Autore: Antonio Brusa

L’omaggio di Eataly
All’ingresso di Eataly il cittadino barese trova uno spettacolare omaggio alla sua città. “L’agricoltura, dalle terre dove fu inventata alla Puglia”. Video e cartine spiegano in dettaglio, al cittadino che ricorda vagamente qualcosa dalle sue elementari, che la Mezzaluna Fertile fu il teatro della più grande invenzione della storia umana, la nascita dell’agricoltura. E la Puglia, gli si dice, ne è una delle interpreti più intelligenti e fortunate. Appresa questa lezione di storia, il cittadino barese si accinge a comprare cibo e a consumarne una discreta quantità, contento di soddisfare, con una sola spesa, il suo bisogno di alimentazione, di cultura e di orgoglio identitario. Che cosa può desiderare di più in tempo di crisi?

Peccato che questa cartina e le didascalie relative siano sbagliate. Questa NON è la Mezzaluna Fertile, e l’agricoltura NON nacque in Mesopotamia nel 12.500 a.C., cioè ben 14.500 anni fa.

Mario Liverani ci aiuta a inquadrare i fatti (Antico Oriente. Storia Società Economia, Laterza, Bari 1988, pp. 63 e ss). Guardiamo le due cartine. Mostrano la diffusione degli habitat originari dell’einkorn (l’antenato del grano) e dell’orzo selvatico. Eccola, la famosa Mezzaluna Fertile. Assomiglia a quella raffigurata nella cartina di Eataly, perché ha una forma che richiama la mezzaluna. Ma se facciamo attenzione, vediamo che la localizzazione di questa falce è diversa. Per gli storici e gli archeologi, essa CIRCONDA l’attuale Irak e NON comprende l’Egitto. Parte infatti dal Sinai, passa dalla Palestina, sale su per la Siria e la Turchia e scende dalla parte opposta, toccando l’attuale territorio dell’Irak curdo e terminando nelle regioni occidentali dell’Iran. Dunque, la Mesopotamia non c’entra nulla con la fase di formazione della civilizzazione neolitica, e, perciò con la cosiddetta “nascita dell’agricoltura”. E, quanto alle date, ascoltiamo Liverani: “E’ difficile periodizzare in modo netto, sia per le sfasature tra zona e zona, sia per la progressività dei fenomeni. Ma il periodo 7500-6000 può ormai dirsi pienamente neolitico: comunità di villaggio (di 250-500 persone) sedentarie, con abitati in case di fango o mattoni crudi, di pianta quadrangolare, e con un’economia basata sulla coltivazione di graminacee e leguminose e sull’allevamento di caprovini e suini (alla fine del periodo anche di bovini)” (pp. 68-69).

Quindi, il neolitico si data in un periodo approssimativo dai 10 agli 8 mila anni fa. Una bella differenza, dai 14.500 di Eataly.

Da Liverani, p. 67: in alto la distribuzione dell’einkorn, in basso quella dell’orzo selvatico

 

Uno stereotipo che passa dalle scuole alla società

In realtà, se sfogliamo i manuali (delle elementari e del biennio), dovremmo concludere che la maggior parte dei miei colleghi attinge alle stesse fonti di informazione di Eataly e non ha molta dimestichezza con Liverani. Inoltre, se vi fate un giro su internet, avrete la prova della straordinaria diffusione dell’immagine falsa, e della facilità con la quale il falso e il vero si mescolano e diventano indistinguibili.

Le due immagini che vi mostro, rappresentano come, con un semplice slittamento, si passa dalla rappresentazione corretta a quella sbagliata. Da una parte, vedete quella del sito di Archeo: in forma stilizzata, riprende il tema della mezzaluna e la situa correttamente. Dall’altra, vedete l’identico modello, che viene fatto slittare verso ovest, in modo da comprendere sia la Mesopotamia sia l’Egitto. In pratica, è l’icona di Eataly (mi dispiace di aver utilizzato una immagine di Pavone risorse, un sito didattico di notevole valore: ma forse proprio per questo significativo).

Si dirà: ma come siete pignoli voi storici! Eddai, si tratta solo di un piccolo spostamento. Ma sempre lì, siamo. Sempre Vicino Oriente. Ma vi rendete conto che questi ragazzi non sanno nemmeno dov’è il Vicino Oriente e voi a fare una questione di centimetri? (ecc ecc).

Non è così. Le due immagini fissano due concetti e due racconti storici diversi. Per questo si tratta di un errore grave. La prima racconta che la transizione neolitica si produsse nelle regioni dove nascevano spontaneamente gli antenati dei nostri vegetali da pasto (quelli appunto che troviamo così ben confezionati da Eataly). La seconda, invece, ci dice che questo fenomeno si produsse precisamente nel luogo dove si svilupparono le fastose civiltà egizia e mesopotamiche. Al contrario, la prima ci avverte che – proprio mentre si formava il neolitico – quelle terre mesopotamiche (e egizie) erano paludose e invivibili, e che solo dopo qualche migliaio di anni vennero colonizzate da tribù di agricoltori e pastori, che conoscendo le tecniche di regimentazione delle acque,  poterono bonificarle e renderle abitabili.

Quella sbagliata, però, è una ricostruzione di successo. Mette insieme, in un colpo solo, chi “inventa” l’agricoltura e chi “inventa” la civiltà. Il contadino che inventa la zappa e lo scriba che disegna la piramide, chi domestica gli animali e chi inventa la geometria, chi coltiva la terra e chi costruisce le città. Insomma: noi, i civili urbanizzati, siamo quelli. Facile, efficace e coinvolgente. Perciò, questa immagine diventa un’icona e può transitare dai banchi delle scuole all’advertising, dalla storia insegnata a quella pubblica. Ed è stata scelta, credo, non solo per un difetto di informazione, ma anche perché scatena, nell’immaginario del visitatore, un cortocircuito fulmineo fra le sue orecchiette e le grandi civiltà dei fiumi. Fa vendere, è vero, ma, come dicevano due comici baresi, “la cultura è un’altra cosa”.

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