Autore: Marika De Filippis
Marika De Filippis, archeologa e abilitata presso il Tfa di Bari, ha partecipato al seminario sul paesaggio storico, organizzato da Proteo in ricordo di Luciana Bresil, indimenticabile docente della scuola media “Michelangelo” di Bari, e colonna della didattica della storia presso il Cidi. In attesa di pubblicare i contributi per esteso, HL le ha chiesto di farcene una rapida sintesi (HL).
Le questioni di fondo
Saverio Russo, che insegna storia moderna presso l’Università di Foggia, ci aiuta a chiarire gli elementi essenziali dello studio del Paesaggio storico a partire dalle due opere che lo hanno introdotto in Italia. I contributi di Emilio Sereni con la sua Storia del paesaggio agrario italiano (edito da Laterza) e di Marc Bloch con I caratteri originali della storia rurale francese (pubblicato da Einaudi) sono il fondamento di un modo di fare storia, che cerca le sue fonti non solo nei documenti scritti, ma in tutte le tracce tangibili, anche se non sempre evidenti, che l’uomo lascia dietro di sé. In particolare, un numero notevole di queste tracce sembra conservato dal paesaggio, «coscientemente e sistematicamente» modificato dall’uomo nel tempo. Il paesaggio è, dunque, il punto di raccordo tra lo studio dello storico e quello del geografo. Per tali ragioni sembra sempre più necessario promuovere forme di tutela nei confronti di un paesaggio che è progressivamente percepito come Patrimonio non solo naturale, ma anche storico. Su tale linea si pone l’iniziativa di alcune regioni italiane - tra cui la Regione Puglia - di dotarsi di un Piano Paesaggistico e Territoriale (per la verità di attuazione difficoltosa e macchinosa). Saverio Russo, quindi, sostiene che la più efficace forma di tutela del paesaggio, non possa essere soltanto normativa, legislativa e in qualche modo coercitiva, ma debba essere soprattutto culturale. Dalla ricerca storica, perciò, si entra nella dimensione scolastica, individuata come luogo privilegiato in cui favorire la conoscenza del paesaggio, e quindi sensibilizzare per lo meno i futuri cittadini sulla necessità di tutelare questo straordinario bene.
Quattro esempi laboratoriali
Come attivare questo interesse? Con lezioni, visite guidate, spiegazioni, video? La didattica promuove la strada laboratoriale: attraverso il coinvolgimento degli allievi, dunque. Ecco quattro esempi.
Il primo è di Elena Musci, dottoranda dell’Università di Foggia e autrice del volume Scoprire e Giocare a Castel del Monte (edito da Adda). Si tratta del gioco escursione, visto come proposta alternativa alla visita guidata, al fine di sostituire l’ascolto passivo o poco interattivo, con pratiche attive in cui i ragazzi scoprono autonomamente, pur se guidati dal gioco, i luoghi che stanno visitando. Tale tecnica consente ai ragazzi di trasformarsi in reali costruttori di una conoscenza significativa e duratura. In particolare le proposte elaborate per Castel del Monte, sono modulate su tre diverse fasce d’età. Elena Musci si concentra sul mistery game Giallo Murgiano, basato sugli atti di un processo per un omicidio avvenuto nel 1783 nei dintorni del Castello e che coinvolse pastori abruzzesi e contadini locali. I ragazzi attraverso le indagini, che richiedono l’uso di documenti scritti, fotografie, carte storiche ma anche dell’Igm, sono condotti in un’attenta osservazione degli elementi storico-architettonici dell’edificio e delle caratteristiche del paesaggio che circonda il castello. Il gioco mette quindi in campo non soltanto traguardi di competenza e strumenti pertinenti all’ambito storico, ma anche a quello geografico, insieme a capacità di osservazione, di problem solving, di cooperazione, di orientamento e di logica, straordinariamente interessanti e in linea con le Nuove Indicazioni.
Il medesimo approccio che coniuga rigore storico ed esigenze didattiche, anima il lavoro di Fabio Armenise e del suo gruppo, la Compagnia d’arme Stratos, un’associazione di Ricerca, Ricostruzione e Rievocazione storica, attiva nel territorio pugliese da diversi anni. L’intervento si è soffermato in particolar modo sulle pratiche della rievocazione e della ricostruzione storica, come strategie di sempre maggiore successo per la promozione dei Beni Culturali, ma anche come forme di didattica immersiva, in cui i ragazzi sono condotti a toccare con mano gli oggetti, a vederli in azione e a comprenderne la reale funzione. La proposta didattica del dott. Armenise è finalizzata ad una comprensione del fatto storico, che passa di certo attraverso i documenti testuali, iconografici e materiali, ma che sfrutta anche la possibilità dell’esperienza diretta e attiva (per approfondire: Gilda Depalo, Fabio Armenise, La pratica della rievocazione storica in Italia, in Mundus n.5-6, Palumbo editore, Palermo 2010, pp 206-211).
La terza proposta di lavoro si muove ancora lungo la pista dell’esperienza diretta. Riguarda il gioco di esplorazione, elaborato nell’ambito dell’Associazione Historia Ludens, presentato da due studiosi di preistoria, Valentina Ventura e Mario Iannone. Qui il gioco consente di saltare il divario temporale e di immergersi in un quadro storico, culturale ed economico enormemente diverso da quello a cui i ragazzi sono abituati. Il gioco Dentro la Lama, a scuola di preistoria, infatti, pensato per una lama del Sud-Est barese, ma facilmente esportabile, richiede ai ragazzi di studiare attentamente il territorio, al fine di poter operare le giuste decisioni per insediarsi. Divisi in tribù, in gara vicendevole, imparano a conoscere e a riconoscere i segni di vita dell’uomo lasciati in un paesaggio apparentemente naturale, ma che racchiude una forte valenza storica.
L’ultima proposta è di Sergio Chiaffarata, speleologo che - nell’ambito del corso di Didattica della Storia dell’Università di Bari - collabora alla progettazione di quella che – per scherzo ma non troppo – abbiamo chiamato la Didattica della talpa.Si tratta di coniugare l’enorme patrimonio di ipogei, di cui la città di Bari è dotata, ai momenti fondamentali del curricolo, dalla Preistoria all’Età contemporanea.
La proposta è bivalente e si rivolge sia alla didattica attraverso i luoghi che sono stati protagonisti della storia, sia alla conoscenza del territorio e del paesaggio urbano e suburbano, al fine di stimolare la nascita di una consapevolezza civile ed ecologica di tutela.
Paesaggio storico e competenze di cittadinanza
Laboratori, manipolazione di oggetti, esplorazione di ambienti. La didattica del paesaggio è qualcosa che riguarda la storia locale, l’uscita sul territorio e, perciò, qualcosa di tutto sommato marginale, nell’economia di un curricolo che ha comunque altre esigenze conoscitive e formative? La risposta è decisamente negativa, secondo Antonio Brusa, che argomenta il suo ragionamento attraverso tre diverse storie: quella del Lago Averno nei Campi Flegrei, quella de Las Médulas nella provincia di Leòn in Spagna e quella dell’estinzione della mega-fauna erbivora. Tre storie che apparentemente non hanno nulla in comune, poiché la prima narra del grande cantiere per la realizzazione del Portus Julius a opera di Ottaviano, la seconda racconta dell’estrazione dell’oro attraverso la rovinosa distruzione dei monti del sud della Cantabria, e la terza riferisce dell’estinzione, causata in buona parte da Homo Sapiens, della grande famiglia di gitanteschi mammiferi erbivori che, fino a 10 mila anni fa, condizionavano e modellavano l’assetto vegetazionale del nostro pianeta. Le tre storie, tuttavia, ruotano intorno a profonde modifiche del paesaggio, non percepite come tali nel passato, e che solo la nostra coscienza ecologica ci porta a conoscere e a valutare negativamente.
Tre storie tragiche che nascondono un messaggio positivo: siamo il primo periodo della storia della specie umana, nel quale gli uomini si “accorgono” del loro impatto sull’ambiente. Cominciano a percepirsi come parte di questo e, quindi, come corresponsabili della sua vita. Ecco, al fondo, a cosa serve studiare il paesaggio. Non certamente a costruire inutili, quanto falsi, brand identitari (come purtroppo vuole tanta didattica sedicente “innovativa”). Serve, invece, a introiettare nella figura del “cittadino responsabile” la prospettiva di una corretta ecologia umana. Nello studio del paesaggio, perciò, si salda fortemente il nesso fra storia, geografia e educazione civile.