Il convegno di Scuola Democratica su "Educazione civica, oltre le regole".
Giorno 16 novembre 2021, a partire dalle h. 9.45. LINK
di Antonio Brusa
In quante maniere si fa educazione civica in Italia? Al momento non lo sa nessuno. Spero che il Ministero stia raccogliendo i dati e ce li faccia conoscere. A quel che vedo (un centinaio di curricula di scuole diverse, che grazie a Antonio Prampolini ho potuto esaminare), il modo più diffuso è quello di spalmare la materia su tutte le discipline. Ma c’è chi conserva l’assetto tradizionale, assegnando ai docenti di storia il compito maggiore e chi, soprattutto alle superiori, utilizza a questo scopo i docenti di economia e diritto.
Tutte le scuole, dunque, impegnate nell’ingegneria degli orari e dei vincoli sindacali. Nessuna, a quello che mi consta che si sta interrogando su alcuni fatti che sono decisivi per capire che cosa si sta facendo e dove la scuola si sta cacciando.
Il primo è che per la prima volta nella storia della Repubblica, da quando Aldo Moro introdusse l’EC, questa è stata separata dalla storia.
Il secondo è che l’intero dibattito parlamentare è stato “a-disciplinare”. L’EC, per i nostri eletti, è una materia che si pratica e non si studia. Mariastella Gelmini, che da ministra aveva tirato in ballo la Bibbia Laica, nel dibattito si è spinta ancora avanti, lasciando pensare a un’educazione civica come una sorta di “catechismo laico”, guida per “la vita di ogni giorno” (cit.).
Il terzo, è che le Linee-guida non sono le tavole della Legge, ma un disperato tentativo di dare intellegibilità a un testo legislativo sgangherato e posticcio (“un minestrone”, a detta di qualche parlamentare, forse in un soprassalto di coscienza).
Ciononostante, vedo le scuole (e tanti insegnanti) che hanno rapidamente trasformato queste modeste basi culturali nel dogma della tripartizione dell’EC: la Costituzione, l’educazione digitale e quella ambientale. E constato che nessuno si chiede che cosa voglia dire la separazione fra storia e EC.
Bene: basta leggere la legge istitutiva di Aldo Moro, nella quale si parlava di una materia “ibrida”, che coinvolge le scuole come istituzioni, è presente in tutte le discipline, ma “concentrica” con la storia, e in particolare con la storia contemporanea: il momento nel quale si sono create le istituzioni che reggono la nostra vita e (attenzione: il testo è del 1958) e si costruisce la Repubblica sulle rovine della Guerra e del Fascismo. Per Aldo Moro, l’EC è formazione del “cittadino politico”. Staccare la storia dall’EC, significa privarla della sua valenza di formazione politica, e ridurla al ruolo di formatrice del bravo ragazzo, che finalmente non trolleggia, non bulleggia, è inclusivo, non si droga e non inquina. (Ne parlo nell’articolo sul numero speciale di “Scuola Democratica” e nel resoconto che ho pubblicato su hl).
Quindi i Consigli di istituto sono di fronte ad una scelta strategica del loro piano formativo: vogliono un’EC che vada a ridosso della cronaca nera, così come appare dal desolante dibattito parlamentare che ha partorito questa legge? Oppure vogliono lavorare per formare un cittadino che sappia leggere la valenza politica dei problemi che viviamo e ai quali stiamo andando incontro?
Provo a rispondere a queste domande al mio solito modo: andando in una scuola e mettendo in pratica alcune idee. Lo sto facendo grazie all’impegno delle insegnanti dell’IC6 di Modena. Un progetto al momento entusiasmante. Ne pubblicheremo i primi esiti su HL.
Ma di tutto ciò si parla al convegno di Milano, organizzato da Alessandro Cavalli e Nando della Chiesa, con Bruno Losito, Annamaria Ajello, Luciano Benadusi, Ludovico Albert, Milena Santerini e tanti altri. L’incontro è aperto a tutti. A partire dalle 9.45: LINK
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