Didattica della storia

di Lucia Boschetti
Il termine inglese debate designa una serie di attività alle quali in italiano possiamo riferirci in senso lato con i lemmi “controversia”, “dibattito”, “disputa” e che, applicati all’ambito educativo, designano in senso lato uno confronto argomentato tra diverse posizioni. Questa estensione semantica rende ragione del fatto che i modelli di debate esistenti sono numerosi ed estremamente diversi tra loro, anche perché, a partire dagli anni Novanta e in modo crescente nel XXI secolo, questo metodo è stato applicato all’interno dei percorsi formativi iniziali e in servizio di svariati ambiti. Le competizioni internazionali sono, inoltre, basate su modelli che mirano a sviluppare abilità retoriche e argomentative trasversali, affrontando tematiche di attualità non collegate…

di Marco Cecalupo
Nel nostro paese, non esiste una lunga tradizione di debate nelle scuole, solo di recente hanno preso piede iniziative didattiche strutturate. Qui ne descriviamo alcune, cercando di mostrare gli aspetti positivi, ma anche quelli che presentano dei problemi.
I primi dibattiti in Italia
Fig.1: La copertina del primo volume del manuale di Antonio Brusa, Le storie del mondo (1999). Irreperibile sul web, foto dell'autoreIn un manuale per le scuole professionali in adozione un paio di decenni fa, dal titolo Le storie del mondo (Brusa et al., 1999), Antonio Brusa già proponeva per ogni modulo una sezione denominata Problemi da discutere, che declina temi di rilevanza mondiale, regionale o nazionale. Scorrendo l'indice del primo volume, si incontrano argomenti sulla…

di Antonio Brusa
Fonte1. Che cos'è un laboratorio didattico
Il termine “laboratorio” è l’applicazione al campo delle discipline di una struttura produttivo/formativa centrale nel passato, ridotta oggi allo spazio di una nicchia: l’atelier dell’artigiano. Un tempo esistevano “le botteghe” e si mandava il figlio “a bottega”, dove l’artigiano proponeva all’allievo un frammento di attività, tipica del suo mestiere. L’allievo si esercitava e, quando terminava il lavoro, il “maestro” gli mostrava il suo “capolavoro”: “ecco come si fa”. L’apprendimento avveniva fondamentalmente in due momenti: il primo era “svolgere il compito”; il secondo era “valutare” la distanza fra questo e il modello del maestro. Nel primo momento l’allievo apprende il “know how”, nel secondo comincia a rendersi conto del…

di Antonio Brusa
Fonte1. La grammatica dei documenti
Il modello di ricerca secondarizzato che qui presento è frutto, da una parte, della riflessione sulla grande quantità di ricerche didattiche, tante volte spontanee, che sono state fatte in Italia fra gli anni Settanta e Ottanta, spesso in antagonismo con la didattica tradizionale e l’uso del manuale; dall’altra, lo devo allo studio della metodologia storica, un campo molto familiare a un medievista. Da queste fonti ho ricavato un modello di ricerca, adattato alle scuole in quattro fasi operative:
Scegliere / Interrogare / Interpretare / Scrivere.
Ho chiamato questo modello “la grammatica dei documenti” la sigla è SIIS, perché mi sembra individuare le operazioni di base di una ricerca. Di seguito spiegherò le singole fasi e in che modo le…

di Antonio Brusa
a. Il problema storico
Valerio Massimo (I sec. a.C- I sec. d. C) aveva un’idea precisa delle donne. Lui, nato povero, aveva fatto la sua fortuna al servizio di Sesto Pompeo, figlio di Pompeo il Grande. Il suo patrono gli aveva permesso di entrare nell’alta società romana, presso la quale cominciò a vendere i suoi libri. Il suo best seller – Detti e fatti memorabili (Factorum et dictorum memorabilium, libri IX) - fu copiato e letto per secoli.
In quel libro troviamo le donne romane. C’erano donne da non imitare, come quella signora che osò avventurarsi fuori di casa a capo scoperto. “La legge comanda che solo i miei occhi possano giudicare della tua bellezza”, sentenziò il marito, punendola duramente. E le andò bene, perché, se fosse andata a vedere i giochi da sola,…