Autore: Antonio Brusa
Introduzione
Ho appena provato con ottanta colleghi di Bari questo laboratorio. Non è facile lavorare con tante persone. Perciò, quando li ho visti divertirsi, mentre leggevo la lettera di Lei, ho pensato: è fatta. E’ un lavoro che funziona e posso farlo circolare.
E’ un piccolo laboratorio, che fa parte del materiale che sto preparando per un progetto internazionale sull’emigrazione. Tutti i dettagli di questo progetto si trovano sul sito del CVM . Si compone di una parte di inquadramento curricolare di questo tema, e di due laboratori, uno sulle immagini dell’emigrazione nei manuali, e l’altro è questo, sull’emigrazione italiana negli anni ’70. Man mano, tutto questo materiale verrà pubblicato su HL. A settembre, al convegno di Senigallia, ritrovo ormai abituale di quelli che si occupano di curricoli interculturali, presenteremo i risultati di questo lavoro. Per questo motivo, chiedo ai colleghi che scaricheranno questo laboratorio e lo proveranno, di mandarmene i risultati. Non mi interessano i dati quantitativi, ma quelli qualitativi: quali sono le vostre impressioni? Che ne hanno pensato e scritto i vostri allievi?
Quando a partire eravamo noi europei
Schema di lavoro
E’ un lavoro molto semplice. Il materiale è composto di sole due lettere, scritte da una coppia di contadini siciliani. Lui è emigrato in Germania, lei resta in Italia a curare gli interessi della piccola proprietà agricola. Sono analfabeti. Perciò comunicano con pittogrammi. E’ questo il motivo per il quale propongo questi due documenti anche in sede internazionale (e, come mi hanno fatto notare immediatamente i colleghi, sarà utile anche con allievi stranieri).
Scrivere con pittogrammi, poco più di quarant’anni fa. Non fu una soluzione individuale, perché gli emigrati analfabeti erano tanti. Inventarono una scrittura autentica,nella quale ogni segno ha un significato preciso, e non di rado, riesce ad esprimere anche concetti astratti. Per questo allego al materiale un piccolo dizionario, che vi aiuterà a interpretare le lettere.
Il laboratorio ha un andamento molto semplice: si introduce il problema dell’emigrazione italiana nel secondo dopoguerra, si spiega che abbiamo due documenti di quel periodo (le lettere appunto) e che siamo in grado di capirne il significato. Consegniamo le lettere e il glossario (una copia per allievo, o per gruppo, se la classe lavora in piccoli gruppi). Lasciamo cinque minuti per tentare la lettura della prima lettera, quella di Lei, scritta nel 1973. Poi ascoltiamo brevemente i tentativi di interpretazione. A questo punto, leggiamo noi la trascrizione, invitando gli allievi a riconoscere nel documento i segni ai quali man mano ci si riferisce (è qui che i miei allievi-insegnanti manifestavano la loro soddisfazione divertita). Con gli adulti non ci sono stati problemi. Con i ragazzi ce ne saranno, soprattutto quando ci chiederanno che cosa erano il Pci e la Dc. Daremo le rapide spiegazioni alle domande.
Ora gli allievi sono preparati a fare da soli. Diciamo di trascrivere la risposta del marito, tenendo presente il modello della lettera che hanno appena ascoltato (e che potremmo passare loro in fotocopia). Leggiamo i risultati. Li confrontiamo con la trascrizione che qui ho allegato.
Sono molte le considerazioni che da questo rapido lavoro (dovremmo contenerlo entro l’ora) possiamo ricavare. Che tipo di economia c’era nelle campagne siciliane, il lavoro del marito, il lavoro della donna, i loro sentimenti, le loro idee politiche, le feste che scandivano la loro vita. Ma la fase successiva è quella decisiva. Dobbiamo interpretare questi documenti. Chiederci, cioè, perché scrivevano con pittogrammi. Potevano benissimo servirsi di scrivani, come si vede in Miseria e Nobiltà (in un paesino del secolo scorso ci si poteva servire di un amico alfabetizzato, se non del parroco). Ci possiamo chiedere se questi documenti ci parlano di condizioni generali, riguardanti la popolazione italiana del periodo e, infine, fare un rapido paragone con il fenomeno migratorio oggi. Questa fase può essere svolta in una discussione collettiva, a partire da tre piccoli brani: uno dell’autore dell’articolo (Un numero speciale dell’ “Europeo” di qualche anno fa). Un altro, del farmacista che scoprì questi documenti e li interpretò come segno di una commovente genuinità popolare. Il terzo, infine, è il commento di un grande linguista, Tullio de Mauro, che osserva come queste siano testimonianze di una situazione drammatica: una nazione nella quale oltre un terzo della popolazione era analfabeta totale, alla fine degli anni ‘70.
Il confronto con l’oggi è istintivo. L’emigrazione che di nuovo sta colpendo il Sud Italia (oltre 700 mila giovani nell’ultimo decennio), vede partire ragazzi spesso di ottima cultura e specializzati; esattamente come l’immigrazione, dai paesi più poveri del nostro, è composta da gente alfabetizzata, spesso bilingue e non di rado in possesso di titoli di studio elevati.
Ed ecco i materiali: il glossario, le lettere, le trascrizioni, e i brani per la discussione. Stampateli e buon lavoro. A voi il compito di aggiungere la lista inevitabile delle competenze e di corredare questo laboratorio delle prove di verifica convenienti.
Ps. Una breve nota sull’uso dei materiali mediatici
Questo lavoro è tratto dall’articolo di Salvatore Giannella, TI scrivo, anzi ti disegno, apparso nell’Europeo, nn.15/6, 1979, e ripreso nel numero speciale della stessa rivista, Da emigranti a razzisti? Quando a partire eravamo noi (1, 2005). Vorrebbe essere una proposta di utilizzazione diversa dei tanti materiali belli e interessanti, come questo, che i media ci offrono.
Solitamente, infatti, questi vengono proposti agli allievi senza altra indicazione che quella implicita: cercate notizie e immagini e scrivete. Gli allievi (a meno che non siano storici formati) ne faranno perciò un’utilizzazione bassissima. Prenderanno ciò che li colpisce, e via, a farsi il loro centone, chiamato nel gergo scolastico “ricerca”. Dovremmo convenire, una buona volta, che questa non è una maniera buona di educarli.
Per costruire questo laboratorio ho semplicemente smontato l’articolo, e l’ho rimontato immaginando una sequenza operativa credibile. Non c’è una notizia di più. Ho voluto dimostrare che non occorrono enciclopedie infinite, per costruire un utile materiale didattico. Basta un buon articolo e un po’ di tecnica didattica.
I materiali
1. Glossario
Busta per lettere con la freccia a destra: posta in partenza
Busta con la freccia a sinistra: posta in arrivo
Familiari: pupi schematici di varia grandezza, secondo l’età
Pupo in piedi: sta bene in salute
Pupo orizzontale: più o meno malato a seconda di quanto è disteso
Lire: una cornice con la cifra corrispondente
Marchi (moneta tedesca): la cifra dentro una cornice doppia (valgono di più)
Soldi sotto l’immagine: una spesa
Soldi sopra l’immagine: un guadagno
Persona che guarda a sinistra: il passato
Persona che guarda a destra: il futuro
2. Documenti
La lettera del marito
4. Per la discussione finale (interpretazione)
Gli analfabeti si servivano per corrispondere di intermediari alfabetizzati. Ma questa letteratura pittografica nasce dalla sfiducia nello scrivano. Questi, infatti, spesso metteva in piazza gli affari intimi della coppia. Perciò, gli emigrati analfabeti cercano di abbandonare qualsiasi tipo di mediazione.
Queste lettere furono scoperte da un farmacista, Salvatore Cosentino, che le commenta così: “Leggendo queste lettere, mi sono trovato di fronte a un genere di giornale condensato, fatto di simboli essenziali, eloquenti e incisivi, con una forma espressiva semplice e scarna, genuina come il pane fatto in casa”.
Tullio de Mauro ne ricava considerazioni molto diverse. “Queste lettere gettano luce su un’umanità spesso dimenticata: sedici milioni di analfabeti, un dato scandaloso che traggo dall’annuario statistico italiano del 1978. Il 32% degli italiani è privo di qualsiasi esperienza di studio”.