Per uscire dal dibattito fra competenze e conoscenze*
di Claudia Villani
Dalle competenze alle conoscenze, andata e ritorno?
Pare che nelle teorie dell’educazione stia maturando un cambiamento di rotta, rispetto alla filosofia delle competenze che ci ha accompagnato negli ultimi due decenni. Ne è convinto Arthur Chapman, docente di didattica della storia presso l'UCL Institute of Education (University College, London), curatore del volume Knowing History in Schools: Powerful knowledge and the powers of knowledge1.
Chapman, che sviluppa la sua riflessione soprattutto a partire dai “curriculum studies”, sostiene che si sarebbe verificato un vero e proprio knowledge turn sia a livello internazionale (OCSE 20192), sia in Inghilterra (20113). Mentre nel primo decennio del XXI secolo, in diversi contesti nazionali e internazionali i curricola scolastici vengono indirizzati verso la valorizzazione di competenze trasversali e transdisciplinari, si sarebbe prodotta recentemente una inversione di tendenza, con il ritorno alla centralità delle conoscenze e delle singole discipline. Questo cambiamento secondo Champan è favorito da un insieme di elementi: l’emergere delle nuove teorie sul “Powerful knowledge”, il fallimento in alcuni paesi dell’approccio delle competenze trasversali, l’affermazione di governi conservatori favorevoli a politiche educative neo-tradizionali. Questa svolta verso curricola basati sulle conoscenze può essere interpretata, infatti, in modi radicalmente diversi: come restaurazione della didattica tradizionale fondata sulla trasmissione delle conoscenze disciplinari, come aggiornamento o revisione radicale del rapporto tra conoscenze e competenze.
Cerchiamo di capire meglio analizzando le due principali novità segnalate da Chapman: 1) la teoria del powerful knowledge; 2) il Learning Compass 2030 dell’OCSE, che introduce il nuovo concetto di competenze trasformative e dedica una sezione apposita alle conoscenze.
Curriculum e "powerful knowledge"
Nella riflessione di Michael Young, sociologo dell’educazione, il “Powerful knowledge”4 è inteso come principio guida per l’organizzazione delle conoscenze e delle risorse (materiali e umane) nei curricola scolastici. Un curriculum ispirato al Powerful knowledge5, secondo questa teoria, deve avere alcune caratteristiche fondamentali:
• rispettare due tipi di confini: 1) tra le discipline all'interno del curriculum; 2) tra discipline insegnate e conoscenze spontanee provenienti dalla “vita quotidiana”;
• questi confini non limitano l'apprendimento, anzi sono importanti per permettere agli studenti di costruire consapevolmente i loro percorsi di conoscenza;
• a differenza della conoscenza che gli studenti acquisiscono spontaneamente mentre crescono, la conoscenza potente deve essere acquisita volontariamente dagli studenti a scuola, grazie alle conoscenze specialistiche degli insegnanti;
• questa conoscenza è specializzata e prende la forma delle singole discipline, che tendono ad essere coerenti con la produzione di nuove conoscenze nelle università;
• tutti gli studenti devono avere il diritto di acquisire la migliore conoscenza offerta dalle singole discipline durante il loro percorso scolastico, consentendogli di colmare le differenze dovute alla provenienza sociale e al background culturale, che possono aumentare la distanza tra scuola e vita familiare, tra saperi specialistici e sapere comune.
Powerful knowledge and Powerful historical knowledge
Young riconosce che la sua teoria deve molto al lavoro di Peter Lee ed altri ricercatori sulla didattica della storia, interessati a capire come gli studenti possano diventare “historically literate”. Da qui proviene l’intuizione fondamentale:
Sebbene un curriculum sia analiticamente distinto dalle relazioni pedagogiche che gli insegnanti sviluppano con i loro studenti, non può essere separato da esse senza diventare un corpo inerte di conoscenze che, nella migliore delle ipotesi, gli studenti potranno solo memorizzare e rigurgitare. Per un curriculum trascurare il suo scopo di trasformare la coscienza degli studenti significa permettere che l'acquisizione della conoscenza sia poco più che una memorizzazione6.
Un curriculum basato sul Powerful knowledge, insomma, è un curriculum capace di consegnare le grammatiche dei saperi nelle mani degli studenti. Ma per fare questo, non si può non partire dal modo specifico in un cui le conoscenze vengono prodotte, validate, costruite, revisionate nelle diverse discipline, come mostra chiaramente la tabella 1, che Chapman ricava dai lavori di Young:
Tabella 1: caratteristiche del powerful knowledge
Una conoscenza è powerful knowledge se: distinta dal senso comune e dalle conoscenze spontanee derivate dall'esperienza quotidiana; |
Poiché ha queste caratteristiche, il powerful knowledge: • ha migliori pretese di verità rispetto ad altre tipologie di conoscenza sulle questioni e i problemi che affronta; |
Ecco perché la riflessione teorica e la ricerca didattica sull’insegnamento della storia costituiscono un esempio tipico dei problemi affrontati nella teoria del Powerful knowledge. Nelle maggiori scuole di didattica della storia, infatti, da qualche decennio si lavora su tutti gli aspetti della conoscenza storica, dai curricoli all’alfabetizzazione storica, dagli strumenti didattici alla capacità di pensare storicamente, all’acquisizione di una coscienza storica all’altezza dei tempi in cui viviamo8. In comune tutti gli approcci hanno sicuramente l’attenzione al modo con cui vengono costruite le conoscenze storiche (le procedure, il metodo), ritenendolo parte essenziale e necessaria dell’insegnamento della storia.
Le condizioni per il Powerful knowledge
Siccome in genere la conoscenza è distribuita nella società in modo diseguale e l’accesso ad una educazione di qualità spesso dipende dalle diseguaglianze sociali, secondo Young occorre compiere scelte politiche chiare per espandere e redistribuire le risorse dedicate all'istruzione pubblica, alla formazione degli insegnanti, alla costruzione di comunità epistemiche che mettano in comunicazione scuole e università, per migliorare l'apprendimento e l'accesso alla conoscenza. Senza queste scelte non si può veramente parlare di una democratizzazione dell’accesso al potere della conoscenza, cioè dell’uguaglianza nell’accesso alle risorse epistemologiche delle diverse discipline.
I curricula che mirano a sviluppare una conoscenza potente richiedono dunque insegnanti esperti, consapevoli delle forme della conoscenza e dello stato attuale della conoscenza nei diversi ambiti del sapere, oltre che della storia dello sviluppo di quei saperi; e una pianificazione complessa per fornire progressione nella comprensione di un certo numero di dimensioni della conoscenza:
• conoscenza del contenuto di ciò che è noto nei domini;
• conoscenza concettuale e comprensione delle idee organizzative che strutturano il contenuto in insiemi o sistemi significativi e dinamici;
• conoscenza procedurale: comprensione di come le conoscenze sono convalidate e sviluppate (epistemologia);
• abilità rilevanti necessarie per implementare le procedure, gestire le informazioni e organizzare il proprio apprendimento nel dominio9.
Secondo questo approccio non avrebbe senso una politica educativa orientata alle competenze trasversali e generiche, poiché fallirebbe proprio l’obiettivo di fondo: consegnare le chiavi con cui si costruiscono effettivamente le conoscenze in ogni singolo e specifico ambito disciplinare, secondo le procedure (l’epistemologia) e i contenuti propri di ogni disciplina.
Diventa centrale, in quest’ottica, l’investimento nella formazione degli insegnanti e la costruzione delle cosiddette “comunità epistemiche”, per mantenere un collegamento costante con i luoghi dove si continuano a costruire le conoscenze (le università), dove cioè le singole discipline raggiungono la massima vicinanza possibile alla “verità” nei diversi ambiti del sapere.
Ha ragione quindi Chapman a mettere in evidenza la distanza con l’approccio delle competenze maturato in Europa tra fine anni Novanta e primi anni del XXI secolo. Non rimane che verificare se e in quale misura le recenti politiche educative, a livello nazionale e internazionale, si stiano muovendo a favore delle conoscenze, per quali conoscenze e se questo indichi un effettivo superamento della “filosofia delle competenze chiave”10, trasversali, generali, che ci accompagna dall’inizio del secolo.
La filosofia delle competenze generali
Nel 2005 l’OCSE varava il noto rapporto sulla definizione e selezione delle competenze chiave11 (progetto DESECO) for a Succesful Life and Well-Functioning Society, approdo di un decennio di indagini sui sistemi educativi nazionali, sulla confrontabilità dei titoli di studio, nell’ambito del successo delle teorie sulla cosiddetta learning society, la società del Terzo millennio, fondata sulla valorizzazione del capitale umano, delle conoscenze e dell’apprendimento permanente, essenziali nel mondo complesso, plurale, accelerato, globalizzato in cui viviamo.
Si tratta di uno snodo importante, non tanto per l’elenco delle competenze chiave che contiene (tra l’altro costantemente rivisto e aggiornato), ma per la filosofia delle competenze che contiene: per avere successo e per il benessere della società nel suo insieme occorre acquisire competenze generali che richiedono più della semplice capacità di maneggiare ristretti ambiti del sapere.
La svolta verso una formazione per competenze generali viene motivata partendo dal bisogno di maneggiare una società che cambia rapidamente, sempre più multiculturale, digitale e globalizzata; in cui l’istruzione e il lavoro devono essere capaci di cambiare e rinnovarsi altrettanto rapidamente, lungo tutta la vita; in cui – di conseguenza – nei curricula personali standardizzati diventa importante segnalare quali abilità generali si possiedono, piuttosto che le conoscenze specifiche in ambiti particolari.
Sarebbe interessante esaminare i “ricettari” di competenze chiave prodotti dai vari organismi internazionali e nazionali, ripetutamente aggiornati, che creano combinazioni sempre diverse e inventano neologismi presi a prestito dalle più disparate discipline. Ci limitiamo a suggerire di indagare questi elenchi come documenti che rivelano un modo di analizzare il presente e concepire le sfide per il futuro. Ad esempio: registro una crisi di legittimità della politica nei sistemi democratici? Manca il senso di cittadinanza? Allora serve una competenza chiave (generale): la competenza di cittadinanza, o competenza civica. Esiste una mancanza di competitività delle imprese? Allora serve la competenza chiave dell’imprenditorialità. Siamo cascati nell’ennesima crisi finanziaria? Senza esserne consapevoli? Allora serve la competenza finanziaria, magari spiegando fin dalle elementari i meccanismi del risparmio e dell’investimento, come avrebbe detto il signor Banks a Michael, cercando di convincerlo a depositare i suoi due penny in un conto bancario nell’indimenticabile Mary Poppins, film del 1964. E si potrebbe continuare all’infinito.
È evidente il circolo vizioso prodotto da questa filosofia delle competenze: invece che investire nella capacità di costruire conoscenze specifiche che possano aiutare ad affrontare problemi, si decide di investire nella capacità generica di risolvere i problemi.
Nella stessa direzione si muovono purtroppo anche le Raccomandazioni dell’Unione Europea12.
Scenari possibili
Applicata in senso letterale, questa politica educativa produrrebbe uno dei tre scenari che Chapman discute nel libro, sempre ispirandosi ai lavori di Young:
Scenario 1 (o delle competenze generali) • Integrazione delle materie scolastiche • Confini deboli tra le materie, come tra conoscenza scolastica e conoscenza spontanea • Organizzazione del contenuto dei curricula in termini generici, di solito basati su abilità e attività generiche (competenze trasversali) |
Lo scenario 1 indica una possibile evoluzione dei sistemi educativi che interpreti alla lettera la filosofia delle competenze chiave. Secondo Chapman, in Inghilterra, con la revisione del Curricolo Nazionale nel 2013, e nell’OCSE, con il Learning Compass 2030, ci sarebbero importanti segnali di inversione di tendenza, ma bisognerebbe evitare che la “rivincita” delle conoscenze sulle competenze si traduca, all’opposto, nello scenario 2. Una delle reazioni possibili alla filosofia delle competenze, alimentata dalle paure e dalle incertezze in cui navighiamo ormai da un decennio, potrebbe essere infatti quella di tornare al passato, recuperando le conoscenze disciplinari in uno scenario di questo tipo:
Scenario 2 (o del content knowledge) • Separazione delle materie scolastiche • Confini stabili tra le materie scolastiche, la cui natura e il cui contenuto è inteso come dato, e tra la conoscenza la conoscenza scolastica e la conoscenza quotidiana • Organizzazione del contenuto curricolare in termini di materie e contenuti |
Nel caso dell’insegnamento della storia, ad esempio, sono forti le spinte verso il ritorno ad una storia identitaria, di derivazione ottocentesca, tesa a costruire, rinsaldare, difendere l’identità nazionale (ed europea, intesa sempre in senso identitario). Basti fare l’esempio del recente canone storico olandese, voluto dal governo per difendere il patrimonio e l’identità della nazione, in risposta alle preoccupazioni sulle lacune e sull’eclettismo delle conoscenze storiche degli studenti olandesi. Così si abbandona però ogni Powerful historical knowledge, spezzando il legame con la ricerca storica e con l’università e riaprendo la porta ad una conoscenza al servizio delle ideologie13, pericolosamente divisiva. Queste ed altre preoccupazioni hanno spinto infatti il Consiglio d’Europa a promuovere nel novembre del 2020 un Osservatorio internazionale sull’insegnamento della storia14.
Rispetto a questo modello, come abbiamo visto, lo scenario del Powerful knowledge, condiviso da Chapman, pur recuperando l’accento sulle discipline, le intende in modo diverso, come insieme sistematico di contenuti, concetti, abilità e attività:
Scenario 3 (o del poweful knowledge) • Separazione delle materie scolastiche • Confini stabili e non fissi tra le materie scolastiche, la cui natura e il cui contenuto è inteso variare con il progresso della conoscenza e con il cambiamento del rapporto tra conoscenza scolastica e conoscenza quotidiana • Organizzazione del contenuto curricolare in termini di materie, coinvolgendo contenuti, concetti, abilità e attività |
Se in questo scenario si muovono già – come abbiamo detto - le maggiori scuole di ricerca sull’insegnamento e sull’apprendimento della storia, secondo Chapman andrebbe in questa direzione anche il recente rapporto dell’OCSE sul futuro dell’educazione e delle competenze, il Learning Compass 2030, esito di un progetto avviato nel 2015 con lo scopo di aggiornare e rivedere le proposte del DESECO. È davvero così? Proviamo ad esaminare alcune parti di questo recente documento dell’OCSE.
L'OCSE e l'Agenda 2030
Questo è l’incipit del lungo e ambizioso documento dell’OCSE chiamato LEARNING COMPASS 2030, strutturato in un capitolo introduttivo (Background del Progetto Future of Education and Skills 2030 dell'OCSE) e 8 capitoli tematici (Concept Note):
1. Learning Compass 2030
2. Agency degli studenti per il 2030
3. Fondamenti per il 2030
4. Competenze trasformative per il 2030
5. Conoscenze per il 2030
6. Competenze per il 2030
7. Atteggiamenti e valori per il 2030
8. Ciclo anticipazione-azione-riflessione per il 2030
Proprio come una bussola orienta un viaggiatore, il Learning Compass 2030 dell'OCSE ha l’ambizione di fornire un sistema di orientamento internazionale per le politiche educative, indicando conoscenze, competenze, atteggiamenti e valori ritenuti fondamentali per “navigare” nelle incertezze del presente e per contribuire a plasmare il futuro coerentemente con gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, nell’ottica della formazione permanente.
Non è questa la sede per analizzare l’intero rapporto, che rivede tanti aspetti del documento del 2005, su cui sarebbe interessante ragionare (come la distinzione tra core foundations, transformative competences, skills, knowledge e attitudes). E’ utile però riflettere sulle premesse e sull’approccio dell’intero progetto Future of Education and Skills 2030, di cui attualmente è in corso la seconda fase, dedicata alle strategie e metodologie didattiche. L’intero progetto, infatti, parte da un’analisi del passato, dei sistemi educativi del XIX e del XX secolo, e propone una “visione per il XXI secolo” (Background del progetto Future of Education and Skills 2030 dell'OCSE).
Un sistema educativo per il XXI secolo
L’intero progetto adotta l’Agenda ONU 2030 come migliore approssimazione delle idee di benessere e sostenibilità verso cui orientare le politiche educative. L’apprendimento è considerato efficace se è in grado di promuovere capacità e senso di responsabilità, individuali e collettive, in questa direzione. L’ambizione è quindi quella di ripensare l’intero sistema educativo, guardando oltre i modelli che si sono affermati nel XIX e nel XX secolo. Nella tabella 2 viene riassunta l’analisi sviluppata nel capitolo introduttivo del Learning Compass15.
Tabella 2: mutamenti storici e didattici fra XIX e XXI secolo
XIX secolo | XX secolo | Visioni per il XXI secolo | |
Eventi mondiali | Guerre civili, segregazione razziale, colonialismo e imperialismo | Prima e Seconda guerra mondiale, indipendenza degli stati nazionali, guerra fredda | Interdipendenza tra gli stati nazionali, decentralizzazione del potere, attacchi terroristici, nazionalismo |
Innovazioni tecnologiche | Elettricità, telefono | Internet | Tecnologia cibernetica (social media, AI, 3-D stampa, robotica) |
Industria principale e business climate | • Industria petrolifera, Industria tessile • Produzione di massa a macchina • Focus sul profitto | • Computer, elettronica, finanza • Passaggio dal manuale alle macchine -automazione • Produzione su misura di beni e servizi; servizi per i singoli consumatori • Responsabilità sociale delle imprese | • Social media, Internet delle cose, big data, digitalizzazione, post-verità (fake news) • Economia condivisa, imprenditoria sociale • I consumatori partecipano alla produzione di beni e servizi • Focus sulla creazione di valore e di significato • Passaggio aziendale alla creazione di valore condiviso; anche per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile |
Rapporto con l'ambiente | • Gli uomini conquistano la natura • Gli esseri umani possiedono la natura (in particolare, terra) oltre al lavoro e al capitale come fattori di produzione | • Gli uomini cominciano a realizzare la necessità di proteggere la natura (conservazione ambientale conservazione/protezione) • Concentrarsi sul capitale umano | • Gli uomini coesistono con la natura; gli uomini sono parte della madre natura • Concentrarsi sullo sviluppo sostenibile • Sostenere la crescita verde • La natura è considerata come uno degli importanti capitali - capitale naturale, capitale umano, capitale culturale e sociale |
Cambiamenti nella società | Miglioramento degli standard di vita e reddito medio | Globalizzazione, baby boom, aumento dell’accesso alle informazioni | Migrazione accelerata, urbanizzazione, maggiore aspettativa di vita, diminuzione del tasso di fertilità, crescente disuguaglianza, esaurimento delle risorse naturali, cambiamento climatico |
Organizzazione del lavoro | • Divisione del lavoro - per esempio, assemblaggio in • fabbriche - linee di assemblaggio • Organizzazione gerarchica | • Trasparenza nell'organizzazione • Organizzazione con delega di responsabilità e rendicontazione | • Trasparenza nell'organizzazione • Organizzazione con delega di responsabilità e responsabilità condivisa • Organizzazione orizzontale, aperta, flessibile, trasparente e orientata al lavoro di squadra |
Organizzazione del lavoro e cambiamenti nella scuola dell'obbligo | • Scuola pubblica universale (istruzione primaria e secondaria) | • Divergenza emergente nella scolarizzazione (per esempio, scuola privata e a domicilio) • Competizione tra scuole | • Reti/partnership emergenti tra scuole • Collaborazione emergente tra le scuole • Collaborazione emergente tra scuole e • comunità a tutti i livelli (meta-, meso-, micro), dentro una visione del sistema educativo come parte di un ecosistema più ampio |
Curriculum | • Prepararsi al mercato del lavoro; educazione per il lavoro • Solo discipline accademiche (matematica, lingua) • Statico, lineare e standardizzato | • Preparare all'indipendenza; educazione per la realizzazione individuale • Allargamento (aggiunta di educazione fisica, altri campi); • Ancora statico, lineare e standardizzato | • Preparare all'interdipendenza; educazione alla cittadinanza • Riequilibrio delle discipline in ampiezza e in profondità • Curricoli non lineari, dinamici e flessibili; focus su apprendimento più personalizzato |
Fonte: www.youtube.com/watch?v=mlXvQKUS-Q |
Un curricolo non lineare, dinamico e flessibile
Soffermiamoci sull’ultima riga della tabella, quella dedicata al modello di curricolo scolastico. Sorvoliamo per ora sul dato curioso per cui l’educazione alla cittadinanza figurerebbe solo nella “visione per il XXI” secolo mentre nei secoli precedenti lo scopo dei curricola sarebbe l’educazione al lavoro (XIX secolo) e la realizzazione individuale (XX secolo)16. Gli altri principi per i curricola del XXI secolo sono quelli della personalizzazione, flessibilità e non linearità. Basterebbero questi elementi per fare un confronto con il modello del Powerful Knowledge (tabella 3). Ma per comprendere cosa si intenda nel documento per “riequilibrio tra gli ambiti disciplinari in ampiezza e profondità” anticiperò qui una serie di elementi ricavati dal capitolo 5 del Learning Compass (Conoscenze per il 2030), che vedremo più in dettaglio dopo.
POWERFUL KNOWLEDGE | LEARNING COMPASS |
- flessibilità come aggiornamento coerente con i progressi delle conoscenze nelle università (confini stabili tra le materie, anche se non immobili) - personalizzazione dell’apprendimento come garanzia che tutti gli studenti possano acquisire la “migliore conoscenza” offerta dalle singole discipline durante il loro percorso scolastico, colmando le differenze che possono aumentare la distanza tra scuola e vita - valorizzazione della sistematicità, specializzazione, dell’epistemologia propria delle singole discipline, rispettando la distinzione tra le materie scolastiche | - flessibilità, non linearità e dinamicità del curricolo, in nome di obiettivi generali (educazione alla cittadinanza e all’interdipendenza) e della - personalizzazione dell’apprendimento, inteso come adeguamento alle differenze tra i singoli studenti (conoscenze e abilità precedenti, diversi atteggiamenti e valori), per consentire di “imparare in modo diverso” - valorizzazione delle conoscenze interdisciplinari, epistemiche e procedurali; valorizzazione delle conoscenze disciplinari in quanto trasferibili in altri contesti e ambiti del sapere17 |
La non linearità, flessibilità e personalizzazione del curriculum, come viene chiarito in altri capitoli del documento, viene intesa come una garanzia di maggiore aderenza alle condizioni dell’apprendimento in tempi di accelerazione e complessità crescenti. Le scuole dell’obbligo rappresentano uno dei tasselli di un sistema educativo allargato, che deve attivare e promuovere feedback a tutti i livelli (stakeholders, territori, ecc.).
Bastano queste poche righe per capire come il Learning Compass contenga importanti differenze rispetto all’approccio del Powerful knowledge, ma ciò risulterà ancora più chiaro se si considerano la riclassificazione delle conoscenze (che in parte riassorbono ex-competenze trasversali) e delle competenze.
Le conoscenze si fanno in 4: disciplinari, interdisciplinari, epistemiche, procedurali
Dei quattro tipi di conoscenze descritti nel documento vengono messe in rilievo le potenzialità generali e generalizzabili, poiché, si legge testualmente, “i sistemi educativi di tutto il mondo stanno passando dalla definizione di materie e conoscenze curricolari come collezioni di fatti, verso la comprensione delle discipline come sistemi interrelati”. Perciò le conoscenze che possono essere trasferite e adattate a diversi contesti sono considerate fondamentali per migliorare la qualità dell’apprendimento. Le possibili relazioni con altri domini del sapere sono meno evidenti nel caso delle conoscenze disciplinari in senso stretto, più evidenti ed esplicite nelle altre tipologie di conoscenza.
In una società in continuo cambiamento, quindi, si riconosce una parziale utilità delle conoscenze disciplinari (“concetti specifici della materia e contenuti dettagliati”), ma non c’è partita rispetto alle conoscenze interdisciplinari, epistemiche e procedurali, di cui si sottolineano proprio le ricadute generali sulla capacità di adattare, applicare, dare significato, praticare, ciò che si apprende.
Se consideriamo più da vicino le conoscenze epistemiche e procedurali, nel documento dell’OCSE assumono un significato molto diverso dal Powerful knowledge. Il confronto tra i due modelli appare evidente nella tabella 418:
Tabella 4: Le conoscenze secondo il Powerful Knowledge e il Learning Compass
POWERFUL KNOWLEDGE | LEARNING COMPASS |
Conoscenze epistemiche | |
• distinta dall'esperienza quotidiana, dotata di una sua sistematicità ed epistemologia • prodotta in comunità epistemiche disciplinari, in cui la revisione avviene tra pari | • conoscenza delle diverse forme e usi della conoscenza, per capire lo scopo dell'apprendimento, l'applicazione dell'apprendimento • comprendere come i professionisti pensano, agiscono, lavorano |
Conoscenze procedurali | |
• comprensione di come le conoscenze sono convalidate e sviluppate (epistemologia); • può dare a coloro che la conoscono e la comprendono il potere di agire nel e sul mondo, in specifici ambiti e campi d’azione | • comprensione di come si fa qualcosa per raggiungere un obiettivo; • valorizzando soprattutto quelle conoscenze procedurali che sono trasferibili, utilizzabili in diversi contesti e situazioni |
Come divento capace di implementare le procedure, gestire le informazioni e organizzare il mio apprendimento nel dominio? Come costruire conoscenze sistematiche, affidabili e oggettive in questo ambito? | Come pensano, agiscono, lavorano i professionisti in questo ambito? Che tipo di codici etici di condotta hanno? Cosa imparano e perché? Per cosa posso usare questa conoscenza nella mia vita? |
L’unica volta in cui nel documento viene nominata la teoria di Young è per invitare a prestare attenzione ai curricoli e alle metodologie di insegnamento delle singole discipline, per essere sicuri di riuscire a collegare ciò che si impara in un ambito disciplinare alle possibili applicazioni pratiche: “Per esempio, gli ingegneri imparano a risolvere problemi di ingegneria, ma i loro curricula raramente insegnano a pensare quali problemi gli ingegneri dovrebbero cercare di risolvere”. Sembra evidente che il tipo di conoscenza che interessa nel Learning Compass è, ancora una volta, quella estraibile dai contesti disciplinari nella forma generica di abilità, procedure, capacità.
Conoscenze trasformative o competenze trasformative?
Ancora più chiaramente si conferma questo tipo di approccio nel capitolo 4 del Learning Compass, dedicato al tema delle competenze. Chiarita la visione per il XXI secolo, allineati gli obiettivi all’agenda ONU 2030, il documento dell’OCSE rilancia la filosofia delle competenze generali: in società sempre più multiculturali e interdipendenti e in economie in cui l'impatto delle nuove tecnologie richiede nuovi livelli di abilità e comprensione, occorre orientare il sistema allargato dell’apprendimento all’acquisizione di quel tipo di abilità e attitudini che servono per fronteggiare i problemi e ”modellare il futuro per una vita migliore”. Queste abilità – chiamate competenze trasformative – sono proprie degli esseri umani (nessuna tecnologia può sostituirle!); possono essere usate in contesti e ambiti diversi; consentono di navigare attraverso diverse esperienze e situazioni, per tutta la vita, fronteggiando cambiamenti, incertezze, sfide sempre nuove.
All’opposto, come abbiamo visto sopra, Young parla di conoscenze trasformative, se mi passate il termine, cioè di conoscenze in grado di “trasformare la coscienza stessa” degli studenti. Le competenze trasformative nel Learning Compass 2030 sono tre: creare nuovo valore, saper fronteggiare tensioni e dilemmi, essere responsabili. Cambia il “ricettario”, ma non cambia la filosofia delle competenze, come mostra la tabella 5, che riassume i contenuti del capitolo e richiama alcuni degli esempi forniti.
Tabella 5: le tre competenze trasformative del Learning Compass 2030
COMPETENZE TRASFORMATIVE | ||
Filosofia delle competenze | Esempi | |
CREARE NUOVO VALORE | Siccome per affrontare le sfide globali serve essere capaci di innovazione, saper creare nuovi valori culturali e sociali | • Thames Valley District School Board, Ontario, Canada. Si cita il manifesto educativo ma anche la Greenhouse Academy, un'attività in serra gestita dagli studenti, che implica: far fronte a scelte complicate, senso di responsabilità nei vari aspetti dell'attività, agency e co-agency, creazione di nuovo valore per se stessi, per l'azienda e per le comunità che servono. • Singing with Friends, un'attività di service learning in cui dal 2014 studenti di 16-17 anni del United World College of South East Asia si incontrano settimanalmente con dieci membri della Down Syndrome Association of Singapore. La musica ha il potere di riunire le persone, rafforzare la fiducia, trasmettendo l'importanza di ascoltare e imparare dalle esperienze degli altri. • Tokyo Gakugei University International Secondary School: laboratorio di economia domestica su come scegliere e usare un detersivo in modo responsabile, determinandone l’impatto ambientale ed economico; studiando un imballaggio che informi il consumatore responsabile. |
GESTIRE TENSIONI E DILEMMI | Siccome per affrontare le sfide del futuro serve essere capaci di gestire tensioni conflitti, dilemmi tra una pluralità di punti di vista diversi, saper gestire tensioni e dilemmi | |
ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA' | Siccome per avere a che fare con il cambiamento, le novità, la diversità, l’incertezza, la complessità bisogna essere capaci di fare scelte responsabili, saper agire con responsabilità |
Se ancora ci fossero dubbi sul carattere generale, generico e trasversale delle competenze trasformative basta aggiungere che nel Learning Compass si sottolinea come debbano essere insegnate e apprese incorporandole nei curricula e nell’approccio formativo di tutte le discipline: “Per esempio – si legge nel documento - i paesi possono incorporare la competenza di "creare nuovo valore" in materie come le arti, il linguaggio, la tecnologia, l’economia domestica, la matematica e le scienze, usando un approccio interdisciplinare”.
Una scuola senza bussola
In un bel saggio Baldacci delinea due prospettive molto diverse per le politiche educative e per la scuola: da una parte sintonizzarsi con le esigenze (esterne) dell’economia e dello sviluppo, dall’altra con quelle (interne) della formazione di cittadini consapevoli e non subalterni19. Spesso e volentieri il dibattito sulle competenze chiave dai primi anni 2000 in poi è stato schiacciato su questa contrapposizione20, ma è indubbio che nella sua prima formulazione la filosofia delle competenze rispondeva ad una visione della società e delle sfide per il futuro più angusta, più economicista, di quella del Learning Compass.
È sicuramente un pregio del recente documento dell’OCSE aver agganciato all’Agenda ONU 2030 la propria visione per il XXI secolo per il sistema educativo allargato e per la scuola dell’obbligo. Rimane però il circolo vizioso della filosofia delle competenze: siccome la società è sempre più complessa, accelerata, plurale, occorre far apprendere le capacità di agire (responsabilmente) per gestire la complessità, il cambiamento, la pluralità. Il problema (educativo) coincide con la soluzione (educativa) proposta. E quindi: competenze generali per tutti, competenze context-specific21 in risposta alle emergenze del presente.
D’altra parte, se il modello del Powerful knowledge indica una strategia efficace per consegnare nelle mani degli studenti le chiavi della conoscenza in ogni specifico ambito del sapere, manca forse una chiara analisi delle condizioni e del contesto in cui si realizza il percorso di apprendimento: il “qui ed ora” di studenti e insegnanti. Manca il coraggio di una “visione per il XXI secolo”. Ogni sapere e ogni epistemologia vengono sollecitati infatti in modo specifico dalle sfide e dai dilemmi del presente. Insomma, come intendere un Powerful knowledge per il XXI secolo? Powerful knowledge: for what?22
In bilico tra spinte diverse la scuola rischia in verità di perdere la bussola, piuttosto che trovarla. In Italia, ad esempio, la ricezione del modello delle competenze chiave è stata meno radicale rispetto al caso inglese da cui parte Chapman. Ma anche da noi si sono levati gli scudi e si è aperta una discussione a tratti molto aspra sulla filosofia delle competenze. Che succederà ora, di fronte agli scenari presentati da Chapman, di fronte al Learning Compass, al Powerful Knowledge, alla tentazione di tornare a modelli più tradizionali? Si riaprirà la diatriba su conoscenze e competenze?
Sicuramente assisteremo nuovamente ad appelli in difesa della scuola “vera”, quella dello scenario 1, quella delle discipline di una volta, che presidiano il “retaggio culturale” degli italiani23. Oppure, magari, potremo finalmente investire nella creazione di comunità epistemiche (scuole-università) per offrire conoscenze radicate nelle epistemologie disciplinari, ma anche adeguate alle domande, ai percorsi, agli sguardi diversi di studenti, insegnanti e cittadini di questo inizio secolo.
La storia come Powerful knowledge
L’esempio della storia è chiarissimo. Siamo circondati da narrazioni e usi del passato che in parte soddisfano bisogni di svago e intrattenimento, in parte rispondono ad un più profondo bisogno di orientamento nel tempo. Intanto “la storia che conta”, la storia da tramandare alle future generazioni, è tornata ad essere una questione sensibile. Di fronte alla moltiplicazione degli usi e degli abusi del passato, di fronte al rimescolamento e alla ridefinizione delle identità collettive, di fronte alle guerre della memoria e all’abbattimento delle statue, le istituzioni e la politica intervengono, come sempre hanno fatto, per presidiare “la storia da ricordare, tramandare, insegnare”, in ragione della propria visione della cittadinanza e dei suoi valori fondanti. Il calendario civile nelle scuole, di aggiunta in aggiunta, non ha quasi più spazi liberi e nemmeno produce gli effetti sperati.
Difficile orientarsi. L’insegnamento della storia perde non solo ore, ma viene schiacciato tra i tempi delle giornate della memoria, gli obiettivi delle competenze trasversali (di cittadinanza, ambientale, ecc.) e l’inerzia dei curricoli. In Italia ci lavorano in pochi, Historia Ludens fra questi. Mentre gli storici sembrano disinteressati, nonostante l’epistemologia storica abbia sviluppato raffinati strumenti di analisi, di interpretazione, di revisione e confronto, proprio a partire da sguardi nuovi sul passato e nonostante la necessità di far fronte alla continua perdita di importanza che la storia ha nelle nostre scuole.
Si può disegnare un curricolo di storia all’altezza dei tempi in cui viviamo: un curricolo “ricco di conoscenze”, “potente” negli strumenti epistemologici, in grado di aiutarci a navigare consapevolmente nel presente globalizzato e iper-mediatizzato in cui viviamo, “aperto” al futuro e non custode di tradizioni. Altrimenti il rischio è grande, come scrive Young, nell’intervento di chiusura del libro su citato:
Il potere dei concetti storici non risiede, come nelle scienze, nella loro capacità di sostituire concetti quotidiani, ma nel loro uso per sfidare le visioni convenzionali del passato e del presente (…). Senza l'opportunità di acquisire concetti storici, la capacità intellettuale degli studenti può essere impoverita; potrebbero non essere in grado di prendere le migliori decisioni per plasmare il loro futuro, perché i futuri sono sempre estrapolazioni dal presente e il presente ha sempre un passato incorporato24 |
Breve bibliografia
- Adorno S., Ambrosi L., Angelini M., a cura di, Pensare storicamente: didattica, laboratori, manuali, 2020, Franco Angeli.
- Cajani L., Lässig S., Repoussi M., eds., The Palgrave Handbook of Conflict and History Education in the Post-Cold War Era, 2019, Palgrave Macmillan.
- Thünemann H., Köster M., Zülsdorf-Kersting M., eds., Researching History Education. International Perspectives and Disciplinary Traditions, 2019, Wochenshau Verlag.
- Valseriati E., Prospettive per la Didattica della Storia in Italia e in Europa (2019); https://www.newdigitalfrontiers.com/it/book/prospettive-per-la-didattica-della-storia-in-italia-e-in-europa_116/
- Brusa.A, Corso di Didattica della storai. Lezione 4b. Il manuale e l’alfabetizzazione storica.
http://www.historialudens.it/ricerca.html?searchword=lezione%204b&searchphrase=all
- Cajani L., a cura di,
Note
* Note a partire da Chapman, Arthur, ed. Knowing History in Schools: Powerful knowledge and the powers of knowledge. UCL Press, 2021.
1 A. Chapman, ed., Knowing History in Schools: Powerful knowledge and the powers of knowledge, UCL Press, 2021.
2 OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) (2019) OECD Future of Education and Skills 2030: Conceptual learning framework. OECD Learning Compass 2030. OECD.
https://www.oecd.org/education/2030-project/teaching-and-learning/learning/ - [ultimo accesso per tutti i link: 4 maggio 2021].
3 DfE (Department for Education) (2011) Framework for the National Curriculum: A report by the expert panel for the national curriculum review. London: Department for Education.
https://www.gov.uk/government/publications/framework-for-the-national-curriculum-a-report-by-the-expert-panel-for-the-national-curriculum-review.
4 Difficile proporre una traduzione in italiano di “powerful knowledge”, poiché bisognerebbe mettere insieme l’idea di una conoscenza forte, sistematica, approfondita, ricca, con quella del suo radicamento in un consolidato ambito disciplinare, dotato di procedute epistemologiche sorvegliate e vagliate tra pari. Solo questo tipo di conoscenza nelle mani degli studenti costituisce, secondo questo approccio, uno strumento potente.
5 M. Young, Powerful knowledge or the powers of knowledge: A dialogue with history educators, in Knowing History cit., pp.234-259.
7 Schema tratto da M. Young, Powerful knowledge as a curriculum principle, cit. in A. Chapman, Introduction: Historical knowledge and the “knowledge turn”, in Knowing History cit. p. 9.
8 Si rimanda alle breve rassegna bibliografica.
10 Forse varrebbe veramente la pena rileggere l’intera questione della “società della conoscenza”, e delle sue varie traduzioni politiche e sociali, come “società delle competenze”, o meglio, come “key competencies society”. Cfr A. Caputo, Ripensare le competenze filosofiche a scuola. Problemi e prospettive, Carocci 2019, pp. 21-48.
11 OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), The Definition and Selection Key Competencies: Executive summary, 2005 http://www.oecd.org/pisa/35070367.pdf.
12 Come è noto, in linea con la Strategia di Lisbona, anche l’UE si è mossa su questi temi, in particolare con la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente, rivista poi nel 2018. In entrambi i casi cambiano le ricette, ma l’approccio rimane quello descritto sopra, rimane il circolo vizioso tra emergenze individuate politicamente e competenze generiche chiamate a rispondervi.
13 Cfr. M. Grever, The Netherlands, in Cajani, Lässig, Repoussi, 2019, pp. 385-402.
14 “Nel contesto dell'ascesa del populismo, un insegnamento della storia che favorisca molteplici punti di vista e un pensiero critico è essenziale per lo sviluppo di una cultura della democrazia. Nel mettere in risalto le pratiche che incoraggiano un insegnamento della storia in linea con i valori del Consiglio d'Europa, l'Osservatorio contribuirà a rafforzare la resistenza contro la manipolazione e il travisamento della storia e favorirà la promozione della pace e del dialogo”.
https://search.coe.int/directorate_of_communications/Pages/result_details.aspx?ObjectId=0900001680a07d8c
15 OECD Future of Education and Skills 2030 cit., p.12. Anche le immagini sulle tre tipologie di aule scolastiche sono tratte dal capitolo introduttivo del rapporto.
16 Quali discipline avevano in mente gli estensori del rapporto? Non certo le discipline umanistiche, la storia, la letteratura, ecc. Basti pensare agli studi sul rapporto tra nazionalizzazione delle masse e scuola pubblica dal XIX ai giorni nostri.
17 Vedi il paragrafo “Le conoscenze si fanno in 4”.
18 La colonna del Learning Compass riprende le definizioni contenute nel capitolo 5 del documento dell’OCSE.
19 Baldacci M., La scuola al bivio. Mercato o democrazia?, 2019, Franco Angeli.
20 La filosofia delle competenze chiave, proprio per la sua approssimazione e derivazione da teorie, bisogni, interessi diversi, è stata teatro di battaglia e di competizione tra visioni anche molto distanti tra loro.
21 Pag. 46, Capitolo 3 (Fondamenti per il 2030).
22 È l’interessante domanda che si pone K. Nordgren nel suo saggio contenuto nel volume curato da Chapman da cui siamo partiti: Powerful knowledge for what? History education and 45-degree, in Knowing History cit., pp. 177-201.
23 Accenti di questo tipo si leggono anche nell’appello per le scienze umane di tre illustri intellettuali italiani, Alberto Asor Rosa Ernesto Galli della Loggia e Roberto Esposito.
https://www.rivistailmulino.it/a/un-appello-per-le-scienze-umane.