di Marco Brando

Screenshot 2023 01 19 alle 12.37.05 Prima affermazione: «Ritengo che il fondatore del pensiero di destra in Italia sia Dante Alighieri, perché quella visione dell’umano, della persona, delle relazioni interpersonali che troviamo in lui, ma anche la sua costruzione politica in saggi diversi dalla Divina Commedia, è profondamente di destra».

Seconda affermazione: «Il massimo poeta può dirsi a ragione l’antesignano dei grandi ideali che ora sono messi in essere dal Governo nazionale».

Sono concetti espressi nell’ambito dello stesso discorso? In apparenza, sì. Invece non è così. La prima affermazione risale al 2023. La seconda al 1927. Insomma, le separano 96 anni. Eppure entrambe sono casi esemplari di medievalismo politico, basati sull’uso (e soprattutto sull’abuso) dell’eredità dantesca (per medievalismo si intende lo studio del processo continuo di creazione del Medioevo nella società post-medievale, in particolare quella dei nostri giorni). 

Il ministro Gennaro Sangiuliano

Non resta che svelare il mistero sulla paternità delle due affermazioni. La prima - che attribuisce all’Alighieri la responsabilità di avere fondato quasi 8 secoli fa, evidentemente a sua insaputa, «il pensiero di destra» - è stata fatta il 15 gennaio 2023 da Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura nel Governo Meloni, durante la kermesse milanese di FdI, partito erede del Msi post-fascista. Al di là delle polemiche scaturite giustamente a proposito dell'oggettivo strafalcione (da parecchi punti di vista: storico, cronologico, letterario, politico e via elencando), è utile ricordare che il ministro non è il primo, nell'ambito della destra italiana contemporanea, ad attribuire al Sommo poeta medievale, vissuto tra XIII e XIV secolo, responsabilità per scelte politiche fatte nei secoli XX e XXI. 

Screenshot 2023 01 19 alle 12.26.05 Domenico Venturini, scrittore fascista

È giunto, così, il momento per rivelare chi è stato l'artefice della seconda affermazione, quella in cui Dante è indicato come ispiratore, sempre a sua insaputa, del fascismo. Si chiamava Domenico Venturini; nel 1927 - in pieno Ventennio - firmò, nella collana Pubblicazioni d'opere per l'incremento della letteratura fascista, un libro intitolato Dante Alighieri e Benito Mussolini: 124 pagine edite da Nuova Italia. I titoli di alcuni capitoli si commentano da soli: Il Veltro esattissima figura allegorica del Duce Magnifico, L’esilio del Duce e l’esilio di Dante, La istituzione delle Corporazioni esistente ai tempi danteschi, II Duce riparatore, annunciato da Dante, individuato nel nostro Duce Magnifico. Il volumetto, accompagnato dalla prefazione di Amilcare Rossi, medaglia d’oro al Valor militare e presidente dell’Associazione nazionale combattenti, fu riproposto in una versione aggiornata, ampliata (ben 322 pagine) e rilegata nel 1932. Era un testo molto caro al regime, tanto che ebbe una diffusione vastissima e garantì al suo autore la nomina ad accademico d’Italia. 

Il dantismo fascista

Sicuramente Sangiuliano, quando ha evocato la paternità dantesca della cultura della destra attuale, ha espresso un giudizio che non è stato ispirato dalla lettura assidua del libro appena citato. Tuttavia, la curiosa coincidenza di vedute porta a supporre che il pensiero destrorso caro al ministro sia fondato, più o meno consapevolmente, sull’eredità di Venturini piuttosto che su quella di Alighieri. Vale dunque la pena di soffermarsi su altri passaggi del volumetto, per capire quali siano altri punti di vista espressi quasi un secolo fa e magari per essere pronti ad altre simili e ridondanti esternazioni nel 2023.

Nell’introduzione dell’edizione del 1927 Venturini scrive che «tutte le manifestazioni, le idealità̀, le concezioni di grandezza patria, le nobili aspirazioni al ritorno della romanità̀, che integrano il vasto programma della nostra rinascita civile e morale, e che formano quel complesso di memorabili atti del Governo nazionale, atti che lasceranno una impronta indelebile del secolo di Mussolini, hanno il meraviglioso riscontro col pensiero del grande filosofo e poeta italiano, che con la poderosa produzione del suo privilegiatissimo ingegno, fu considerato il restauratore della nuova civiltà̀ europea». Nel concludere l’edizione del 1932, l’autore sentenzia: «Noi fascisti dobbiamo aver presente che Dante ha vagheggiato gli stessi ideali politici, morali, religiosi messi in essere dell'Era Fascista. [...] Il Massimo Poeta può̀ dirsi a ragione l’antesignano dei grandi ideali del Fascismo. [...] Non poteva certamente concepire e scrivere opere il cui contenuto etico e politico sarebbesi potuto riscontrare non consentaneo (conforme, ndr) ai grandi ideali del Fascismo. È doveroso quindi riguardare Dante, il profeta della Patria, l’anticipatore del Fascismo. La rinascita politica e morale voluta dal Duce è quella desiderata da Dante. [...] Ad majora, adunque, e sempre nel nome di Dante e nel nome del Duce Magnifico della nuova Italia». 

FmdpIT0X0AY3Sqy Dante, profeta di Mussolini

Non solo. Fra le altre esibizioni di certezze sul “fascismo dantesco”, in prima edizione - nel paragrafo Il Duce riparatore, annunciato da Dante, individuato nel Duce Magnifico - Venturini assicura che il titolo caro al dittatore «fu vaticinato dal sommo poeta, il quale appunto nel Dux voleva le virtù e le qualità che si ammirano in Benito Mussolini. [...] Nel canto XXXIII del Purgatorio, Beatrice enimmaticamente (sic!, ndr) dice a Dante che verrà̀ un Duce a vendicare gli oltraggi fatti alla profanata chiesa ed all’impero. Ecco le parole di Beatrice: “Io veggio certamente, e però il narro, / addurne (nella Divina Commedia in realtà si legge “a darne”, ndr) tempo già stelle propinque, / ….. nel quale un Cinquecento Dieci e Cinque, messo da Dio, anciderà la fuia, / e (“con” nella Commedia, ndr) quel gigante che con lei delinque”. È da sapersi che il numero romano DXV si è ge­neralmente interpretato DVX parola fatidica al nostro tempo. [...] Ora questo Messo da Dio ai tempi del poeta non venne mai, e perciò il vaticinio dantesco restò senza applicazione. Solo ai nostri tempi [...] la Provvidenza fece sorgere l’uomo che compì in breve spazio di tempo la gran­diosa riformagione delle cose d’Italia abbattendo ben altra fuja (Dante in realtà scrive “fuia”, intesa come meretrice, con riferimento alla curia papale corrotta, ndr) ed altro gigante che nel nostro caso (nel caso di Alighieri è la monarchia di Francia, ndr) possono essere figure del bolscevismo e della sua insana e perniciosa dottrina. [...] Il nuovo ordine di cose che si è svolto in Italia e l’avvento del Fascismo, sembrano sciogliere l’enimma (sic!, ndr) di Dante. Il DUX viene personificato in Mussolini, che appunto per inesplicabile combinazione fu denominato Dux». 

Dante in camicia nera

Di certo, l’accostamento tra Dante e Mussolini non è stato, durante il regime littorio, soltanto una fissazione di questo autore. Come scrive Stefano Jossa, docente di Letteratura italiana all’Università di Palermo, sul magazine online Doppiozero, la battuta del ministro Sangiuliano «ha una lunga storia, che si radica almeno in quel “Dante fascista” che nel corso del Ventennio si affermò progressivamente nell’immaginario di regime». Jossa cita, insieme al libro di Venturini, anche Dante, l’Impero e noi. Dalla Nuova Antologia di Emilio Bodrero (1931) e Dante e Mussolini di Tommaso Vitti (1934). Mentre Stefano Albertini, docente di Italiano alla New York University, nell’articolo Dante in camicia nera: uso e abuso del divino poeta nell'Italia fascista ha scritto nel 1996: «Durante il ventennio fascista non c'era discorso ufficiale, dal Duce all'ultimo direttore didattico, che al punto di ricordare le glorie patrie di questa stirpe di poeti, santi, eroi e navigatori non includesse in pole position il poeta fiorentino. Anche i libri di testo per le scuole elementari e persino i manuali di cultura fascista per le organizzazioni giovanili del regime includevano sempre un ritratto di un Dante pensoso e meditabondo accompagnato da didascalie celebrative e da brevi estratti da passi strategici della Commedia». 

wefefwefwewewe Medievalismo politico

È opportuno essere consapevoli del fatto che la strumentalizzazione politica di Dante durante il Ventennio è solo un aspetto dello sfruttamento del Medioevo, più o meno inventato, da parte di quel regime; un (ab)uso d’altra parte già diffuso nel XIX secolo in chiave risorgimentale e nell’Italia repubblicana del XX, a partire dagli anni Ottanta: l’esempio più lampante è l’evocazione della Lega lombarda e del mitico e mai esistito Alberto da Giussano, diventati pilastri identitari della Lega Nord di Umberto Bossi e, in parte, della Lega (senza Nord) di Matteo Salvini. Quindi Gennaro Sangiuliano, evocatore di Dante simpatizzante di Fratelli d’Italia (con quasi 8 secoli di anticipo), non dovrebbe sentirsi solo. Tuttavia, visto il ruolo di ministro della Cultura, ci saremmo aspettati un’analisi un po’ più originale. A Milano, prima di proporla, aveva premesso: «So di fare un’affermazione molto forte». In realtà, visti i numerosi precedenti in salsa mussoliniana, è stata soprattutto un’affermazione che appare prevedibile, disinformata e scontata.

 


 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Stefano Albertini, Dante in camicia nera: uso e abuso del divino poeta nell'Italia fascista, in The Italianist, University of Reading, Reading (Regno Unito) 1996.

AskaNews, Per il ministro sangiuliano il fondatore del pensiero di destra in Italia è Dante, in AskaNews.it, Milano 14 gennaio 2023.

Emilio Bodrero, Dante, l’Impero e noi. Dalla Nuova Antologia - 16 maggio 1931, Società Nuova Antologia e Casa editrice d’arte Bestetti e Tumminelli, Roma-Milano 1931.

Marco Brando, Il medievalismo, cioè il Medioevo (dopo il Medioevo) studiato dagli storici, in Treccani.it, Roma 11 luglio 2022.

Stefano Jossa, Per Dante, svoltare a destra, in Doppiozero.com, Milano 16 gennaio 2023.

Benito Mussolini, Messaggio dantesco (27 giugno 1932) - Discorsi, Scritti e Articoli, in Adamoli.org.

Domenico Venturini, Dante Alighieri e Benito Mussolini, prima edizione, Nuova Italia, Firenze 1927.

Domenico Venturini, Dante Alighieri e Benito Mussolini, seconda edizione, Nuova Italia, Firenze 1932.

Tommaso Vitti, Dante e Mussolini, Tipografia Sociale Jacelli & Saccone, Caserta 1934.

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Commenti   

0 # Marco Brando 2023-01-20 14:48
Grazie per l'ospitalità :)
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