Appunti dall’intervista di Ettore Paris a Quinto Antonelli*
Quinto Antonelli è uno storico, nato a Rovereto. Lavora presso il Museo storico del Trentino. Ha lavorato soprattutto sulle memorie popolari delle guerre del Novecento. Ettore Paris lo intervista su "Questo Trentino" e dal dialogo fra i due si ricostruisce una memoria della guerra, che è anche una memoria del Novecento. Ne riassumo i punti fondamentali, quelli che maggiormente possono interessare il docente "non trentino". La combinazione tra il fatto (la guerra) e la sua memoria, ci permette di ripercorrere rapidamente, e da un punto di vista molto interessante, l´intera vicenda del Novecento, fino ai giorni nostri.
Il primo dopoguerra
Interpretazione risorgimentale. La Quarta Guerra di indipendenza. Un’ “ubriacatura nazionalista”, denuncia il deputato socialista Silvio Flor, che prosegue: “Sono più i giorni in cui si sventola il tricolore di quelli in cui non sventola: le feste si susseguono alle feste, ed i genitori si domandano se gli scolari siano destinati ai cortei o alla scuola.
Il fascismo
La monumentalizzazione della memoria. Scrive Mario Isnenghi: “una marea montante di pietra”. Fra i monumenti e i cimiteri monumentali, spicca il mausoleo a Cesare Battisti, inaugurato a Trento da Vittorio Emanuele nel 1935, nonostante la ferma opposizione della vedova, Ernesta Bittanti.
Trento, monumento a Cesare Battisti
Il fascismo e il conflitto delle memorie
In concomitanza, avviene l’occultamento della memoria degli “italiani”, che combatterono sotto le bandiere dell’Impero. Scrive “La Libertà” nel 1922: “I conostri concittadini morti nella divisa del soldato austriaco non sono né vogliono essere oggetto della nostra gratitudine e non potrebbero essere in nessun modo proposti alla venerazione delle generazioni future … Essi meritano compianto e commiserazione”. In contrasto, si forma una “vulgata austriacante”, secondo la quale i trentini erano sfegatati sostenitori di Francesco Giuseppe, e mai e poi mai, se li avessero lasciati decidere, avrebbero scelto di venire con l’Italia.
Fronte italiano. Un soldato italiano osserva l´ammasso dei cadaveri austriaci
A queste osservazioni di Quinto Antonelli, aggiungerei un analogo conflitto, che ho riscontrato nella manualistica, e che, quindi, interessa tutta l’Italia. Nei manuali fascisti, infatti, la prima guerra è celebrata come l’utero che gestì la formazione del fascismo. Quindi non cessa mai l’esaltazione degli eroi italiani e, in contrapposizione, la costruzione del nemico austriaco. Tuttavia l’alleanza sempre più forte con la Germania, crea qualche problema, che esplode negli anni Trenta e dopo l’Anchluess, quando anche l’Austria “diventa” Germania. I nemici acerrimi si trasformano negli alleati ferrei, dopo appena venti anni. Ho trovato un manuale, il Malgara, pubblicato proprio durante la seconda guerra mondiale, nel quale la metamorfosi viene spiegata come uno stratagemma della Provvidenza, che ha forgiato due caratteri di acciaio, nella guerra vicendevole, e poi li ha messi insieme.
Badoglio e alti ufficiali dell´esercito in visita al monumento ai caduti italiani in Francia
Il secondo dopoguerra
Gli anni ’50 e ’60 vedono la Democrazia Cristiana, allora al potere, riprendere pari pari il mito risorgimentale, con le grandi celebrazioni del 1965. Ma al tempo stesso vedono le vecchie memorie dei combattenti alpini e carsici cedere alle nuove (dei loro figli) che raccontano le sofferenze sul fronte russo (e qui penso alla fortuna scolastica delle Centomila gavette di ghiaccio).
Il 1968
Da una parte il pacifismo dei movimenti giovani, ma dall’altra anche la nuova storiografia (da Rochat a Isnenghi) comincia a imporre il paradigma del “combattente sofferente”, sia esso italiano che tedesco. Si riscoprono i diari dei soldati, attraverso i quali si conosce “la crisi delle antiche fedeltà, lo scioglimento dei valori tradizionali e la scoperta di nuovi mondi, fino ad allora sconosciuti”. Al monumento di pietra si comincia a sostituire un “monumento memoriale”, costituito da una letteratura e da mostre che sono frequentate da tantissima gente.
La nuova retorica nazionalista
Il discorso dell’autonomia porta alla glorificazione dei Kaiserjaeger, i Cacciatori dell’Imperatore, alle discussioni su Battisti traditore. Alla retorica pro-italiana si sostituisce quella pro Tirolo e pro Austria. Non è cosa nuova. Il nuovo è “l’aggressività degli interventi, l’autoreferenzialità che esclude decenni di ricerca storica (senza altri aggettivi), l’isolamento culturale, e nel merito al riproposizione di termini come “patria”, “Eroi”, “orgoglio identitario”. Direi che, fatte le opportune differenze, è la stessa cosa che riguarda la recente letteratura pulp sul brigantaggio e la ripresa dei miti neoborbonici.
La memoria, oggi
Nelle celebrazioni odierne, fatte di esposizioni accurate di armi, modi di vita, trincee perfettamente ricostruite e paesaggi che – dopo tanto tempo – hanno perso il carattere tragico del “paesaggio di guerra”, per tornare ridenti e riposanti, c’è il rischio della “banalizzazione della guerra” (George Mosse). La guerra perde il suo aspetto orribile, viene digerita nella modernità del consumo turistico. Bisognerebbe, conclude Antonelli citando Ceronetti, raccontarne il suo essere “un ritorno al Caos, dove tutto è sporcizia, escrementi e cadaveri scoperti”.
*“Questo Trentino”, Febbraio 2014, 2, pp. 30-33”
Il lavoro principale di Quinto Antonelli é I dimenticati della Grande Guerra. La memoria dei combattenti trentini, Il Margine, 2008