Bari, 23 marzo

Sgrana gli occhi e sorride. Ora sto per dire una stupidata da paperissima, mi fa. Visto che ci sei, provaci. Dimmi almeno il secolo. La butto sullo scherzo. Ancora un sorriso di perdono, VII secolo. La battaglia di Canne. Prima o dopo Cristo? Dopo, naturalmente. Non mi straccio le vesti. Figurati. Mi ero già pentito della domanda. Sapevo che sarebbe finita così. Era da tempo, infatti, che mi ero accorto che la battaglia di Canne non è una conoscenza scontata, sulla quale scherzare nei corsi di aggiornamento (“non basta sapere la battaglia di Canne” “ben altra cosa è la società romana” ecc ecc). Ho conosciuto studenti che spergiuravano di non averne mai sentito parlare, altri che ricordavano che era stata vinta dai romani, o che questi avevano combattuto contro i persiani. Altri che non avevano mai visto – dichiaravano stupiti - la scritta  Canne della Battaglia, passando sulla A 14, all’altezza di Canosa.

 

La bataille de Cannes, di François Nicolas CHIFFLART, 1863, Petit palais, Paris

 

Ora, però, non aspettatevi la solita polemica sull’Università e sulla scuola che non funzionano, sui ragazzi che non studiano, che sono più ignoranti di prima. Questi di cui parlo sono bravi, studiosi e intelligenti. Hanno meritato i trenta e lode della loro laurea specialistica in Storia Antica. Appunto: laurea specialistica (potrei dire lo stesso di qualsiasi storia, non me ne vogliano i colleghi di antichistica). Hanno studiato tanto, libri e libri di storia di genere, complotti e intrighi familiari, poeti minori e maggiori, interpretazione delle fonti. Metteteci tutto quello che volete e che vi piace di più. Ma “cosa vuol dire studiare una data società?”, mi sembra una domanda alla quale non sappiamo più rispondere, a cominciare dagli storici. O, meglio, alla quale diamo risposte così diverse, che i risultati sono inconfrontabili fra di loro. Non fanno una conoscenza comune, o come piace molto dire oggi “condivisa”. E forse non siamo nemmeno d’accordo che “la società x” rientri fra gli oggetti del nostro insegnamento.

 

Be’, mettiamoci pure il fatto che tutto questo è specchio dell’incertezza con la quale pensiamo la nostra società; mettiamoci pure tutta la nostra sapienza epistemologica e storiografica. Non manchi l’occhio lungo della storia (non è da oggi che denunciamo tutto ciò, e giù con la bibliografia). E ci aggiungo di mio il feticcio del nozionismo, del quale dovremmo finire una buona volta di parlare. Va bene. Ma esisterà da qualche parte una cosa che si chiama “buon senso”? Esisterà da qualche parte una mediazione confortevole fra il docente che mi chiese di elencargli in ordine cronologico gli imperatori del III secolo, e mi rise in faccia quando invertii Caro e Carino, e quello che non si preoccupa (nel passato come nel presente) della battaglia di Canne? Esisterà da qualche parte uno studente normale, uno intermedio fra quello che sa tutto, da Carlo Magno a Mussolini, come il Puffo Quattrocchi, e quello del tutto indifferente al piccolo particolare della storia, costituito dai “fatti”?

 

Lo so che non esiste. E so pure che tutti sarebbero d’accordo, in questo momento, a sedersi intorno a un tavolo per stilare il famoso elenco dei fatti imprescindibili. Salvo poi ad alzarsi, dopo un paio di ore estenuanti, frustrati per non aver trovato uno straccio di accordo. A cominciare dal loro numero. Perciò, non me la prendo con gli studenti, quando non sanno la battaglia di Canne, e cerco qualche altro sistema per capire se hanno studiato e se sono bravi e intelligenti. Perciò, subito dopo, mi arrabbio con me stesso, perché il “benaltrismo”, oltre ad essere una brutta parola, non è una risposta. Perciò mi arrabbio ancora di più quando mi scappa la domanda su quella maledetta battaglia.

 

Ma tutte le volte che passo sull’autostrada e vedo le scritte, e, poi, dopo le colline di Canosa, giro lo sguardo per la pianura che mi si apre davanti e passo sull’Ofanto, penso per un attimo alle legioni romane accerchiate, alla loro disperazione e alle grida di trionfo degli alleati cartaginesi. E vorrei che questa immaginazione fosse condivisa anche da qualcun altro, che come me passa veloce, magari solo per un istante. Il tempo di sentire la fitta piacevole che dà un luogo di memoria.

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Commenti   

0 # Aurora Delmonaco 2013-03-23 21:53
Tanti, ma tanti anni fa ero un'insegnante che voleva teste ben fatte, teste che lavorassero davvero, con l'entusiasmo di chi supera ostacoli e raggiunge traguardi. Ma ero anche convinta che non si potesse far lavorare le teste vuote, e dunque occorreva materiale di conoscenza per costruire idee. Un ragazzo voleva dimostrami che bastasse l'entusiasmo e non occorresse sapere alcunché. Lo rimandai a settembre in storia. Viene, e io gli chiedo: "Parliamo del cristianesimo?" . E lui: "Certo. Il cristianesimo cominciò nel terzo secolo avanti Cristo". Lo bocciai. L'anno dopo fu un'altra storia. Aveva meno entusiasmo, ma cercava di parlare rendendosi conto di ciò che diceva. Non credo, tuttavia, che sia diventato uno storico,
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0 # Luigi Cajani 2013-03-26 20:09
Quando studiavo al liceo classico, negli anni '60, circolava un libretto famoso, La fiera delle castronerie, uno sciocchezzario che l'autore diceva di aver raccolto fra gli studenti francesi. Noi sghignazzavamo alle spalle dei nostri coetanei transalpini, ma ci chiedevamo anche un po' dubbiosi, nonostante la nostra spocchia di studenti di una scuola romana d'élite, se fossero proprio tutte vere castronerie o se l'autore, Jean Charles, non ci avesse messo qualcosa - o più di qualcosa - del suo, per fare un libro umoristico che vendesse. Chi di noi è diventato docente, nella scuola o all'università, ha poi avuto modo di compilare la sua fiera personale, per riderci sopra, fra il maligno e lo sconfortato, con i colleghi, per vedere chi la raccontava più grossa. Per quanto mi riguarda, ricordo una studentessa di filosofia che qualche anno fa venne all'esame di storia moderna. Le chiesi di parlarmi delle scoperte geografiche e poiché stava facendo un po' di confusione fra i vari navigatori, per aiutarla le dissi: "Facciamo un po' d'ordine con le date: quando è stata scoperta l'America da Colombo?". Domanda che non ho mai fatto, ne prima né dopo di allora, considerandola un'assoluta ovvietà, quasi offensiva per l'esaminando. E infatti non volevo sapere quella data, ma dare un punto di riferimento alla studentessa. Lei mi rispose incerta: "Mi pare ... nel Cinquecento?". Credo che con questo aneddoto posso pretendere di entrare nel palmarès. Ma sono certo che questo e altri aneddoti, da Canne alle origine del cristianesimo, pongono soprattutto il problema di ciò che si apprende nella scuola e di come si verificano lì gli apprendimenti. All'università è abbastanza normale che certe lacune sfuggano, perché si danno per scontate certe conoscenze, che oggi tali non sono più. Che fare? Certo, ristrutturare i corsi del primo anno perché non siano iperspecialisti ci, come spesso accade. Ma non possiamo fare tutto noi. E' necessario intervenire sulla scuola. E non credo che sia così difficile trovare un accordo su conoscenze oggi irrinunciabili. La battaglia di Canne credo che verrebbe accettata da tutti gli storici, e non solo. E invece Baiamonte Tiepolo, che un tempo era in tutti i manuali italiani di liceo, verrebbe unanimente scartato.
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0 # Donatella Rosselli 2013-03-29 15:25
Sapere o saper fare? questo è l'ormai ineludibile problema della scuola superiore italiana. Sapere ossia conoscere fatti, date, personaggi. Saper fare ossia orientarsi con sicurezza nel tempo e nello spazio (lasciamo perdere la negletta geografia, con il risultato che ogni vicenda storica di cui si tratti nel corso di una lezione risulta del tutto "appesa" alla sola, inafferrabile dimensione temporale, senza alcuna possibilità di calarla su un determinato territorio...), saper cogliere nessi di causalità, saper periodizzare... Tutte chiacchiere, insomma, e il risultato è che la storia diventa, per gli studenti, un inutile e defatigante esercizio di memorizzazione del manuale. Saper orientarsi, in realtà, presume che si abbiamo gli strumenti per farlo: i punti di riferimento. Che nella storia sono "nel" tempo (e nello spazio, insisto). Azzardo un'ipotesi: forse che la crisi di un'idea della storia intesa come inevitabile progresso dell'umanità, abbia vanificato l'interesse sulle tappe fondamentali pregresse? Del resto, sui manuali di storia delle superiori non esistono più quei "prontuari" delle date memorabili, così come ad esempio c'erano nel vecchio Villari. Segno ormai che il nefasto malinteso delle "competenze" sta lasciando il segno...
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