di Daniele Boschi

EngelkingBarbara Engelking e Jan Grabowski, i due storici della Shoah condannati per diffamazione da un tribunale di Varsavia il 9 febbraio 2021 Immagine1 Immagine2Finora erano stati soprattutto alcuni studiosi accusati di negazionismo a finire in tribunale e ad essere condannati per quanto avevano scritto in merito all’Olocausto (tra i casi più noti vi sono quelli di Robert Faurisson, di Roger Garaudy e di David Irving). Ma ora le parti sembrano essersi invertite. Martedì 9 febbraio un tribunale di Varsavia ha giudicato colpevoli di diffamazione due importanti studiosi della Shoah, per alcune affermazioni fatte in un libro in cui raccontano le persecuzioni subìte dagli ebrei in Polonia durante la Seconda guerra mondiale. 

Ma procediamo con ordine. Barbara Engelking (direttrice del Polish Center for Holocaust Research) e Jan Grabowski (dell’Università di Ottawa) hanno curato la pubblicazione di un libro di circa 1600 pagine, diviso in due volumi, dal titolo Notte senza fine. Il destino degli ebrei in alcune contee della Polonia occupata (ho tradotto il titolo dall’inglese, il libro è uscito nel 2018 in lingua polacca). È il risultato di una ricerca vastissima, che ha messo in evidenza, da un lato, la determinazione e il coraggio con cui gli ebrei lottarono per sfuggire allo sterminio, e dall’altro lato la complicità di alcuni segmenti della società polacca con i nazisti.

Tra le tante vicende ricostruite nei due ponderosi volumi c’è quella di Edward Malinowski, sindaco del villaggio di Malinowo, nella Polonia nordorientale, negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale. Stando a quel che si legge nel libro, Malinoswski avrebbe dapprima aiutato una donna ebrea, Estera Siemiatycka, a sfuggire ai nazisti rifugiandosi in Germania, ma successivamente avrebbe consegnato ai tedeschi decine di ebrei che si erano nascosti nei boschi nelle vicinanze del villaggio.

Nel libro questa storia ha un ruolo assolutamente marginale. Ma la nipote del sindaco Malinowski (oramai defunto), Filomena Leszczyńska, ha intentato una causa per diffamazione nei confronti di Engelking e Grabowski, accusandoli di avere ignorato il fatto che nel 1949-50 suo zio fu processato e assolto dall’accusa di complicità con i nazisti. Barbara Engelking ha replicato a questa accusa affermando che l’esito di quel processo fu falsato dalle intimidazioni subìte da alcuni testimoni, e che un’altra testimone – la donna ebrea che il sindaco di Malinowo aveva aiutato a scappare - dichiarò espressamente, molti anni dopo (nel 1996), di aver mentito per salvare Malinowski. Ciononostante, il tribunale distrettuale di Varsavia ha condannato Engelking e Grabowski a scusarsi con la Leszczyńska, sia in privato che in pubblico, e a correggere il loro libro in eventuali future edizioni. I giudici hanno però respinto la richiesta della ricorrente di far pagare una multa di 22mila euro ai due storici. Questi ultimi hanno comunque rifiutato di dar seguito alla sentenza, annunciando che ricorreranno in appello.

 

Ghetto di VarsaviaIl bambino di Varsavia, scattata da un soldato tedesco ignoto durante l'evacuazione del ghetto: immagine simbolo della persecuzione degli ebrei in Polonia durante la Seconda guerra mondiale Fonte

 

Riporto qui di seguito il breve testo incriminato (la traduzione dall’inglese è mia):

“Dopo aver perso la sua famiglia, Estera Drogicka (cognome di nascita Siemiatycka), avendo comprato dei documenti da una donna bielorussa, decise di andare a lavorare in Prussia. Edward Malinowski, sindaco di Malinowo, la aiutò (derubandola allo stesso tempo) e nel dicembre del 1942 lei si recò a Rastenburg (Kętrzyn), dove lavorò come domestica presso una famiglia tedesca di nome Fittkau. Non soltanto incontrò lì il suo secondo marito (un polacco che era anche lui un lavoratore), ma avviò anche un piccolo commercio, inviando a Malinowski dei pacchi con vari oggetti da vendere. Inoltre si recava a visitarlo quando tornava ‘a casa’ in licenza. Si rese conto che lui era stato complice nell’uccisione di diverse dozzine di ebrei, che si erano nascosti nei boschi ed erano stati consegnati ai tedeschi, tuttavia testimoniò falsamente in sua difesa nel processo a suo carico dopo la fine della guerra.”

Una nota a piè di pagina riporta le esatte parole pronunciate dalla Siemiatycka nella deposizione resa durante il processo del 1949-50; e aggiunge che Malinowski fu assolto. La nota non fa riferimento però alla decisiva testimonianza resa dalla Siemiatycka alla Shoah Foundation della University of Southern California nel 1996. A quanto sembra, la storica polacca ha indicato quest’ultima fonte soltanto nella lunga memoria difensiva, che abbiamo più volte citato, scritta quando il processo era già in corso.

Non è facile dare un giudizio su questa controversia senza aver consultato gli atti del processo. La messa in discussione di una sentenza assolutoria passata in giudicato (com’è quella del 1950) pone delicati problemi di ordine giuridico, in quanto il diritto all’onore e alla reputazione personale entra in conflitto col diritto di critica del giornalista o dello storico1.

In questo caso, tuttavia, molti commentatori hanno visto nel processo contro i due studiosi un grave attacco alla libertà della ricerca storica. Hanno preso posizione in tal senso numerose istituzioni e centri di ricerca che si dedicano alla memoria della Shoah, dallo Yad Vashem alla International Holocaust Remembrance Alliance, dalla World Jewish Restitution Organization alla Fondation pour la Mémoire de la Shoah. A queste voci si sono aggiunte anche quelle della Associazione degli storici e delle storiche della Germania e della Società storica polacca. In Italia l’Istituto Nazionale Ferruccio Parri ha espresso profonda preoccupazione per la condanna e ha dichiarato che “in uno Stato democratico il tribunale non può essere il luogo per risolvere controversie relative ai risultati della ricerca, nonché ai metodi di selezione delle fonti e all'interpretazione della documentazione storica”.

A nessun osservatore indipendente è sfuggito il particolare contesto politico in cui si colloca il processo contro i due storici polacchi. Il partito al governo in Polonia, Diritto e giustizia, espressione della destra nazionalista, non ha fatto mistero di non gradire che si parli di complicità polacche nell’Olocausto. Nel 2018 è stata approvata una legge che vieta di attribuire falsamente alla nazione polacca una parte di responsabilità nello sterminio degli ebrei. Inizialmente erano previsti fino a tre anni di carcere per i trasgressori, ma in seguito un emendamento ha abolito questa pena.

A quanto sembra, nel processo contro Engelking e Grabowski non si è fatto ricorso alla legge del 2018. Tuttavia la causa della Leszczynska contro i due storici è stata sostenuta da una organizzazione denominata “Lega polacca contro la diffamazione”, che ha come scopo la difesa del “buon nome” della Polonia e ha ricevuto finanziamenti dal governo. Inoltre, il processo è stato accompagnato da una violenta campagna mediatica tesa a screditare i due studiosi, come ha sottolineato Wojciech Czuchnowski sulle pagine della “Gazeta Wyborcza” (22/01/2021).

Infine, a giudizio di molti, non è soltanto la libertà della ricerca storica ad essere minacciata in Polonia, ma la stessa libertà di espressione, oltre che l’indipendenza del potere giudiziario. Mercoledì 10 febbraio i media liberi polacchi hanno scioperato contro il governo. “In Polonia la democrazia sta diventando una facciata, una finzione”, ha detto in un’intervista a “Repubblica” (11/02/2021) Adam Michnik, storico leader dell’opposizione contro il regime comunista polacco e fondatore del quotidiano “Gazeta Wyborcza”.
Nella Polonia post-comunista la libertà della ricerca e la libertà di pensiero e di parola appaiono dunque strettamente legate, come del resto la storia del mondo occidentale ci ha già tante volte mostrato.

 

1 In Italia il diritto alla critica storica può ‘scriminare’ la diffamazione (cioè può rendere legittimo un discorso critico che altrimenti si configurerebbe come un atto di diffamazione), ma solo a determinante condizioni, come si evince, ad esempio, da questa sentenza della Corte di Cassazione, nella quale, richiamando una precedente sentenza della stessa Corte, si afferma che “secondo la giurisprudenza di legittimità, al fine di ritenere scriminata una condotta astrattamente diffamatoria ‘l’esercizio del diritto di critica storica postula l’uso del metodo scientifico che implica l’esaustiva ricerca del materiale utilizzabile, lo studio delle fonti di provenienza e il ricorso ad un linguaggio corretto e scevro da polemiche personali. Ne deriva che il giudice al fine di stabilire il carattere storico dell’opera, oggetto di contestazione, deve accertare l’esistenza - quanto meno sotto forma di indizi certi, precisi e concordanti - delle fonti indicate ed utilizzate dall’autore per esprimere i propri giudizi…’ (Cass., Sez. V, n. 34821 dell’11/05/2005, Lehner, Rv 232562)”.

 

Bibliografia/Sitografia

- Altares, Guillermo, Polonia, processo alla Storia e alla memoria della Shoah, “La Repubblica”, 14/02/2021.

- Comunicato sulla condanna di Barbara Engelking e Jan Grabowski, “Istituto Nazionale Ferruccio Parri”, 11/02/2021.

- Czuchnowski, Wojciech, The plan to destroy Holocaust scholars. Polish Anti-Defamation League goes after the authors of the book "Night Without End", “Gazeta Wyborcza”, 23/01/2021.

- Davies, Christian, Poland makes partial U-turn on Holocaust law after Israel row, “The Guardian. International edition”, 27/06/2018.

- Déclaration à propos des poursuites judiciaires contre des historiens polonaise, “Fondation pour la Mémoire de la Shoah”, 01/02/2021.

- Engelking, Barbara, On Estera Siemiatycka, sołtys Edward Malinowski, and lawsuits, “Polish Center for Holocaust Research”, 26/01/2021.

- Fears rise that Polish libel trial could threaten future Holocaust research, “The Guardian. International edition”, 03/02/2021.

- Goldkorn, Wlodek, Processo alla Storia: in Polonia va alla sbarra la memoria della Shoah, “La Repubblica”, 05/02/2021.

- Henley, Jon, Poland provokes Israeli anger with Holocaust speech law, “The Guardian. International edition”, 01/02/2018.

- Henley, Jon, Fears for Polish Holocaust research as historians ordered to apologise, “The Guardian. International edition”, 09/02/2021.

- Higgins, Andrew, Polish Court Orders Scholars to Apologize Over Holocaust Study, “The New York Times”, 09/02/2021.

- IHRA Chair's Statement on the suing of Holocaust historians in Poland, “International Holocaust Remembrance Alliance”, 01/02/2021.

- La critica storica può scriminare la diffamazione, “Altalex”, 15/11/2016.

- NIGHT without an END. Fate of Jews in selected counties of occupied Poland, pagina del sito web “Polish Center for Holocaust Research” (consultata l’ultima volta il 19/02/2021).

- Polish court tells two Holocaust historians to apologise, “BBC News”, 09/02/2021.

- Stanowisko Prezydium Zarządu Głównego PTH z dnia 5 lutego 2021 roku, “Polskie Towarzystwo Historyczne”, 08/02/2021.

- Statement by prof. Barbara Engelking and prof. Jan Grabowski, “Polish Center for Holocaust Research”, 10/02/2021.

- Tarquini, Andrea, Michnik: “Il governo polacco odia la stampa libera. Ecco perché scioperiamo”, “La Repubblica”, 11/02/2021, p. 15.

- Waszak, Stanislaw, Holocaust historians face verdict in Poland defamation trial, “The Times of Israel”, 07/02/2021.

- VHD verurteilt das Gerichtsverfahren gegen Barbara Engelking und Jan Grabowski, “Verband der Historiker und Historikerinnen Deutschlands”, 08/02/2021.

- WJRO and the Claims Conference respond to verdict in defamation trial of internationally known scholars in Poland, “World Jewish Restitution Organization”, 09/02/2021.

- Yad Vashem Expresses Concern Over the Legal Procedures Against Polish Scholars of the Holocaust, “Yad Vashem. The World Holocaust Remembrance Center”, 31/01/2021.

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