moderna e contemporanea. Tuttavia, questi sono corsi che servono per insegnare. Gli allievi devono avere acquisito – nel corso di laurea di primo livello – i crediti di storia sufficienti, e se non li posseggono devono sostenere un esame specifico (di due ore) prima di accedere al Master.

    Siamo riusciti a imporre una regola: poteva concorrere all’incarico solo il docente universitario che avesse fatto almeno tre anni di insegnamento nelle secondarie. E’ stato un buon selettore per eliminare molta concorrenza. I pedagogisti, dal canto loro, volevano mettere le mani sul tirocinio. Ci siamo opposti e abbiamo avuto ragione. Quindi i tutor provengono tutti dalle didattiche disciplinari. Soltanto nel caso in cui non c’è una tradizione didattica, come per esempio a Medicina e a Economia, il tutoraggio è stato affidato a Pedagogia.

     

    Il programma di studi

    Un problema non secondario è quello del programma di Didattica della storia. Ognuno si regola come crede, da noi: al punto che alcuni colleghi di modernistica hanno stilato delle raccomandazioni per evitare, per esempio, che il corso di Didattica sia una reduplicazione del corso di Storia, svolto all’Università.

    Penso che un programma istituzionale di Didattica della storia potrebbe svolgere questi punti (per lo meno, questo è il mio programma): che cosa è la didattica e la sua importanza; i fini dell’insegnamento della Storia; i grandi modelli educativi storici (tradizionale, per scoperta e interattivo); le difficoltà degli studenti nella comprensione storica; analisi dei manuali; presentazione di materiali didattici alternativi; la pianificazione e realizzazione di un'unità didattica, su un tema previsto dal programma o su un altro tema. Il corso, poi, è in stretta relazione con la parte pratica, per quanto i partecipanti non possano sperimentare la loro unità didattica, per questioni di tempo. Infatti, il tirocinio si svolge fra gennaio e marzo, quando non hanno ancora elaborato il progetto. Al termine del corso, vi è il lavoro finale del master, che impegna 6 crediti.

     

    Il tirocinio.

    Conosco una grande varietà di soluzioni, che riguardano soprattutto la suddivisione delle ore: una parte di tirocinio è gestita dai pedagogisti; un’altra dai disciplinaristi. C’è un tutor, a volte uno solo per corso. Chi sia questo tutor, poi lo decidono di volta in volta le Università. A Pavia quelli di storia furono formati nei laboratori Didattica della storia dell’Università. Dunque sono specialisti. A Bari, invece, l’unica tutor era una professoressa di media, risultata prima nelle graduatorie regionali.

    No. Il corso è disciplinare. Il tirocinio è di didattica specifica e impegna 12 crediti. Quindi anche i tutor devono essere specialisti. I tutor lavorano sempre in coppia: un professore del Dipartimento di didattica e un professore, vincitore di concorso regionale. Per partecipare al concorso occorre preparare un progetto di formazione. Una commissione regionale sceglie i migliori. Ogni due studenti vi è un tutor. Purtroppo non sono pagati molto. Un tutor prende 180 euro (90 per allievo) e la sua scuola 300.

     

    Innovare l’insegnamento

    Tempo fa, nel fuoco di uno dei dibattiti che periodicamente investono la scuola, un collega scrisse che non vedeva tutta questa necessità di innovazione. Vedo che presso di voi c’è addirittura un insegnamento apposito.

    Questo insegnamento ha un programma molto concreto. “Innovazione e ricerca” è anch’esso un corso disciplinare, che impegna 6 crediti. Si studiano i modelli alternativi; si presentano le riviste specifiche di didattica disciplinare e gli  esempi esistenti di ricerca e innovazione.

     

    Il titolo

    Il TFA è una soluzione provvisoria. Dovrebbe essere sostituito da una laurea abilitante, proposta dalla Gelmini e sostanzialmente ripresa nel documento ministeriale "La buona scuola", ma c’è chi vuole rendere stabile il Tfa, con la proposta di aggiungerlo ad una laurea quinquennale. SI discute, ancora, se questa formazione debba essere universitaria o no, cioè lasciata interamente o prevalentemente alle scuole.

    Il corso di formazione si fa dopo la laurea di primo livello (la laurea di primo livello spagnola è di quattro anni). Chi frequenta il master, ottiene il titolo necessario sia per poter fare lezioni sia per presentarsi ai concorsi. Prima della crisi le regioni facevano un'offerta pubblica, che oscillava fra i 50 e i 300 posti annuali. Ora i posti scarseggiano. A Valencia, per esempio, sono ormai quattro o cinque anni che non si fanno concorsi pubblici. Nella scuola si perdono 10 mila posti per anno, perché, secondo il programma di governo, i posti dell’amministrazione devono diminuire del 10% ogni anno. I nostri allievi possono avere possibilità solo nella scuola privata.

     

    La didattica della storia in Spagna

    Una forte differenza, tra Spagna e Italia, è costituita dalla presenza nelle Università della Didattica della storia. Qui gli insegnamenti sono quasi inesistenti, sono raramente tenuti da docenti disciplinari che si specializzano in Didattica della storia, mentre, nella maggior parte dei casi, sono – come si dice – “sensibili al problema dell’insegnamento”.

    In Spagna, la Didattica della storia inizia nel 1983, con una riforma universitaria dei socialisti che stabilisce i dipartimenti di didattiche specifiche, sia le scuole normali (scuole per la formazione dei maestri, oggi inglobate nel sistema universitario), sia nei corsi di magistero o di educazione o di formazione dei docenti.In ogni Università vi è un Dipartimento di Didattica, che raggruppa, come nel caso di Valencia, gli studiosi di didattica delle diverse discipline. Solo Madrid e qualche grande Università hanno dipartimenti specifici delle scienze sociali.

    A Valencia i docenti di Scienze sociali (storia, geografia, educazione civica) sono quindici, fra quelli strutturati e gli associati. Si sono specializzati in diverse branche della didattica: chi studia i manuali di storia, chi i problemi degli allievi; chi si occupa della professione insegnante. Non mancano gli studi sul curricolo e sono in aumento gli studi sull’educazione civica, sul patrimonio e sull’insegnamento della storia agli allievi che sono in difficoltà.

     

    Didattica della storia

    Questa è una bella differenza tra Italia, dove la Didattica della Storia è generalmente intesa come un fatto di impegno personale e volontario di professori e ricercatori, e Spagna, dove è invece una disciplina strutturata.

    In Spagna esistono 300 ricercatori professionali, dei quali dodici sono ordinari, riuniti in un’associazione specifica Asociaciòn Universitaria del Profesorado de Didactica de la Ciencias Sociales (web). Questa organizza ogni anno un convegno, su temi diversi, in una diversa università. Ogni docente dispone di un’aula virtuale, nella quale pubblica testi, programmi, dossier e strumenti diversi per l’insegnamento.

     

    Sitografia essenziale

    Università pubblica di Barcellona
    Università di Salamanca
    Università di Saragoza

     

  • Trasparente come l’acqua. Gli oggetti che raccontano il mondo: la porcellana. Ipotesi di uso didattico di una bella mostra

    di Antonio Brusa

    Indice:

    1. Perchè studiare la porcellana?
    2. Il quadro storico-geografico. La via della seta e la via della porcellana
    3. La porcellana. Che cos’ è e a che cosa serve
    4. Un modello storico di grande complessità
    5. I rapporti con l’occidente. Quando il tarocco fa la storia
    6. Come si trasforma una mostra in un laboratorio didattico

    1. Perché studiare la porcellana?

    A Lucera ci sono le prime testimonianze dell’arrivo della porcellana in occidente. Ce ne parla Francesco Abbate, nella sua Storia dell’arte nell’Italia meridionale(Donzelli, Roma 1998, p. 239). Sono pochi frammenti, frutto degli scavi nella fortezza Svevo-Angioina che domina la città: ma sono sufficienti per farci immaginare che Federico II, sempre alla ricerca di quanto di più favoloso si potesse allora immaginare, sia riuscito a ottenerlo prima degli altri potenti di Europa. Fu favorito, forse, dalla comunità musulmana che popolava Lucera, attivissima nella produzione e nel commercio della ceramica.

     

    Nel museo civico di Lucera sono esposti questi due straordinari piatti, dipinti da artigiani musulmani

     

    Per i ricchi del tempo, i manufatti di porcellana avevano un qualcosa di miracoloso. I geografi musulmani ci spiegano il perché. Erano trasparenti come l’acqua – scrivevano -; ci si poteva cucinare, friggere anche, eppure erano leggeri e resistenti. E, per quanto di argilla, se venivano colpiti con le nocche, risuonavano come se fossero di metallo. Al pari della seta, la porcellana era il prodotto cinese più desiderato da ogni signore che abitasse l’Antico Continente. Ma, a differenza della seta, i cui segreti vennero trafugati in occidente intorno al 500 d.c (al tempo di Giustiniano), i cinesi ne riuscirono custodire il monopolio sino alla fine del Medioevo.

     

    L’autore di questa miniatura araba ci fa sapere che i vasi di ceramica sono così preziosi che, se il padrone non fa attenzione, i ladri se li portano via

     

    La porcellana è un oggetto mondiale per due ragioni principali. La prima è che fu un prodotto destinato al mercato del lusso continentale. La seconda consiste nel fatto che i cinesi importarono dall’Occidente e dall’Asia Centrale forme, motivi e colori, che contribuirono a creare quell’arte decorativa, così apprezzata dagli artigiani del tempo, da essere imitata sia nel mondo islamico, sia in quello europeo.

    Un manufatto di ceramica è un concentrato di cultura, di simboli, di tecnologia e di valori che provengono da molte parti del continente eurasiafricano. La rete di scambi, antica e ramificata, che ne caratterizza la storia, mette in connessione i mondi mediterranei, quelli islamici e indiani, i mondi centro-asiatici e quelli estremo orientali, cinese e giapponese. Perciò, seguendo in classe i percorsi della porcellana, abbiamo un quadro vivo della storia mondiale e, al tempo stesso, la possibilità di proporre la questione storica dell’intercultura in un modo concreto e comprensibile. Inoltre, la porcellana ci aiuta a tracciare una storia di lungo periodo, per grandi campiture, utile nelle procedure di sistemazione e di organizzazione cronologica degli argomenti studiati. Infine, ci dà la possibilità di attivare interessanti collegamenti interdisciplinari fra storia, geografia e materie artistiche e scientifiche.

    1. Il quadro storico-geografico. La via della seta e la via della porcellana.

    Gli scambi continentali avvenivano attraverso due corridoi, uno settentrionale e l’altro meridionale. Quello a nord era terrestre: la via della Seta. Quello a sud attraversava l’Oceano indiano. A nord, le merci venivano portate a dorso di cammello. A sud, invece, si sfruttava la regolarità dei monsoni. La via della seta era percorsa da mercanti di varia nazionalità (soprattutto iranici e tribù centro-asiatiche; ma non mancavano indiani, arabi e qualche emissario imperiale, cinese o bizantino). La via dell’Oceano era gestita da mercanti/marinai occidentali (iranici, indiani e soprattutto arabi). Ma, a partire dal IX secolo, iniziò la concorrenza dei mercanti cinesi, i quali potevano allontanarsi dalla loro patria solo per nove mesi. In pratica avevano il tempo di inoltrarsi soltanto fino all’India e tornare indietro.

     

    La cartina raffigura la mappa del lungo periodo degli scambi Est/Ovest, a partire dall’impero romano e della dinastia Han (III secolo a.C). Questi percorsi restano pressocché inalterati fino all’arrivo nell’oceano indiano delle marinerie portoghesi, olandesi e inglesi, che ne deviano una parte notevole verso l’oceano Atlantico, tagliando fuori il Mediterraneo.

     

    La ceramica viaggia normalmente sulla via dell’oceano: le navi, infatti, possono imbarcare grandi quantità di manufatti, che vengono stipati in modo da non rompersi. Per questo, la via dell’oceano viene chiamata anche “la via della porcellana”. Queste due strade – della seta e della porcellana - sono antichissime, ma si stabilizzano verso l’VIII secolo, al tempo degli Abbassidi in occidente (750-1258) e dei Tang in oriente (618-907). L’asse preferenziale della via della seta collega Bagdad con le capitali cinesi (da Lanzhou a Xian e, alla fine, Khanbalik-Pechino). La via della porcellana, invece, ha i suoi terminali occidentali in Bassora (odierno Iraq) e Alessandria in Egitto, mentre i suoi terminali orientali vanno da Canton (Guangzhou) nella Cina meridionale a Yangzhou, in quella settentrionale. Con il dominio mongolo, e la conseguente pax mongolica, la via della seta si consolida, anche perché genovesi e veneziani rafforzano le loro basi sul mar Nero (Caffa, Tana e Trebisonda) e, quindi, saltano l’intermediazione musulmana e bizantina, mettendo in contatto diretto Cina e Europa. La via della porcellana, invece - dopo i tentativi pionieristici di Marco Polo, e le grandi spedizioni dell’ammiraglio cinese Sheng-he -, al principio del XV secolo viene monopolizzata dalle potenze occidentali: prima il Portogallo, poi l’Olanda e l’Inghilterra.

     

    Nell’826, un battello arabo affondò in una tempesta, presso le coste indonesiane: un po’ come viene raffigurato in questa miniatura araba. Il battello in questione trasportava un carico di sessantamila ceramiche.

     

    1. La porcellana. Che cos’è e a che cosa serve.

    Cuocendo l’argilla a temperature diverse si ottengono diversi tipi di ceramica. La terracotta normale, porosa, è quella che si ha con le basse temperature (fino a 1000°). A 1250°, l’argilla acquista una consistenza vetrosa e diventa durissima: è il grès. La porcellana si ottiene a un calore più elevato, intorno ai 1300°. Questo lo vedevano i mercanti stranieri, ansiosi di scoprirne i segreti di fabbricazione. Quello che sfuggiva loro era il tipo di argilla necessaria: il caolino. Si tratta di un’argilla molto fine, che veniva depurata accuratamente e per lungo tempo, utilizzando polvere di feldspati (quarzi e silicati). Questa polvere, inoltre, mescolata con acqua, poteva essere spalmata sul manufatto. A temperature altissime fondeva e creava un rivestimento vetroso molto apprezzato.

    Era questo il procedimento che, fino al 1500, gli artigiani occidentali cercarono invano di copiare. Nei loro tentativi di imitazione si servivano dell’antica tecnica dell’ingobbio (argilla molto fluida che veniva spalmata prima della cottura); oppure del lustro, una sorta di rivestimento con sostanze particolari, che - a cottura avvenuta – rendeva il manufatto un po’ simile alla porcellana. Oppure, come si tentò in Italia, ricoprendo il manufatto di smalti, e ottenendo una maiolica lucente come la porcellana. Di questo gioco di scambi e di imitazioni è testimonianza il lessico tecnico della ceramica.

     

    Nome occidentale

    Significato

    Cina

    Islam

    Caolino

    Argilla finissima

    Gaoling, le “alte colline” a nord di Jingdezhen, di dove si estraeva l’argilla per la porcellana

     

    Petuntze, o “la fritta”

    Polveri di feldspati, mescolati con acqua

    Baidunze, “blocchetti bianchi”

     

    Albarello

    Il tipico vaso delle antiche farmacie, con i decori blu (imitazione di porcellana)

     

    Al-barani: contenitore di spezie

     

    Zaffera

    Maiolica bianca toscana decorata in blu cobalto

     

    Al-safra: cobalto

     

    I manufatti di ceramica sono commerciati da tempi antichissimi sia su distanze corte e sia su distanze medio-lunghe. Essi sono molto diversificati, sia per l’uso sia per i costi. Ci sono contenitori per olio, vino, grano e altre merci; oppure vasellame di uso quotidiano. Ma ci sono anche prodotti di alto livello artistico e di pregio. Ovviamente erano questi gli oggetti che venivano commerciati sulle distanze medie e lunghe. A partire dall’VIII secolo, quando compare la porcellana, la sua raffinatezza conquista rapidamente i mercati occidentali, e, rapidamente, diventa un bene da commerciare sulle lunghissime distanze, al pari della seta, delle spezie, dell’avorio e dei metalli pregiati.

    1. Un modello storico di grande complessità

    La porcellana viene inventata, dunque, al tempo della grande dinastia Tang, ma sembra che la sua produzione in grande quantità inizi nel XII-XIII secolo, a Jingdezhen. Dunque, sia la sua invenzione, sia la sua diffusione giungono al termine di un lunghissimo processo. Di questo è interessante ricostruire, qui, gli elementi costitutivi, lasciando agli appassionati il compito di informarsi sulle sue fasi.

    Vi è innanzitutto un modello produttivo interno. La Cina, territorio immenso, è divisa in diverse regioni, spesso in conflitto e in concorrenza fra di loro. In particolare, per l’arte ceramica, si combattono gli stili e gli artigiani settentrionali e meridionali. Ognuno tenta di prevalere sull’altro. Ci si copia, oppure, come succede a seguito delle invasioni mongole, gli artigiani del nord si rifugiano nelle regioni meridionali, favorendo processi di contaminazione industriale. Lo Shanxi, la regione dove si trovano le grandi manifatture del XIII secolo (Jingdezhen) si trova nel cuore dell’impero, ed era, come abbiamo visto sopra, uno dei terminali della via della seta. Di qui dunque partivano le carovane cariche di ceramiche, dirette verso occidente o verso i porti sul mar della Cina.

     

     

    La porcellana, nonostante la sua raffinata bellezza, fatica a essere accettata dalle élites cinesi come bene di lusso dello stesso rango della seta, dell’oro e della giada. E’ considerata di un gradino inferiore. Al contrario, essa piace in occidente. Quindi è l’enorme richiesta del mercato estero che la fa salire nella considerazione sociale, fino a quando la dinastia Ming (1368-1644) ne assume il controllo della produzione, riconoscendone la natura economica strategica.

    L’estetica della porcellana è determinata sia dalle caratteristiche fisiche del materiale, sia dalle forme e dalle decorazioni. Anche questa costruzione culturale è frutto dell’interazione fra la complessità interna, e la complessità dei rapporti con il continente eurasiatico. Ad esempio: l’affermazione del confucianesimo (fatto interno) porta a privilegiare la semplicità delle forme e l’essenzialità dei disegni; l’introduzione del buddhismo dall’India trascina con sé la fortuna del loto, il fiore dell’immortalità, che diventa elemento essenziale del decoro ceramico e distintivo dell’arte cinese. Alle enciclopedie simboliche iraniche la Cina deve animali e decori floreali. Al mondo arabo l’amore per gli intrecci in simil-scrittura. All’occidente mediterraneo, la gorgone, le palmette e le ballerine. Ci sono delle tecniche, che, giunte dall’Occidente, vengono assimilate dagli artigiani cinesi, come l’ageminatura (inserzioni metalliche nella superficie ceramica). Giunge da occidente anche il colore, che per noi distingue le porcellane cinesi. E’ il blu. Esso si ricava dal cobalto, scoperto e usato dai sumeri (intorno al 2500 a.C) e, da quei tempi antichissimi, diventato il colore più amato nell’Asia Occidentale. Il mondo islamico ne era innamorato. Di qui la forte domanda di ceramiche, e di porcellane dipinte di blu. E questo indusse le manifatture cinesi a incrementare la loro produzione, magari a scapito di quella bianca e marrone, o policroma, che aveva caratterizzato le prime fasi della produzione ceramica. Così, quando nel XIV secolo si affermano definitivamente le porcellane bianche e blu, sappiamo che ciò dipende dal fatto che il gusto cinese si è definitivamente trasformato sulla spinta di quello occidentale.

    Da occidente arrivano anche le bevande. In Cina si bevevano tè e distillati di riso e di altri cereali. Il vino arriva durante la dinastia Tang, e con esso i suoi recipienti tipici: le fiasche, il rhyton, e una pianta ideale per le decorazioni: la vite.

     

    In occidente è ben conosciuto il rhyton, un recipiente a forma di corno, variamente decorato, che serviva per bere vino. Lo vedete a sinistra. Accanto un rython fabbricato in Cina al tempo della dinastia Tang

     

    Sempre ai Tang risale questa figurina, che rappresenta un mercante di vino, con la fiasca. E’ un occidentale: lo si capisce dal naso piuttosto grosso, con il quale venivano rappresentati di solito gli stranieri.

     

     

    Questo piatto, di porcellana bianca e blu, che rappresenta uva e decori di vite, risale al principio del XV secolo (dinastia Ming)

    1. I rapporti con l’occidente. Quando il tarocco fa la storia.

    La porcellana era costosissima e per di più poteva rompersi nel viaggio. Chi fosse riuscito a produrla in loco, avrebbe sicuramente fatto la sua fortuna. Questo semplice ragionamento spinse i sovrani , i mercanti e gli artigiani ad ogni sforzo, pur di carpirne i segreti della produzione. E, in mancanza di questi, a inventare ceramiche che in qualche modo assomigliassero alla divina porcellana. Furono secolo di tentativi, che, per quanto fallimentari, portarono però a scoprire nuovi modi di impastare e cuocere l’argilla, a nuove combinazioni di materiali, a nuove forme decorative. Nel IX secolo i vasai irakeni provarono a imitare la porcellana, modellando dei vasi bianchi, che dipinsero di blu. Un successo mondiale: questo tipo di decorazione viaggiò verso oriente e, come abbiamo visto, conquistò alla fine lo stesso gusto cinese. La porcellana è lucente. Per riprodurre questa caratteristica, i vasai musulmani inventarono un impasto di minerali quarziferi, che spalmati sull’argilla, prima della cottura, creavano un effetto lucido molto bello. Non era porcellana, certo: ma il “lustro” diventò un nuovo segreto di produzione, che dal mondo islamico giunse in Italia. Con la “fritta”, un impasto inventato appunto nel mondo musulmano, si modellavano gli albarelli, i vasi che vediamo ancora oggi nelle farmacie antiche, copiati in tutto il mediterraneo, al punto tale che troviamo simboli fiorentini nel vicino oriente e decori musulmani nei vasi toscani.

     

    Uno accanto all’altro, un albarello musulmano, prodotto a Damasco, che esibisce al centro un giglio fiorentino; e un albarello toscano, decorato con l’imitazione di una scritta araba

     

     

    Quando, infine, le marinerie olandesi e inglesi decretarono il successo mondiale delle porcellane cinesi, furono quelle con le decorazioni blu che ne diventarono il simbolo.

    1. Come si trasforma una mostra in un laboratorio didattico

    Le immagini e le informazioni con le quali ho costruito questo percorso sono ricavate dalla mostra “Sulla via della seta”, aperta presso il Palazzo delle Esposizioni, a Roma fino a marzo 2013. Si può sfruttare didatticamente una mostra in molti modi. Se, come in questo caso, è ben fatta, la si può godere così come i suoi progettisti l’hanno realizzata, lasciandosi prendere dai documenti, dalle ricostruzioni magnifiche, dagli oggetti esposti e leggendo con attenzione le scritte. In classe (prima o dopo la visita, a seconda della strategia didattica adottata), se ne cercherà di trarre qualche frutto, facendo dei collegamenti con il programma, avviando una discussione su un tema sollecitato dalla visita (in questo caso il meticciato culturale sarebbe fra i più idonei); e così via.

    Il modello che ho proposto in questo percorso è diverso. Ho isolato un solo tema, e per far questo ho selezionato e aggregato informazioni da diversi “capitoli” della mostra. Ho aggiunto qualche strumento didattico, come una cartina (avrei potuto disegnare anche un cronogramma: ma lo lascio al docente che voglia sperimentare questo percorso) e ho esplicitato alcuni paragoni, spesso sottesi nelle didascalie e lasciati all’intuizione o alla cultura del visitatore. Infine ho costruito il testo sulla scorta di due fili conduttori: la geostoria e gli scambi culturali, semplificando e riordinando il testo originario del catalogo, a partire dal contributo che Alexandra Vexel ha dedicato alla ceramica (Da Oriente a Occidente e ritorno: la porcellana cinese nel mondo medievale, pp. 199-202). Per chiudere il dossier didattico, estrapolo e ricopio alcuni documenti scritti. Insieme con quelli iconografici, potrebbero costituire la base per un laboratorio interessante. Suggerisco una procedura molto semplice. L’insegnante riproduce i documenti che ho trascritto di seguito e ne da una copia a ciascun allievo, o a ciascuno dei piccoli gruppi nei quali avrà suddiviso la classe. Introduce brevemente l’argomento e lascia qualche minuto di tempo agli allievi per dare uno sguardo alla documentazione. Poi fa una normale lezione sulla porcellana. La gara che lancia è la seguente: gli allievi o i gruppi, quando pensano che sia opportuno citare un documento, alzano la mano, interrompono la lezione e spiegano in che modo quel documento particolare potrebbe essere utile, proprio a quel punto del discorso. Gli altri possono contestare e proporre alternative. La lezione può essere arricchita, anche, dalla proiezione sulla lim delle immagini che qui presento (non possono essere stampate a causa della bassa risoluzione: nel caso occorrerà farne una scansione apposita dal catalogo).

    Al termine dell’intervento didattico si propone di riorganizzare il discorso attraverso la costruzione di un cronogramma, sul quale si potranno inserire sia i documenti, sia le immagini. Questa lezione può essere indipendente dalla visita alla mostra. Ma, se fatta prima, credo che possa creare negli allievi una curiosità sufficiente a gustarsela da soli, come dovrebbe essere, senza l’aiuto di una guida.

    Ed ecco la piccola raccolta di documenti (solo leggermente modificati):

     

    a.

    “Secondo i regolamenti governativi sulla navigazione marittima, le imbarcazioni più grandi possono portare diverse centinaia di persone e quelle più piccole anche più di cento. I prodotti sono soprattutto ceramiche, accatastate in serie e poste una accanto all’altra, senza quasi lasciare spazio”

    (Zhu Yu, figlio del sovrintendente di un porto cinese, XI secolo)

    b. “I cinesi hanno un’argilla fine di cui producono coppe per le bevande fini come il vetro. Attraverso queste coppe si può vedere il bagliore dell’acqua, anche se sono di argilla”

    (Sulaiman, mercante arabo )

    c.

    I cinesi hanno recipienti in porcellana trasparente in cui possono anche cuocere il cibo, in modo da servire dapprima come pentola, poi come padella per friggere e infine come scodelle per mangiare”

    (AT-Ta’libi, scrittore persiano, XI secolo)

    d.

    “Il vasellame cinese è fatto dalla terra delle montagne che bruciano il fuoco come il carbone; aggiungono poi una pietra che hanno e bruciano tutto sul fuoco per tre giorni. Poi spargono acqua su tutto, in modo che diventi di nuovo terra. Poi lo portano alla fermentazione. La migliore argilla è quella fermentata per un mese intero. E viene esportata in India e in altri paesi, fino a che non arriva da noi nel Maghreb.”

    (Ibn Battuta, geografo musulmano, XIV secolo)

    e.

    A Paolo di Gerardo lascio un boccaletto con un coperchio che si dice di porcellana, ma è di vetro, del valore di due once. E a Baldo de Baldis lascio due scodelle di porcellana, da quindici tarì”

    (Testamento di Maria, regina di Napoli, XIV secolo)

    f.

    “10 schodelle di porciellana: 8 bianche picchole e 2 co’ fogliami azzurri”

    (Ordine di acquisto di Filippo Strozzi, fiorentino, XV secolo)

    g.

    “Gli arabi chiamano cinesi tutti i recipienti rari e cose simili, qualunque cosa possano essere, perché la Cina è particolarmente rinomata per i suoi oggetti pregiati”

    (AT-Ta’libi, scrittore persiano, XI secolo)

    h.

    “Esiste anche del vasellame decorato sotto l’invetriatura con un disegno in azzurro o nei cinque colori, ma è della massima volgarità”

    (Cao Zhao, storico cinese, XIV secolo)

    i.

    “E in questa provincia à una città ch’à nome Tinuguise, che vi si fa le più belle scodelle di porcelane del mondo; e no se ne fa in altro luogo del mondo, e di qui si portano da ogni parte”

    (Marco Polo, XIII secolo)

     

    Il bellissimo catalogo fornisce materiali per altri lavori, che qui suggerisco, sperando che possano trovare qualche realizzatore:

    - Un confronto fra le cinque città simbolo della via della seta. Sono Istanbul, Baghdad, Samarcanda, Turfan e XI’an. Belle descrizioni e belle immagini permettono un lavoro di costruzione di uno schema di lettura della città, credo molto utile in una programmazione, anche a prescindere dall’argomento particolare della mostra.

    - Percorsi analoghi, sugli oggetti: la seta, il vetro, i metalli. Sono i vari capitoli del catalogo. Tutti presentano un oggetto analogo alla ceramica: materiali che hanno costruito il mondo e che, perciò, testimoniano di scambi, meticciati, concorrenze e conflitti.

    - Un percorso sui mercanti italiani, a partire da Marco Polo: a partire dai testamenti è possibile ricostruire i prodotti e gli interessi dei mercanti del tempo.

    Il catalogo è pubblicato da Codice Edizioni (Torino, 2012).

     

  • Un modello didattico per la storia contemporanea* (in presenza e Dad)

    di Joan Santacana Mestre

    Parigini poveri bevono il caffé sotto gli occhi inorriditi di un aristocratico.Parigini poveri bevono il caffé sotto gli occhi inorriditi di un aristocratico. Stampa della fine del XVIII, museo Carnavalet, Parigi. (Fonte) 

    Gli avvenimenti del secolo XIX che hanno influito sul nostro futuro.

    Propongo un modello di lavoro per gli insegnanti delle secondarie superiori, basato sulla ricerca in rete di immagini storiche. L’esempio riguarda il secolo XIX, fino agli anni ’80. Su questa base l’insegnante potrà costruire altri lavori, completando il percorso della storia contemporanea. Una proposta cronologica potrebbe essere questa (le date sono indicative):

    1800-1880: modello qui sviluppato

    1880-1919  |  1919-1945  |  1949-1980  |  1980-2008  |  2008-oggi

    Di questo modello esiste un’altra applicazione, sulla storia delle donne contemporanee. (Da ricordare che Historia Ludens ha già pubblicato delle attività basate sulle date: vedi gli articoli di Cesare Grazioli e di Lucia Boschetti). Tutti questi lavori si basanno sulle immagini.

    Nel caso qui presentato, si invitano gli allievi a cercare solo fonti primarie, cioè immagini prodotte nella medesima epoca dei fatti. Ogni periodo dovrebbe contenere massimo 20 date, che individuano eventi che hanno avuto un qualche effetto sul lungo periodo, e quindi sul nostro presente. Questo esempio è parzialmente completato, in modo da guidare gli allievi nel lavoro. Sui successivi, l’insegnante si regolerà a seconda della compentenza della classe.

    Il lavoro può essere condotto individualmente, in gruppi, oppure collettivamente. Il protocollo didattico è semplice:

    1. Gli allievi devono cercare un’immagine su internet per ogni evento riportato nello schema.
    2. Ogni allievo aggiunge una breve descrizione dell’evento, ricavando da internet le informazioni relative.
    3. Quando lo schema è completato, si cercano le connessioni fra gli eventi e le si riportano nell’ultima colonna dello schema.
    4. Alla fine, si fa una discussione collettiva per decidere quale evento è il più importante rispetto ad oggi.
     
    Immagine col titolo e la data Si cercano informazioni in rete Si mette in relazione l’immagine con le altre
    Poveri e ricchi nella Francia della fine del XVIII secolo1. Poveri e ricchi nella Francia della fine del XVIII secolo Nel corso dell’età moderna, le spezie, che nel medioevo erano state un alimento esclusivo dei nobili, grazie allo sfruttamento delle colonie, diventano un bene alla portata di molti. Si forma un nuovo tipo di società, nella quale continuano a esistere le differenze di ricchezza, ma i poveri e la gente comune aspira a godere degli stessi diritti, riservati prima ai nobili: dal consumo del caffé alla libertà di espressione, ai diritti politici. Si relaziona con la n. 20, data della rivoluzione industriale e quindi dell’estensione dei consumi. Ma si può mettere in relazione con la 8 e la 16, che si riferiscono al malessere dei ceti poveri..
    Morte dell’ammiraglio Nelson a Trafalgar. 18052. Morte dell’ammiraglio Nelson a Trafalgar. 1805 Questa battaglia impedisce a Napoleone di invadere l’Inghilterra e riafferma il predominio inglese sui mari europei e del mondo
    Battaglia di Austerlitz.1805.3. Battaglia di Austerlitz.1805 Segna il momento più alto del dominio di Napoleone sull’Europa. Il modello di stato francese si diffonde in tutta Europa. Napoleone giunge a controllarne buona parte, dalla Spagna fino alla Polonia.
    4. Battaglia di Waterloo. Abdicazione di Napoleone. 1815. Fine della pretesa egemonica della Francia sull’Europa. Si mette in relazione con 2, 3, 5, 6, ma anche con altre date che riguardano la Francia, come la 12 e la 18.
    Cattura del Maresciallo Murat.5. Cattura del Maresciallo Murat. 1815 Finisce il decennio francese e il tentativo di modernizzazione dell’Italia meridionale. I Borboni ritornano sul trono del regno delle Due Sicilie.
    6. Congresso di Vienna.1814-1815
    Tentativo spagnolo di impedire l’indipendenza del Cile. Battaglia di Maipù.7. Tentativo spagnolo di impedire l’indipendenza del Cile. Battaglia di Maipù. 1818 Nel 1808 Napoleone aveva invaso la Spagna. Nel vuoto di potere che si determinò, le colonie americane tentarono di conquistare l’indipendenza e, dopo il Venezuela, che proclamò la sua indipendenza nel 1810, fu la volta delle altre colonie, fra le quali l’Argentina e il Cile.
    Massacro di Peterloo. 18198. Massacro di Peterloo. 1819
    9. Il Texas dichiara guerra al Messico per conquistare la sua indipendenza9. Il Texas dichiara guerra al Messico per conquistare la sua indipendenza. 1824
    Indipendenza di Haiti10. Trattato di Haiti. La Francia riconosce l’indipendenza della sua ex-colonia, in cambio di un forte contributo. 1825
    L’Irlanda reclama i suoi diritti11. L’Irlanda reclama i suoi diritti. O’Connel viene eletto deputato. Legge di emancipazione cattolica. 1828 Evento significativo del sorgere della coscienza nazionale irlandese, e con questa, degli altri nazionalismi europei.
    12. La Francia conquista Algeri. 1830 Con la conquista dell’Algeria inizia il processo di colonizzazione del Mediterraneo, che portò gli europei (Francesi, Italiani, Spagnoli e Inglesi) a impadronirsi delle regioni meridionali del mare.
    13. Inizio della Guerra dell’oppio. 1839.
    14. In tutta Europa scoppiano moti indipendentisti. Garibaldi torna dall’America per partecipare alla rivolta italiana. 1848
    15. Rivolta dei Cipays. 1857
    16. La prima internazionale. 1864.
    17. Si incontrano il ramo est e quello ovest della Ferrovia Transcontinentale Americana. È la data simbolica dello sviluppo industriale americano, al quale seguì quello europeo. 1869
    18. Conferenza di Berlino. 1884
    19. L’imperatore Pietro II abolisce la schiavitù nel Brasile. 1888 L’ultimo paese occidentale ad abolire la schiavitù. Era già stata abolita dall’Inghilterra nel 1832, dall’impero ottomano nel 1847 e dalla Francia nel 1848.
    20. La crisi di fine secolo. 1875-1895 Questo periodo viene indicato come l’avvio della globalizzazione attuale. Da una parte vide la crisi di molti sistemi agricoli nazionali (come l’Italia), dall’altra vide l’intensificazione dei commerci internazionali, anche di beni alimentari, e la partenza della “seconda industrializzazione”.
     

    Nota didattica

    Ogni immagine deve avere un titolo e un anno. Nel corso della discussione, gli allievi devono spiegare il significato dell’immagine e perché la considerano significativa. Le descrizioni da inserire nella seconda colonna devono essere brevi. Le relazioni fra le immagini sono libere: purché vengano motivate. Nel corso della discussione si può distinguere il grado delle relazioni: alcune sono in stretta connessione, altre no. È importante che l’allievo argomenti le sue decisioni.

    Dopo aver lavorato, in gruppo o individualmente, si confrontano i vari schemi, in modo da redigere una versione soddisfacente.

    Alla fine del lavoro, si prende in considerazione il rapporto fra ciascun evento e il mondo attuale. Anche in questo caso, si prova a distinguere fra le relazioni che ci appaiono forti e determinanti, e altre che lo sono di meno.

    Se si prosegue il lavoro anche per gli altri periodi indicati, si avrà alla fine una visione sintetica dell’intero periodo della storia contemporanea, in soli sei schemi, e si potrà ragionare anche su un nuovo problema, assai interessante alla fine del curricolo: qual è l’eredità che i diversi periodi hanno lasciato al nostro presente?

     

    Nota per la Dad

    di Lucia Boschetti

    L’attività può essere svolta anche a distanza utilizzando l’applicazione Padlet. Questo programma permette di creare gratuitamente fino a tre documenti. Se i compagni si scambiano l’invito per iscriversi a Padlet, però, si può aumentare il numero dei documenti gratuiti di ciascuno.

    È sufficiente andare sul sito webe accedere con un account google o creando un nuovo profilo (meglio se su invito del primo compagno che l’ha fatto).

    A questo punto basta cliccare “Crea un padlet” e scegliere il template “Timeline”. Dopo aver dato un titolo e scelto lo sfondo, cliccando sul simbolo + si procede ad inserire un nuovo evento.

    Per ciascun evento si può inserire il titolo, un breve testo con le informazioni trovate e un’immagine, che può essere caricata o semplicemente richiamata inserendo l’URL del sito web. Gli eventi possono essere trascinati avanti e indietro sulla timeline: basta selezionarli e muoverli.

    L’applicazione può essere utilizzata anche da smartphone. Una volta conclusa una timeline si può farne una copia (funzione “Clona” in alto a destra) e modificarne il formato: da timeline si può passare a raggruppamento a colonne o lavorare su una “tela”.

    Nella Tela ciascun evento può essere collegato agli altri, inserendo anche un’etichetta brevissima che esplicita il collegamento. Nel caso delle colonne, invece, il fattore di raggruppamento va indicato come titolo della colonna sotto alla quale si mettono tutti gli eventi collegati. Se un evento va in due colonne, lo si copia. Quando si passa dal formato Timeline ad uno degli altri, inizialmente gli eventi appaiono tutti compressi sulla sinistra: basta tenerli premuti e trascinarli uno ad uno nello spazio a destra per riordinarli come desiderato.

    Gli studenti possono lavorare su un padlet individualmente, ma anche a gruppi: dalla Home page, una volta effettuato il login, si nota il pulsante arancione “Partecipa a un padlet”: un membro del gruppo deve creare il padlet e condividere l’URL cliccando in alto a destra su “Condividi”. Inoltre, il prodotto finale può essere esportato come immagine o all’interno di una Google classroom.

    In sintesi:
    • Le fasi 1 e 2 dell’attività possono essere svolte su Padlet con una Timeline.
    • Per la fase 3, l’allievo o il gruppo passa dalla Timeline alla Tela o al Raggruppamento a colonne,
    • e per la fase 4 illustra il proprio progetto scaricandolo come immagine e condividendo lo schermo durante una videochat, oppure attraverso la funzione Google classroom.
      *Il testo e il modello di Santacana è stato adattato alla situazione italiana
  • Un Osservatorio sull’insegnamento della storia in Europa

    Occasione persa o opportunità interessante?

    di Paolo Ceccoli

    Nasce l'Osservatorio sull'insegnamento della storia

    01 La presidenza francese del Consiglio d’Europa (maggio-novembre 2019) si è fatta recentemente promotrice della creazione di un Osservatorio sull’insegnamento della storia in Europa. Il 26 novembre del 2019 ventitré ministri dell’educazione su quarantasette stati, tra cui l’Italia, hanno firmato una dichiarazione in cui si afferma che «il modo attraverso il quale la storia viene insegnata può favorire la riconciliazione fra le nazioni e all’interno di ciascuna nazione». Gli stessi ministri hanno anche affermato in quella sede che si adopereranno in favore della creazione dell’Osservatorio, uno strumento che dovrebbe fornire l’opportunità di

     

     

    promuovere pratiche che incoraggino un insegnamento della storia in linea con i valori del Consiglio d’Europa così come sono sanciti nelle nostre convenzioni. L’Osservatorio non mirerà a standardizzare il modo con cui la storia viene insegnata in Europa. Rispetterà le prerogative di ogni paese in questo campo e si assicurerà che le sue attività siano in linea con il lavoro del Consiglio d’Europa in materia di insegnamento della storia

     

    La Risoluzione che istituisce l’Osservatorio attraverso un accordo parziale allargato (APA) è stata poi sottoscritta solo da diciassette paesi. Non solo i promotori non sono riusciti ad allargare il consenso nei confronti dell’iniziativa ma hanno perso sostegni importanti. Tra i sei che non hanno confermato gli impegni preliminari vi sono infatti Italia e Svizzera, seguite da paesi piccoli o piccolissimi come Liechtenstein, Moldavia, Principato di Monaco e Montenegro. Gran Bretagna, Germania, i paesi scandinavi e tutta l’Europa centro orientale non hanno ritenuto di dover partecipare nemmeno alle riunioni preliminari.

    In questo articolo cercheremo di capire come si è organizzato per ora questo osservatorio, cosa potrebbe fare - temiamo poco, viste le premesse - e chi lo dirige, ma ci sembra necessario prima contestualizzare il clima in cui nasce l’iniziativa.

     

    La Francia, promotrice dell'Osservatorio

    02 La Francia rivoluzionaria e poi repubblicana ha sempre avuto molta fiducia nelle virtù dell’istruzione pubblica, statale, laica, obbligatoria e il più possibile gratuita. Già nel 1792 il filosofo Condorcet, nel suo Rapporto sull’istruzione pubblica presentato all’Assemblea nazionale, scrive che «il primo scopo di una istruzione nazionale» consiste nel «rendere reale l’uguaglianza politica riconosciuta dalla legge» (p. 8). Qualche pagina più avanti, tuttavia, riconosce che: «l’uguaglianza degli spiriti e quella dell’istruzione sono delle chimere. Bisogna dunque cercare di rendere utile questa ineguaglianza necessaria» (p. 17). La legge Ferry del 1882 cerca finalmente di realizzare i principi illuministi e razionalisti, intrisi di ottimismo pedagogico e fede nel progresso preconizzati da Condorcet. Le norme stabiliscono, non per caso, che il primo scopo dell’istruzione primaria, sul quale si fondano poi tutti gli altri è «l’istruzione morale e civica», in altre parole l’educazione a quei valori repubblicani che sembrano ancor oggi condivisi dalla maggioranza dell’opinione pubblica francese.

     

    Il terrorismo mette in crisi la fiducia nella formazione scolastica

    Non dobbiamo dunque sorprenderci se vari attentati di matrice islamista, come quello contro la redazione di Charlie Ebdo del 2015 o il recente assassinio del docente di storia e geografia Samuel Paty abbiano destato oltralpe un profondo scalpore. Questi attentati, quasi tutti perpetrati da terroristi nati e cresciuti in Francia, o in Belgio - che hanno studiato in scuole pubbliche e laiche - pongono un problema educativo fondamentale. Com’è possibile conoscere e non apprezzare i valori incarnati nella Dichiarazione dei diritti del 1789? Come si può arrivare a uccidere, talvolta suicidandosi allo stesso tempo, per affermare la supremazia di confuse e superficiali forme di fondamentalismo religioso e anticoloniale? Come è possibile non cogliere le opportunità di dare senso alle disuguaglianze, secondo quanto affermato da Condorcet, infliggendo violenza sanguinaria contro chi afferma i diritti più elementari di libertà, compreso quello, ad esempio, di passeggiare a Nizza sulla Promenade des Anglais? Non sarà forse che il sistema pubblico di istruzione non è stato capace o non è più in grado di realizzare gli scopi per cui era stato pensato durante la rivoluzione e costruito tra Ottocento e Novecento in quasi tutta Europa e paesi affini? Siamo sicuri che i suoi scopi abbiano senso o siano stati mai veramente realizzati? Come mai studenti con provenienze culturali diverse, nati e cresciuti in Europa occidentale, non sono stati integrati socialmente pur avendo frequentato le scuole nate per questo?

    Il problema naturalmente ha innanzitutto un risvolto politico: a cosa serve la scuola se non favorisce la coesione sociale? Se educa studenti che possono così clamorosamente disprezzare i valori che cerca di rappresentare e trasmettere? I ministri dell’educazione di tutta l’Unione europea e il commissario europeo per l’educazione affrontarono la questione una prima volta nel 2015.

     

    Una dichiarazione sulla cittadinanza e l'importanza della storia

    03 Venne pubblicata una dichiarazione in cui i ventotto ministri si misero d’accordo su di una lista di buoni propositi come:
    • il rafforzamento dei sistemi educativi,
    • la promozione dell’insegnamento del pensiero critico,
    • la lotta contro il razzismo e la discriminazione,
    • l’incoraggiamento del dialogo e delle conoscenze interculturali.

    Il documento, nella sua semplicità, indicava alcune linee di intervento che suscitarono l’attenzione dell’associazionismo professionale degli insegnanti. Euroclio (network europeo che raggruppa più di ottanta associazioni di docenti in 47 paesi), ad esempio, integrò quella dichiarazione con un proprio documento approvato dalla Conferenza Annuale del 2015 tenutasi a Helsingor in Danimarca.

    Il punto fondamentale sollevato da Euroclio fu che le finalità della dichiarazione intergovernativa di Parigi non avrebbero potuto realizzarsi senza una specifica attenzione all’insegnamento della storia, che andava ampliato e migliorato. L’insegnamento della storia veniva infatti individuato come il terreno più fertile da coltivare se si voleva educare le giovani generazioni ad una convivenza multiculturale rispettosa delle libertà individuali, al riconoscimento e all’accettazione di ciò che ci divide insieme a ciò che ci unisce, in Europa e non solo.

     

    Ma la storia non sembra interessare la politica

    Sembra proprio di poter dire che questi documenti non ebbero un gran seguito. Certo le attività di associazioni come Euroclio sono proseguite, anche con risultati per certi versi rimarchevoli, conseguiti talvolta in contesti ostili. Ci si permetta di segnalare qui, a titolo di esempio, la proposta di un curriculum di storia alternativo e non tossico che i colleghi eurocliani della Bosnia-Herzegovina hanno recentemente pubblicato.

    In generale, tuttavia, le cose ci sembrano andate via via peggiorando. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali hanno indotto i governi a pensare, con le loro decisioni, che il ruolo della scuola nel favorire la coesione sociale e dare senso alle differenze fosse quella che in Italia chiamiamo “educazione civica”. I programmi e i progetti finanziati dai vari enti decisionali in Europa e in molti paesi dell’Unione sono andati in quel senso riducendo l’importanza e la riflessione sull’insegnamento della storia o, peggio, pensando che il ritorno ad un insegnamento nozionistico, rigidamente cronologico, fondato sulla storia nazionale, di cui naturalmente essere orgogliosi proprio perché tale, fosse la ricetta giusta per contrastare fondamentalismi e radicalismi causati, secondo questa tendenza, dal relativismo e da un malinteso senso di colpa per essere quello che siamo. Ecco allora che, su iniziativa del governo francese e sotto la guida di Alain Lamassoure, parlamentare centrista di lungo corso, sia francese che europeo, nonché ex ministro per gli affari europei, nasce la proposta di un osservatorio europeo sull’insegnamento della storia.

    Lamassoure, originario della Navarra storica e appassionato europeista, intercetta i desideri del governo Macron di fare qualcosa per migliorare l’efficacia dei processi di inculturazione veicolati dalla scuola. L’insegnamento della storia sembra essere un campo di indagine interessante per capire quali nozioni ricevono i giovani che frequentano le scuole europee, quali attività svolgono nell’ambito dell’insegnamento della storia e con quali metodi o tecniche. Lamassoure ha presentato la sua idea durante la ventiseiesima conferenza annuale di Euroclio, tenutasi nell’aprile del 2019 a Danzica in Polonia. L’associazione ha subito aderito all’iniziativa cercando di cooperare come meglio poteva. La decisione della maggioranza dei governi dei paesi appartenenti al Consiglio d’Europa di non partecipare ci dice tuttavia che il tema non è sentito a livello governativo quanto lo è fra i docenti più attivi nell’associazionismo professionale.

     

    I compiti dell'Osservatorio 

    In ogni caso ora che questo Osservatorio ha preso forma, cosa farà? Cosa si propone con così pochi paesi partecipanti? Gli obiettivi restano ambiziosi, come si legge nella pa-gina del sito web che ne descrive le attività:

    • «raccogliere, organizzare e rendere disponibili informazioni fattuali sui modi in cui la storia è insegnata in tutti i paesi che aderiscono all’Accordo parziale allargato»;
    • l’Osservatorio terrà particolarmente conto delle attività scientificamente e accade-micamente solide nel suo campo;
    • terrà conto inoltre «della diversità dei sistemi educativi degli stati membri dell’accordo» ,
    • si assicurerà che le sue attività siano complementari a quelle dell’intero Consiglio d’Europa circa l’insegnamento della storia,
    • infine l’Osservatorio «non ha lo scopo di armonizzare i curricoli».

    Per raggiungere questi obbiettivi l’Osservatorio dovrà, in particolare:
    • condurre studi su come la storia viene insegnata negli stati membri dell’APA,
    • condurre studi su temi specifici dell’insegnamento della storia in modo particolari su aspetti che non sono inclusi nel curricolo formale,
    • «organizzare riunioni e conferenze per contribuire alla preparazione e alla diffusione di questi studi»,
    • diventare un punto di riferimento per organizzazioni e associazioni nel campo.

    Per tentare di realizzare questi obiettivi ambiziosi l’Osservatorio si è dotato di un comitato direttivo a livello politico e di un comitato di consulenti scientifici composto da diversi edu-catori, insegnanti, docenti e ricercatori anche di paesi che non appartengono all’APA. I membri di questo consiglio, scelti dal comitato direttivo, comprendono quattro colleghi e colleghe che lavorano con Euroclio, sempre più coinvolta nell’iniziativa, e anche uno storico italiano che lavora a Strasburgo, Piero Colla. Non ci resta che augurare all’Osservatorio un buon lavoro. Il comitato scientifico, la cui prima seduta si è tenuta il 13 luglio 2021, dovrà innanzitutto cercare di definire meglio le finalità e gli scopi, articolandoli in obiettivi speci-fici e praticabili. Il numero di paesi coinvolti non induce certo a credere che ci saranno mol-te risorse disponibili, ma, al di là di questo, la traduzione degli scopi in attività che vadano oltre le buone ma generiche intenzioni appare una sfida difficile da ogni punto di vista.

  • Una fonte storica di tutti i giorni: il tema. Proposta per un “Laboratorio del tempo presente”, con l’uso di un archivio scolastico

    Autore: Antonio Brusa


    Indice

    • Introduzione
    • Primo passo, la paleografia
    • Secondo passo: gli argomenti
    • Terzo passo: la valutazione
    • Quarto passo: la contestualizzazione

     

    Introduzione

    Da una ventina di anni a questa parte ci si è accorti dell’importanza degli archivi scolastici. Ne ho visti parecchi, e ci ho lavorato, soprattutto con gli allievi della scuola di specializzazione di Pavia. Molti colleghi, di archivistica ma anche di didattica della storia (Patrizia Angelucci, che ha insegnato questa disciplina a Perugia è fra le più accanite e prolifiche in questo campo) ne fanno oggetto dei loro lavori. Registri, circolari, quaderni, manuali (e così via) sono fonti straordinarie per capire non solo la storia passata della scuola, ma soprattutto per realizzare uno spaccato di storia sociale molto vicino ai ragazzi.

     

     

    Rammento questi dati visitando la piccola ma bella mostra, organizzata dagli allievi di un liceo barese (“Giovanni Bianchi Dottula”) sotto la guida della Sovrintendenza archivistica. A un certo punto mi blocco: dei compiti in classe, finalmente. Ne avevo chiesto in giro tante volte, e sempre mi avevano risposto che i registri e la documentazione ufficiale, quella sì viene conservata; ma i compiti, dopo una decina di anni, vanno al macero. Sono troppi. Ed ecco, ben in vista sui banchi, il registro di una Scuola Popolare dell’anno scolastico 1949/50 con ancora, fra le pagine, un fascicoletto di temi. Da molto tempo avevo scritto che l’analisi di queste fonti avrebbe permesso all’allievo di studiare non solo il suo ambiente (la scuola), quanto se stesso, direttamente. Ma, ogni volta, l’irreperibilità di queste fonti per i passati un po’ lontani, mi aveva impedito di andare oltre i desideri.

     

    Ora che le ho fra le mani, ne approfitto per esporre agli studenti del magistrale di fronte a me, un abbozzo di laboratorio didattico.

     

    1. Primo passo, la paleografia

    Al principio un po’ di paleografia spicciola aiuta a prendere confidenza con la fonte. Esaminiamo il supporto grafico, dunque. Il famoso foglio protocollo diviso in due. Ci chiediamo il perché di questa divisione. Il nostro fascicoletto è fatto di una ventina di fogli protocollo; ma ci sono alcuni compiti che sembrano scritti su fogli di fortuna. Perché? Succedeva (e succede) che l’allievo abbia dimenticato il foglio. Questo, a quei tempi, costava. Per di più siamo in una scuola popolare del sud Italia, nell’immediato dopoguerra. Si può fare l’ipotesi che ci troviamo di fronte a una testimonianza di povertà?

     

    All’interno del foglio protocollo vi era la brutta copia. Il computer ha abolito le brutte copie. Ma alcuni decenni fa era d’obbligo. Perché? Certamente perché occorreva fare una figura dignitosa. Ma se ritorniamo al costo del foglio, ne possiamo dedurre l’esigenza di risparmiare (guai ad appallottolare il foglio e gettarlo nel cestino, nell’Italia degli anni ’50).  Era dunque l’educazione allo sviluppo sostenibile dell’epoca? Al tempo stesso era anche un’educazione cognitiva: pensate alla necessità di pianificare accuratamente il tempo. Scrivere il tema in brutta e riservarsi un tempo giusto per ricopiarlo in bella, non è l’ultima della angosce anche nei pochi concorsi odierni dove non ci si gioca tutto con crocette e pallini.

     

    E ora la scrittura. Invitiamo i ragazzi a confrontare la propria scrittura con quella degli allievi degli anni ’50. Qui tutte le osservazioni saranno lo spunto per considerazioni accattivanti: la penna a inchiostro e la penna biro di oggi; il tipo di scrittura (allora spesso in corsivo, con la penna inclinata). Oggi tondeggiante, soprattutto quella delle ragazze, con forti intrusioni di stampatello. Alcuni elaborati sono chiaramente scritti con la penna e il calamaio; altri con una scrittura più corsiva e fluida: la stilografica. Si può ipotizzare una differenza di censo?

     

    Personalmente, alla prima sfogliata ho scoperto la fallacia di una convinzione diffusa: che i ragazzi di oggi non conoscano più i margini e tendano a mangiarsi tutto il foglio. Ho assistito a sfoggi di antropologia apocalittica per spiegare questo fenomeno, che dovrebbero sgonfiarsi, temo, alla vista di quei fogli degli anni ’50, scritti anche loro senza rispetto alcuno dei margini.

     

    2. Secondo passo: gli argomenti

    Il tema dettato dall’insegnante è di quelli facili facili: “Una pagina del vostro libro”. Prima di emettere giudizi, pensiamo alla classe. Siamo in una Scuola Popolare dell’immediato dopoguerra. Erano scuole riservate a chi avesse superato i dodici anni, senza aver frequentato le elementari. Erano divise in tre livelli: gli analfabeti, i semianalfabeti e “l’approfondimento”. I nostri temi sono stati scritti da allievi di quest’ultimo livello. La scuola prevedeva dalle 10 alle 15 ore di insegnamento per settimana. Quindi era una scuola ridotta. Siamo alla fine dell’anno ed è evidente che l’insegnante (una prof) ha bisogno di una prova che vada su tutto il programma, e sia gestibile da allievi che hanno anche poche possibilità di studiare.

     

    Per noi è un ottimo test. Quale pagina del manualetto a loro disposizione (una specie di sussidiario con notizie di storia, geografia e pagine di letteratura) i nostri ragazzi hanno scelto? La quasi totalità si orienta su personaggi storici: Mazzini in gran parte (oltre a un paio di Cavour e di Garibaldi); un Colombo; qualche Dante e soprattutto Guglielmo Marconi. Quando cito questo nome, vedo i ragazzi che sgranano gli occhi. Marconi, chi è costui? Per cavarmela rispondo: “oggi avreste scelto Steve Jobs”. Si rassicurano e capiscono. Era l’eroe di quei tempi, alla stregua di quelli del Risorgimento. Un eroe di un pantheon particolare, nel quale non c’erano soltanto campioni della politica della letteratura e dell’esplorazione. Un eroe scienziato.

     

     

    Ovviamente, la domanda è: perché quei ragazzi scelsero quei personaggi? E perché, avendo a disposizione tanti argomenti del loro manuale, optarono per la biografia di personaggi famosi? Noi adulti abbiamo delle risposte (la storia dei personaggi vs quella delle strutture, per esempio). Ma se lo chiediamo agli allievi - voi che avreste scelto? O che cosa scegliereste oggi, nel vostro manuale? – apriamo lo spazio di una bella discussione su che cosa è la storia, sulle nostre gerarchie di importanza e così via.

     

    Due ragazzi, però, hanno fatto eccezione: parlano di storia della casa e di storia della stampa. Due argomenti di storia quotidiana, diremmo con il linguaggio post-annalistico. Ce la teniamo per noi, questa osservazione. Significa che la scuola non ha affatto atteso i tempi della storiografia per introdurre (sia pure saltuariamente) nel proprio insegnamento argomenti di storia dal basso, della tecnica e del quotidiano.

     

    3. Terzo passo: la valutazione

    Sul dorso del protocollo, da sempre, c’è il voto. La nostra professoressa è tollerante e comprensiva. Prendono quasi tutti la sufficienza. Stanno fra il sei e il sette. Due eccezioni che andiamo a guardare. Il migliore prende 7 e mezzo. Ha fatto una sintesi della vita di Mazzini. Ordinato, in bella scrittura. Scrive quello che occorre sapere dell’eroe risorgimentale. In mezzo, tutti gli altri: quelli che, a nostro giudizio, hanno svolto un compito dignitoso e altri molto meno bravi. Nella folla i due che hanno scelto la casa e la stampa, argomenti difficili (lo diciamo noi adulti, guardando i testi), perché hanno obbligato i due allievi a una scrittura non narrativa, poco ripetitiva, con una struttura più elaborata degli altri. La prof, questo non l’ha notato.

     

    E il peggiore? È il compito di una ragazza, che narra di Marconi. Affronta il tema così: un breve inquadramento sulla vita, e poi si lancia in una descrizione della radio, delle onde hertziane, delle valvole. Insomma: le piace la tecnologia. Si vede e la descrive e anche bene (e sappiamo che non è facile). Niente da fare: cinque. Insufficiente.

     

    Perché?  Avrà detto, la prof: è andata fuori tema. Ma questo non è stato valutato troppo negativamente per altri. Non sarà che tutto questo parlare di tecnologia sia stato percepito come un qualcosa di “poco formativo”? Ma se questa domanda, con le ipotesi esplicative susseguenti, interessa particolarmente noi adulti, agli allievi interesserà invece un altro invito: vi sembrano giusti questi voti? Li avreste valutati allo stesso modo?

     

    4. Quarto passo: la contestualizzazione

    Come avrete notato, tralascio l’analisi stretta dei testi. Ci vorrebbe troppo tempo e una cultura (di storia e di scrittura) che non è il caso di pretendere, almeno in questo piccolo laboratorio, dai nostri allievi. E, nemmeno, mi soffermo sugli errori  (i relativi, come la prof ha sottolineato in rosso e blu nella foto che qui pubblico; gli errori di ortografia e di sintassi, di vocabolario: ne facevano anche allora, coraggio).

     

    Mi interessa, in positivo, mostrare come con poche avvertenze e poche domande si possa ottenere molto da questi documenti (per questo non aggiungo a queste note una bibliografia, che pure potrebbe essere ricca: ma ci saranno altre occasioni).

     

    In più, questi documenti ci riservano ancora qualche ragionamento finale, nel momento – è la contestualizzazione -  in cui noi li reinseriamo nel loro ambiente.

     

    Il primo è per i ragazzi. Siamo nell’Italia post-bellica. Un paese, già povero di suo, prostrato dalla guerra. E siamo in una città del Sud, una parte d’Italia che trovava una possibilità di sopravvivenza solo nell’agricoltura. Siamo in un periodo che vede sciamare migrazioni inarrestabili, che dall’Italia meridionale si dirigono verso il Nord Europa e l’Oltreoceano. Fra qualche anno, si orienteranno anche verso il Nord Italia. Insomma, siamo in un tempo di crisi la cui durezza è - senza repliche - incomparabile con quella che viviamo ai nostri giorni.

     

    Questi temi sono la testimonianza di ragazzi (e delle loro famiglie) che nonostante il momento difficile vanno a scuola. Ci ritornano o decidono di andarci per la prima volta nella loro vita. Si sforzano di scrivere in modo ordinato in una lingua in gran parte nuova, studiano con fatica di persone del passato a loro del tutto ignote, e molti hanno imparato a scrivere in modo accettabile. Perché lo fanno? Facciamo le nostre ipotesi. Confrontiamo i nostri sentimenti e le nostre prospettive con quelle che intuiamo dalla documentazione. E, se c’è tempo e voglia, abbiamo anche a disposizione una belle messe di fonti orali. Infatti - se con sempre maggiore difficoltà ne troviamo per la guerra, il fascismo e la Resistenza - per gli anni Cinquanta esse abbondano. Sono la maggior parte dei nonni attuali.

     

     

    Il secondo è per i docenti. Osserviamo il registro. E’ una fonte già molto utilizzata nei lavori didattici. Le innovazioni dei nostri tempi ci propongono altre riflessioni, la cui rilevanza eccede il piccolo contesto didattico. Ci orientano sulla diversità concettuale fra un registro cartaceo, destinato di per sé all’amministrazione e quindi a un archivio, e uno digitale, aperto (in alcune sue parti naturalmente) alla consultazione immediata di ragazzi e delle famiglie. E’ la piccola spia del cambiamento vasto e possente che sta travolgendo il rapporto fra cittadini e istituzioni, che stiamo vivendo ai nostri giorni.

     

    Ancora, il registro di quella classe è fonte di un ulteriore insegnamento. Ne riproduco il frontespizio e la seconda di copertina. È questa che ci interessa. Vi si leggono le indicazioni didattiche per i docenti. Essenziali, ma precise. Dicono che occorre interessare gli allievi, coinvolgerli in lavori, farli discutere e che è bene evitare “la lezione formale”. Questa è la prova che distrugge un’altra fallacia, secondo la quale esiste una didattica nuova, intrecciata di laboratori e di momenti partecipativi (magari interattiva) e una didattica tradizionale, basata sulle lezioni frontali. Tradizionale e perciò sperimentata e solida. Non è vero. Anche la tradizione conosceva bene l’inefficacia delle lezioni frontali. Questo documento è inoppugnabile. Come inoppugnabile è la storia successiva, di una scuola che ha sempre rifiutato questa evidenza didattica, e si è chiusa nella pigrizia di un lavoro fatto unicamente di lezioni frontali.

     

  • Una proposta di laboratorio del tempo presente: l’analisi del registro di una classe mista rurale del secondo dopoguerra

     

    Francesco Antonio Bernardi si è trovato ad un mio corso sui registri scolastici e sul laboratorio del tempo presente. Ne ha ricavato l'idea di utilizzare i materiali del suo archivio, per capire come funzionava una scuola della fine degli anni '40. Ecco, dunque, una scuola rurale pugliese, come appare da un registro scolastico. E' un tuffo in un passato recente che sarebbe bello fare con i propri alunni (A. Brusa)

    Quil'articolo pubblicato su Novecento.org

  • Una storia senza didattica? A proposito del trecentesimo numero di “Italia contemporanea”.

    di Antonio Brusa

    IMG 2488 Trecento numeri sono un risultato di cui una rivista storica deve andare fiera. E lo è “Italia Contemporanea”, il cui trecentesimo numero, appena uscito (dicembre 2022), riproduce con orgoglio la copertina del primo fascicolo, apparso nel luglio del 1949. Vi si trova un bilancio in forma originale: la direzione ha individuato i temi fondamentali, quelli che hanno attraversato la vita della rivista e conservano ancora oggi la loro forza. Così, questo numero è organizzato in sei sezioni, dedicate alla società italiana, alla Resistenza, alla Seconda guerra mondiale e all’Italia repubblicana, al lavoro e all’economia e infine alle memorie pubbliche.

    All’interno di queste sezioni non mancano i temi specificatamente culturali: su Calvino, sulla “resistenza immaginata”, sulle culture di consumo e sulle donne, sull’identità e, finalmente, sulla public history, nelle sue varie espressioni (dal cinema, alla fiction alla memoria pubblica ecc.).

    Ora, se andate sul sito online della rivista, che ha meritoriamente messo in rete tutte le annate fino al 2009, e inserite nel motore di ricerca la parola “scuola”, vi compariranno una trentina di occorrenze. Meno, se cliccate “didattica” (effettivamente termine usato solo a partire dagli anni ’80 del secolo scorso). Molte di queste occorrenze sono rassegne che contengono decine di interventi. E fra gli intervenuti si trovano nomi decisivi nella storia della rivista, da Guido Quazza fino a Rino Sala, che per anni è stato l’anima della Commissione didattica. La didattica della storia, infatti, è stato un pilastro della rete dell’Insmli (oggi Istituto Nazionale Ferruccio Parri) e ne ha costituito l’originalità, nell’ambito delle associazioni di ricerca storica che si sono formate nel secondo dopoguerra, per le quali la didattica e la scuola (al di là delle espressioni di deferenza del tutto formali) sono stati argomenti desultori e secondari. La rete degli istituti si è costituita, nel corso dei decenni, come l’unico presidio didattico nazionale, essendo presente in quasi tutte le regioni e in molte città italiane con le sue sezioni didattiche, raccogliendo e organizzando i docenti che si dedicavano alla ricerca didattica e alla formazione insegnante. Ha saputo costruire, a partire da una richiesta al principio limitata all’esigenza di tener vivo il ricordo della Resistenza, un supporto completo all’insegnamento della storia contemporanea, del tempo presente, e un grande contributo alla formazione dei docenti.

    È nel think tank della rete – fatto di ricercatori e insegnanti, caso unico in Italia - che si producono interventi fondamentali nella prima battaglia sull’insegnamento della storia, agli esordi dell’Italia repubblicana, che si propongono le soluzioni all’impasse didattica che aveva paralizzato gli insegnanti “progressisti” degli anni ’70 (“manuale sì/manuale no”); è in questo che si elabora un’idea di laboratorio storico che oggi fa parte del patrimonio di centinaia di insegnanti; è qui che si apre ai docenti l’immenso campo delle fonti - da quelle orali, alle fonti audiovisive, agli archivi scolastici. È qui che si formula il progetto del “curricolo verticale”, inteso come una progressione di studi che connetta gradi di scolarità che nella realtà spesso lavorano in completa indipendenza. Idee vincenti, oggi diffuse nella scuola, ma nate negli Istituti, e delle quali questi dovrebbero rivendicare il merito. L’onda riformatrice prodotta dalla rete riesce a interessare anche le aule ministeriali: i programmi Brocca (da molti lodati come i migliori prodotti dall’Amministrazione) si avvalgono delle risorse didattiche degli istituti (vi fecero parte alcuni membri della rete e il Landis non mancò di far pervenire ai Commissari materiali prodotti dal movimento di ricerca didattica dei tempo) e, quando il ministro Berlinguer finalmente rese insegnabile il Novecento, con la direttiva 681 del 1996, fu alla rete degli Istituti che si rivolse, per organizzare uno straordinario piano di formazione dei docenti. Molte di queste risorse, poi, sono confluite nella rivista online “Novecento.org”, che, a giudicare dal numero dei contatti, è diventata un punto di riferimento del corpo docente, per quanto riguarda l’insegnamento della storia contemporanea.

    Nelle sole due pagine di questo numero dedicate alla didattica, si può leggere la recensione di Deborah Paci al libro, curato da Salvatore Adorno, Luigi Ambrosi e Margherita Angelini, Pensare storicamente. Didattica, laboratori, manuali (Franco Angeli, 2020): basta scorrere le bibliografie riportate nei suoi numerosi contributi, per rendersi conto del peso che ormai ha la ricerca storico didattica anche in Italia, e dell’apporto che a questa hanno dato storici e insegnanti che fanno parte del circuito culturale della rete.

    Quindi, la didattica della storia è stata un tema fondamentale non solo della rete degli Istituti, ma anche per gli storici che, nel tempo si sono succeduti nella vicenda scientifica di “Italia Contemporanea”. Al punto che sono convinto che la sua esclusione da questo trecentesimo numero sia dovuta soltanto alla consapevolezza che alla didattica della storia del Novecento occorrerà dedicare, in futuro, un numero speciale.

  • Utilità e inutilità della storia*

    a cura di Giuseppe Di Tonto

    * Editoriale de "Il Bollettino di Clio", Nuova serie, Numero 15, Giugno 2021

    Professore, perché dobbiamo studiare la storia?

    Immagine E’ una domanda che abbiamo sentito pronunciare spesso nelle aule delle scuole dagli studenti. Essa nascondeva altri interrogativi certamente non retorici: a cosa serve studiare la storia? Ci servirà a qualcosa da adulti nella nostra vita futura?

    La domanda, che potrebbe essere proposta come epigrafe di questo numero de Il Bollettino di Clio, ci riporta alla memoria un analogo quesito posto da Marc Bloch nell’introduzione al suo libro Apologia della storia o mestiere di storico. La risposta che lo storico proponeva nel suo libro, diventato un classico della metodologia storiografica, era rivolta ai dotti e agli scolari e tuttavia non ha esaurito i termini del problema, se è vero come è vero che negli ultimi anni l’attenzione degli storici è ritornata sul tema.

    Ci proviamo anche noi, in questo numero, a ragionare sulla utilità e inutilità della storia, alla luce dei mutamenti della società e delle forme della comunicazione storica, intrecciando problemi metodologici, esperienze didattiche e letture storiografiche.

    Il numero si apre con l’intervista di Ivo Mattozzi a Scipione Guarracino, un dialogo tra esperti di metodologia storica e di didattica della storia. Alcuni punti emergono nel dialogo tra i due studiosi. Una premessa d’obbligo: “si può vivere senza storia ma difficilmente si è privi di una immagine del passato; questa si forma in ogni caso e in mancanza di storia sarà il mito a imporsi." (Guarracino). Ma come far emergere il bisogno di storia? Per sollecitare l’attenzione verso una storia davvero utile, soprattutto per le nuove generazioni, occorre puntare sull’osservazione e l’ascolto, imparare ad apprezzare le conquiste dell’umanità che talvolta sembrano esistere da sé e a porre domande, in definitiva acquisire il senso storico come un sesto senso supplementare che non può fare a meno del metodo storico che va insegnato lungo tutta la carriera scolastica e all’università.

    I due studiosi dialogano poi sul potere formativo delle conoscenze storiche ragionando sul se e come esse hanno a che fare col presente (Mattozzi) distinguendo “dei passati che continuano a vivere nel presente, che lo condizionano e ce ne rendono quasi prigionieri, lo determinano o almeno lo spiegano…e dei passati che non hanno nessun rapporto con il presente, altri che hanno un rapporto molto esile, altri ancora il cui rapporto si è affievolito con il tempo e magari è stato mitizzato abusivamente.” (Guarracino)

    Anche la storia digitale offre opportunità per una ricerca utile e motivata di informazioni per un giudizio storico sensato, per possibili simulazioni storiche, cercando di evitare il rischio che tutto si trasformi in un semplice intrattenimento. Esistono sui canali radio, Tv e sulla rete internet programmi e contenuti che, se pur condizionati dal linguaggio divulgativo che li caratterizza, rappresentano una buona occasione per avvicinare la storia dei fatti passati ma essa va necessariamente integrata con “una autonoma formazione avvenuta attraverso i diversi momenti dell’insegnamento e dell’addestramento ai metodi” (Guarracino).

    Nel successivo intervento Fulvio Cammarano si sofferma sui problemi della marginalizzazione della storia che trova le sue ragioni nell’aver attribuito ad essa l’incapacità di offrire soluzioni ai problemi del presente. La storia viene delegittimata in quanto si presenta come disciplina antiquaria che si occupa del passato e poco funzionale alla decodifica del presente. Ma la perdita di rilevanza della storia si accompagna al rischio di indebolimento del senso storico degli individui che apre il varco alla diffusione di fake news riguardanti il presente e il passato. Tocca quindi alla scuola educare alla profondità temporale “per contribuire al processo di costruzione dell’identità personale che si dà sempre nell’unificazione di passato e futuro con il presente”.

    Nel suo contributo Carlo Greppi si interroga sulla possibilità di contrastare, attraverso correttivi nella produzione storiografica, la voracità informativa che contraddistingue la nostra era. Lo scopo di questa azione è quello di smascherare le mistificazioni ovvero le alterazioni della verità storica costantemente in agguato e offrire nuovi modelli di racconto della storia che si reggono sulla loro fondatezza, allo scopo di creare comunità aperte e democratiche. La sfida che l’autore ci trasmette si regge sulla passione per la ricerca, lo studio e il racconto che può essere un veicolo per alzare anche la soglia dell'attenzione dei giovani lettori di storia.

    La riflessione di Serge Gruzinski ruota intorno alla necessità per la ricerca storica di superare, in un mondo globalizzato, la visione ancora fortemente eurocentrica che essa tende ad offrire. Si tratta, secondo l’autore, di decostruire strutture storiografiche in cui ancora prevalgono categorie interpretative europee per offrire letture che facciano interagire il locale con il globale. Un tale approccio darebbe nuovo ossigeno ad una didattica della storia costretta a misurarsi, nelle odierne classi multietniche, con patrimoni introdotti e patrimoni ereditati, un modo per evitare derive identitarie e ricostruire la complessità del passato in un'ottica maggiormente inclusiva.

    David Bidussa si concentra nel suo intervento sulla crisi del ruolo degli storici nella interpretazione e nella ricostruzione storica del tempo presente, tenendo in sottofondo un secondo tema relativo alla storia come oggetto di falsificazione. La costruzione del racconto storico sembra aver perso la sua capacità di lavorare sulla critica al “senso comune” per proporre una diversa e più informata ricostruzione del nostro tempo presente.

    Antonio Brusa introduce una interessante riflessione sul termine “alfabetizzazione storica” da intendere come quell’insieme di capacità che mette in grado un individuo di avvicinarsi ad un testo storico, di comprenderlo, di sapere in che modo è stato costruito e infine di utilizzarlo eventualmente per comprendere aspetti della società presente. L’alfabetizzazione storica, dunque, è strettamente collegata con l’attivazione di capacità di pensare storicamente e con la formazione di una corretta coscienza storica.

    Charles Heimberg propone il tema del rapporto tra passato e presente nella trasmissione della storia e delle memorie, troppo rapidamente riassunto nell'idea di non ripetere gli errori del passato. La questione delle finalità della storia e del suo insegnamento è invece una questione complessa, che suggerisce risposte secondo concezioni molto diverse. L’autore si sofferma in particolare sugli obiettivi che possono essere considerati scientifici e critici, che si basano sull’epistemologia della disciplina e mirano a sviluppare una comprensione del mondo sociale e una capacità di giudizio critico. Questa categoria di obiettivi è, a suo avviso, la più importante perché porta alla possibilità di un’emancipazione attraverso i saperi. Per evitare che l’insegnamento della storia nelle scuole si trasformi in ingiunzioni prescrittive, che allontanerebbero da qualsiasi possibilità di costruire un’intelligibilità del passato e del presente, è necessario che le storiche e gli storici si preoccupino della trasmissione della loro disciplina nelle scuole, così come è essenziale che le insegnanti e gli insegnanti di storia restino in contatto con la scienza storica e i suoi sviluppi per tenerne conto nella loro pratica.

    Il crescente interesse per il racconto storico al di fuori della scuola si manifesta nelle forme spesso caotiche ma seducenti dei diversi usi della storia, dalla produzione cinematografica e televisiva all’intrattenimento ludico. Ancor più seri si prospettano gli usi pubblici della storia: costruzione e abbattimento di monumenti, istituzione di commemorazioni, richieste di risarcimenti materiali e morali, leggi sulla storia possono essere usati come strategie per la creazione di consenso interno o di gestione delle relazioni internazionali o diventare occasioni per guerre della memoria. Nel suo intervento Luigi Cajani si addentra nell’analisi di questi usi per analizzarne le caratteristiche e gli effetti. Per consentire agli studenti un approccio analitico e consapevole occorrerà che la scuola ne faccia oggetto di insegnamento.

    Quanto è importante e utile la categoria di genere nella ricerca e nella formazione storica? Se ne occupa Elisabetta Serafini partendo dalla considerazione che la storia di genere è valutata marginalmente, non solo nel sistema formativo e nell’insegnamento della storia a scuola, ma anche nella ricerca accademica, essendo ritenuta ancora opzionale da gran parte degli storici. L’autrice nella sua analisi ci porta a riflettere sulla utilità e imprescindibilità di questa categoria e sulla necessità dell’ingresso della storia delle donne e di genere nelle scuole non solo “per colmare un evidente disallineamento tra conquiste della ricerca e curricoli scolastici” ma soprattutto per sollecitare e promuovere le pari opportunità. Va anche considerato il modo in cui presentare la storia di genere nell’insegnamento scolastico, non come una storia aggiuntiva e giustapposta ma attraverso una rivisitazione della storia generale, della sua periodizzazione, un diverso utilizzo delle fonti passando anche attraverso un ripensamento della manualistica scolastica.

    Un contributo particolare ci arriva da Valentina Della Gala che si concentra sulle posizioni e le proposte dello storico ligure Edoardo Grendi per il rinnovamento dell’insegnamento della storia a scuola e in ultima analisi del lavoro di storico. Pur risalendo agli anni’70 del secolo scorso, le argomentazioni dello storico sui fini dell’insegnamento e apprendimento della storia e le critiche al paradigma storicista allora prevalente, non hanno perso forza e mantengono elementi di grande interesse ed attualità.

    Jacopo Bassi dà conto nel suo intervento dell’esperienza di una rivista elettronica di storia, Diacronie, come il primo passo per dare vita ad una comunità virtuale che ragioni di storia. Il dialogo che una tale esperienza ha offerto non solo ai redattori ma anche agli autori e ai lettori si è rivelato un potente strumento dotato di enormi potenzialità, tanto per la comunicazione scientifica quanto per incentivare l’aspetto divulgativo della conoscenza storica.

    Nell’intervento di Irene Bolzon e di Chiara Scarselletti si riflette sul ruolo dei musei di storia a partire dal recente dibattito sulla public history in Italia e sulle sfide poste dall’educazione alla cittadinanza. Nel dettaglio si racconta l’esperienza pratica di laboratorio svolta presso il MeVe – Memoriale Veneto della Grande Guerra di Montebelluna (TV) – nell’ambito del progetto di educazione civica intitolato “La città che vorrei”.

    L’esperienza, basata su un processo di co-creazione dei contenuti del museo al quale hanno partecipato studenti della scuola primaria, è stata impostata su un percorso di educazione alla cittadinanza a partire da ciò che i bambini conoscono: il luogo in cui vivono. I risultati ottenuti enfatizzano la funzione dei musei di storia in quanto spazi privilegiati in cui raccontare il passato e avviare pratiche di public history attraverso modalità capaci di adattarsi ai loro molteplici pubblici.

    Per la rubrica Esperienze Paola Palmini ci descrive un percorso realizzato in una classe prima di scuola primaria nell’epoca della pandemia. Il progetto sviluppato nel corso dell’intero anno scolastico ha avuto come finalità principale la creazione di un contesto esperienziale affettivo, accogliente e altamente socializzante. “Amicizie spaziali”, questo il titolo del progetto, è stato realizzato attraverso un approccio interdisciplinare, orientato a introdurre percorsi di storia, di geografia e di educazione civica. Di particolare rilevanza l’obiettivo raggiunto di avvio del processo di educazione temporale e spaziale legato alle esperienze vissute e alla comprensione del tempo presente.

    Gli studenti considerano la storia una disciplina da memorizzare, così come storia dell'arte, geografia, scienze, fisica e altre. Ma è proprio e sempre così? Su questa domanda Paola Lotti ci presenta nel suo articolo i risultati di un questionario somministrato a studentesse e studenti di una scuola superiore di Padova che ha dato risultati contrastanti. Convivono nelle risposte degli studenti da una parte, nel lungo periodo, l'interesse per la disciplina, rafforzato da necessità di studio, di vita quotidiana, di comprensione dei processi storici attuali, dall'altra permangono le difficoltà a modificare stereotipi e luoghi comuni, derivate anche dalle modalità di apprendimento scolastico.

    Un’esperienza analoga relativa ad una classe V di scuola superiore ci viene raccontata da Elena Monari che dopo aver descritto il curricolo di storia proposto ai suoi studenti ci propone i risultati di un elaborato realizzato dalla classe che, attraverso l’analisi di un brano storiografico, doveva argomentare sulla utilità della storia. Le riflessioni degli studenti sembrano smentire il luogo comune dell’inutilità della storia: studiare la storia restituisce una visione del mondo piena di dettagli e ricca di novità, un modo per imparare a combattere le sempre più ricorrenti distorsioni e false notizie, uno strumento per la costruzione di una identità. Sono solo alcuni dei pensieri degli studenti sulla storia che possono ridare fiducia ai docenti che la insegnano.

    Nell’ultimo contributo di esperienze Maria Chiara Di Pofi, prendendo spunto dalla sua tesi di dottorato, si sofferma in particolare sull’analisi relativa agli atteggiamenti degli studenti nei confronti della storia, realizzata attraverso un questionario. Anche in questo caso i risultati sembrano essere incoraggianti. La concezione che emerge è quella di una disciplina che offre la possibilità di imparare dai fallimenti e dai successi degli altri e di riflettere non solo su eventi, fatti e processi del passato, ma anche del presente.

    Nella rubrica Letture segnaliamo cinque libri che permettono di approfondire la riflessione sulla utilità e inutilità della storia. Adriano Prosperi, Un tempo senza storia (a cura di Vincenzo Guanci); Carlo Greppi, La storia ci salverà (a cura di Enrica Dondero); Gruzinski S., La macchina del tempo (a cura di Giulio Ghidotti); Flores M., Cattiva memoria. Perché è difficile fare i conti con la storia (a cura di Ernesto Perillo); Scipione Guarracino, Senza storia. Ricominciamo da uno (a cura di Giuseppe Di Tonto)

    Le Spigolature (a cura di Ernesto Perillo) sono dedicate a Marc Bloch riportando l’introduzione al testo Apologia della storia o Mestiere dello storico, più volte citato in alcuni articoli di questo numero.

    La Controcopertina infine è dedicata ad una citazione di Walter Benjamin, che si richiama ad un quadro di Paul Klee Angelus Novus, contenuta nelle sue Tesi sulla filosofia della storia del 1940.

     

    Buona lettura!

  • Wikiradio e i podcast di storia: l’Italia e il mondo

    di Antonio Prampolini

    Il 12 luglio dell’anno scorso Historia Ludens ha pubblicato una sitografia sui podcast di storia della Rai. Oggi la completiamo indicizzando le numerose trasmissioni dedicate alla storia dal programma Wikiradio di Rai Radio 3.

    Wikiradio è un appuntamento quotidiano che dal 2011 racconta personaggi, luoghi ed eventi che appartengono alla nostra contemporaneità e alla sua storia. Gli eventi narrati sono di solito quelli accaduti nel passato, recente o lontano, proprio nei giorni in cui va in onda il programma. Le ricorrenze diventano così un’occasione per fare storia alla radio. Il nome ricorda volutamente Wikipedia, infatti il programma si prefigge di creare una sorta di “enciclopedia universale online”, consultabile liberamente e gratuitamente, di “voci narranti” grazie al contributo di esperti e studiosi di storia, economia, scienze, letteratura, arte, musica.

    Di seguito vi proponiamo una sitografia in cui abbiamo indicizzato, sia per argomenti che per autori, una selezione dei podcast dedicati alla storia d’Italia, e non solo, dall’Ottocento ai giorni nostri, presenti sul sito raiplaysound.it alla data del 31/12/2022. Ogni podcast è recitato da uno storico. Li presentiamo ordinati per argomenti. Alla fine, poi li abbiamo ordinati per autore.

     

    1. Storia d'Italia dal Risorgimento ai nostri giorni

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 1Fig.1: Copertina dell'edizione del 1860 de Il Canto degli Italiani Fonte1.1 Il Risorgimento

    1.1.1 Gli eventi

    • La spedizione di Sapri: il tentativo di Carlo Pisacane e di un gruppo ristretto di mazziniani di liberare nel giugno del 1857 i detenuti politici dalla prigione borbonica di Ponza e di provocare una rivolta in terraferma, conclusosi con la morte del Pisacane. Racconto di Mario Isnenghi (25/06/2015).
    • La spedizione dei mille: l’impresa militare compiuta tra il maggio e l'ottobre del 1860 da volontari al comando di Giuseppe Garibaldi, che, con il crollo del Regno delle Due Sicilie, diede la spinta decisiva alla formazione dell’unità d’Italia. Racconto di Mario Isnenghi (11/05/2016).
    • Il massacro di Bronte: la fucilazione da parte dei garibaldini comandati da Nino Bixio, nell’omonima località in provincia di Catania, dei contadini siciliani insorti nell’agosto del 1860 contro i nobili e la borghesia. Racconto di Mario Isnenghi (10/08/2016).
    • L’incontro di Teano: l’incontro tra Garibaldi e il re Vittorio Emanuale II, avvenuto nei pressi dell’omonima località il 26 ottobre del 1860, che conclude la spedizione dei Mille nel Regno delle Due Sicilie. Racconto di Mario Isnenghi (20/06/2017).
    • L’assedio di Gaeta: l’assedio, con conseguente resa, della fortezza borbonica di Gaeta da parte dell’esercito piemontese comandato dal generale Enrico Cialdini nel novembre del 1860. Racconto di Carmine Pinto (13/11/2018).
    • Le prime elezioni dell'Italia Unita: nel 1861 (gennaio-febbraio) si svolsero le prime elezioni politiche per la Camera dei Deputati del neonato Regno D’Italia; elezioni che furono vinte dalla Destra storica. Racconto di Giuseppe Parlato (27/01/2015).

    1.1.2 Le biografie

    • I fratelli Bandiera: Attilio, 1810-1844, ed Emilio, 1819-1844, raccontati da Emilio Franzina (25/07/2019).
    • Silvio Pellico, 1789-1854, raccontato da Mario Isnenghi (25/03/2015).
    • Giuseppe Mazzini, 1805-1872, raccontato da Giuseppe Parlato (10/03/2020).
    • Felice Orsini, 1819-1858, raccontato da Mario Isnenghi (14/01/2015).
    • Aurelio Saffi, 1819-1890, raccontato da Roberto Balzani (10/04/2019).
    • Anita Garibaldi, 1821-1849, raccontata da Silvia Cavicchioli (30/08/2018).
    • Ippolito Nievo, 1831-1861, raccontato da Mario Isnenghi (04/03/2016).
    • Cesare Battisti, 1875-1916, raccontato da Stefano Biguzzi (12/07/2019).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 2Fig.2: Alpini italiani nella Grande Guerra Fonte1.2 La Prima Guerra Mondiale

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 3Fig.3: Soldati italiani in azione sul fronte greco-albanese nell'inverno 1940-41 Fonte1.3 La Seconda Guerra Mondiale

    • L'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale, 10 giugno 1940. Racconto di Marcello Flores (10/06/2020).
    • Il Patto d'acciaio: l’accordo tra i governi dell’Italia fascista e della Germania nazista firmato a Berlino il 22 maggio 1939. Racconto di Emilio Gentile (22/05/2019).
    • Il “Giorno del No” in Grecia, 28 ottobre 1940: il rifiuto del governo greco, allora guidato da Ioannis Metaxas, di sottostare all’ultimatum dell’Italia di consentire l’ingresso del proprio esercito in Grecia per “garantirne la neutralità”. Rifiuto a cui seguirà la dichiarazione di guerra italiana. Racconto di Simona Colarizi (28/10/2015).
    • Lo sbarco in Sicilia, 10 luglio 1943. Racconto di Marcello Flores (10/07/2017).
    • L'armistizio di Cassibile, 3 settembre 1943: la resa incondizionata dell'Italia agli eserciti alleati, che nel mese di luglio erano sbarcati in Sicilia, firmata a Cassibile. Racconto di Emilio Gentile (03/09/2013).
    • L'8 settembre 1943: l'annuncio da parte del capo del governo italiano, maresciallo Pietro Badoglio, dell'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile. Racconto di Marcello Flores (08/09/2014).
    • L’Eccidio di Cefalonia, 23-28 settembre 1943: crimine di guerra compiuto da reparti dell'esercito tedesco a danno dei soldati italiani presenti sull’isola di Cefalonia alla data dell'8 settembre 1943. Racconto di Marcello Flores (15/09/2017).
    • Le Quattro Giornate di Napoli, 27–30 settembre 1943: l’insurrezione della popolazione di Napoli contro le forze occupanti tedesche. Racconto di Gabriella Gribaudi (27/09/2012).
    • L'eccidio di Pietransieri: l'eccidio compiuto dall'occupante nazista in Italia il 21 novembre 1943 a Pietransieri, frazione del comune di Roccaraso (Aquila). Racconto di Michela Ponzani (21/11/2012).
    • La vera storia del carteggio Churchill-Mussolini. Racconto di Mimmo Franzinelli (04/05/2018).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 4Fig.4: Le truppe alleate entrano a Bologna il 21 aprile 1945 Fonte1.4 L'Italia liberata

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 5Fig.5: Caso Mattei: i resti del bimotore sul quale viaggiava il presidente dell’ENI precipitato a Bascapè (PV) il 27 ottobre 1962 Fonte1.5 Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi

    • La nascita della Repubblica Italiana raccontata da Patrizia Dogliani (02/06/2014).
    • Le donne della Repubblica raccontate da Simonetta Soldani (02/06/2016).
    • L'Unione Donne Italiane raccontata da Alessandra Gissi (23/10/2019).
    • Le Feste della Repubblica raccontate da Maurizio Ridolfi (02/06/2017).
    • L'amnistia Togliatti, 22 giugno 1946, raccontata da Mimmo Franzinelli (22/06/2015).
    • La strage di Portella della Ginestra: l’eccidio commesso in località Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, il 1º maggio 1947 da parte della banda criminale di Salvatore Giuliano che sparò contro la folla riunita per celebrare la festa del lavoro provocando undici morti e numerosi feriti. Racconto di Emilio Gentile (01/05/2013).
    • Le elezioni politiche italiane del 1948 raccontate da Edoardo Novelli (18/04/2013).
    • L'eccidio di Melissa: l’episodio verificatosi il 29 ottobre 1949 nell’omonima località in provincia di Crotone in cui morirono tre giovani contadini per mano della polizia intervenuta per “liberare” le terre incolte dei latifondi occupate dai braccianti. Racconto di Danilo Chirico (29/10/2015).
    • La strage delle Fonderie Riunite di Modena: l’uccisione di sei operai e il ferimento di circa duecento persone in seguito all’intervento della polizia durante lo sciopero del 9 gennaio 1950 indetto dalla CGIL per protestare contro i licenziamenti degli operai metalmeccanici delle fonderie. Racconto di Lorenzo Bertucelli (09/01/2015).
    • Il ritorno di Trieste all'Italia, in applicazione degli accordi sottoscritti il 5 ottobre 1954 dai governi d'Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti d'America e della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia con il Memorandum di Londra. Racconto di Giuseppe Parlato (26/10/2012).
    • I morti di Reggio Emilia: fatto di sangue avvenuto nella città emiliana il 7 luglio 1960 in seguito all’intervento delle forze dell’ordine nel corso di una manifestazione sindacale. Racconto di Mimmo Franzinelli (07/07/2014).
    • La Fiat 600 raccontata da Giuseppe Berta (09/03/2016).
    • L'Autostrada del Sole, 1956-1964, raccontata da Tullia Iori (19/05/2017).
    • Italsider, il principale gruppo siderurgico italiano per la produzione dell’acciaio raccontato da Alessandro Leogrande (09/07/2015).
    • Adriano Olivetti, 1901 -1960, raccontato da Giuseppe Berta (27/02/2015).
    • Il caso Mattei, 1906-1962: la morte di Enrico Mattei, presidente e fondatore dell’ENI, avvenuta il 17 ottobre del 1962, in seguito all’esplosione dell’aereo su cui viaggiava di ritorno dalla Sicilia. Racconto di Mimmo Franzinelli (27/10/2016).
    • L'occupazione dell'Università di Trento del 1966 raccontata da Concetto Vecchio (24/01/2013).
    • La nascita della Montedison, 7 luglio 1966, raccontata da Giuseppe Berta (07/07/2017).
    • L'alluvione di Firenze, 4 novembre 1966, raccontata da Marco Gisotti (04/11/2014).
    • Il Processo Braibanti: il processo che vede imputato per plagio l’intellettuale di sinistra Aldo Braibanti (1922-2014), il quale verrà condannato a nove anni di carcere il 15 luglio 1968. Racconto di Roberto Raja (13/07/2018).
    • Lo Statuto dei lavoratori, legge n.300 del 20 maggio 1970, raccontato da Walter Passerini (25/05/2015).
    • La morte di Feltrinelli, 14 marzo 1972, raccontata da Mimmo Franzinelli (14/03/2017).
    • Il rapimento di Mario Sossi, 18 aprile 1974, raccontato da Giovanni Bianconi (18 Apr 2018).
    • Il referendum abrogativo sul divorzio, 12-13 maggio 1974, raccontato da Fiamma Lussana (12/05/2017).
    • La strage di piazza della Loggia: attentato terroristico fascista compiuto il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia. Racconto di Mimmo Franzinelli (28/05/2013).
    • La strage dell'Italicus: attentato terroristico dinamitardo di matrice neofascista compiuto nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 sul treno Italicus. Racconto di Massimiliano Griner (04/08/2015).
    • Il terremoto del Friuli, 6 maggio 1976, raccontato da Massimiliano Griner (06/05/2016).
    • L’assassinio di Giorgio Ambrosoli, 11 luglio 1979, raccontato da Mimmo Franzinelli (11/07/2017).
    • Terremoto dell'Irpinia, 23 novembre 1980, raccontato da Isaia Sales (23/11/2016).
    • Carlo Alberto Dalla Chiesa, 1920-1982, generale dei carabinieri e prefetto ucciso dalla mafia a Palermo il 3 settembre 1982. Racconto di Lirio Abbate (03/092014).
    • Il referendum sul nucleare in Italia: l'8 novembre 1987 gli italiani si esprimono con un referendum contro l'uso dell'energia nucleare in Italia. Racconto di Marco Gisotti (08/11/2013).
    • La strage di Via D’Amelio: l’uccisione per mano della mafia a Palermo il 19 luglio 1992 del giudice Borsellino e della sua scorta. Racconto di Giovanni Bianconi (19/07/2019).
    • La strage di via dei Georgofili: attentato terroristico compiuto dalla mafia a Firenze nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993. Racconto di Lirio Abbate (27/05/2019).
    • I processi per la strage di Piazza Fontana, 1972-2005, raccontati da Benedetta Tobagi (12/12/ 2019).

     

    2. Il mondo in guerra

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 6Fig.6: I delegati degli eserciti alleati dopo la firma dell’Armistizio di Compiègne in Piccardia l’11 novembre 1918 Fonte2.1 La Prima guerra mondiale

     

     

     

     

      

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 7Fig.7: Hiroshima dopo il bombardamento atomico del 6 agosto 1945 Fonte2.2 La Seconda guerra mondiale

    • Il Comitato “America First”: il principale gruppo isolazionista americano ad opporsi all'ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Fu fondato nel settembre 1940 e venne sciolto nel dicembre 1941 dopo l'attacco del Giappone a Pearl Harbor. Racconto di Daniele Fiorentino (04/09/2017).
    • La battaglia d'Inghilterra, 10 luglio-31 ottobre 1940. Racconto di Antonio Martelli (09/10/2014).
    • La nascita del regime di Vichy, 10 luglio 1940. Racconto di David Bidussa (10/07/2014).
    • La battaglia di Stalingrado, 17 luglio 1942–2 febbraio 1943. Racconto di Marcello Flores (19/09/2014).
    • Il D-Day, 6 giugno 1944: lo sbarco alleato in Normandia. Racconto di Emilio Gentile (06/06/2013).
    • Il protocollo di Londra del 1944, 12 settembre: accordo tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica sulle zone d’occupazione della Germania e sull’amministrazione congiunta della sua capitale Berlino. Racconto di Marcello Flores (12/09/2019).
    • Il bombardamento di Dresda, 13–15 febbraio 1945. Racconto di Marcello Flores (13/02/2015).
    • La Conferenza di Potsdam, 17 luglio – 2 agosto 1945: la conferenza internazionale dopo la fine della Seconda guerra mondiale a cui parteciparono i rappresentanti delle tre grandi potenze vincitrici, Churchill, Stalin e Truman, con i rispettivi ministri degli esteri. Racconto di Simona Colarizi (17/07/2015).
    • La bomba su Hiroshima, 6 agosto 1945. Racconto di Marcello Flores (06/08/2013).
    • Winston Churchill, 1874-1965, raccontato da Emilio Gentile (24/01/2017).

     

    3. Rivoluzioni e genocidi del '900

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 8Fig.8: L'assalto al Palazzo d'Inverno a Pietrogrado da parte dei bolscevichi nella ricostruzione del film “Ottobre” di Ejzenštejn Fonte3.1 La Rivoluzione russa

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 9Fig.9: Il monumento a memoria dell’Olocausto a Berlino Fonte3.2 Memorie della Shoah

    • Speciale Memorie della Shoah in diretta dalla Fondazione Museo della Shoah a Roma. Con Mario Venezia, Isabella Insolvibile, Alessandra Mauro, Bruno Maida, Daniele Susini (27/01/2022).
    • Il Manifesto della razza, 5 agosto 1938: testo firmato da dieci scienziati italiani che divenne la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell'Italia fascista. Racconto di Anna Foa (05/08/2015).
    • Le leggi razziali: il 18 settembre 1938 in un discorso tenuto a Trieste Benito Mussolini annuncia agli italiani la politica razziale del regime fascista. Racconto di Alessandra Tarquini (18/09/2018).
    • La notte dei cristalli: nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 i nazisti delle SS distruggono migliaia di luoghi pubblici e privati della comunità ebraica in Germania. Racconto di Anna Foa (09/11/2017).
    • La Stella di Davide: il 6 settembre 1941 i nazisti impongono agli ebrei dei territori occupati di portare la stella di Davide. Racconto di Elena Loewenthal (06/09/2013).
    • Anna Frank: l'8 luglio 1942 Anna Frank riprende a scrivere il suo diario dopo l'ingresso nell'alloggio segreto ad Amsterdam dove lei e la sua famiglia si nascondevano dai nazisti. Racconto di Elena Loewenthal (08/07/2013).
    • Il rastrellamento del Velodromo d'inverno: il 16 luglio 1942, a Parigi, per ordine del governo collaborazionista francese di Vichy, più di 13 mila ebrei vengono rastrellati e rinchiusi nel Velodromo d'inverno. Racconto di Anna Foa (16/07/2018).
    • La rivolta del ghetto di Varsavia: il 19 aprile 1943 gli ebrei del ghetto di Varsavia si rivoltano contro i nazisti. Racconto di Marcello Pezzetti (19/04/2016).
    • La fuga da Sobibor, 14 ottobre 1943: fuga dei prigionieri ebrei dal campo di sterminio nazista di Sobibor in Polonia. Racconto di Marcello Pezzetti (14/10/2016).
    • La razzia degli ebrei romani: il 16 ottobre 1943 i nazisti arrestano a Roma oltre 1259 persone, di cui 363 uomini, 689 donne e 207 bambini appartenenti alla comunità ebraica. Racconto di Liliana Picciotto (16/10/2013).
    • Il primo trasporto da Fossoli ad Auschwitz: il 22 febbraio 1944 dal campo di prigionia di Fossoli parte il primo convoglio diretto ad Auschwitz. Racconto di Bruno Maida (22/02/2021).
    • La risiera di San Sabba: il 4 aprile 1944, a Trieste, entra in funzione il crematorio nel lager della risiera di San Sabba. Racconto di Tristano Matta (04/04/2017).
    • Gli artisti del ghetto di Terezin: il 16 ottobre 1944 tutti gli artisti rinchiusi nel ghetto di Terezin vengo deportati ad Auschwitz dove il giorno dopo verranno sterminati nelle camere a gas. Racconto di Guido Barbieri (16/10/2015).
    • Odoardo Focherini, 1907-1944: il 27 dicembre 1944 muore nel campo di concentramento di Hersbruck, in Germania, Odoardo Focherini. Racconto di Brunetto Salvarani (27/12/2021).
    • La liberazione del campo di Auschwitz: il 27 gennaio 1945 le truppe dell'armata rossa entrano nel campo di sterminio di Auschwitz. Racconto di Marcello Pezzetti (27/01/2014).
    • I bambini della colonia di Sciesopoli: il 20 settembre 1945, 40 bambini ebrei orfani arrivano nella colonia di Sciesopoli a Selvino, in provincia di Bergamo. Racconto di Bruno Maida (20/09/2018).
    • Il viaggio della Exodus: l'11 luglio 1947 la nave Exodus, con a bordo più di quattromila ebrei, salpa dal porto francese di Sète in direzione della Palestina, poco prima della fine del mandato britannico e della fondazione dello Stato di Israele. Racconto di Elena Lowenthal (11/07/2014).
    • Il processo a Adolf Eichmann: il 9 dicembre 1961 Adolf Eichmann viene riconosciuto colpevole di crimini di guerra nel processo davanti alla corte distrettuale di Gerusalemme che si conclude con la condanna a morte per impiccagione. Racconto di Anna Foa (09/12/2011).
    • Oskar Schindler, 1908-1974: il 9 ottobre 1974 muore a Hildesheim, in Germania, Oskar Schindler, imprenditore tedesco, famoso per aver salvato durante la Seconda guerra mondiale circa 1.100 ebrei dallo sterminio. Racconto di Claudio Vercelli (09/10/2012).
    • Josef Mengele, 1911-1979: il 7 febbraio 1979 il medico nazista Josef Mengele muore di infarto a Bertioga, in Brasile. Racconto di Marcello Pezzetti (07/02/2014).
    • Demjanjuk, il boia di Sobìbor e Treblìnka: il 27 luglio 1987, di fronte alla corte distrettuale di Gerusalemme, inizia l'interrogatorio di Ivan John Demjanjuk, accusato di crimini contro il popolo ebraico e contro l'umanità. Racconto di Marcello Flores (27/07/2021).
    • Giorgio Perlasca, 1910-1992: il 15 agosto 1992 muore a Padova Giorgio Perlasca, riconosciuto "Giusto" fra le Nazioni per aver salvato la vita a più di 5.000 ebrei. Racconto di Anna Foa (15/08/2019).
    • L'epidemia del “morbo K”: il 2 marzo 2005 Giovanni Borromeo viene riconosciuto "Giusto" fra le Nazioni per aver inventato, insieme ad Adriano Ossicini, l'epidemia del morbo K, allo scopo di salvare gli ebrei romani dalle persecuzioni nazifasciste. Racconto di Anna Foa (02/03/2021).
    • Elie Wiesel, 1928-2016: il 30 settembre 1928 nasce a Sighetu Marmației, in Romania, Elie Wiesel, scrittore, saggista, attivista dei diritti umani, insignito del Premio Nobel per la pace nel 1986. Racconto di Elena Loewenthal (30/09/2020).
    • Le pietre d'inciampo: il 27 gennaio di ogni anno si celebra il Giorno della memoria, istituito con una risoluzione dell'ONU il primo novembre 2005. Racconto di Anna Foa (27/01/2020).

     

    4. Intellettuali e movimenti di contestazione

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 10Fig.10: Uno degli slogan più celebri del Sessantotto francese (Parigi, Sciences Po, maggio 1968) Fonte4.1 Il Sessantotto 

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 11Fig.11: La bandiera dell'Europa Fonte5. L'Europa unita

    • Gli accordi di Schengen, 1985-1997: complesso di accordi volti a favorire la libera circolazione dei cittadini e la lotta alla criminalità organizzata all’interno dell'Unione Europea (UE) mediante l’abbattimento delle frontiere interne tra gli Stati partecipanti e la creazione di un sistema comune di controllo alle frontiere esterne dell’UE. Racconto di Stefano Cingolani (27/11/2012).
    • Le prime elezioni europee, 10 giugno 1979, raccontate da Patrizia Dogliani (10/06/2014).
    • La Banca Centrale Europea raccontata da Andrea Terzi (01/06/2016).
    • Il trattato istitutivo della Ceca: la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio costituita con il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951. Racconto di Paolo Soldini (18/04/2017).
    • Altiero Spinelli, 1907-1986, raccontato da Marcello Flores (23/05/2019).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 12Fig.12: L'America latina Fonte6. L'America Latina: rivoluzioni e dittature

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 13Fig.13: Bandiera della Repubblica Popolare Cinese Fonte7. La Cina: da Mao Tse-tung alla protesta di Piazza Tienanmen 

    • La Lunga Marcia di Mao, 16 ottobre 1934 – 20 ottobre 1935, raccontata da Guido Samarani (16/10/2014).
    • La rivoluzione culturale cinese, 1966–1976, raccontata da Federico Rampini (16/12/2011).
    • La protesta di Piazza Tienanmen, dimostrazioni di massa di studenti, intellettuali e operai per una democratizzazione del regime comunista cinese che ebbero luogo a Pechino dal 15 aprile al 4 giugno 1989. Racconto di Marco Del Corona (05/06/2012).

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 14Fig.14: Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina nel 1928, in un'immagine dei primi anni Quaranta Fonte8. Le epidemie e le scoperte della scienza

     

     

     

    WIKIRADIO PODCAST DI STORIA IMMAGINE 15Fig.15: Don Lorenzo Milani e gli alunni della Scuola di Barbiana Fonte9. La scuola italiana: protagonisti, istituzioni ed esperienze educative

     


     

    Indice dei podcast per autori

    A B C D F G I L M N P R S T V

     

    A
    Abbate Lirio, Carlo Alberto Dalla Chiesa, 03/092014.
    " "                    La strage di via dei Georgofili, 27/05/2019.

    Affinati Eraldo, Don Milani, 26/06/2017.
    Agosti Aldo, La Liberazione di Torino, 28/04/2015.
    Anselmo Marcello, Il colera a Napoli, 28/08/2020.

    B
    Balzani Roberto, Aurelio Saffi, 10/04/2019.
    Barbieri Guido, Gli artisti del ghetto di Terezin, 16/10/2015.
    Berta Giuseppe, Adriano Olivetti, 27/02/2015.
    " "                          La Fiat 600, 09/03/2016.
    " "                          La nascita della Montedison, 07/07/2017.
    Bertucelli Lorenzo, La strage delle Fonderie Riunite di Modena, 09/01/2015.
    Bianchi Bruna, La tregua di Natale del 1914, 25/12/2012.
    Bianconi Giovanni, Il rapimento di Mario Sossi, 18 Apr 2018.
    " "                              La strage di Via D’Amelio, 19/07/2019.
    Bidussa David, La nascita del regime di Vichy, 10/07/2014.
    Biguzzi Stefano, Cesare Battisti, 12/07/2019.

    C
    Calandri Michele, La Liberazione di Cuneo, 24/04/2015.
    Carotenuto Gennaro, Simón Bolívar, 07/08/2015.
    " "                                   La rivoluzione sandinista, 19/07/2016.
    " "                                   Il Canale di Panama, 07/09/2016.
    " "                                  Fidel Castro, 16/02/2017.
    " "                                  Emiliano Zapata, 08/08/2017.
    " "                                  La Rivoluzione messicana, 20/11/2017.
    " "                                  L'elezione di Salvador Allende, 04/09/2018.
    " "                                  La dittatura in Brasile, 13/12/2018.
    " "                                  Fulgencio Batista, 06/08/2019.
    Cavicchioli Silvia et al., Anita Garibaldi, 30/08/2018.
    Chirico Danilo, L'eccidio di Melissa, 29/10/2015.
    Cingolani Stefano, Gli accordi di Schengen, 27/11/2012.
    Colarizi Simona, La Conferenza di Potsdam, 17/07/2015.
    " "                          Il “Giorno del No” in Grecia, 28/10/2015.
    Corbellini Gilberto, Il vaiolo, 09/12/2013.
    Corbellini Gilberto et al., Il bacillo di Koch, 24/03/2021.
    Crainz Guido, L'occupazione del Politecnico di Varsavia, 21/03/2018.

    D
    Del Bene Marco, Il movimento studentesco in Giappone, 05/07/2018.
    Del Corona, La protesta di Piazza Tienanmen, 05/06/2012.
    Della Valle Valeria et al., La battaglia di Caporetto, 22/10/2021.
    Dogliani Patrizia, La nascita della Repubblica Italiana, 02/06/2014.
    " "                           Le prime elezioni europee, 10/06/2014.
    " "                           La fine della Prima guerra mondiale, 11/11/2015.
    Dondi Mirco, La battaglia di Monticello, 15/04/2015.
    D’Orazio Costantino et al., La battaglia di Caporetto, 22/10/2021.

    F
    Fiorentino Daniele, Il Comitato “America First”, 04/09/2017.
    Flores Marcello, La bomba su Hiroshima, 06/08/2013.
    " "                         L'8 settembre 1943, 08/09/2014.
    " "                         La battaglia di Stalingrado, 19/09/2014.
    " "                         Il bombardamento di Dresda, 13/02/2015.
    " "                         Lo sbarco in Sicilia, 10/07/2017.
    " "                         L’Eccidio di Cefalonia, 15/09/2017.
    " "                         L’assalto al Palazzo d’Inverno, 07/11/2017.
    " "                         La Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia, 15/11/2017.
    " "                         L’Assemblea Costituente in Russia, 24/11/2017.
    " "                         Il governo sovietico, 30/11/2017.
    " "                         Altiero Spinelli, 23/05/2019.
    " "                         Il protocollo di Londra del 1944, 12/09/2019.
    " "                         L'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale, 10/06/2020.
    " "                         Demjanjuk, il boia di Sobìbor e Treblìnka, 27/07/2021.
    Foa Anna, Il processo a Adolf Eichmann, 09/12/2011.
    " "               Il Manifesto della razza, 05/08/2015.
    " "               La notte dei cristalli, 09/11/2017.
    " "               Il rastrellamento del Velodromo d'inverno, 16/07/2018.
    " "               Giorgio Perlasca, 15/08/2019.
    " "               Le pietre d'inciampo, 27/01/2020.
    " "               L'epidemia del “morbo K”, 02/03/2021.
    Franzina Emilio, La strage di piazza della Loggia, 28/05/2013.
    " "                         La prima battaglia dell'Isonzo, 23/06/2015.
    " "                         Il Milite Ignoto, 04/11/2015.
    " "                         Gli emigrati italo americani nella Grande Guerra, 30/05/2016.
    " "                         I fratelli Bandiera, 25/07/2019.
    Franzinelli Mimmo, I morti di Reggio Emilia, 07/07/2014.
    " "                               L'amnistia Togliatti, 22/06/2015.
    " "                               Il caso Mattei, 27/10/2016.
    " "                               La morte di Feltrinelli, 14/03/2017.
    " "                               L’assassinio di Giorgio Ambrosoli, 11/07/2017.
    " "                               La vera storia del carteggio Churchill-Mussolini, 04/05/2018.

    G
    Gentile Emilio, La strage di Portella della Ginestra, 01/05/2013.
    " "                       Il D-Day, 06/06/2013.
    " "                       L'armistizio di Cassibile, 03/09/2013.
    " "                       L'Armistizio di Compiègne, 11/11/2014.
    " "                       Winston Churchill, 24/01/2017.
    " "                       Mussolini e la rivoluzione russa, 25/05/2017.
    " "                       Il Patto d'acciaio, 22/05/2019.
    Gisotti Marco, Il referendum sul nucleare in Italia, 08/11/2013.
    " "                      L'alluvione di Firenze, 04/11/2014.
    Gissi Alessandra, L'Unione Donne Italiane, 23/10/2019.
    Gribaudi Gabriella, Le Quattro Giornate di Napoli, 27/09/2012.
    Griner Massimiliano, La strage dell'Italicus, 04/08/2015.
    " "                                  Il terremoto del Friuli, 06/05/2016.
    " "                                  La Scuola Normale Superiore di Pisa, 18/10/2016.

    I
    Insolvibile Isabella, Speciale Memorie della Shoah, 27/01/2022.
    Iori Tullia, L'Autostrada del Sole, 19/05/2017.
    Isnenghi Mario, Felice Orsini, 14/01/2015.
    " "                        Silvio Pellico, 25/03/2015.
    " "                        La Liberazione di Venezia, 29/04/2015.
    " "                        La spedizione di Sapri, 25/06/2015.
    " "                        Ippolito Nievo, 04/03/2016.
    " "                        La spedizione dei mille, 11/05/2016.
    " "                        Il massacro di Bronte, 10/08/2016.
    " "                        L’incontro di Teano, 20/06/2017.
    " "                        Il bombardamento di Venezia, 26/02/2018.

    L
    Laudani Raffaele, Herbert Marcuse, 19/07/2018.
    Leogrande Alessandro, Italsider, 09/07/2015.
    Loewenthal Elena, Anna Frank, 08/07/2013.
    " "                             La Stella di Davide, 06/09/2013.
    " "                             Il viaggio della Exodus, 11/07/2014.
    " "                             Elie Wiesel, 30/09/2020.
    Lussana Fiamma, Il referendum abrogativo sul divorzio, 12/05/2017.

    M
    Maida Bruno, Il maestro Manzi, 03/11/2014.
    " "                     Maria Montessori, 06/01/2015.
    " "                     I bambini della colonia di Sciesopoli, 20/09/2018.
    " "                     Speciale Memorie della Shoah, 27/01/2022.
    " "                     Il primo trasporto da Fossoli ad Auschwitz, 22/02/2021.
    Marcheschi Daniela et al., La battaglia di Caporetto, 22/10/2021.
    Martelli Antonio, La battaglia d'Inghilterra, 09/10/2014.
    Matta Tristano, La risiera di San Sabba, 04/04/2017.
    Mauro Alessandra, Speciale Memorie della Shoah, 27/01/2022.
    Mazzoni Matteo, La liberazione di Firenze, 11/08/2017.

    N
    Novelli Edoardo, Le elezioni politiche italiane del 1948, 18/04/2013.

    P
    Parlato Giuseppe, Il ritorno di Trieste all'Italia, 26/10/2012.
    " "                             Le prime elezioni dell'Italia Unita, 27/01/2015.
    " "                             Giuseppe Mazzini, 10/03/2020.
    Passerini Luisa, Il maggio francese, 13/05/2016.
    Passerini Walter, Lo Statuto dei lavoratori, 25/05/2015.
    Pezzetti Marcello, La liberazione del campo di Auschwitz, 27/01/2014.
    " "                            Josef Mengele, 07/02/2014.
    " "                           La rivolta del ghetto di Varsavia, 19/04/2016.
    " "                           La fuga da Sobibor, 14/10/2016.
    Picciotto Liliana, La razzia degli ebrei romani, 16/10/2013.
    Pinto Carmine, L’assedio di Gaeta, 13/11/2018.
    Pinto Carmine et al., La battaglia di Caporetto, 22/10/2021.
    Ponzani Michela, L'eccidio di Pietransieri, 21/11/2012.
    Preti Alberto, La liberazione di Bologna, 21/04/2015.
    Pupo Raoul, La Liberazione di Trieste, 30/04/2015.

    R
    Raffaeli Massimo, Francesco De Sanctis, 20/09/2017.
    Raja Roberto, Il Processo Braibanti, 13/07/2018.
    Rampini Federico, La rivoluzione culturale cinese, 16/12/2011.
    Ridolfi Maurizio, Le Feste della Repubblica, 02/06/2017.
    Roghi Vanessa, Lettera a una professoressa, 23/05/2017.
    Rossi Tommaso, La liberazione di Perugia, 20/06/2017.
    Rossi Doria Marco, La nascita della scuola media, 01/10/2014.

    S
    Sales Isaia, Terremoto dell'Irpinia, 23/11/2016.
    Salvarani Brunetto, Odoardo Focherini, 27/12/2021.
    Samarani Guido, La Lunga Marcia di Mao, 16/10/2014.
    Sangiovanni Andrea, Gli scioperi pre-insurrezionali, 17/04/2015.
    Scaglione Daniele, “I Nove di Catonsville”, 17/05/ 2018.
    Soldani Simonetta, Le donne della Repubblica, 02/06/2016.
    Soldani Simonetta et al., La battaglia di Caporetto, 22/10/2021.
    Soldini Paolo, I prigionieri di guerra dell'Asinara, 16/12/2015.
    " "                     Il trattato istitutivo della Ceca, 18/04/2017.
    " "                    Rudi Dutschke, 11/04/2018.
    " "                    Il Manifesto delle duemila parole, 27/06/2018.
    Susini Daniele, Speciale Memorie della Shoah, 27/01/2022.

    T
    Tagliagambe Silvano, La scoperta del bacillo della peste, 20/06/2014.
    " "                                  La scoperta della penicillina, 11/03/2015.
    " "                                  L’influenza spagnola, 15/03/2016.
    " "                                  La febbre gialla, 08/12/2016.
    Tarquini Alessandra, Le leggi razziali, 18/09/2018.
    Terzi Andrea, La Banca Centrale Europea, 01/06/2016.
    Tobagi Benedetta, I processi per la strage di Piazza Fontana, 12/12/ 2019.
    Tonizzi Maria Elisabetta, La Liberazione di Genova, 23/04/2015.

    V
    Vecchio Concetto, L'occupazione dell'Università di Trento del 1966, 24/01/2013.
    Venezia Mario, Speciale Memorie della Shoah, 27/01/2022.
    Vercelli Claudio, Oskar Schindler, 09/10/2012.

  • Young Historians Festival, il festival dei giovani storici a Lucca

    di Ilaria Sabbatini

    &nbsp

    Young Historians Festival è il primo festival italiano di storia rivolto ai ragazzi in età scolare, dalle elementari alla scuola superiore: un festival di storia per ragazzi fatto dai ragazzi. Quella che viene proposta per il 2018 è un'edizione zero. Abbiamo l'intenzione di farlo diventare un appuntamento fisso che qualifichi la città di Lucca nel senso dell'attenzione alla storia, alla formazione e alla didattica.

Questo sito utilizza cookies tecnici e di terze parti per funzionalità quali la condivisione sui social network e/o la visualizzazione di media. Chiudendo questo banner, cliccando in un'area sottostante o accedendo ad un'altra pagina del sito, acconsenti all’uso dei cookie. Se non acconsenti all'utilizzo dei cookie di terze parti, alcune di queste funzionalità potrebbero essere non disponibili.