di Arcangelo Teofilo

orsottopotto

Che cosa ne pensano storici e insegnanti di storia della didattica a distanza (Dad)? Non abbiamo inchieste a tappeto, per rispondere a questa domanda, ma il forum telematico promosso dalla Commissione didattica del Coordinamento delle società storiche, svoltosi il 31 marzo 2020, è una sede autorevole per capire alcuni orientamenti. La discussione, dal titolo Insegnare storia a distanza e in emergenza https://www.youtube.com/watch?v=Wa26D-JKc10&t=1s è stata organizzata da Walter Panciera, dell’Università di Padova, che l’ha presentata con l’auspicio di avviare un dibattito non dettato dall’emotività del momento.

Questo incontro, della durata di poco meno di tre ore, ha raccolto esperienze di docenti, che hanno reagito prontamente all’emergenza, modificando abitudini e strumenti e ha fornito una visione d’insieme delle criticità e delle opportunità collegate alla Dad. Ci permette, inoltre, di disegnare un quadro del dibattito attuale storico didattico, accademico e no.

Il primo punto che è emerso con insistenza dalle varie esperienze è che la Dad non può essere considerata sostitutiva del lavoro fatto in classe, in presenza. La vicinanza dei docenti ai propri studenti è considerata un bisogno che i mezzi telematici non riescono a soddisfare.

Sul tema della condivisione di questo spazio virtuale si sono concentrati diversi interventi e soprattutto interrogativi: «Cosa fare per far percepire agli studenti il senso della vicinanza e condivisione? Quali competenze sviluppare a distanza e quali accantonare temporaneamente?» si è chiesta Cecilia Ricci, docente dell’Università del Molise. È indubbio che la gestione di uno spazio privato e personale, diverso da quello condiviso dell’aula universitaria o scolastica, comporti molti problemi: dalle norme riguardanti l’ambiente (silenzioso e adeguato), passando per la postura da mantenere durante la lezione, fino alla visibilità dei volti dei ragazzi e degli occhi dei docenti. Parlare, poi, dell’ambiente privato degli studenti richiama indiscutibilmente il problema sociale della didattica a distanza, quello dell’uguaglianza delle opportunità.

Le testimonianze dei docenti, infatti, hanno rappresentato una conferma di quanto sia sentito questo problema, anche per quel che concerne il divario digitale, il digital divide. A questo proposito è rilevante l’esperienza di Laura Marrazzo, docente presso l’Istituto Comprensivo di Dolo in provincia di Venezia. La didattica a distanza con i bambini della primaria, per quanto riveli problemi peculiari rispetto a quella degli altri ordini di scuola, ne condivide alcuni del tutto nuovi: bisogna rapportarsi continuamente con le famiglie, apprendere a far funzionare il quasi sconosciuto registro elettronico, vincere la diffidenza nei confronti dei dispositivi elettronici, superare difficoltà comunicative e mettere ordine nella disparità dei mezzi adoperati (mailing list, le diverse piattaforme e, infine, i tanto amati-odiati gruppi WhatsApp).

Sono chiari segnali di una difficoltà sociale e ambientale di cui la scuola non può farsi carico da sola, partendo oltretutto quasi da zero. Nel dibattito si è posto in evidenza il fatto che queste criticità accentuino la necessità di dare fiducia e autonomia agli studenti, chiedendo loro di responsabilizzarsi e di autogestirsi nella propria aula-cameretta. Questa richiesta di autonomia, tuttavia, è un ulteriore fattore di disequilibrio: è positiva per i ragazzi più capaci, che godono magari del supporto della famiglia, ma aumenta le difficoltà di chi ha problemi sia di apprendimento, sia di organizzazione domestica.

Il nuovo contesto storico, all’interno del quale si sta svolgendo questa rivoluzione mediatica, porta inevitabilmente ad un ripensamento della disciplina storica: i ragazzi sono consapevoli di vivere, di essere immersi attivamente in un momento storico. Fioccano le domande e le richieste di un confronto tra l’oggi e il passato. Appaiono appropriate, quindi, le riflessioni di Salvo Adorno, dell’Università di Catania, secondo il quale la didattica online, pur in una fase d’emergenza come quella che stiamo vivendo oggi, è diversa dalla didattica - online e in presenza – dei tempi normali. In questa fase di innovazione spontanea, la lezione frontale rischia di essere portata all’estremo. La didattica online non può prescindere da una didattica laboratoriale capace di coinvolgere gli studenti e farli uscire dalla passività di fruitori di video. Bisogna partire dalle loro domande sul presente, spostarsi nel passato e rispondere contestualizzando (passaggio, questo, più spinoso) prima di ritornare al presente. Questo percorso non può essere svincolato dall’interdisciplinarietà, dalla creatività dei docenti, e, soprattutto, non può non essere supportato da una solida cultura digitale. È necessario quindi, come ha detto Agostino Bistarelli, docente del Liceo statale Maria Montessori di Roma e membro dell’AIPH, ridefinire l’intero quadro della trasmissione delle conoscenze storiche.

La pandemia ha portato a galla vuoti e problemi a lungo sottaciuti o non ascoltati. Bisogna rendersi conto che non è più il tempo della politica dello struzzo. La formazione digitale e la costruzione di strutture che ne permettano il pieno dispiegamento delle sue potenzialità diventano indifferibili. Il futuro, quindi (è questa la mia conclusione) dovrà far uscire il digitale dall’emergenza. Lo dovrà incorporare nella didattica come aspetto normale della cultura scolastica. «La competenza digitale è una forma contemporanea di cultura e quindi, come tutte le culture, andrà compresa e imparata, e mentre la impariamo perderà poi automaticamente il suo aggettivo “digitale”» (Massimo Mantellini, Saggio breve sul presente dell’Italia digitale, 8 marzo 2020, https://www.ilpost.it/massimomantellini/2020/03/08/saggio-breve-sul-presente-dellitalia-digitale/).

 

Condividi

Diario di bordo

News

Biblioteca

Questo sito utilizza cookies tecnici e di terze parti per funzionalità quali la condivisione sui social network e/o la visualizzazione di media. Chiudendo questo banner, cliccando in un'area sottostante o accedendo ad un'altra pagina del sito, acconsenti all’uso dei cookie. Se non acconsenti all'utilizzo dei cookie di terze parti, alcune di queste funzionalità potrebbero essere non disponibili.