Bari 11 gennaio

Chi costeggia Bari dalla circonvallazione conosce bene questa chiesetta. La vede in mezzo a una distesa semiabbandonata, su di uno sfondo di capannoni e palazzi in costruzione. E' la chiesa di Torre Tresca. Ci siamo andati con i ragazzi del corso di Didattica della Storia, guidati da Sergio e da Elena. Fino agli anni '50 quella chiesa spuntava da una bidonville, poco raccomandabile per gli abitanti della città. Questa, a sua volta, era l'evoluzione dei campi di concentramento e di raccolta profughi, costruiti durante e dopo la guerra. Sparsi per la campagna, si vedono i conci per la coltura della vite, resto dell'attività agraria in età moderna e, qua e là, si aprono grotte e buche nel terreno, dai quali partono complessi ipogei che testimoniano la frequentazione umana da almeno un millennio.

Che posto straordinario, per mostrare la potenza della storia. Non gli daresti due centesimi, tanto appare desolato e privo di interesse. La storia te ne rivela la ricchezza nascosta. Prima non vedevi, e dopo vedi. Me ne accorgo, di questa curiosità che si incrementa, man mano che ci inoltriamo e Sergio ci spiega questo e quel particolare. E' un luogo adattissimo, penso, per un laboratorio storico, dove far scoprire ai bambini e agli adolescenti la capacità della storia di "dare senso" a cose che ne sembrano prive.

Non vediamo solo i segni di chi la storia l'ha costruita. Qui c'è una matassa di gomma bruciata, resto della fusione di fili di rame, rubati chissà dove; lì un motorino, ugualmente rubato; un po' più avanti dei copertoni; in giro spazzatura e plastica a volontà; un insediamento, forse industriale, lasciato a metà, con i tondini di ferro sporgenti; strade e canali che interrompono i complessi ipogei. Sono i segni di chi la storia l'ha distrutta. Senza distinzioni di cultura, censo, professione, italiani e rom, ricchi e poveri, uomini dell'amministrazione e industriali, e i tanto famosi cittadini comuni, questa è la vasta e eterogenea comunità dei "distruttori di storia".

E' un altro contrasto, che mi piacerebbe mostrare: quello fra questa massa enorme e maggioritaria, e le minoranze che riescono a dare senso a ciò che gli altri distruggono. Ma mi piacerebbe, anche, inventare un laboratorio assai speciale, che sia capace di trasformare queste minoranze in maggioranze.

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