di Antonio Brusa
La notizia che vedete riportata in foto (“Repubblica”, 22/07, 2024) non è solo la testimonianza dell’ennesima giravolta identitaria del più antico partito italiano, ma è la prova che, talvolta e miracolosamente, la storia giunge in soccorso della scuola, proprio come le galeazze di Venezia a Lepanto o, se vogliamo dirla tutta, come i cavalieri alati polacchi all’assedio di Vienna.
Qual è il rischio che la scuola sta correndo? Ne abbiamo già parlato tanto su HL, che basterà accennare ai dinosauri che impedirebbero ai ragazzi di dotarsi di una salda identità italiana, e al libro Insegnare l’Italia, che potremmo considerare la summa ideologica della Commissione Galli Della Loggia/Perla per la riforma dei programmi. Ora, non pretendiamo affatto di convincere il decisore politico a suon di Remotti, Amselle, Rivera, Gallissot, Amartia Sen (e decine e decine di altri studiosi), che l’identità collettiva è un costrutto politico, potenzialmente dannoso, che non ha nessuna possibilità di riferirsi alle caratteristiche essenziali di una collettività, posto che se ne possa trovare una lista che metta d’accordo i membri della stessa. Finalmente, è uno stesso partito della maggioranza, presumibilmente dalla stessa parte del Ministro, che ci offre l’opportunità di suggerirgli di lasciar perdere con l’identità e di concentrarsi sulla storia.
Vogliamo mettere per iscritto i fatti elementari? Al principio degli anni ’80, la Lega aveva come simbolo identitario Alberto da Giussano. Hai voglia a scrivere saggi per avvisarli di non fare brutte figure, perché si trattava di un personaggio inventato. Loro no, hanno sguainato lo stesso gli spadoni e sono andati a Pontida, a proclamare la loro identità padana e antiromana: chissà poi perché, dal momento che l’antica Lega Lombarda, quella originale, era sostenuta dal papa de Roma. Poi si sono scocciati delle armature medievali, si sono innamorati dei celti, e sono riandati a Pontida con le corna e i treccioloni biondi. Poverini, del tutto ignari che la più bella tomba celtica italiana si trova a Canosa e che, chissà, Lino Banfi ne potrebbe incarnare l’avatar moderno con maggiore credibilità. Ma loro no. I celti sono del Nord contro il Sud, e noi siamo celti, hanno ribadito convinti. E oggi, saltando dalla Protostoria all’Età moderna, si immedesimano in quei guerrieri/marinai che fermarono il pericolo turco a Lepanto, nel 1571. Forse si ritroveranno con qualche nostalgico ungherese, col dente ancora avvelenato per la batosta di Mohacs, certamente con dei viennesi fieri del loro cornetto anti-islamico, ma credo che Marine Le Pen si sfilerà, come fecero i suoi antenati, che ai tempi di Lepanto erano talmente filoturchi che sarebbero stati espulsi con ignominia dal Rassemblement National.
Quindi, caro Ministro, lasci l’identità a quella variopinta schiera di cosplayer della storia. Non trasformi l’aula di storia in quel prato divertente che è diventato Pontida. Pensi a una disciplina seria, amata da tanti insegnanti che vorrebbero farla imparare per bene. E se vuole proprio ottenere la gratitudine di tutti, a qualsiasi identità facciano riferimento, restituisca le ore che la Gelmini tolse, permetta alle professionali di studiare storia tranquillamente, assegni all’educazione civica e all’orientamento ore proprie e non rubate ad altre discipline. E per quanto riguarda l’identità, ci lasci liberi di costruircela come vogliamo, con le trecce bionde e senza.
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