di Antonio Brusa
Trecento numeri sono un risultato di cui una rivista storica deve andare fiera. E lo è “Italia Contemporanea”, il cui trecentesimo numero, appena uscito (dicembre 2022), riproduce con orgoglio la copertina del primo fascicolo, apparso nel luglio del 1949. Vi si trova un bilancio in forma originale: la direzione ha individuato i temi fondamentali, quelli che hanno attraversato la vita della rivista e conservano ancora oggi la loro forza. Così, questo numero è organizzato in sei sezioni, dedicate alla società italiana, alla Resistenza, alla Seconda guerra mondiale e all’Italia repubblicana, al lavoro e all’economia e infine alle memorie pubbliche.
All’interno di queste sezioni non mancano i temi specificatamente culturali: su Calvino, sulla “resistenza immaginata”, sulle culture di consumo e sulle donne, sull’identità e, finalmente, sulla public history, nelle sue varie espressioni (dal cinema, alla fiction alla memoria pubblica ecc.).
Ora, se andate sul sito online della rivista, che ha meritoriamente messo in rete tutte le annate fino al 2009, e inserite nel motore di ricerca la parola “scuola”, vi compariranno una trentina di occorrenze. Meno, se cliccate “didattica” (effettivamente termine usato solo a partire dagli anni ’80 del secolo scorso). Molte di queste occorrenze sono rassegne che contengono decine di interventi. E fra gli intervenuti si trovano nomi decisivi nella storia della rivista, da Guido Quazza fino a Rino Sala, che per anni è stato l’anima della Commissione didattica. La didattica della storia, infatti, è stato un pilastro della rete dell’Insmli (oggi Istituto Nazionale Ferruccio Parri) e ne ha costituito l’originalità, nell’ambito delle associazioni di ricerca storica che si sono formate nel secondo dopoguerra, per le quali la didattica e la scuola (al di là delle espressioni di deferenza del tutto formali) sono stati argomenti desultori e secondari. La rete degli istituti si è costituita, nel corso dei decenni, come l’unico presidio didattico nazionale, essendo presente in quasi tutte le regioni e in molte città italiane con le sue sezioni didattiche, raccogliendo e organizzando i docenti che si dedicavano alla ricerca didattica e alla formazione insegnante. Ha saputo costruire, a partire da una richiesta al principio limitata all’esigenza di tener vivo il ricordo della Resistenza, un supporto completo all’insegnamento della storia contemporanea, del tempo presente, e un grande contributo alla formazione dei docenti.
È nel think tank della rete – fatto di ricercatori e insegnanti, caso unico in Italia - che si producono interventi fondamentali nella prima battaglia sull’insegnamento della storia, agli esordi dell’Italia repubblicana, che si propongono le soluzioni all’impasse didattica che aveva paralizzato gli insegnanti “progressisti” degli anni ’70 (“manuale sì/manuale no”); è in questo che si elabora un’idea di laboratorio storico che oggi fa parte del patrimonio di centinaia di insegnanti; è qui che si apre ai docenti l’immenso campo delle fonti - da quelle orali, alle fonti audiovisive, agli archivi scolastici. È qui che si formula il progetto del “curricolo verticale”, inteso come una progressione di studi che connetta gradi di scolarità che nella realtà spesso lavorano in completa indipendenza. Idee vincenti, oggi diffuse nella scuola, ma nate negli Istituti, e delle quali questi dovrebbero rivendicare il merito. L’onda riformatrice prodotta dalla rete riesce a interessare anche le aule ministeriali: i programmi Brocca (da molti lodati come i migliori prodotti dall’Amministrazione) si avvalgono delle risorse didattiche degli istituti (vi fecero parte alcuni membri della rete e il Landis non mancò di far pervenire ai Commissari materiali prodotti dal movimento di ricerca didattica dei tempo) e, quando il ministro Berlinguer finalmente rese insegnabile il Novecento, con la direttiva 681 del 1996, fu alla rete degli Istituti che si rivolse, per organizzare uno straordinario piano di formazione dei docenti. Molte di queste risorse, poi, sono confluite nella rivista online “Novecento.org”, che, a giudicare dal numero dei contatti, è diventata un punto di riferimento del corpo docente, per quanto riguarda l’insegnamento della storia contemporanea.
Nelle sole due pagine di questo numero dedicate alla didattica, si può leggere la recensione di Deborah Paci al libro, curato da Salvatore Adorno, Luigi Ambrosi e Margherita Angelini, Pensare storicamente. Didattica, laboratori, manuali (Franco Angeli, 2020): basta scorrere le bibliografie riportate nei suoi numerosi contributi, per rendersi conto del peso che ormai ha la ricerca storico didattica anche in Italia, e dell’apporto che a questa hanno dato storici e insegnanti che fanno parte del circuito culturale della rete.
Quindi, la didattica della storia è stata un tema fondamentale non solo della rete degli Istituti, ma anche per gli storici che, nel tempo si sono succeduti nella vicenda scientifica di “Italia Contemporanea”. Al punto che sono convinto che la sua esclusione da questo trecentesimo numero sia dovuta soltanto alla consapevolezza che alla didattica della storia del Novecento occorrerà dedicare, in futuro, un numero speciale.