Numana, 2 agosto

 


Forse per pudore, la scritta “città ideale” si è scolorita, al punto che si legge appena, in questo striscione che annuncia il sorgere del complesso turistico “ex santa Cristiana”, sul litorale che da Numana va verso sud. Questa città ideale (nel museo di Urbino poi correrete a rifarvi gli occhi con quella vera) è un alveare di villette, addossate le une alle altre. Archi, balconcini, lesene e merli non riescono a nascondere il senso di affollamento e di affogamento. La grande gigantografia, posta sull’ufficio vendite, ci prova, perché mostra solo la piazza avveniristica, con le palme e, sullo sfondo, solo  la prima schiera di caseggiati. Ma se si alza lo sguardo al di sopra dell’alta siepe, che nasconde il complesso alla vista del passante, la realtà appare angosciante.

 

 

 

Ho appena terminato la Summer School sulla Didattica del Paesaggio e mi risuona ancora in testa una discussione di Paolo Pileri e Bibo Cecchini, sulla democrazia e l’ambiente. Hanno sostenuto, i due colleghi, che su questi temi “i locali” non debbono decidere. Un certo scandalo fra i partecipanti, tutti democratici e, magari, anche di sinistra. Non è, questo, un bene comune? E sul bene comune non si deve attuare il massimo della democrazia? Se no, che bene comune è?

Non ho preso queste foto per fare una denuncia, una delle tante ormai che non ci fa caso più nessuno, ma per discutere concretamente, su un esempio. Peraltro, non sapendone nulla, non voglio dubitare che abbiano fatto le cose in regola seguendo alla lettera i sempre più minuziosi e cervellotici regolamenti che, localmente, ci si dà per costruire e ricostruire. Diamolo per scontato. Hanno discusso, guardato le leggi, andava tutto bene, e hanno costruito. E hanno distrutto, per sempre, una cosa bella. Questo era proprio il bene comune: “la cosa bella”. Una cosa bella (un paesaggio, un tramonto, una montagna alberata e continuate come vi aggrada questo elenco) non può che essere di tutti quelli che, passando di lì, la ammirano e si sentono meglio. Ora gli abitanti di quel luogo hanno democraticamente deciso di toglierla dal novero dei beni comuni. Non hanno questo diritto. Si sono semplicemente impadroniti di ciò che non era loro.

Democrazia. Giusto. Ma fra gli aventi diritto. E questi, per quanto riguarda i beni ambientali e culturali, sono “tutti”. Non i pochi che si trovano ad amministrare quel bene comune, e lo trattano come un bene privato.

La storia, poi, ha anche qualcosa da dire a questo proposito, perché con la scusa dei “beni comuni” si stanno diffondendo favole sul Medioevo, sulle comunità di villaggio e la loro saggezza antica, che non solo sono degli stereotipi (ennesimi: andatevi a leggere su questo punto il dossier che Sergi ha preparato per “Mundus”, ultimo numero uscito), ma quel che è peggio, stereotipi che vengono usati per ottenere cose malvage. I beni comuni del Medioevo erano proprio il contrario di quelli che pensiamo noi. I contadini li difendevano perché li consideravano propri e ne volevano fare quello che gli pareva. Certo, in alcuni casi decidevano per il meglio e con saggezza. In altri decidevano di bruciare tutto e lo facevano senza alcuno scrupolo, perché pressati dalla necessità di dissodare, di coltivare e di mangiare.

Noi moderni, gli scrupoli ce li abbiamo invece. Perciò, i nostri beni comuni sono diversi, e vanno difesi da tutti, non solo da chi ci siede sopra.

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Commenti   

0 # lidia gualtiero 2013-09-15 16:59
E’ vero, i beni comuni vanno difesi da tutti, per questo una didattica del paesaggio (come è stata attuata a Gattatico) dovrebbe permeare di più i vari POF delle scuole di ogni ordine e grado.
Io abito a Santarcangelo di Romagna che si estende in parte nella Valle dell’Uso.
Valle Uso è una piccola valle, certamente una minuscola realtà rispetto alle immense ricchezze paesaggistico-c ulturali di cui l’Italia è dotata, purtuttavia offre un patrimonio di bellezze naturali, architettoniche e storiche che, ormai avremmo dovuto capirlo, appartengono a tutti.
Il popolamento della zona ha origini antichissime. Nel museo Renzi ( che si trova a S. Giovanni in Galilea, piccolo borgo che si erge su uno spettacolare sperone roccioso) sono conservate tracce della frequentazione preistorica del territorio e centinaia di reperti che documentano la storia e la vita delle genti dall’età del bronzo fino all’epoca medioevale e moderna
Lungo i versanti della valle spuntano altri paesini che conservano intatto il fascino del passato: case in pietra, castelli, abazie, stretti vicoli che si allargano all’improvviso su piazze o veri e propri balconi naturali. Intorno un alternarsi di boschi, campi coltivati e radure.
Eppure cosa è successo in questi anni?
Piccola cronistoria illustrata
Prima aprirono le CAVE di pietra, ghiaia, argilla, tufo, gesso.
Poi arrivarono gli ALLEVAMENTI di polli e maiali ( sono centinaia, sono ovunque e si sentono. Si sono diffusi a partire dagli anni ’60 per il “boom” della riviera e lo spopolamento delle campagne. L’impatto ambientale è tanto ma l’occupazione poca).
Negli anni ’80 (la costa romagnola era ormai satura) nacquero nuovi INSEDIAMENTI urbani e industriali.
Cave, allevamenti, insediamenti vecchi e nuovi rendevano la situazione della valle Uso già problematica, specie la VIABILITA’.
Ma arrivò il peggio: le DISCARICHE (e sottolineo Le; i rifiuti giungono anche da S. Marino che paga profumatamente e non ha nessun piano rifiuti)
Ed ecco l’ultimo nato:
L’Impianto di compostaggio: autorizzato nel 2010 è di circa 12.000 mq, dovrebbe trattare 50.000 ton/anno di rifiuti organici urbani e speciali (liquami, fanghi e scarti industriali, ecc.) che possono provenire anche da tutta Italia. Ha problemi di rumori e di puzza, non è escluso il rischio esplosivo.
Dove è stato collocato?
Sul fiume, vicino a un centro abitato, a un lago di pesca e a una comunità di recupero.
Certo amministratori (in un territorio da sempre “di sinistra”) ma anche abitanti gli scrupoli non li hanno avuti.
Che dire? Rassegnarci?
Penso che non dobbiamo dimenticare la scuola: sappiamo che lì dobbiamo agire per formare cittadini e cittadine consapevoli. Penso che non dobbiamo dimenticare la scuola: sappiamo che lì dobbiamo agire per formare cittadini e cittadine consapevoli.
E abbiamo cominciato a farlo promuovendo interventi nelle scuole e un corso di formazione docenti: “IL TERRITORIO COME LABORATORIO PER LA FORMAZIONE DI CITTADINI RESPONSABILI”
Un link per avere qualche immagine e qualche piccola notizia in più

www.marecchia.it/.../
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